Antica città di Damasco
Siria

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1979 - SITO PATRIMONIO IN PERICOLO

    

DAL 2013 SITO PATRIMONIO IN PERICOLO - Guerra civile siriana.

Damasco, in Siria, è una città preziosa, come i suoi famosi e pregiati tessuti, una città millenaria, ma ancora viva, una delle più antiche tra quelle ancora abitate nel Vicino Oriente (è menzionata in fonti egizie e mesopotamiche dell'inizio del secondo millennio a.C. e nella storia biblica di Adamo): la città vecchia è patrimonio dell'umanità dal 1979. 

Dominata a occidente dal monte Qasiyun e assediata a oriente dal deserto, Damasco è sorta, come Palmira, in un'oasi, fertilissima grazie alla presenza del fiume Barada, luogo d'incontro di culture e carovane. Capitale tra l'XI e l'VIII secolo a.C. di un regno arameo spesso in lotta con i re d'Israele, la città fu temporaneamente sottomessa da Davide. 

Nel 732 a.C., la città venne conquistata dal re assiro, Tiglatpileser III e nel 572 a.C. dal re babilonese, Nabucodonosor II, che occupò la Siria e la Palestina inglobando nel suo impero anche Damasco. Nel 539 a.C., tutta la regione venne conquistata dal re persiano Ciro II, che ne fece una provincia (satrapia), il cui governatore (satrapo) risiedeva a Damasco.

Dopo la battaglia di Isso, del novembre 333 a.C., le truppe macedoni di Alessandro Magno occuparono la satrapia di Siria e nel 332 a.C. il generale Parmenione conquistò Damasco. Dopo la morte di Alessandro e la spartizione del suo impero, i Seleucidi, che avevano ereditato la parte orientale dei suoi domini - Mesopotamia, Siria, Persia e parte dell'Asia Minore - e i Tolomei, che si erano autoproclamati Faraoni d'Egitto, lottarono a lungo per il predominio sulla Palestina e la Fenicia. Damasco fu coinvolta negli scontri ed ebbe a soffrire la mancanza di un'amministrazione sicura fino alla conquista dei Nabatei (85 a.C. circa), che la tennero sino all'arrivo di Pompeo (64 a.C.). Damasco fece parte dell'Impero romano per circa 700 anni, inclusa nel territorio della provincia siriaca che aveva per capitale Antiochia, la terza città dell'impero.

Solo alcuni anni dopo la conquista i Romani cedettero la città al controllo dei Nabatei che ne fecero una città-stato con un ruolo importante in ambito commerciale. Durante il periodo augusteo, la città fu arricchita di nuove costruzioni, tra cui un teatro, un ippodromo e un ginnasio, una via colonnata (come a Palmira e Apamea) e da un sistema idrico che prelevava l'acqua dal fiume Barada ed alimentava la città; nello stesso periodo fu dedicato un santuario al culto di Giove Damasceno.

Durante il I secolo d.C., la città fu visitata da San Paolo che proprio a Damasco venne in contatto col capo della comunità cristiana, Anania. L'imperatore Adriano, nel 117 d.C., conferì a Damasco il titolo di metropoli, e Alessandro Severo, nel 222, la elevò al rango di colonia romana. Dopo l'adozione della religione cristiana, nel IV secolo con Teodosio I, il tempio di Giove Damasceno fu trasformato nella cattedrale di San Giovanni Battista.

Nel V secolo Damasco fece parte dell'impero bizantino e nel VI secolo, con Giustiniano, ebbe un ruolo di rilievo nella politica militare dell'imperatore, come postazione difensiva contro le tribù provenienti dal deserto siriano. Nel 614, tuttavia, la città subì un saccheggio da parte dell'esercito sasanide, guidato da Cosroe II.

Nel 636, dopo la sconfitta di Eraclio I alla battaglia dello Yarmuk (agosto 636), Damasco fu conquistata dagli Arabi guidati da Khālid b. al-Walīd al termine di un assedio durato sei mesi. Sotto il governo del primo califfo omayyade, Muʿāwiya b. Abī Sufyān (661-680), Damasco divenne la capitale del califfato, un impero esteso dall'Atlantico fino all'Asia centrale e al fiume Indo, e la città fu abbellita con nuovi quartieri, palazzi e ospedali; fu migliorata la distribuzione dell'acqua, con la costruzione del canale Nahr Yazīd, esistente ancora oggi, e fu edificata la grande moschea trasformando la cattedrale cristiana di san Giovanni Battista.

