DAL 2017 SITO
PATRIMONIO IN PERICOLO
Hebron (riferito
al patriarca Abramo) è una città della Cisgiordania (Giudea secondo
la toponomastica ebraica) di circa 200.000 abitanti (palestinesi) più,
circa, 700 ebrei che vivono nell'antico quartiere ebraico della città,
a cui si devono aggiungere i circa 7.000 ebrei della contigua Qiryat
Arba.
La
città si trova circa 30 km a sud di Gerusalemme lungo la
dorsale dei monti della Giudea; la città è famosa per le sue uve e
per le fabbriche di ceramiche e vetri. La città vecchia
è caratterizzata dalle strette e tortuose strade, dalle case di pietra
con i tetti piani e dai vecchi mercati. È sede universitaria.
I
riscontri archeologici pongono la data di fondazione dell'insediamento
alla metà del IV millennio a.C. Hebron è più volte
menzionata nel Pentateuco, uno dei libri dell'Antico Testamento.
Secondo quanto dice il Pentateuco, dopo l'insediamento degli ebrei in
quell'area con il Patriarca Abramo, la città divenne il principale
centro della Tribù di Giuda; lo stesso Davide venne
incoronato re d'Israele ad Hebron, che fu la sua prima capitale. Solo
dopo la conquista di Gerusalemme lasciò Hebron e si trasferì
nella nuova capitale del Regno di Giuda e Israele.
Una
grotta situata nella parte bassa di Hebron (nella Genesi chiamata
"Querce di Mamre"), è detta la "Tomba dei
Patriarchi". È il luogo in cui secondo la Bibbia sono sepolti
Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e Lia.
Nel I
secolo a.C. Erode il Grande costruì sopra la Grotta una
gigantesca costruzione, che è l'edificio ebraico più antico ancora
conservato nella sua interezza. Nel VI secolo l'imperatore
bizantino Giustiniano II la trasformò in una chiesa che
venne, in seguito, distrutta dai Sasanidi.
Nel 638 Hebron
venne conquistata dagli Arabi; nel 1099 passò sotto il
controllo dei crociati, che la ribattezzarono Città di
Abramo. Il nome venne riportato all'origine dopo la sconfitta dei
crociati da parte del Saladino nel 1187.
In
seguito, Ayyubidi e Mamelucchi conservarono il
controllo della città fino al 1516 quando questa passò nelle
mani dell'Impero ottomano. Tra il 1831 e il 1840 la
città fu sotto il controllo di Ibrahim Pascià di Egitto.

Nel
dicembre 1917, nel corso della prima guerra mondiale Hebron
fu occupata dalle truppe britanniche. Nell'agosto del 1929, durante
una serie di moti in Palestina del 1929 contro gli ebrei
l'Haganah offrì la propria protezione alla comunità ebraica di
Hebron (circa 600 persone su un totale di 17.000 abitanti), che la
rifiutò contando sui buoni rapporti che si erano instaurati da tempo
con la popolazione araba e i suoi rappresentanti.
Il 24 agosto tuttavia furono uccisi 67 ebrei (la metà del totale dei
caduti ebraici morti durante la rivolta), alcuni dopo violenze carnali e
torture, e 135 furono feriti (episodio passato alla storia come il massacro
di Hebron del 1929). La restante popolazione ebraica che rimase in città
riuscì a trovare rifugio presso un posto di polizia alla periferia
della città e presso alcuni dei loro vicini arabi. Durante gli scontri
venne razziato il mercato cittadino, sia per la parte araba che per
quella ebraica e avvenne la quasi totale distruzione del quartiere
ebraico pluricentenario.
La
popolazione ebraica fu spostata a Gerusalemme al termine degli scontri;
alcune famiglie torneranno ad Hebron due anni dopo, per poi lasciarla
definitivamente nel 1936, evacuate dalle forze britanniche. Rimase poi
parte del mandato britannico fino al 1948. Nel 1949 la Legione
Araba dell'Emiro hascemita di Transgiordania occupò
Hebron e il resto della Cisgiordania, controllo mai riconosciuto
dall'ONU ma solo da Gran Bretagna e Pakistan.
Dopo
la guerra dei sei giorni, un gruppo di ebrei che si
fingevano turisti, guidati dal rabbino Moshe Levinger, occupò
il principale hotel di Hebron rifiutando di lasciarlo. In seguito
occuparono una base militare abbandonata fondando l'insediamento di Kiryat
Arba. Nel 1979 la moglie di Levinger guidò un gruppo di
trenta donne ad occupare l'edificio abbandonato che fino al pogrom del
1929 aveva contenuto l'ospedale Beit Hadassah nel pieno centro di
Hebron. In seguito l'azione ottenne l'approvazione del governo
israeliano e successivamente l'enclave ebraica nella città ricevette
appoggio da parte dell'esercito.
