Aree storiche di Istanbul 
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1985

    

La sua ricchissima storia, che la vede alle origini città greca dal nome di Bisanzio, poi capitale dell'Impero Romano d'Oriente col nome di Costantinopoli e infine capitale dell'Impero Ottomano col nome turco di Istanbul, ha lasciato notevoli testimonianze archeologiche e architettoniche che la rendono anche un centro turistico di rilevanza mondiale.

Secondo un aneddoto il nome attuale deriva da una circostanza curiosa: quando i turchi alla conquista dell'Anatolia chiedevano ai greci dove fosse "la città" ricevevano come risposta, senza capirne il significato Isten polis, cioè "quella è la città", che finì per diventare il nome equivocato di Costantinopoli. Più probabilmente deriva da un'enfatizzazione della parola "città" per indicarla come la "città" per antonomasia, in analogia con la parola Urbe con cui si indica Roma. Il nome Istanbul le venne dato ufficialmente solo attorno al 1930.

Il nome dell'odierna Istanbul comunque riflette, nel corso dei secoli, il succedersi delle civiltà che ne hanno segnato la storia. Fondata dai coloni greci di Megara, nel 667 a.C., viene chiamata originariamente Βυζάντιον (Byzántion) in onore del loro re Byzantas. Sarà dunque Byzantium in latino e successivamente Bisanzio in italiano.

Il nome greco di Κωνσταντινούπολις, da cui l'italiano Costantinopoli, significa "Città di Costantino". Tale nome le fu dato in onore dell'imperatore romano Costantino I quando la città divenne capitale dell'impero romano, l'11 maggio dell'anno 330. Costantino la ribattezzò Nova Roma, ma questa denominazione non entrò mai nell'uso comune, sebbene ancora oggi la denominazione ufficiale secondo la Chiesa ortodossa e il Patriarcato Ecumenico sia "Costantinopoli Nuova Roma". Costantinopoli divenne successivamente la capitale dell'Impero Bizantino fino a quando, nel 1453, venne espugnata dai Turchi Ottomani.

Il nome Istanbul potrebbe derivare dalle parole greche "εις την Πόλη" (letto "is tin polì") che significano "alla Città". In questo modo i Greci si riferivano alla Città delle Città, come Costantinopoli era conosciuta durante l'era bizantina e successivamente. Il nome Stambul era di uso corrente nell'Ottocento.

La fondazione di Bisanzio, da parte dei coloni greci di Megara, risale al 667 a.C.. Grazie alla posizione di controllo sul Bosforo, la città si sviluppò in breve tempo tanto da diventare oggetto di contesa durante le guerre del Peloponneso.

Dopo essersi schierata con Pescennio Nigro contro il vittorioso Settimio Severo, la città fu assediata e largamente distrutta fra il 193 e il 195. Nel 196 Bisanzio entrò a far parte dell'impero romano e fu ricostruita dallo stesso Settimio Severo, divenuto Imperatore, riottenendo rapidamente la sua precedente prosperità.  

La posizione strategica di Bisanzio attrasse anche l'imperatore Costantino I che, l'11 maggio 330, la rifondò come "Nova Roma" (ma presto prese invece il nome di Costantinopoli), secondo la leggenda dopo un sogno profetico nel quale gli veniva indicato il posto dove stabilire la città. Costantino costruì un numero impressionante di palazzi, chiese, luoghi di divertimento, tra cui il famoso circo dove si svolgevano anche cerimonie e che vedrà sommosse e assemblee popolari. La città continuò a crescere anche dopo Costantino, nell'arco di un secolo furono costruite nuove mura che quasi raddoppiarono la superficie della città.

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la posizione strategica di Costantinopoli avrebbe continuato a giocare un ruolo importante come punto di passaggio fra due continenti (Europa e Asia), e successivamente un polo d'attrazione per l'Africa ed altri paesi dal punto di vista commerciale, culturale e diplomatico. Costantinopoli controllò per lungo tempo le rotte fra Asia ed Europa, così come il passaggio dal Mar Mediterraneo al Mar Nero. A Costantinopoli nasce ciò che è considerato il fondamento del diritto romano, il Corpus Iuris Civilis, voluto da Giustiniano tra il 528 e il 565.  