Questa fase di splendore finì con l'ascesa al potere degli Abbasidi, che sterminarono gli Omayyadi e spostarono la capitale a Baghdad. Damasco perse di importanza e non fu più governata unitariamente ma fu divisa in quartieri, con proprie istituzioni - moschee, bagni pubblici, mercati, corpi di polizia e milizia civica - che si autogovernavano. All'interno dei quartieri i vari isolati tendevano a dividersi secondo etnia, confessione religiosa o corporazione artigianale. Inoltre gli Abbasidi cercarono di distruggere i segni della presenza degli usurpatori omayyadi, radendo al suolo, tra gli altri il palazzo di Mu'āwiya, detto al-Khadra (il palazzo Verde).

La decadenza della dinastia abbaside e del califfato portò Damasco sotto la sfera d'influenza dell'Egitto (878), governato prima dai Tulunidi, poi dagli Ikhshididi ed infine, dal 969, dai Fatimidi. Nel 975, Damasco fu conquistata da un avventuriero turco, di nome Alteghin, che la governò per un breve periodo, con la protezione dell'imperatore di Bisanzio, Basilio II.

Nel 1076 la città fu conquistata dai Turchi selgiuchidi, che ne fecero un importante snodo commerciale e la trasformarono in un baluardo contro i Crociati, che ne tentarono più volte la conquista. Dall'inizio del XII secolo, la città fu retta per circa mezzo secolo dalla dinastia dei Buridi. In questo periodo l'economia della regione ebbe a soffrire delle feroci lotte tra Crociati, Turchi selgiuchidi e Fatimidi d'Egitto: i prodotti di prima necessità cominciarono a scarseggiare, per cui quando, nel 1154, l'atabeg turco di Aleppo e Mossul e fiero avversario dei Crociati in Siria, Nūr al-Dīn, diede l'ordine di attaccare la città, gli abitanti stremati lo accolsero come un liberatore, in grado di riportare la pace e la prosperità.

A Nūr al-Dīn, successe come sultano di Siria Salāh al-Dīn, già sovrano d'Egitto e capostipite della dinastia degli Ayyubidi, che governò sino al 1193. Di fede sunnita, moltiplicò a Damasco le scuole teologiche, dotate di rendite che resero la città un importante centro intellettuale e religioso; sono di questo periodo la Madrasa al-Nurī, la Madrasa al-ʿĀdiliyya e il Maristan di Nūr al-Dīn, uno dei più celebri ospedali del mondo medievale musulmano, e l'osservatorio di Qasiyun; inoltre la città, tornata capitale, si espanse fuori della cinta muraria. Nel 1219 iniziarono i lavori per la nuova cittadella, mentre i quartieri della città furono riorganizzati sulla base delle confessioni religiose. Infine, sotto il profilo commerciale, Damasco conobbe uno dei periodi più brillanti della sua storia, grazie alla fama dei broccati di seta, delle armature e delle lame damaschinate, sempre più richieste in Europa dopo che i Crociati ve le avevano diffuse.

Dopo le devastazioni dei Mongoli di Hulagu Khan, nel 1260, prese il potere la dinastia dei Mamelucchi, che fece di Damasco la capitale della provincia di Siria. Nonostante una seconda devastazione ad opera del Khan mongolo, Ghazan, nel 1300, Damasco continuò a godere di una certa prosperità economica, grazie ai rapporti commerciali che intrattenne coi porti provenzali, occitani e con le città di Genova, Pisa e Venezia.

Dopo il grave saccheggio subito dai Mongoli di Tamerlano, nel 1401, la città rimase spopolata per circa mezzo secolo, per poi ripopolarsi espandendosi verso sud. I mamelucchi la arricchirono di scuole coraniche, conventi per confraternite di mistici, fontane e bagni pubblici.

Dopo l'arrivo dei Turchi ottomani, nel 1516, Damasco perse ogni interesse strategico e militare, per cui le fortificazioni furono abbandonate, i fossati colmati e la cittadella cadde in rovina. La città divenne sede di una provincia (pashalik) e grazie alla saggia amministrazione di alcuni governatori, tra cui quelli della famiglia Azem, conobbe un nuovo momento di prosperità, che portò alla costruzione di due splendidi caravanserragli, il khan Sulayman Pasha e il khan Asad Pasha e del palazzo Azem, che oggi ospita il Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari. All'interno del centro storico fu costruito, a partire dal XVI secolo, il grande mercato coperto. La città, alla fine del XIX secolo, contava circa 150.000 abitanti e grazie alla presenza di un gruppo intellettuale molto attivo divenne il riferimento politico e culturale del nascente nazionalismo arabo.

