Aree storiche di Istanbul 
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1985

    

- la Theotokos Kiriotissa, oggi Moschea Kalenderhane, è una ex chiesa ortodossa convertita in moschea dagli Ottomani. Molto probabilmente la chiesa era originariamente dedicata alla Theotokos Kyriotissa. Questo edificio rappresenta uno tra i pochi esempi ancora esistenti di una chiesa bizantina con pianta a croce greca con cupola.

La moschea si trova ad Istanbul, nel distretto di Fatih, nel pittoresco quartiere di Vefa, ed è situata immediatamente a sud della sezione orientale ancora esistente dell'Acquedotto di Valente, a meno di un km a sud-est della Chiesa Moschea di Vefa.

Il primo edificio in questo luogo fu un bagno romano, seguito (la datazione è basata su monete ritrovate in situ durante uno scavo stratigrafico) da una "chiesa a sala" del sesto secolo con un abside, costruita appoggiandosi all'Acquedotto di Valente. Più tardi - forse nel VII secolo - una chiesa molto più grande venne costruita a sud della prima chiesa. Una terza chiesa, che riutilizzò il santuario e l'abside (poi distrutto dagli Ottomani) della seconda chiesa, può essere datata alla fine del XII secolo, alla fine del periodo comneno. La chiesa era circondata da edifici del monastero, i quali scomparvero totalmente durante il periodo ottomano. Dopo la conquista latina di Costantinopoli, l'edificio fu utilizzato dai Crociati come chiesa cattolica, in parte officiata dal clero francescano.

Dopo la conquista di Costantinopoli nel 1453, la chiesa fu assegnata personalmente da Mehmed II alla confraternita dei dervisci della Qalandariyya (in turco Kalender). Questi ultimi la usarono come zaviye (luogo romito di raduno dei mistici) ed Imaret (cucina pubblica), e l'edificio è da allora noto come Kalenderhane (Turco: "La casa dei Kalender").

La corrispondente Waqf (fondazione) venne dotata di numerose proprietà in Tracia, e molti hammam ad Istanbul e Galata Alcuni anni più tardi, Arpa Emini Mustafa Efendi aggiunse un Mektep (scuola) ed una Medressa.

Nel 1746, Hacı Besir Aga, il Kizlar Ağası del Topkapi, costruì un mihrab, un minbar e un mahfil (piattaforma per le preghiere del muezzin), Completando la trasformazione dell'edificio in una moschea. Devastata dal fuoco e danneggiata dai terremoti, la moschea venne restaurata nel 1855 e di nuovo tra il 1880 e il 1890.Essa venne abbandonata nel 1930, dopo il crollo del minareto a causa di un fulmine, e la demolizione della Medressa.

Il recupero dell'edificio risale al 1970, quando esso fu restaurato e studiato nel corso di dieci anni da Cecil L. Striker e Dogan Kuban, i quali ripristinarono il suo stato nel XII secolo. Inoltre, il minareto e il mihrab vennero ricostruiti, cosa che ha permesso alla moschea di essere riaperta al culto.

Il restauro ha anche fornito una soluzione al problema della dedica della chiesa: mentre prima si pensava che la chiesa fosse intitolata alla Theotokos tes Diakonissēs ("Vergine della Diaconessa" ) oppure a Christos ho Akatalēptos ("Cristo Inconcepibile"), la scoperta di un affresco di un benefattore nella cappella a sud-est e di un altro affresco sopra l'ingresso principale del nartece, entrambi con l'iscrizione "Kyriotissa" (greco per in trono), rende molto probabile che la chiesa fosse dedicata alla Theotokos Kyriotissa.

L'edificio ha una pianta centrale a croce greca con profonde volte a botte lungo i bracci, ed è sormontato da una cupola con 16 costoloni. La struttura ha una tipica muratura del periodo di mezzo bizantino con strati alternati di mattoni e pietre. L'entrata avviene tramite un endonartece ed un esonartece (aggiunto molto più tardi) sul lato ovest.

Una galleria superiore costruita sull'endonartece, simile a quella esistente nella Chiesa del Pantokrator venne rimossa nel 1854.Anche gli ambienti laterali a nord e sud lungo la navata centrale sono stati distrutti, probabilmente anche durante il XIX secolo. Gli alti archi tripli che collegavano gli ambienti laterali con la navata centrale sono ora le finestre inferiori della chiesa.