Durante il medioevo, Costantinopoli fu la più grande e ricca città d'Europa: si pensa che nel X sec. potesse avere fino a un milione di abitanti. La maggior basilica costantiniana, Hagia Sophia (Divina Sapienza), monumento di estrema rilevanza architettonica dedicato alla Divina Sapienza, da sempre centro religioso della città, diventa il centro della cristianità greco-ortodossa. Nonostante le aspre lotte interne per il potere e la scarsa autorità individuale dell'imperatore, l'oligarchia bizantina mantenne una stabile struttura politica durante i quasi mille anni dell'impero.  

Dotata di un notevole impianto di fortificazioni, la città rimase per secoli inespugnata, fino al 1204, quando venne saccheggiata dagli eserciti della quarta crociata che instaurò per circa un secolo "L'impero latino". Per Costantinopoli era iniziato il suo declino. 

Nel XIV secolo il regno bizantino raccoglie di nuovo le proprie forze per riconfermare la propria grandezza culturale. I mosaici e gli affreschi del monastero di Chora sono preziose testimonianze dei quell’epoca. Le stupende rappresentazioni sacre non seguono il corso del Rinascimento italiano, non hanno più nulla in comune con l’arte bizantina prodotta fino a quel momento.

Il 29 maggio 1453 il sultano ottomano Maometto II (Mehmet II Fatih), detto il Conquistatore, conquista l’imprendibile città. Su una punta della penisola, sulle fondamenta dell’antica città di Bisanzio, nasce la città del sultano, la reggia della dinastia ottomana che regnerà per quasi 500 anni. La caduta di Costantinopoli, e quindi la fine dell'Impero Romano d'Oriente, è indicata talvolta come l'evento che convenzionalmente chiude il medioevo e inizia l'evo moderno.

Topkati e il suo harem, è la zona dedicata alla vita privata del sultano Maometto II, la parte più importante del palazzo, una tenda stabile di pietra per i nomadi ottomani. Nessun altro luogo nella storia dell’uomo ha mai stuzzicato la fantasia erotica nell’occidente come l’harem, l’area del palazzo dove si svolge la vita privata della famiglia del sultano. In effetti le donne e le ragazze in tutto il regno ottomano studiano soprattutto la musica, la danza e l’arte. Nella sala del sultano si trovavano il sovrano, sua madre e la madre del successore al trono e anche le favorite, le donne scelte che avevano l’onore di donare al sultano una degna prole. Nelle sale splendidamente decorate da maioliche con vivaci motivi floreali, le donne gareggiavano nella musica e nella danza per il piacere del sultano.

Soltanto lui e i suoi figli maschi erano gli unici uomini ad avere accesso a queste stanze, la stretta sorveglianza nell’area proibita era affidata a eunuchi neri.

Le stanze dell’harem sono completamente rivestite da maioliche che rappresentano giardini paradisiaci; è la grande arte della ceramica islamica, famosa per il caratteristico rosso bruno della terra della Turchia orientale. Opere preziose tra la rappresentazione fedele della natura e la decorazione pura. I motivi si ripetono, ricordano il potere infinito di Dio. I lavori più belli risalgono a un breve periodo del XVI secolo.  

Nella stanza più bella, la camera di Murad III, l’atmosfera è data, più che dalle decorazioni,  dalla forma della cupola, che ricorda l’architettura bizantina. La cupola presenta una costruzione più libera rispetto a quella conosciuta fino ad allora, senza colonne o altri pilastri di sostegno. L’opera è stata attribuita al maggior architetto del periodo ottomano, Mimar Sinan.

Il giannizzero, di origine armena comincia all’età di 60 anni a perfezionare la struttura della cupola dei bizantini e con la moschea di Solimano, le sue capacità di architetto raggiungono quasi la perfezione.

Con semplicità si avvicina al principio usato per la costruzione di Aghia Sophia, apre lo spazio sotto la cupola creando una superficie unitaria che comprende lo spazio intero. La luce vivida attira lo sguardo del visitatore in alto, quasi volesse perdersi verso l’infinito. La struttura della cupola, con soltanto due colonne portanti da ambo i lati, contribuisce a creare un effetto di incredibile leggerezza. Un luogo per la meditazione da 450 anni. Il sultano Solimano il Magnifico con la moschea ha voluto creare un monumento.

Sotto il suo dominio il regno ottomano raggiunge il culmine dello splendore. Conosciuto anche come Solimano il Legislatore, da’ un ordine interno al suo regno e ne ingrandisce i confini, che ora si estendono dalla Persia fino quasi a raggiungere Vienna. Sinan impiega quasi 7 anni a completare la costruzione della moschea. La moschea di Solimano non è soltanto un luogo di preghiera ma anche un centro sociale. Sotto le volte delle numerose cupole sono ospitate le mense per i poveri, un ospedale, scuole, biblioteche e in parte è così ancora oggi. Qui salta chiaramente agli occhi come gli ottomani abbiano continuato l’eredità lasciata dai cristiani. 