Il
processo di espansione della presenza ebraica ad Hebron è proseguito
negli anni e nel 2005 si contano più di 20 insediamenti in città e nei
dintorni. Gli ebrei che vivono in queste aree, e coloro che li
appoggiano, affermano di essersi reinsediati in terre tradizionalmente
ebraiche, e in edifici appartenenti da secoli alla comunità ebraica.
Ciononostante la loro presenza è duramente condannata dai palestinesi,
che non accettano la presenza di ebrei nei territori da loro
controllati, nonché da alcuni governi esteri e dalle Nazioni Unite per
i quali la presenza di ebrei sarebbe una violazione delle leggi
internazionali.
Inoltre
gli ebrei presenti ad Hebron sono coloni ultra-ortodossi che vivono in
enorme contrasto con la popolazione palestinese per differenti usi e
costumi religiosi. Nei vicoli del suq arabo si possono notare
reti poste sopra la strada per evitare che i rifiuti ordinariamente
gettati dai coloni cadano nel mercato.
Nel 1967,
al termine della guerra dei sei giorni tra Israele e alcuni
paesi arabi, gli ebrei poterono tornare a Hebron, così come in tutta la
regione od ovest del Giordano, zone in cui l'ingresso agli ebrei
era stato proibito per 19 anni sin dal 1948, in base agli accordi
raggiunti con l'Armistizio di Rodi.
Dopo
il massacro di Hebron del 1994, la città nel 1997 venne divisa in
due settori: Hebron 2 (circa il 20% della città), sotto controllo
dell'esercito israeliano, e Hebron 1, affidata al controllo dell'Autorità
Palestinese, in accordo con il cosiddetto Protocollo di Hebron.
In accordo con il protocollo di Hebron sia i Palestinesi sia gli
Israeliani hanno accettato una presenza internazionale, denominata
T.I.P.H. (Temporary International Presence in Hebron), con compiti di
osservazione, al fine di migliorare la situazione nella città. Alla
formazione della TIPH concorrono gli stati della Norvegia, Italia,
Danimarca, Svezia, Turchia e Svizzera.
Ad
oggi, per i civili israeliani è legale accedere al 4% del territorio
della città di Hebron, mentre i palestinesi sono sottoposti ad uno
stretto regime di permessi e controlli per accedere a servizi e
abitazioni rimaste nella zona sotto controllo israeliano. Nelle colline
a sud della città (indicate dalla stampa internazionale come South
Hebron Hills) è molto forte il conflitto e il disagio delle popolazioni
arabe che vedono la presenza ebraica come un'occupazione di terre
inizialmente destinate al futuro stato di Palestina, dovuto
principalmente all'espandersi degli insediamenti israeliani e
alla difficile convivenza religiosa fra gli abitanti di questi e la
popolazione araba circostante.
Al
Khalil, Hebron in ebraico, è l’unica città palestinese che, invece
di essere circondata dalle colonie, è essa stessa colonizzata. È
una città divisa in due, in una grottesca materializzazione delle
città invisibili di Calvino: reti di metallo separano i piani bassi
delle case, abitati da arabi, da quelli più alti, abitati in
prevalenza dagli ebrei (ortodossi). Le reti, in realtà, sono state
messe dalla municipalità araba a protezione dei propri cittadini: i coloni
israeliani, infatti, lanciano pietre, spazzatura, animali (come serpenti
o scorpioni) dai balconi delle case, al fine dichiarato di
allontanare gli arabi dalla città vecchia e prenderne il completo
controllo. Se si cammina per il suq e si solleva lo sguardo, il cielo è
sezionato dalle reti, quando non completamente oscurato dalla
monnezza gettata: vestiti vecchi, bottiglie, avanzi di cibo,
scatole…
A
girare l’angolo, poi, ogni tanto, ci si ritrova la strada sbarrata dal
muro e dal filo spinato. Un muro che, a differenza del resto della
Cisgiordania, non circonda la città, ma sorge tra due case, o tra
altri due palazzi, volto a isolare la parte della città dove abitano le
comunità arabofone da quelle dove si sono insediati i coloni
ebrei. E poi servono a chiudere Shuhada Street, la strada una volta
cuore del mercato e del traffico cittadino, oggi completamente
preclusa ai palestinesi, prima (in un controsenso incredibile) per proteggere
i coloni dopo che uno di loro aveva fatto una strage all’interno della
moschea della città, dopo come rappresaglia per gli scontri
avvenuti nella città durante la Seconda Intifada.
Eppure
Al-Khalil non è sempre stata così. Tra le più antiche città
palestinesi, si dice che sotto la sinagoga ci siano le tombe di
Abramo e Sara, i patriarchi delle religioni del Libro, il ché ne
fa un luogo santo per cristiani e musulmani ma soprattutto per gli
ebrei, che lo reputano il secondo luogo santo dopo il Muro del
Pianto a Gerusalemme.