Il santuario si trova sul lato est: tuttavia, il mihrab e minbar ricostruiti sono in un angolo per ottenere il corretto allineamento con la Mecca.

Le due piccole cappelle chiamate protesis e diakonikon, tipiche delle chiese bizantine del periodo medio e tardo, sono sopravvissute.

La decorazione interna della chiesa, composta da bei pannelli di marmi colorati e modanature, e da elaborati cornici, è in gran parte ancora esistente.

L'edificio possiede due caratteristiche che entrambe rappresentano un unicum a Istanbul: un mosaico, di un metro quadrato, che rappresenta la "Presentazione di Cristo", che è l'unico esemplare pre-iconoclasta di un soggetto religioso superstite in città, e un ciclo di affreschi del XIII secolo (che si trova in una cappella all'angolo sud-est del palazzo, e venne dipinta durante la dominazione latina) raffigurante la vita di San Francesco d'Assisi. 

Questa è la più antica rappresentazione conosciuta del santo, e potrebbe essere stata dipinta solo pochi anni dopo la sua morte nel 1226. Entrambi sono stati staccati e parzialmente restaurati, e possono essere ammirati nel Museo Archeologico di Istanbul.

Nel complesso, la moschea di Kalenderhane rappresenta - insieme alla moschea Gül a Istanbul, la Basilica di Santa Sofia a Salonicco e la Chiesa della Dormizione a Iznik (Nicea) - uno dei principali esempi di una chiesa a croce greca con cupola nella Architettura bizantina del medio periodo.

- la moschea Gül è una ex chiesa ortodossa convertita in moschea dagli Ottomani. L'edificio è importante sia architettonicamente, rappresentando una delle poche chiese bizantine ancora esistenti ad Istanbul, sia dal punto di vista storico, in quanto teatro dell'ultima preghiera congiunta dell'Imperatore bizantino Costantino XI e del Patriarca di Costantinopoli prima della presa della città da parte degli Ottomani di Maometto II nel 1453.

La dedica della chiesa bizantina è incerta, e non si hanno notizie precise neanche sulla data di costruzione: alcuni studiosi la pongono intorno al IX secolo, altri la stimano intorno al 1100, durante il periodo Comneno. Nel 1490, l'edificio venne convertito in moschea, alla quale alcuni decenni più tardi fu aggiunto un minareto. In seguito a gravi danni causati da incendi e terremoti nel corso del Seicento e del Settecento, la moschea della rosa fu oggetto di numerosi interventi di restauro, sino all'ultimo, compiuto nella prima metà del XIX secolo per volere del sultano Mahmud II. L'edificio è anche al centro di leggende e tradizioni della vecchia Istanbul, testimoni di una società multietnica e tollerante.

L'edificio si trova a Istanbul, nel distretto di Fatih, nel quartiere di Ayakapı (Turco: "Porta della Santa"), su Vakif Mektebi Sokak. Esso è situato alla fine della valle che divide la quarta e la quinta collina di Costantinopoli, e dalla sua posizione dominante si affaccia sul Corno d'Oro. La moschea è aperta giornalmente alle visite, al di fuori delle cinque preghiere quotidiane.

Si tratta di uno dei più importanti edifici religiosi bizantini di Costantinopoli ancora esistenti. Tuttavia la data di costruzione e la sua dedica, che per lungo tempo sembravano certe, sono ora oggetto di confronto tra gli studiosi. È stata identificata sia con la chiesa appartenente al convento di Santa Teodosia sia con quella del monastero di Cristo Benefattore.

L'edificio, da quando il predicatore tedesco Stephan Gerlach lo visitò nel tardo XV secolo, è sempre stato identificato con la chiesa di Hagia Theodosia en tois Dexiokratous. All'inizio del novecento, lo storico Jules Pargoire propose invece l'identificazione con la chiesa di Hagia Euphēmia en tō Petriō, costruita durante il regno di Basilio I (867-886), e spiegò brillantemente il mutamento della sua dedica.

L'archeologo tedesco Hartmut Schäfer, dopo alcuni studi da lui effettuati nel 1960 sulla datazione del basamento, ha stimato la data di costruzione dell'edificio tra la fine dell'XI e la prima metà del XII dodicesimo secolo, ponendolo così nel periodo comneno, ed identificandolo ipoteticamente con la chiesa del monastero di Christos Euergetēs. Egli esclude la possibilità che la moschea Gül sia l'edificio in cui venne traslato il corpo di santa Teodosia dopo la fine del periodo iconoclasta. D'altra parte, egli non esclude la possibilità che l'edificio potesse essere stato dedicato a santa Teodosia in un periodo successivo.