Sotto i sultani ottomani, Costantinopoli ritrovò un nuovo periodo di splendore, diventando sede de facto del califfato nel 1517, ma mantenendo la sede del Patriarcato greco-ortodosso (nonostante la forzata conversione della Basilica di Santa Sofia in moschea) e in generale il carattere cosmopolita che la caratterizzò nei secoli precedenti. Subito dopo la conquista, e sino all'inizio del XVII secolo, vennero costruite le grandi moschee imperiali: quella del conquistatore, di Selim I, di Beyazit, di Moschea di Solimano (Suleymaniye, la più grande moschea di Istanbul), di Ahmet (Sultanahmet), e la moschea nuova. Queste erano parte di complessi (kulliye) comprendenti ospedali, cucine per i poveri (imaret) e scuole coraniche (medresse). Questi complessi erano amministrati da fondazioni religiose (vakif) le quali ricavavano il denaro necessario al loro funzionamento da rendite fondiarie e immobiliari. Parallelamente, la città venne dotata di strutture per il commercio, come il Gran Bazaar e il Bazar Egiziano, e tornò a essere il crocevia dei traffici fra Europa ed Asia.

L'impero ottomano, sconfitto durante la prima guerra mondiale, finì ufficialmente il 1º novembre 1922. Quando nel 1923 fu fondata la Repubblica di Turchia, la capitale venne spostata da Istanbul ad Ankara. In un primo tempo trascurata in favore della nuova capitale, Istanbul passò attraverso un periodo di grande trasformazione negli anni '50 e '60. Prima degli anni sessanta, in particolare, il governo di Adnan Menderes perseguì lo sviluppo economico del paese attraverso la costruzione di nuove strade e industrie. Anche nel centro storico, moderne pavimentazioni stradali rimpiazzarono l'acciottolato e una larga parte dei quartieri vecchi venne demolita.

Dagli anni settanta, la popolazione di Istanbul sta subendo una rapida crescita in seguito alla forte immigrazione dall'Anatolia. Nuovi quartieri  e zone industriali sono sorti alla periferia della città e molti dei villaggi limitrofi sono stati incorporati nella grande area metropolitana.

Istanbul è tuttora sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, una delle antiche sedi apostoliche.

In anni recenti la città è stata oggetto di diversi attacchi terroristici, come il massacro di piazza Taksim avvenuto nel 1977, e gli attacchi del 1999, del 2003 e del 2008, per un totale di più di 120 vittime e 1000 feriti. Nell'estate del 2008 si è verificata inoltre una sparatoria fuori dal consolato degli Stati Uniti d'America, con il rapimento di tre turisti tedeschi.

Nel giugno 2010 un attentato contro un minibus ha portato alla morte di quattro persone; potrebbe essersi trattato di una rappresaglia in seguito agli scontri fra esercito e Pkk che nel solo giugno hanno portato alla morte di 18 militari. Un nuovo attentato compiuto da un kamikaze in Piazza Taksim porta, nell'ottobre 2010, alla morte del kamikaze e al ferimento di 15 agenti di polizia e 17 civili.

Nel giugno 2013, a piazza Taksim e a Beşiktaş sono avvenuti violenti scontri tra studenti, intellettuali, e cittadini da una parte e la polizia dall'altra in difesa del parco Gezi (e dei suoi 600 alberi) che il governo cittadino vuole distruggere per ricostruire antiche caserme ottomane che dovranno ospitare un centro commerciale. Quella che doveva essere una semplice protesta ha provocato manifestazioni in tutta la Turchia, approfittando del malcontento generale causato da varie misure attuate dal governo di Ankara.  

Architettura

Istanbul è principalmente conosciuta per la sua architettura bizantina e ottomana, ma i suoi edifici riflettono i vari popoli e imperi che l'hanno governata. Strutture genovesi e romane rimangono visibili in città, a fianco dei più frequenti edifici relativi al periodo ottomano. Allo stesso modo, mentre Aghia Sophia e le moschee imperiali dominano gran parte del panorama cittadino, si possono trovare anche una serie di storiche chiese e sinagoghe.