Damasco venne liberata dal dominio turco-ottomano il 1º ottobre 1918 dalle truppe inglesi di Lawrence d'Arabia e dai beduini di Faysal ibn al-Husayn ibn ‘Ali, che per due anni fu re della Siria. La città fu liberata al termine della cosiddetta Campagna del Sinai e della Palestina, contro l'Impero ottomano, alleatosi durante la Prima guerra mondiale alle Potenze Centrali.

Ma, nel 1920, la Siria divenne un protettorato francese e nonostante le proteste e le sollevazioni il generale francese Gourand entrò a Damasco il 25 luglio. Feisal, sconfitto il 23 dello stesso mese a khan Maysoloun, dovette fuggire e nel 1921 divenne re dell'Iraq. Damasco fu scossa da una ribellione, nel 1925, durante la rivolta del Jebel druso e fu bombardata dall'aviazione francese.

Capitale della Siria dal 16 settembre 1941, data della proclamazione di indipendenza, durante gli anni della Repubblica Araba Unita (1958-1961) fu relegata in secondo piano rispetto a il Cairo, per poi tornare a essere la sede del governo autonomo della Siria alla fine della fallimentare esperienza. Sino agli anni sessanta del XX secolo Damasco è rimasta una città di dimensioni modeste, ma con l'incremento demografico ha fagocitato le vecchie mura e si è sviluppata in tutte le direzioni, inglobando anche i villaggi dell'oasi.

La città vecchia di Damasco offre numerosi siti archeologici e conserva alcune fra le principali moschee storiche. Vi hanno lasciato il loro segno molte civiltà, soprattutto quella romano-bizantina e quella islamica. Nel 1979 il centro storico della città, cinto da mura di epoca romana, è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. 

Damasco è la quarta città santa dell'islam dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme, è ugualmente santa per gli sciiti e sunniti. É importante anche per i cristiani perché qui l'apostolo Paolo compì la sua conversione, inoltre nella grande moschea degli Omayyadi è conservata la reliquia di San Giovanni Battista venerata dai mussulmani. Due terzi della popolazione è di credo sunnita ma sono presenti anche comunità cristiane di varie confessioni e una minoranza armena. Esiste anche una piccola comunità ebraica molto ridotta dopo le varie guerre arabo-israeliane.

La città ha una grande tradizione artigianale e mercantile. I manufatti dei bravi artigiani damasceni sono molto diffusi nel mondo e vanno dal legno intarsiato ai broccati, mobili, maioliche e lame d'acciaio. Il turismo è una parte molto importante dell'economia di Damasco e ha contribuito all'aumento demografico della città.  

Le chiese cristiane si trovano quasi tutte entro la cerchia muraria della città vecchia, come le tre cattedrali, quella greco-ortodossa, quella siriaca-ortodossa e quella greco-melchita di osservanza cattolica, la Cappella di San Anania, mentre la Cappella di San Paolo è stata edificata all'interno dell'arco della porta, detta Bab Keisan, della vecchia cinta muraria della città di Damasco; per la precisione si trovano nella zona est, che i cristiani dividevano con gli ebrei, separati, tra loro, dalla via principale della città al tempo dei Romani, la via recta, che corrispondeva al decumano massimo: a nord i cristiani, nel quartiere denominato, Bab Tuma e a sud gli ebrei; nel quartiere (Harat al-Yahud) che un tempo era abitata dagli ebrei, oggi, per la maggior parte esuli; in questo quartiere, oltre alla sinagoga vi sono alcuni palazzi residenziali del XVIII secolo, molto belli e ben conservati.