Il 19 gennaio 729, all'inizio delle persecuzioni del periodo iconoclasta, l'imperatore Leone III Isaurico dispose la rimozione di un'immagine di Cristo che era posta sopra la Chalke, l'entrata principale del Gran Palazzo di Costantinopoli. Mentre un funzionario stava eseguendo l'ordine, un gruppo di donne si riunì per impedirne l'esecuzione, ed una di loro, una suora di nome Teodosia, lo fece cadere dalla scala dove si trovava. L'uomo morì e Teodosia fu catturata e condannata a morte. La condanna venne eseguita nel Forum Bovis perforandole il collo con il corno di un ariete.

Dopo la fine dell'iconoclastia, Teodosia venne riconosciuta come martire e santa, e il suo corpo fu conservato e venerato nella chiesa di Hagia Euphemia en tō Petriō, nel quartiere chiamato Dexiokratiana, così chiamato dalle case di proprietà di un certo Dexiokrates. La chiesa e il convento annesso furono eretti dall'imperatore Basilio I alla fine del IX secolo. Il monastero ospitò le sue quattro figlie, le quali furono tutte sepolte nella chiesa annessa. La basilica di Santa Eufemia si trovava nei pressi del Monastero di Christos Euergetes, la cui data di fondazione è sconosciuta. Si sa solo che venne restaurato dal protosebastos Giovanni Comneno, figlio di Andronico I Comneno e fratello del co-imperatore Giovanni, che morì combattendo nella battaglia di Miriocefalo nel 1176. Il 12 aprile 1204, durante la quarta crociata, la flotta latina si riunì di fronte al monastero dell'Euergetes prima di attaccare la città. Durante l'Impero latino, la marina imperiale ebbe il suo ancoraggio di fronte al monastero, ed il porto militare fu mantenuto lì da Michele VIII Paleologo anche dopo la restaurazione dell'impero bizantino. Molte sacre reliquie custodite nella chiesa vennero saccheggiate dai Crociati e numerose fra queste vennero trasportate nelle chiese di tutta l'Europa occidentale.

Il culto di Teodosia crebbe col tempo fino a che, dopo l'XI, la chiesa prese il suo nome. Poiché la festa di santa Eufemia cadeva il 30 maggio, e quella di un'altra Teodosia, santa Teodosia di Tiro cadeva il giorno precedente, alla fine il 29 maggio divenne la festa di Hagia Theodosia hē Konstantinoupolitissa ("santa Teodosia da Costantinopoli").

Hagia Theodosia divenne uno tra i santi più venerati a Costantinopoli, invocata in particolare dagli infermi. La fama della santa si accrebbe dopo la guarigione di un sordomuto, avvenuta nel 1306. La chiesa è spesso citata dai pellegrini russi che visitarono la città fra il XIV secolo e l'inizio del XV, ma a volte viene confusa con quella dedicata a Cristo Evergete, che, come già detto, si trovava vicino ad essa. Due volte la settimana si svolgeva una processione nelle strade circostanti. In quell'occasione le reliquie ospitate nella chiesa venivano trasportate nel quartiere, seguite da una gran folla di malati che pregavano per la loro guarigione.

La chiesa è citata per l'ultima volta il 28 maggio 1453. In quel giorno, vigilia sia della festa della Santa che anche della fine dell'Impero bizantino, l'imperatore Costantino XI Paleologo andò a pregare insieme con il patriarca nella chiesa, ornata da ghirlande di rose per l'occasione. Poi Costantino la lasciò per recarsi all'ultima battaglia. Molte persone rimasero tutta la notte nell'edificio, pregando per la salvezza della città. La mattina seguente le truppe ottomane, dopo essere entrate in città, raggiunsero la chiesa, ancora adorna di fiori, e catturarono tutte le persone che si erano radunate all'interno, considerandole come prigioniere di guerra. Secondo la tradizione popolare questo è il motivo per cui l'edificio è stato chiamato in seguito "moschea della Rosa". Le reliquie furono distrutte e il corpo della santa fu dato in pasto ai cani.

Dopo la conquista ottomana, il basamento dell'edificio, che nel frattempo era caduto in rovina, venne usato come cantiere navale. Vicino al palazzo, Seyhülislam Molla Husrev Mehmet Effendi (morto nel 1480) istituì un Waqf (fondazione pia) e nelle vicinanze eresse una piccola moschea ed un bagno turco, ancora oggi esistente.