Nessun edificio greco è sopravvissuto a Istanbul. Esempi di architettura romana sono risultati più durevoli. In piazza Sultanahmet, presso l'Ippodromo di Costantinopoli (realizzato sul modello del Circo Massimo di Roma, sono ancora visibili gli obelischi. Una sezione dell'Acquedotto Valente, costruita alla fine del IV secolo per portare acqua alla città, è relativamente intatto per oltre 970 metri nella parte occidentale del quartiere Fatih. Allo stesso modo, le mura di Costantinopoli, che sono stati erette nel periodo bizantino, sono ancora visibili lungo gran parte del loro originale percorso. Infine, la Colonna di Costantino, eretta nel 330 d.C. per celebrare la nuova capitale romana, ancora sorge non lontano dall'Ippodromo.

La chiesa cristiana più antica di Istanbul (anche se parzialmente in rovina) è San Giovanni di Studion. Il monastero di Studion o Studios fu fondato a Costantinopoli nel 463 dal console Studio che lo pose sotto il patrocinio di san Giovanni Battista: era situato verso il limite occidentale della città, vicino al mar di Marmara. I suoi monaci erano detti "Studiti".

Divenne subito baluardo della difesa dell'ortodossia cristiana, opponendosi alle dottrine monofisite contenute nell'Henotikon di Zenone e non aderendo allo scisma di Acacio (484-519); tra l'VIII ed il IX secolo si segnalarono nella lotta contro l'iconoclastia (l'abate Saba vi si oppose duramente nel corso del Concilio di Nicea II, celebrato a Nicea nel 787) entrando anche in conflitto con il patriarca Metodio il Confessore.

Divenuto modello del monachesimo orientale sotto la guida dell'igumeno Teodoro Studita, fiero oppositore degli iconoclasti Niceforo I e Leone V l'Armeno, Studion iniziò a decadere con il progressivo declino dell'Impero bizantino: nel 1204 venne saccheggiato dai latini nel corso della quarta crociata, non risorse fino al 1290.

Gli ultimi monaci vennero dispersi e gran parte del monastero venne distrutto dai Turchi durante la conquista di Costantinopoli nel 1453: la basilica, risalente al V secolo, venne trasformata da Bayezid II nella moschea di Imrahor (İmrahor Camii in Turco).

Il typikon studita venne recuperato all'inizio del XX secolo dal metropolita di Leopoli Andrej Szeptycki, fondatore dei Monaci Studiti Ucraini, continuatori dell'originaria spiritualità di Studion.

Altri edifici religiosi del primo periodo bizantino comprendono:

-  la Chiesa di Santa Irene, capolavoro dell'architettura bizantina, trasformata dai turchi prima in un deposito d'armi e attualmente in una sala di concerti. La costruzione si trova probabilmente nel sito di un tempio precristiano. È infatti la prima chiesa costruita a Costantinopoli. L'imperatore romano Costantino commissionò la chiesa di Hagia Irene nel IV secolo e Giustiniano I in seguito la restaurò. È stata usata come chiesa del Patriarcato prima che fosse costruita la chiesa di Santa Sofia.

La sua struttura attuale nelle sue parti principali (gallerie, cupole ed abside) risale all'VIII secolo ed è da collegare alla ricostruzione dopo i danni che l'edificio di epoca giustinianea ebbe a soffrire a seguito del terremoto del 740 ed è l'unica chiesa bizantina di Istanbul ad avere il suo atrio originale. Una grande croce nella calotta dell'abside, dove era solitamente posizionata l'immagine della Theotokos, sono le uniche vestigia rimaste nella città dell'arte iconoclasta.

I Giannizzeri (soldati dell'Impero Ottomano) usarono la chiesa come deposito di armi dopo l'assedio di Costantinopoli del 1453.

Oggi il museo è usato principalmente come sala per concerti di musica classica, grazie anche all'ottima acustica. Dal 1980 la maggior parte dei concerti del Festival musicale internazionale di Istanbul sono tenuti in questa chiesa.

- la Basilica di San Polieucto fu un'antica chiesa di Costantinopoli, eretta negli anni 520 dalla nobile Anicia Giuliana e dedicata a san Polieucto. Fu eretta come simbolo della discendenza imperiale di Giuliana: dotata di una decorazione ricchissima, in cui per la prima volta si usavano su larga scala temi decorativi sasanidi, fu la chiesa più grande di Costantinopoli fino alla riedificazione di Aghia Sophia,  per la quale fu perfezionata la nuova forma architettonica della basilica con cupola introdotta proprio dalla basilica di San Polieucto.