La parte occidentale della città vecchia invece, dopo la conquista da parte degli Arabi, era riservata ai musulmani e in questa zona della città si trovano la cittadella (al-Qalha), alcune moschee, tra cui, la Moschea degli Omayyadi, la moschea Nur-ad-Din e la moschea di Sinan Pasha, diverse madrase, tra cui, la Madrasa Al-Adiliyah, la Madrasa Al-Zahiriyah, la madrasa Abdullah al-Azem Pasha e la madrasa Aziziyah o mausoleo del Saladino, dove sono conservate le spoglie mortali del grande condottiero; inoltre vi si trovano le rovine del tempio di Giove, il Suq al-Bazuriye (suq delle spezie e dei dolci), con, al suo interno, uno dei più vecchi bagni pubblici della città, l'hammam Nur-ad-Din o hammam al-Bazuriye, fatto costruire da Nur-ad-Din, tra il 1154 e il 1172, con la cupola dell'ingresso di epoca ottomana, il suq al-Hamidiyah, molto grande, una sorta di mercato generale, con al suo interno il maristan Nur-ad-Din, l'ospedale di Nur-ad-Din, fondato nel 1154, rimasto attivo per circa sette secoli e dal 1978, sede del museo arabo di storia medica e scientifica, ed infine palazzo Azem, oggi sede del museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari.

Il suq è composto da un dedalo di stradine, in gran parte coperte dove si aprono dei minuscoli negozietti, l'aria è piena degli aromi dei numerosissimi tipi diversi delle spezie in vendita, da una cacofonia di suoni prodotti dalle numerosissime persone che vendono, contrattano e comprano, e la vista è colpita dagli accesi colori delle stoffe e dall'intenso brillare dei gioielli esposti dagli orafi. 

Damasco conserva poche tracce della sua lunga storia precedente la conquista araba e queste, per la maggior parte, risalgono ai regni di Settimio Severo e del figlio Caracalla (197-217 d.C). Sotto i romani, che unificarono il nucleo aramaico e quello ellenistico, fu dotata prima di tutto di mura, un circuito di circa sei chilometri a tutt'oggi identificabile, nonostante alcuni edifici posteriori, e che delimita la città vecchia; nelle mura quadrilatere si aprivano sette porte (rimangono quella sud e quella est, la più antica, ora indicata come Bab Sharqi, in arabo "bab" significa porta), mentre il lato nord occidentale era rafforzato da un castrum, fortificazione che venne modificata e riutilizzata come struttura militare dagli ayyubidi (la cittadella). 

Da est a ovest la città romana era attraversata dal decumano, la cosiddetta via recta, già citata negli Atti degli Apostoli e coincidente con l'attuale percorso della via denominata Shari Madhat Pasha, via in origine colonnata che ancora conserva uno dei tre archi monumentali. Completano le vestigia romane i resti del tempio di Giove Damasceno, che sorse sull'area dal santuario arameo dedicato al dio Haddad, tempio di cui restano i propilei e il cosiddetto "arco di trionfo" e, per finire, l'acquedotto, ancora funzionante. 

Alla fine del IV secolo, durante il regno dell'imperatore Teodosio, sull'area dell'antico tempio di Giove sorse la chiesa bizantina dedicata a Giovanni Battista e, dal 706, la Grande moschea o moschea degli omayyadi voluta da al-Walid, sesto califfo omayyade. 

Il luogo dove sorge questa moschea era già utilizzato dagli amorrei duemila anni prima di Cristo per celebrare i loro dei.
Anticamente questo luogo era sopraelevato rispetto il territorio circostante di 5-6 metri. Il primo santuario costruito in questo luogo era dedicato al dio semitico della tempesta Hadad-Ramman, il Baal-Hadad di Ugarit poi diventato, in epoca ellenistica e romana, Zeus o Jupiter-Damascenus. I romani modificarono il tempio originale nel I secolo a.C. e poi ancora tra il II e il III secolo d.C., all'epoca dei severi, diventando il forse il più grande della Siria romana.

Con l'imperatore Teodosio, alla fine del IV secolo, a seguito del divieto imperiale di praticare culti diversi da quello cristiano, il tempio fu trasformato in una chiesa dedicata a san Giovanni Battista.

Nel 661, dopo la conquista araba, il califfo, Mu'awiya ibn Abi Sufyan, all'interno del Temenos, terreno appartenente al Santuario del vecchio tempio pagano, fece erigere una musalla all'aperto, per cui per alcuni decenni, musulmani e cristiani celebrarono fianco a fianco i loro riti.

Nel 706 d.C. il califfo omayyade al-Walid I, riprendendo la politica del padre 'Abd al-Malik ibn Marwān che aveva eretto a Gerusalemme la cupola della Roccia, decise di dare vigore all'opera di monumentalizzazione della capitale Damasco.
Ordinò pertanto che si costruisse la grande moschea, ultimata nel 715, nel luogo dove era sempre stato il luogo di culto più importante della città, cioè inglobando la parte cristiana residua dell'originale chiesa dedicata a san Giovanni Battista, che era stata eretta da Teodosio sul tempio pagano del I secolo.