Alcuni anni più tardi, nel 1490, l'edificio in rovina fu riparato e trasformato in una moschea. Un minareto fu eretto tra il 1566 e il 1574, sotto Selim II, da Hassam Pascià, un fornitore della Marina da guerra Ottomana. Da questo momento, la moschea viene spesso associata al suo nome. Tra il 1573 e il 1578, durante il suo soggiorno a Istanbul, il predicatore Stephan Gerlach visitò la moschea, identificandola con la chiesa di Hagia Theodosia. Durante questo secolo, la moschea vide la predicazione del locale sant'uomo Gül Baba, che sarebbe stato poi sepolto nell'edificio. È anche possibile che la moschea abbia preso il nome da lui.

Nel corso del seicento e del settecento, l'edificio fu gravemente danneggiato nelle sue parti superiori da terremoti. Il Sultano Murad IV lo fece restaurare, ricostruendo la cupola con i pennacchi, quasi tutto il lato ovest, le volte agli angoli sud-ovest e nord-ovest ed il minareto.

La moschea venne risparmiata dal grande incendio che devastò il quartiere nel 1782, e fu nuovamente restaurata dal sultano Mahmud II (1808-1839), che aggiunse una loggia sultanale in legno.

L'edificio poggia su di un alto basamento a volta, che fu utilizzato anche durante il periodo bizantino, ma solo per scopi profani. La muratura del piano interrato è stata realizzata adottando la tecnica del "mattone incassato", tipica dell'architettura bizantina del periodo centrale. In questa tecnica, file alternate di mattoni sono montate dietro la linea del muro: i mattoni sono immersi in un letto di malta, il cui spessore è di circa tre volte superiore a quella degli strati di mattoni.

La moschea ha una pianta a croce inscritta, ed è orientata in direzione nord-ovest - sud-est. Essa è lunga 26 metri e larga 20 metri, ed è sormontata da cinque cupole, una sopra la navata centrale e le altre, più piccole, poste ai quattro lati. La cupola centrale, che ha un tamburo esterno basso e senza finestre poggiante su quattro pilastri, è ottomana, così come le ampie arcate ogivali che la sorreggono.

La cupola originale, simile a quella della moschea Kalenderhane, poggiava originariamente su di un alto tamburo forato da finestre. L'esterno dell'edificio è abbastanza imponente. Lungo la facciata sud-est, l'abside centrale, con sette lati, e quelle laterali, con tre lati, sono fortemente aggettanti. L'abside centrale sembra essere una ricostruzione bizantina tarda. Infatti essa, a differenza delle absidi laterali, non possiede i quattro ordini di cinque nicchie adornate da motivi ornamentali ricavati dalla disposizione dei mattoni. Sopra le nicchie corre un cornicione.

Lo stile delle absidi laterali assomiglia fortemente a quello della chiesa di Cristo Pantocratore, ed è un ulteriore elemento a favore della datazione dell'edificio nel periodo comneno.

L'interno dell'edificio è stato intonacato e decorato nel diciottesimo secolo. Vi si entra attraverso un portico in legno, che conduce ad un basso nartece sormontato da una volta a botte. Da qui una tripla arcata conduce all'alta navata, fiancheggiata da gallerie che formano i bracci laterali della croce. Le gallerie poggiano su triplici arcate sostenute da pilastri quadrati. La navata termina a sudest con il bema, concluso dall'abside e separato tramite i due pilastri orientali dalla prothesis e dal diakonicon, piccole cappelle laterali tipiche dell'architettura religiosa bizantina a partire dal periodo di mezzo. Queste ultime sono anch'esse concluse da due piccole absidi. L'orientamento dell'abside a sudest, all'incirca la direzione della Mecca, ha permesso la costruzione del mihrab al suo interno.

Al piano superiore (riservato alle donne), le due gallerie laterali terminano anch'esse con due piccole cappelle, situate rispettivamente sopra la prothesis ed il diakonicon. Entrambe le cappelle sono sormontate da cupole emisferiche costruite direttamente sopra i pennacchi. La luce entra nell'edificio attraverso cinque ordini di finestre, tre dei quali appartenenti alle gallerie. Alcune delle finestre risalgono all'epoca ottomana.