Nei
secoli è sempre stata una città dove le diverse comunità e religioni
hanno convissuto, tanto che quando negli anni ’20 del Novecento,
durante la lotta per l’indipendenza della regione contro gli
inglesi, l’Haganà propose alla comunità ebraica della città di
porsi a sua protezione, questa rifiutò, preferendo la lotta
solidale e condivisa con le altre comunità.
Furono
proprio gli inglesi, quando entrarono nella città dopo le rivolte, ad
ammazzare decine di ebrei che avevano partecipato alle
manifestazioni. Eppure, se oggi si cammina per Shuhada Street i
cartelli dicono che gli ebrei sono stati cacciati e uccisi dagli arabi,
che quella città è sempre appartenuta agli ebrei e che gli arabi
sono stati confinati in un misero 3% prima di riuscire a
riappropriarsene attraverso gli insediamenti.
La
riscrittura della storia, d’altra parte, è un pezzo importantissimo
dell’autolegittimazione di Israele e soprattutto della sua
politica di occupazione e colonizzazione dei territori.

Situato
a fianco del municipio il Museo storico di Hebron presenta una
collezione di manufatti del periodo Canaanita e islamico.. La quercia
di Abramo, detta anche quercia di Mamre, è un antico
albero che segna il luogo ove la tradizione vuole che il patriarca
Abramo piantasse la sua tenda. Si stima che la quercia abbia circa 5000
anni. In città è anche presente una chiesa con annesso monastero
dipendente dalla Chiesa ortodossa russa.
La grotta
di Macpela è famosa in tutto il Medio Oriente. Si tratta di
una serie di grotte sotterranee situate nel complesso chiamato dai
musulmani "la moschea di Abramo" o "santuario di
Abramo". Il nome ebraico si riferisce sia alla disposizione delle
sepolture che alle coppie bibliche che vi sono sepolte.
La
struttura è il secondo luogo sacro dell'ebraismo in
quanto è considerata il sepolcro dei
Patriarchi di Israele Abramo, Isacco e Giacobbe.
Secondo il racconto biblico, Giacobbe, giunto in punto di morte, fece
giurare a suo figlio Giuseppe di
essere portato qui per esservi sepolto. Giuseppe, dall'Egitto,
lo fece imbalsamare e
così mantenne il suo giuramento.
Il
luogo è venerato anche dai musulmani,
che lo chiamano moschea di Abramo o santuario di
Abramo.
Ali
ibn abi bakr al-Harawi nel 1173 scrisse
che, durante il regno di Baldovino
II di Gerusalemme nell' 1119,
una parte della volta della tomba dei Patriarchi era crollata e
"alcuni ifranj erano
penetrati all'interno" ed avevano scoperto " (i corpi) di Abramo,
Isacco e Giacobbe...
i loro sudari erano caduti a pezzi, che giacevano appoggiati contro un
muro... Allora il Re, dopo aver provveduto a nuovi sudari, fece
nuovamente chiudere il luogo".
Analoghe
notizie sono presenti nella cronaca di Ibn at
Athir per l'anno 1119: "In quest'anno fu aperta la tomba di
Abramo e quelle dei suoi due figli Isacco e Giacobbe... Molte persone
hanno visto i Patriarchi. Le loro membra non erano scomposte e accanto a
loro erano state poste lampade d'oro e d'argento."

Il
nobiluomo e storico damasceno Ibn
al-Qalanisi, nella sua cronaca, pure allude alla scoperta, in
questo periodo, di reliquie ritenute
essere quelle di Abramo, Isacco e Giacobbe, una scoperta che suscitò
un'accesa curiosità nelle tre comunità della Palestina: musulmana,
ebrea e cristiana.
Nel
1170 Beniamino
di Tudela visitò la città, che egli chiamò con il nome
che gli avevano dato i crociati St. Abram de Bron; egli ritenne
che le strutture funerarie dei patriarchi fossero opera dei gentili ed
osservò che i pellegrini desiderosi di vedere il "sepolcro dei
padri" erano assoggettati a tasse esorbitanti.
Nel
1260 il Sultano Baibars stabilì
il dominio dei Mamelucchi;
i minareti furono
costruiti sulla struttura della grotta di Macpelà/Moschea di Ibrahami a
quell'epoca. Sei anni più tardi, mentre era in pellegrinaggio ad
Hebron, Baibars promulgò un editto che proibiva a cristiani ed ebrei
l'ingresso nel santuario.
Nel 1862 l'erede
al trono britannico Alberto
Edoardo fu il primo cristiano cui le autorità islamiche
concessero il permesso di visitare la grotta dopo sei secoli.
Nel
1994 il fondamentalista Baruch
Goldstein entrò in divisa nella sala di preghiera riservata
ai fedeli musulmani e aprì il fuoco su di loro con un fucile d'assalto Galil,
massacrando trenta persone e ferendone 125. L'atto è oggi ricordato
come il massacro
di Hebron del 1994.
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