Il califfo al-Walīd fece demolire tutti gli edifici esistenti all'interno del recinto sacro, risparmiando solo le tre torri-campanili, trasformate in minareti: il minareto di Gesù ('Īsā), quello di Qayt Bey (dal nome di un sultano mamelucco) e quello infine detto "della Sposa" ('arūsa), realizzò un edificio destinato a influenzare la successiva architettura religiosa islamica.

In merito le tradizioni non sono concordi: se ne esiste una favorevole all'islam che parla di acquisto a ottimo prezzo dell'area sacra che conservava la testa del cugino di Gesù, un'altra tradizione, meno favorevole, parla invece di pretestuoso sequestro della chiesa onde ampliare la musalla già esistente fin dall'epoca dell'ingresso dei musulmani a Damasco. Il riferimento riguarda le modalità di resa della capitale siriana all'epoca di Khālid ibn al-Walīd: secondo la più ricorrente tradizione islamica, la città si sarebbe arresa "a condizione", evitando un inutile spargimento di sangue fra la popolazione, lasciata a sé stessa dalla debole politica bizantina. Questo comportava, fra l'altro, il mantenimento all'elemento cristiano (del tutto preponderante a Damasco) di tutti i luoghi di culto e la libera espressione colà della loro fede.

Un'altra tradizione - verosimilmente plasmata per consentire l'azione di esproprio di al-Walīd I - parla invece di una mancanza di comunicazione fra gli Arabi che assediavano la città. Una parte di essi infatti avrebbero trattato coi suoi abitanti (di qui l'ipotesi che la resa fosse "a condizione", ovvero "pacificamente") mentre un'altra parte, inverosimilmente inconsapevole di quanto stava avvenendo, avrebbe preso vittoriosamente d'assalto la parte opposta delle mura di Damasco, prefigurando quindi la conquista manu militari che non comportava alcuna concessione ai vinti. Quest'ultima tradizione fu fatta valere sulla parte della città conquistata con le armi.

Il muro perimetrale della moschea segue la recinzione del tempio romano (e della chiesa bizantina).

L'edificio fu completamente rivestito di marmi e mosaici in pasta vitrea con conchiglie e madreperle inserite sul fondo oro, di cui si occuparono maestranze bizantine che poi rimasero a Damasco per istruire artigiani locali.

Della superficie di oltre 4.000 m² - che rappresentarono la più imponente decorazione a mosaico mai realizzata - sopravvive oggi la sola facciata del luogo di preghiera (musalla) a causa della devastatrice azione di alcuni terremoti. 

La facciata è ricca di motivi fitoformi, di elementi naturali e di raffigurazioni di fabbricati umani, in accordo col crescente sfavore espresso da una parte considerevole del mondo religioso islamico nei confronti delle proposizioni di immagini umane, alla luce di un versetto del Corano, in realtà tutt'altro che chiaro, che ebbe non poche né trascurabili eccezioni, specie nel campo delle miniature.

Una parte dei mosaici, con l'accentuarsi dell'avversione nei confronti delle immagini maturato nel mondo islamico, fu nascosta sotto uno strato di intonaco, e solo un'opera di restauro la riportò alla luce negli anni venti.

La facciata est richiama il fronte di un palazzo; sopra al portale vi sono mosaici attualmente asportati per il restauro.

Al centro del cortile si trova la cupola dell'abluzione, mentre nella zona ovest si trova una cupoletta rialzata da terra, a base ottagonale, sorretta da otto colonne romane, con capitello corinzio, ed affrescata all'esterno, costruita per ospitare il tesoro della moschea.

Sempre nel cortile, oltre le arcate, si trova il Mašhad al-Ḥusayn, luogo sacro degli sciiti, in quanto qui la tradizione islamica vuole che fosse stata la testa di al-Husayn - figlio di ʿAlī e nipote del profeta Maometto - mozzatagli dopo essere stato sconfitto e ucciso nella battaglia di Kerbela.

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Preceduto da una vasta piazza, l'edificio rappresenta un modello fondamentale per l'architettura islamica successiva: il complesso presenta un cortile esterno, delimitato da un possente muro e affiancato da tre minareti in stili diversi per la chiamata alla preghiera del muezzin. 