Poco è noto della storia di questa basilica dopo la sua costruzione. Sopravvisse fino all'XI secolo, dopo di che cadde in rovina, divenendo una cava di elementi architettonici riutilizzati a Costantinopoli e in altre città, come Venezia. In epoca ottomana l'area dove sorgeva la basilica fu riedificata; i suoi resti furono riscoperti negli scavi del 1960 e sono divenuti area archeologica aperta ai visitatori, sebbene alcune sculture siano state trasferite al Museo Archeologico di Istanbul.

La chiesa fu commissionata dalla nobile Anicia Giuliana (discendente della dinastia teodosiana in quanto figlia dell'imperatore Olibrio, nipote dell'imperatore Valentiniano III e di sua moglie Licinia Eudossia e bisnipote dell'imperatore Teodosio II); la costruzione durò dal 524 al 527, sotto il regno di Giustino II. Si trattava di una ricostruzione di una più antica chiesa, eretta da Eudocia, moglie di Teodosio II e bisnonna materna di Anicia, e aveva lo scopo di custodire la reliquia del cranio di san Polieucto. Si ritiene che fosse la chiesa più grande di Costantinopoli fino all'erezione della nuova Aghia Sophia da parte di Giustiniano I (527-565), nipote e successore di Giustino.

In un epigramma di 76 versi, iscritto sulle mura della chiesa e conservato nell'Anthologia Graeca, Giuliana si paragona agli imperatori del passato Costantino I e Teodosio II come costruttice di edifici, e afferma di aver superato il Tempio di Salomone, sulle cui proporzioni il tempio sarebbe stato eretto. L'edificio costituiva dunque una sfida al prestigio e all'autorità della dinastia regnante, di umili origini, e potrebbe essere stato all'origine della ricostruzione di Hagia Sophia su scala gigantesca qualche anno più tardi. Alla luce di questa rivalità è dunque comprensibile perché anche Giustiniano, di fronte ad Hagia Sophia completata, sembrerebbe abbia esclamato «Salomone, ti ho superato!».  L'importanza dell'allusione a Salomone è però messa in dubbio da alcuni studiosi, che vedono nella chiesa più un'affermazione del prestigio imperiale dell'aristocrazia romana, da cui Giuliana discendeva, e della fede calcedoniana, che essa aveva difeso durante il regno dell'imperatore Anastasio I (491-518). 

Un ulteriore aspetto dell'antagonismo con Giustiniano è comunque evidenziato da un racconto tramandato da Gregorio di Tours: poco dopo la sua ascensione al trono, Giustiniano chiese all'anziana Giuliana di contribuire al tesoro statale con una gran parte della sua fortuna; dopo aver temporeggiato un po', Giuliana fece fondere il proprio oro e forgiare dei piatti, con i quali adornare l'interno del tetto della chiesa di San Polieucto, sottraendolo così alle mire dell'imperatore.

La chiesa fu utilizzata fino all'XI secolo, quando fu abbandonata; da quel momento in poi fu spogliata delle sculture e degli altri elementi architettonici, sia dai bizantini che, dopo il sacco della città del 1204, dai crociati. Diversi pezzi provenienti da San Polieucto furono riutilizzati nel Monastero di Cristo Pantocratore (la moderna moschea di Zeyrek), mentre altri pezzi, come i capitelli, furono riutilizzati a Vienna, Barcellona e Venezia, tra cui i cosiddetti «Pilastri acritani» della basilica di San Marco a Venezia.

Il sito della chiesa, nel quartiere Saraçhane (l'antico Constantinianae), fu gradualmente occupato da case e da una moschea nel periodo ottomano. Nel 1940 l'area fu demolita e nel 1960, durante la costruzione dell'incrocio tra le vie Şehzadebaşı Caddesi e Atatürk Bulvarı, iniziarono gli scavi. Furono scoperte volte di mattoni e sculture in marmo proconnesio, tra cui frammenti dell'epigramma monumentale che adornava la chiesa. Questi frammenti, insieme a citazioni sulla posizione approssimativa della chiesa nei testi bizantini che riguardano le processioni imperiali lungo la via Mese, hanno permesso un'identificazione sicura dell'edificio. Il sito fu scavato estensivamente tra il 1964 e il 1969, sotto la guida di Nezih Firatli, del Museo Archeologico di Istanbul e di Roy Michael Harrison, del Dumbarton Oaks Institute. L'area, che si trova di fronte al Comune di Istanbul, è ora un sito archeologico protetto aperto ai visitatori, sebbene le sculture siano state trasferite al Museo archeologico cittadino.