All'interno di ciascuno dei due pilastri orientali della cupola è ricavato un piccolo ambiente. Quello a sud-est contiene la presunta tomba del Santo ottomano Gül Baba. Sopra il suo ingresso si trova la seguente iscrizione in turco-ottomano: "(Qui è la) Tomba dell'Apostolo, discepolo di Gesù, la pace sia con lui", che testimonia il sincretismo religioso esistente ad Istanbul nel XVI secolo.

La camera, in origine, era forse la tomba di santa Teodosia. Una tradizione che vuole che uno dei pilastri nasconda il luogo di sepoltura dell'ultimo imperatore bizantino, nacque solo nell'Ottocento ed è priva di fondamento.

Insieme alle moschee di Eski Imaret e Vefa, l'edificio è considerato una delle più importanti chiese bizantine con pianta a croce iscritta di Istanbul.

- la Moschea Atik Mustafa Pascià è una ex Chiesa ortodossa, convertita in moschea dagli ottomani. La dedica della chiesa non è nota e per un lungo periodo venne identificata come Chiesa dei santi Pietro e Marco senza alcuna fonte probatoria. Ora sembra più probabile che possa identificarsi con la Chiesa di santa Tecla del Palazzo delle Blacherne. Lo stile architettonico è quello dell'XI-XII secolo.

L'edificio si trova nel distretto di Fatih, nel quartiere di Ayvansaray, a Çember Sokak. Si trova a poche centinaia di metri dalle mura di Costantinopoli, a breve distanza dalla riva del Corno d'Oro e ai piedi della sesta collina di Costantinopoli.

Verso la metà del IX secolo, la principessa Tecla, figlia maggiore dell'imperatore Teofilo di Bisanzio fece ampliare un piccolo oratorio, esistente a 150 m ad est della chiesa di Santa Maria delle Blacherne, dedicata alla santa sua omonima. Nel 1059, su questo sito, l'imperatore Isacco I di Bisanzio Comneno fece costruire una grande chiesa in ringraziamento per essere sopravvissuto ad un incidente di caccia. La chiesa era famosa per la sua bellezza, e Anna Comnena scrisse che sua madre, Anna Dalassena, vi andava spesso a pregare. 

Dopo la conquista di Costantinopoli, l'edificio venne gravemente danneggiato dal terremoto del 1509, che distrusse la cupola. Subito dopo, Kapicibaşi (e dopo Gran Visir) Koca Mustafa Pascià, condannato a morte nel 1512, riparò i danni e convertì la chiesa in una moschea. Verso la fine del XIX secolo, un hammam, posto a 150 m a sud dell'edificio apparteneva alla fondazione che gestiva la moschea. Nel 1692, Şatir Hasan Ağa fece costruire una fontana di fronte alla moschea. Nel 1729, durante il grande incendio di Balat, l'edificio venne gravemente danneggiato e poi restaurato alcuni anni dopo. Nuovamente danneggiata dal terremoto del 1894, che distrusse il minareto, la moschea venne riaperta al culto nel 1906. L'ultimo restauro venne eseguito nel 1922. In quella occasione, un fonte battesimale cristiano in marmo venne trasferito ai Musei archeologici di Istanbul. All'interno dell'abside sud dell'edificio si trova la tomba di Hazreti Cabir Ibn Abdallah-ül-Ensamı, uno dei compagni di Eyüp, caduto nelle vicinanze nel 678 durante il primo assedio arabo di Costantinopoli.

L'edificio è lungo 17,5 m. e largo 15 ed ha una pianta a croce greca sormontata da una cupola. Ha un orientamento nord-est – sud-ovest ed è costituita da tre absidi poligonali, mentre il nartece è andato distrutto. L'edificio ha una cupola senza tamburo, la quale è quasi certamente ottomana, anche se gli archi ed i pilastri che la sostengono sono bizantini. I bracci della croce, la pastophoria, la Prothesis ed il Diaconicon sono coperti da volte a botte e comunicano fra loro attraverso degli archi aperti. 

Le pareti nord e sud hanno tre arcate a livello del suolo, tre finestroni al primo piano e una finestra a tre luci al secondo. Sul lato di sud-est, le tre absidi sporgono all'esterno. Il tetto, i cornicioni ed il nartece ligneo, che sostituisce l'originale bizantino, sono ottomani. Un fonte battesimale cruciforme, che apparteneva al battistero della chiesa ed era sito sul lato opposto della strada è stato spostato ai Musei archeologici di Istanbul. I pilastri sui quali si regge la cupola, che formano la pianta a croce interna, hanno forma di L. Essi sono un esempio della fase che precede quella della chiesa a croce inscritta con quattro colonne. Resti di affreschi, siti nella parete sud della chiesa, sono stati raccolti in una pubblicazione. Inoltre, durante i lavori di restauro del 1990, sono state trovate diverse tessere a dimostrazione che la chiesa era dotata di mosaici oltre agli affreschi. Nonostante la sua rilevanza architettonica, l'edificio non è mai stato sottoposto a studi sistematici.