Il cortile interno ha tre lati con doppio porticato coperto ed è occupato al centro dalla cupola dell'abluzione per i rituali che precedono la preghiera, mentre a ridosso di un lato porticato si trova il Bayt al-Mal o cupola del tesoro, un piccolo padiglione ottagonale rivestito da raffinati mosaici (per lo più di restauro), sormontato da una cupola che poggia su otto colonne corinzie: questa struttura era destinata a conservare i beni della comunità. 

Sul quarto lato del cortile interno sorge la moschea vera e propria, suddivisa tramite arcate in tre navate parallele, tagliate perpendicolarmente da un transetto, la parte centrale del quale era coperta da una cupola lignea andata distrutta nel 1401. Per la disposizione dei suoi elementi la costruzione ricorda le chiese cristiane di Siria e Armenia e rappresenta un esempio significativo di arte omayyade che continua, attraverso le maestranze impiegate, la tradizione bizantina.

In origine il cortile dell'edificio era decorato internamente da un alto zoccolo marmoreo al di sopra del quale le pareti erano ricoperte fino al soffitto da un mosaico vitreo di chiara ispirazione ellenistica (si trattava in origine di oltre 4000 m2 , la più estesa decorazione a mosaico mai realizzata). 

Tuttora il lato del portico occidentale che affaccia sul cortile conserva un tratto della decorazione musiva originale, un pannello lungo più di trenta metri e alto sette, ove sono rappresentati gruppi di case, palazzi e padiglioni immersi in una lussureggiante vegetazione e talora affacciati su un corso d'acqua. 

Vi è invece totalmente assente la rappresentazione di esseri umani, il che dimostra che i mosaicisti bizantini chiamati a decorare l'edificio impiegavano le immagini classiche della tradizione tardo-ellenistica e romana, ma erano guidati da precise direttive legate alla nuova fede musulmana. Il progressivo accentuarsi dell'avversione nei confronti delle immagini maturato nel mondo islamico portò in seguito a nascondere sotto uno strato di intonaco il rivestimento musivo, che venne riportato alla luce solo nel 1928. Altri frammenti musivi di identica ispirazione sono stati rinvenuti nella Bab al-Barid, o porta occidentale.

La sala di preghiera è divisa in tre navate, una volta l'arcata verso il cortile era completamente aperta quindi l'interno era molto più luminoso e si poteva accedere direttamente dal cortile, attualmente si entra nella sala solo dai lati. L'accesso è consentito solo alle persone scalze e quando non ci sono fedeli in preghiera. 

La struttura a tre navate richiama quella della moschea del Profeta a Medina, gli interni sono stati rifatti dopo il grande incendio del 1893, le colonne sono state ricostruite in stile neoclassico ottomano e della stessa epoca sono il minbar, l'equivalente del pulpito cristiano, e il cenotafio in marmo, dove sono custodite le reliquie di San Giovanni Battista venerato dai mussulmani come profeta, che ha sostituito quello ligneo precedente. 

Il tessuto urbano subì importanti trasformazioni con l'ascesa al potere degli abbassidi: il centro urbano smise di essere un organismo unitario, ma si divise in quartieri autonomi, ognuno dotato delle proprie istituzioni, moschee, bagni pubblici, mercati, corpi di polizia; in tal modo gli isolati rettangolari di impianto ellenistico si trasformarono nel caratteristico tessuto urbano islamico con le tipiche diramazioni progressive concluse da vicoli ciechi, secondo un'organizzazione dello spazio che rispecchiava la separazione della società per etnie e corporazioni artigianali. 

TombaYahai.jpg (247788 byte)La principale preoccupazione del Saladino (1138-93) e dei suoi successori, gli ayyubidi, fu quella di riportare l'Islam a una rigorosa ortodossia: da questa esigenza derivò l'istituzione di numerose scuole teologiche, in arabo madrase, sobri edifici in basalto e calcare, come la madrasa al-Aziziya, vicino alla Grande moschea, che ospita il mausoleo del grande Saladino. 

Nel XII secolo, mentre nella città vecchia la sud­divisione in quartieri protetti da mura e porte si riorganizzava soprattutto sulla base delle confessioni religiose - cristiani ed ebrei nella zona orientale, musulmani in quella occidentale -, prese avvio l'espansione all'esterno dell'antico tracciato delle mura che nei secoli seguenti, con i mamelucchi e gli ottomani, portò alla creazione di nuovi sobborghi urbani. 