Malgrado la sua importanza architettonica, molto poco è noto della sua precisa struttura. La maggior parte delle informazioni sull'aspetto originario della chiesa deriva dall'epigramma in onore di Giuliana e della sua famiglia, inciso in varie parti della chiesa. Secondo l'epigramma, la chiesa fu progettata come una replica del Tempio di Gerusalemme, con le proporzioni precise del Tempio di Salomone indicate nella Bibbia, utilizzando il cubito reale come unità di misura, come nell'originale.  Richard Martin Harrison, l'archeologo che diresse gli scavi, ha ricostruito la chiesa come una basilica di pianta all'incirca quadrata, con lato di 52 metri, una navata centrale e due laterali, con un nartece sul davanti preceduto da un atrio di 26 metri di lunghezza. A nord dell'atrio sono stati ritrovati resti di un altro edificio, identificato come il battistero della chiesa o con il palazzo di Giuliana. Una struttura posta al centro della costruzione indica la posizione dell'ambone, mentre le ampie fondazioni di tutta la chiesa indicano la presenza, secondo Harrison, di una cupola, che avrebbe portato l'altezza della chiesa a 30 metri. L'area dell'altare non fu completamente scavata, e la sua forma resta sconosciuta. La presenza della cupola, sebbene non universalmente accettata, è un elemento di grande importanza, in quanto significherebbe che fu San Polieucto, e non le chiese di Giustiniano (Santi Sergio e Bacco e Hagia Sophia), la prima chiesa a combinare al tradizionale basilica con una cupola. 

L'epigramma rivela che l'interno era disposto su tre piani, con colonnate e gallerie. In base all'epigramma e alle strutture ritrovate, Harrison ha anche ipotizzato l'esistenza di una coppia di esedre a due piani, composte da tre nicchie con un collegamento tra loro, sui lati settentrionale e meridionale dell'ambone. Lo spazio intorno alle campate occidentali della cupola dovrebbe essere stato voltato a botte o a crociera.

La decorazione interna era estremamente ricca. Le pareti erano decorate in marmo, il tetto era dorato, il nartece conteneva una raffigurazione del battesimo di Costantino I. Sul sito sono stati trovati frammenti di avorio, ametista, vetro dorato e colorato, che originariamente decoravano le sculture, come pure frammenti di mosaici. Il richiamo al tempio salomonico era rinforzato dalla preponderanza di motivi decorativi quali alberi di palme, melograni, gigli. Un'importante caratteristica, precedentemente sconosciuta a Costantinopoli, è l'uso estensivo di motivi decorativi sasanidi, come fregi di palmette e foglie di melograno, o motivi vegetali e geometrici simmetrici. I motivi decorativi persiani divennero sempre più diffusi nel VI secolo e furono usati anche per la decorazione di Aghia Sophia. Un altro ritrovamento eccezionale sono dieci placche a rilievo con le immagini di Cristo, della Vergine Maria e degli Apostoli: si tratta di immagini molto rare, a causa della distruzione delle raffigurazioni umane durante l'Iconoclastia dei secoli VIII e IX.

- la Chiesa dei Santi Sergio e Bacco oggi "Küçük Aya Sofya Camii", "Moschea della piccola Santa Sofia" è una ex-chiesa bizantina convertita in Moschea dopo la conquista ottomana di Costantinopoli. L'edificio fu iniziato nel 527, primo anno di regno di Giustiniano I. All'inizio del XVI secolo venne trasformata in moschea. 

Secondo una leggenda, durante il regno di Anastasio I, i suoi parenti Giustino (in seguito suo successore) ed il nipote di quest'ultimo Giustiniano erano stati accusati di complottare per la corona e condannati a morte. I santi Sergio e Bacco apparvero in sogno all’imperatore e sostennero la loro innocenza. Diventato poi anch'esso imperatore, Giustiniano avrebbe costruito questa chiesa come ex voto. La fondazione dell'edificio, tra i primi atti di governo di Giustiniano, avvenne tra il 527 e il 536 d.C. (poco prima dell’erezione di Hagia Sophia, avvenuta tra il 532 e il 537). Sorge tra la prima e la terza Regio della città. Il sito venne scelto in un’area piuttosto irregolare tra l’Hormisdas (la residenza di Giustiniano prima di salire al trono) e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo (oggi demolita: faceva parte integrante del complesso). Alla chiesa, che divenne uno dei più importanti edifici religiosi della città, presto si aggiunse un monastero.

