La
vecchia città di Qalhat, o Galhat, si trova circa 20 km a
nord di Sur, nella Regione al-Sharqiyya, nel
nordest dell'Oman.
Degli
oltre 240.000 metri quadrati di estensione dell'antica città, gli unici
resti conservatisi fino al giorno d'oggi sono quelli del Mausoleo Bibi
Maryam.
Marco
Polo la visitò durante un suo viaggio, descrivendola come una
città grande e nobile nel libro Il Milione, in cui si
riferisce ad essa con il nome di Calatu.
Questa
antica città, nota anche con il nome di Galhat era
in passato il centro chiave per il commercio, da cavalli arabi a
prodotti di porcellana cinese, e ben rappresenta il potere che
all’epoca le donne detenevano nella società araba.
Nel
XIII secolo, infatti, Baha al-Din Ayaz era impegnato a governare la
città di Hormuz e in sua assenza era la moglie Bibi Maryam ad occuparsi
del governatorato di Qalhat. Diverse fonti storiche narrano che la
costruzione della Grande Moschea del Venerdì – di cui oggi si possono
ammirare le antiche rovine – fu merito proprio della donna. Dopo la
morte di Ayaz, Bibi Maryam fece inoltre costruire in suo onore un
imponente mausoleo e continuò a governare la città per diversi anni.

Nel
1507, quando fu conquistata da Afonso de Albuquerque per conto
dell'Impero portoghese, la città era già in declino poiché il
commercio si spostò a Muscat.
Coprendo
più di 60 acri (240.000 mq), Qalhat era circondata da mura fortificate
che contenevano case e negozi. Dell'antica città rimane pochissimo, ad
eccezione dell'ormai senza cupola mausoleo di Bibi Maryam. Sul posto
sono stati trovati manufatti provenienti da paesi lontani come la Persia
e la Cina. Recentemente, una ricerca condotta dai geoarcheologi
dell'Università di Bonn ha concluso che l'attività sismica lungo
l'elemento strutturale più importante, la faglia di Qalhat, è una
ragione plausibile del declino della città medievale.
La
città di Qalhat, circondata da mura interne ed esterne e dall’area
della necropoli al di là dei bastioni, oggi rappresenta una
testimonianza archeologica unica per i legami commerciali tra la costa
orientale di Arabia, Africa Orientale, India, Cina e sud-est asiatico.
Nel
2016, il Sultanato aveva presentato la candidatura ufficiale del sito al
Comitato del Patrimonio Mondiale dell’Unesco che lo ha inserito a
pieno titolo nella lista riconoscendolo come un’eccezionale opera
artistica di insediamento umano e simbolo della civiltà, della storia e
della tradizione omanita dal valore universale.