Questo significò il progressivo abbandono del nucleo storico, in cui non si registrarono più interventi edilizi significativi: unica eccezione può essere considerato il XVIII secolo, quando i governatori della famiglia Azem, artefici di una vivace ripresa culturale ed economica, fecero costruire due magnifici caravanserragli a sud della Grande moschea, khan Sulayman Pasha e khan Asad Pasha, e nelle immediate vicinanze il proprio palazzo privato, palazzo Azem (ora museo delle Arti e delle Tradizioni popolari). Dei due caravanserragli, in origine strutture a corte centrale con stalle e magazzini al piano terra e alloggi per i mercanti di passaggio al piano superiore, si conserva il khan Asad Pasha, tuttora in uso come mercato (suq), un tempo coperto da una cupola oggi scomparsa. 

Palazzo Azem fu costruito tra il 1749 e il 1752 come residenza per il governatore ottomano dell'epoca Asad Pasha al-Azem, della famiglia Azm che diede cinque governatori a Damasco, tra il 1725 e il 1806. 

L'architettura è un eccellente esempio di abitazione tradizionale ottomana. La struttura stessa consiste di numerosi edifici e due ali: l'harem e il salamlik. L'harem è l'ala abitativa familiare, spazio privato per gli abitanti (originariamente la famiglia Azm). Questa ala, decorata di marmo a fasce policrome che richiamano la pavimentazione dei cortili, arricchita da portici e fontane e ombreggiato da piante di limoni, include la cucina, i quartieri dei servitori e i bagni, che sono una replica dei bagni pubblici (hammam ) della città, sia pure su scala ridotta. 

Il salamlik è l'ala per gli ospiti, anch'essa decorata di marmo a fasce policrome, comprende saloni di rappresentanza, aree di ricevimento e ampi cortili con le tradizionali fontane a cascatella.

Nella cultura ottomana dell'epoca, quando una donna si sposava non poteva più uscire dal palazzo del marito e dovevano vivere nell'harem. Però potevano ricevere la visita della madre e quindi esistevano degli appartamenti dove soggiornavano le madri delle spose durante i periodi di visita, chiamati, ovviamene, "stanze delle suocere".  

Per la costruzione del Palazzo sono stati impiegati vari tipi di pietre, incluse il calcare, l'arenaria, il basalto e il marmo. Ciò ha garantito un'apparenza decorativa naturale alla struttura, in cui i soffitti sono decorati con pannelli di legno dipinti e raffiguranti scene naturali.

Nel 1925, il Palazzo Azm è stato pesantemente danneggiato dall'artiglieria mandataria francese ed anche incendiato, nel corso della Grande Rivoluzione Siriana.

Nel 1930 ne prese possesso l'istituto Francese, che lo restituì alla famiglia Azm al momento dell'indipendenza della Siria.

Nel 1951, il palazzo fu acquistato dal governo siriano che in seguito lo restaurò e tre anni dopo inaugurò il museo di Arti e tradizioni popolari, con arredi del XVIII e XIX secolo.

Nelle varie stanze è stato creato un museo etnografico, dove sono stati ricostruiti con oggetti e manichini momenti di vita nell'epoca ottomana.  

La cappella di San Aniana si trova in una cripta di due stanze, situata circa quattro metri sotto l'attuale livello stradale, raggiungibile, scendendo una scala di ventitré gradini, dal cortile di una casa che la tradizione attribuisce a Anania, il martire cristiano che fece recuperare la vista a San Paolo, lo battezzò e lo aiutò a nascondersi e a lasciare Damasco, dopo che Paolo, con le sue prediche aveva attirato su di sé l'odio degli ebrei che ne avevano organizzato l'uccisione.

In effetti si tratta di un'abside di una basilica bizantina del V-VI secolo, citata più volte dalle fonti storiche arabe come al-Mussalabeh (della Santa Croce), portata alla luce dagli scavi effettuati dal conte, Eustache de Lorey. Ulteriori indagini hanno portato alla scoperta di un altare pagano del II secolo d.C., dedicato alla divinità semitica di Baalshamin (il signore del cielo), costruito, durante il regno di Adriano, al posto della casa di Anania, per allontanare i Cristiani che ne avevano fatto un luogo di pellegrinaggio.