A causa di alcune somiglianze stilistiche con Hagia Sophia, in passato si è ritenuto che la chiesa potesse essere opera degli stessi architetti Isidoro di Mileto e Antemio di Tralle, e che la sua costruzione sia servita da modello per l’edificazione della più grande chiesa di Costantinopoli. A uno sguardo più attento, le differenze rilevate tra i due edifici hanno imposto una maggiore cautela rispetto all’ipotesi accennata.

Negli anni 536 e 537, Il palazzo di Hormisdas divenne un monastero monofisita, i cui seguaci, provenienti dalle regioni orientali dell’impero e in fuga dale persecuzioni, trovarono protezione da parte dell’imperatrice Teodora.

Nel 551 Papa Vigilio vi si rifugiò fuggendo dai soldati dell’imperatore che volevano arrestarlo. Durante il periodo iconoclasta il monastero divenne il centro di questo movimento in Città.

Dopo la Caduta di Costantinopoli nel 1453, la chiesa rimase intatta fino al regno di Bayezid II. In seguito (tra il 1506 e il 1513) fu trasformata in moschea da Hüseyin Ağa, il capo degli Agha, (Eunuchi neri) che custodivano la Bab-ı-Saadet ("Porta della Felicità") nella residenza sultaniale del Topkapi. In quest’occasione vennero aggiunti all’edificio il portico e la madrasa.

Nel 1740 il Gran Vizir Hacı Ahmet Paşa restaurò la moschea e costruì il Şadırvan (fontana per abluzioni). I danni causati da terremoti resero necessari ulteriori restauri nel 1831 sotto il sultanato di Mahmud II. Nel 1762 fu costruito il minareto, demolito nel 1940, poi riedificato nel 1956.

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Il degrado dell'edificio, dovuto a umidità e terremoti, fu aggravato dalla costruzione della ferrovia (che per altro determinò la demolizione della chiesa dei Santi Pietro e Paolo). Altri danni furono dovuti all'utilizzo come rifugio di profughi nel corso delle guerre balcaniche. Un'ultima campagna di restauro, conclusa nel 2006, ha permesso la salvaguardia del sito.

Costituita da un vano centrale coperto da cupola a spicchi e attorniata da esedre alternativamente a curve e rette, è ravvisata una significativa elaborazione dello schema a pianta centrale del martyrion, santuario cristiano dedicato al culto di un martire.

All'esterno il muro meridionale presenta archi murati che collegavano l'edificio ad una chiesa precedente. All'interno un primo ordine inferiore di archi a travatura continua (come a San Giovanni di Studio) conferisce una staticità ed immobilità tipicamente greca. Molti effetti dell'edificio furono poi impiegati in Hagia Sophia: le esedre espandono lo spazio centrale sugli assi diagonali, colonne colorate schermano i deambulatori dal centro della chiesa, luce ed ombra aumentano il contrasto sulle sculture dei capitelli e della trabeazione. La pianta quadrata dell'edificio è servita da modello per la basilica di San Vitale a Ravenna, come si può apprezzare nell'organicità della struttura verticale e nell'impianto ottagonale. La struttura ispirò l'architetto ottomano Sinan nella costruzione della moschea Rüstem Pasha.

Di fronte all'edificio c'è un portico (che ha sostituito l'atrio) ed un cortile (entrambi aggiunti nel periodo ottomano), con un piccolo giardino e una fontana per le abluzioni. Le celle della madrase sono occupate da venditori e rilegatori di libri. A nord del complesso vi è un piccolo cimitero islamico, con la tomba di Hüseyin Ağa, il fondatore della moschea.

Nulla rimane dell'originale decorazione pittorica del complesso, che i contemporanei descrivono, prima della caduta della città, come ricoperta di mosaici. Durante la conversione in moschea, furono modificate le finestre e gli ingressi, fu alzato il piano pavimentale e furono intonacate le pareti. Sul colonnato che corre sui lati nord, ovest e sud, si trova un'elegante iscrizione in esametri greci dedicata a Giustiniano, sua moglie Teodora e San Sergio, patrono dell'esercito bizantino. Per ragioni oscure, San Bacco non è menzionato. Molti capitelli recano i monogrammi di Giustiniano e Teodora.

