DAL 2014 SITO
PATRIMONIO IN PERICOLO - La
barriera di separazione israeliana che può separare i contadini dai
campi coltivati da secoli.
Battir
è un villaggio palestinese situato 10km a sud-ovest di Gerusalemme,
lungo la storica linea ferroviaria che dalla Città Santa conduce alle
coste del Mediterraneo in prossimità di Giaffa. La peculiarità e
l’importanza di una località, solo apparentemente come le altre,
risiedono proprio nella sua localizzazione geografica.
A
Battir (Palestina) ci sono vigneti, alberi di fico, 7 sorgenti naturali
e terrazze coltivate. Il conflitto che dilania i Territori Palestinesi
visto da queste colline disseminate di sentieri per il trekking potrebbe
sembrare lontano.
Il
paese è incastonato in un sistema di valli dove l'agricoltura fiorisce
sin dal tempo dei romani e le cisterne dell'epoca sono ancora in
funzione. Alcune funzionano anche da vasche di pietra dove la gente del
posto fa il bagno per rinfrescarsi quando il caldo è troppo torrido.
Durante
la guerra arabo-israeliana (1947-1949), il villaggio di Battir era luogo
di contesa per la sua prossimità con la madre di tutti i crocevia
commerciali: la stazione ferroviaria di Gerusalemme. Nonostante questo
villaggio, e altri in una simile posizione come Al-Qabu, Al-Walaja,
Al-Malha, Sharafat e Beit Safafa, fosse nel mirino del nemico, mai fu
occupato dalle forze israeliane.
Quando
fu firmato l’armistizio al termine della guerra, le località attigue,
e Battir in primo luogo, si vennero a trovare nel mezzo di quell’area
demilitarizzata denominata No Man’s Land (Terra di Nessuno) situata
tra le due linee immaginarie poste ad indicare le posizioni del fronte
giordano e israeliano al momento del ‘cessate il fuoco’. Trovarsi
nel limbo di due parti non omogenee poteva voler dire solo una cosa: il
dover sgomberare al più presto.
In
aggiunta a una posizione logistica certamente scomoda, a complicare le
cose fu l’autorizzazione concessa dal giordano King Abdullah di
lasciare i villaggi palestinesi situati nella Terra di Nessuno al
governo israeliano, dando così alla potenza rivale il pieno e tanto
voluto controllo sull’intera linea ferroviaria.
“Attraverso
una campagna di resistenza civile, presenza effettiva sul territorio,
scaltrezza politica, lobbismo, e coraggio, le forze israeliane non
entrarono nel villaggio di Battir nel 1949,” dice Jawad Botmeh in
Civil Resistance in Palestine: The Village of Battir in 1948 (La
resistenza civile in Palestina: Il villaggio di Battir nel 1948).
“Esso si salvò dalla distruzione grazie alle azioni orchestrate dal
‘Figlio del Villaggio’ Hasa Mustafa.” Mustafa convinse il
comandante delle forze israeliane Moshe Dayan, il cui unico scopo era
avere pieno controllo sugli spostamenti terrestri in Israele a partire
dalla stazione di Gerusalemme, di lasciare a lui e agli abitanti di
Battir la possibilità di continuare a coltivare le proprie terre senza
doversi spostare altrove, in cambio del loro personale impegno a
occuparsi della manutenzione della linea ferroviaria. Il patto orale tra
i due trova conferma scritta nell’Accordo di Armistizio del 1949.
Inoltre,
per risollevare gli animi cupi dei suoi compaesani, Mustafa iniziò un
piano di sviluppo nella comunità di Battir senza precedenti. Tra
scuole, strade, e strutture comunitarie, a lui si deve anche la
primitiva versione del sistema d’irrigazione detto ‘ciclo a otto
giorni’. Come riporta il quotidiano Haaretz, “si tratta di un
sistema di distribuzione dell’acqua dai pozzi del villaggio alle otto
famiglie che vi abitano, che permette a ogni famiglia di utilizzare
l’acqua comune per un giorno a settimana.”
Tale
sistema di irrigazione è alla base dell’antica, sofisticata ma molto
fragile, tecnica di coltivazione per terrazzamenti tipica di Battir.
E’ proprio questo scenario mozzafiato, quale unica fonte di
sostentamento per gli abitanti-agricoltori di Battir, a rischiare di non
farcela qualora il temibile muro tranciasse a metà il territorio.
Negli
ultimi anni gli abitanti di Battir stanno collaborando con Friends of
the Earth (Amici della Terra) su questioni quali acqua, agricoltura e
progetti ambientali, nel tentativo di ribattezzare Battir sia villaggio
ecologico che meta turistica dall’interessante trascorso storico.
Ma,
l’aver assistito inermi al completamento del muro, e alla distruzione
dell’agricoltura a terrazze e del magnifico paesaggio, nel limitrofo
villaggio di Al-walaja, ha scosso gli animi degli abitanti di Battir, i
quali non possono non pensare a cosa accadrebbe se il loro villaggio
andasse incontro a una simile tragica sorte. Nena News
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