La cappella si trova vicino alla porta della vecchia cinta muraria della città di Damasco, detta Bab Sharqi, non molto lontano da quella detta Bab Keisan, il luogo attraverso il quale, secondo la tradizione, San Paolo fuggì da Damasco, nascosto in una cesta e nottetempo, calato fuori della città da una finestra della porta stessa, sfuggendo così alla cattura.

Dopo la conquista araba di Damasco, nel 636, la chiesa venne confiscata e in parte abbattuta dalle autorità musulmane, ma, dopo alcune decine di anni, all'inizio dell'VIII secolo il califfo omayyade al-Walīd I ibn ʿAbd al-Malik, la restituì alla comunità cristiana per compensarla dell'espropriazione della cattedrale di San Giovanni Battista, su cui fu costruita la grande Moschea degli Omayyadi.

Alla fine del XII secolo, Salah al.Din la ritrasformò in moschea e solo, nel 1820, fu restituita all'Ordine dei Frati Minori della Custodia di Terra Santa.

Nel 1860, la chiesa fu rasa al suolo, durante la rivolta anticristiana e antiebrea dei Drusi. La cappella fu ricostruita, nel 1867, e ristrutturata nelle forme attuali, nel 1973.

La cappella di San Paolo fu costruita, negli anni 1922 e 1923, durante il periodo di amministrazione francese, su progetto dell'allora direttore dell'istituto francese d'Archeologia e Arte Musulmana, il conte, Eustache de Lorey, all'interno dell'arco della porta della vecchia cinta muraria della città di Damasco, detta Bab Keisan

La porta, che era stata fatta edificare da Nur-ar-Din, nella seconda metà del XII secolo, era il luogo attraverso il quale, secondo la tradizione, San Paolo fuggì da Damasco, infatti Paolo, dopo essersi convertito al Cristianesimo ed essere stato battezzato da San Anania, divenne un predicatore che attirò su di sé l'odio degli ebrei che ne organizzarono l'uccisione. Allora, Paolo si nascose in una casa presso le mura e, nascostosi in una cesta, nottetempo, si fece calare fuori della città da una finestra della porta detta Bab Keisan, sfuggendo così alla cattura. 

Secondo la tradizione popolare la cesta in cui si trovava Paolo era sorretta dall'arcangelo Gabriele.

La moschea di Zainab, di recente costruzione, è stata inaugurata dall'ayatollah Khomeini come santuario sciita. Si trova in un sobborgo meridionale di Damasco ed è stata costruita con finanziamenti in prevalenza iraniani. 

La cupola è ricoperta di uno strato d'oro di 2 millimetri mentre le pareti ed il minareto sono ricoperte da lucide piastrelle azzurre decorate con motivi geometrici e scritte coraniche.

In questa moschea, di credo ,sciita non possono entrare non solo i non mussulmani ma neanche i mussulmani di credo sunnita, l'accesso è consentito solo nel cortile.  

Il museo nazionale, fondato nel 1919, conserva una delle più importanti collezioni archeologiche del mondo. I reperti documentano la storia della Siria dalla preistoria alla fine del periodo arabo-islamico. 

Già il portale d'ingresso è un esempio dell'arte siriana, è la ricostruzione della facciata del castello nel deserto Qasr al-Hair al-Gharbi costruito nel 727 per il califfo Abdullah Hisham. Si entra nel museo attraverso un giardino dove si possono vedere varie antiche statue e mosaici. Nelle varie sale del museo sono esposti reperti di tutti i principali siti archeologici della Siria. Nella sala dedicata a Ugarit è conservata la tavoletta d'argilla con l'afabeto più antico conosciuto del XIV secolo a.C.

Nella sala di Mari si trovano dei bronzi con il nome de re accadico Narasim del III-II millennio a.C. un pettorale a forma di aquila con testa di leone in lapislazzuli oro e rame del 2650 a.C.

I reperti di Ebla sono conservati sopratutto al museo di Aleppo e a Idlib in questo museo è però esposta la statua di basalto del principe Ibbit-Lim che ha consentito di identificare i resti di Tell Mardikh con l'antica città di Ebla. Nella sala di Palmyra sono esposti le belle statue funerarie, ricche di dettagli, tipiche di questa città oltre ad un mosaico del II secolo, un stupendo capitello corinzio e altro.

In altre sale ci sono reperti di Hauran, Dura Europos, Hama, Tell Rifaat e altri.