Fra le chiese del periodo Comneno spiccano

- la Chiesa del Pantocratore oggi moschea di Zeyrek, è costituita da tre primitivi edifici sacri ortodossi (due chiese e una cappella). Rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura bizantina a Costantinopoli ed è, dopo Hagia Sophia, il secondo più grande edificio del periodo Bizantino ancora in alzato.

Il complesso si trova nel distretto di Fatih, nel quartiere popolare di Zeyrek che prende il nome da questa moschea.

Tra il 1118 e il 1124 l’imperatrice bizantina Irene costruì in questo sito un monastero dedicato a Cristo Pantocratore. Il monastero era costituito da una chiesa, appunto dedicata al Pantocratore, una biblioteca e un ospedale.

Dopo la morte di sua moglie, poco dopo il 1124, l’imperatore Giovanni II Comneno costruì una nuova chiesa a nord della prima, dedicata alla Theotokos Eleousa ("Vergine Misericordiosa"), e poi unì i due santuari con una cappella (dedicata a san Michele arcangelo), che divenne il mausoleo imperiale dei Comneni, dei Paleologi e inoltre di molti dignitari di corte. L’imperatore Giovanni II, sua moglie Irene, Berta di Sulzbach e l’imperatore Giovanni V Paleologo furono sepolti qui.

Durante l'Impero latino di Costantinopoli, in seguito alla quarta crociata, il complesso fu sede del clero veneziano, e l’icona della Theotokos Hodegetria fu portata qui. Il monastero fu usato come palazzo imperiale dall’ultimo imperatore latino, Baldovino II. Dopo la rinascenza paleologa il monastero tornò ai monaci ortodossi. Il più famoso di questi fu Gennadio II, che lasciò il monastero per diventare il primo patriarca di Costantinopoli dopo la conquista islamica della città.

Poco dopo la caduta di Costantinopoli l’edificio fu trasformato in moschea e il monastero fu convertito in una Madrasa. Gli Ottomani lo chiamarono Molla Zeyrek in onore di un dotto che qui insegnò. La chiesa del Pantocratore viene ricordata da Pierre Gilles nel suo scritto su Costantinopoli del XVI secolo, ed è uno dei pochi edifici bizantini il cui nome non venne mai dimenticato. Le stanze del monastero occupate dalla Madrasa scomparvero più tardi.

Caduto in un profondo stato di degrado, il complesso è stato oggetto ultimamente di una estesa campagna di restauro non ancora conclusa.

La muratura è stata in parte costruita adottando la tecnica del mattone incassato, tipica dell'architettura bizantina del periodo centrale. In questa tecnica, linee alterne di mattoni sono montate dietro la linea del muro, e sono immerse in un letto di malta. A causa di ciò, lo spessore degli strati di malta è circa tre volte superiore a quella degli strati di mattoni.

La chiesa settentrionale e quella meridionale sono entrambe a cupola con pianta a croce inscritta. Esse posseggono absidi eptagonali , e non pentagonali come era tipico dell'architettura bizantina del secolo precedente. 

La chiesa meridionale è la più grande. Ad est ha un esonartece, il quale in seguito è stato esteso fino alla cappella imperiale. L'edificio è sormontato da due cupole, una sopra la naos e l'altra sopra il matroneo (una galleria superiore separata per le donne) del nartece. La decorazione di questa chiesa, che era molto ricca, è scomparsa quasi completamente, ad eccezione di alcuni frammenti di marmo nel presbiterio e, soprattutto, un bel pavimento in opus sectile con marmi colorati lavorato con la tecnica a cloisonné, dove sono rappresentate figure umane e animali. Inoltre, frammenti di vetro colorato suggeriscono che nelle finestre di questa chiesa un tempo fossero rappresentate figure di Santi in vetro colorato. I mosaici degli interni, che rappresentano gli apostoli e la vita di Cristo, erano ancora visibili - anche se deturpati - nel diciottesimo secolo.

La cappella imperiale è coperta da volte a botte ed è anch'essa sormontata da due cupole.

La chiesa settentrionale ha una sola cupola, ed è notevole per il suo fregio, scolpito con un motivo a denti di cane e triangoli, il quale corre lungo la linea di gronda.

Vicino alla moschea si trova la piccola Süleyman Seyh Mescidi, un piccolo edificio bizantino appartenente anch'esso al monastero di Pantokrator.

Nella sua totalità, questo complesso rappresenta il più tipico esempio di architettura bizantina del medio periodo a Costantinopoli.

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