- San Salvatore in Chora è considerata uno dei più importanti esempi di architettura bizantina sacra ancora esistenti. L'edificio, nato come chiesa ortodossa, è situato nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapı. Nel XVI secolo la chiesa fu trasformata in moschea dai Turchi Ottomani, e divenne museo statale nel 1948. L'interno è decorato con mosaici e affreschi, considerati fra le massime espressioni dell'arte bizantina.

La chiesa fu edificata in origine, nel V secolo, fuori dalle mura di Costantinopoli, all'esterno delle mura Costantiniane, costruite nel IV secolo. Quando furono costruite le mura teodosiane tra il 413 e il 414, la chiesa si trovò inserita entro il sistema difensivo della città ma mantenne il nome di Chora. Il termine, infatti, può aver preso un significato di tipo spirituale: chora, assimilabile al grembo della Vergine, come suggerisce un'epigrafe sul mosaico del nartece: «Luogo d'incarnazione di Dio Incommensurabile».

La maggior parte dell'alzato oggi visibile data tra il 1077 e il 1081, quando Maria Ducas, suocera di Alessio I Comneno, fece ricostruire la chiesa con pianta a croce greca inscritta, stile comparso nell'XI secolo, che servirà da modello alle chiese ortodosse fino al XVIII secolo. All'inizio del XII secolo subì ingenti danni, forse a causa di un terremoto. Fu ricostruita da Isacco Comneno, terzo figlio di Alessio. 

La chiesa assunse la forma attuale con l'ultima ristrutturazione di due secoli più tardi. Il potente logoteta Teodoro Metochite arricchì la decorazione interna con mosaici e affreschi, tra il 1315 e il 1321, creando una tra le migliori testimonianze della rinascenza paleologa.

Dopo la conquista ottomana, la chiesa fu trasformata in moschea nel 1511 da Hadim Ali Pascià, gran visir di Bayezid II. A causa della contrarietà islamica nei confronti della rappresentazione di figure umane, i mosaici e gli affreschi furono ricoperti di calce, ma non distrutti.

SanSalvatoreChora2.jpg (200750 byte)  SanSalvatoreChora4.jpg (192223 byte)  SanSalvatoreChora5.jpg (169714 byte)

Nel 1948, Thomas Whittemore e Paul A. Underwood, del Byzantine Institute of America e del Dumbarton Oaks Center for Byzantine Studies, hanno sponsorizzato un programma di restauro. In questi anni fu chiuso al culto. Nel 1958 l'edificio sacro fu trasformato in museo.

La chiesa è piuttosto piccola rispetto agli altri luoghi di culto di Istanbul (la sua superficie è di 742,5 m²), ma le sue piccole dimensioni sono compensate dall'imponenza degli interni, come spesso capita nell'architettura bizantina.

L'edificio è composto da tre zone principali: l'ingresso o narthex, il corpo principale della chiesa o naos, e la cappella o paracclésion. Il nartece si divide in due parti: il nartece interno o esonarthex e il nartece esterno o exonarthex.

L'edificio ha sei cupole, due sull'esonartece, una sul paracclésion e tre sul naos. La cupola più grande una dimensione di diametro 7,7 m ed è situata nel centro naos.

I mosaici e gli affreschi presenti sono tra le produzioni più importanti della pittura bizantina. Il tema principale di questi mosaici è l'Incarnazione e la Salvezza, nella cappella funeraria il motivo iconografico è centrato sulla Risurrezione.

- La moschea Arap venne costruita nel 1325 dai frati domenicani, vicino o accanto ad una vecchia cappella cattolica del XIII secolo dedicata a san Paolo nel 1233. Anche se le strutture vennero alterate durante l'Impero Ottomano, essa rappresenta l'unico esempio di architettura gotica ancora esistente ad Istanbul.

Durante il VI secolo venne edificata in questo sito una chiesa bizantina probabilmente dedicata a sant'Irene. Di questa chiesa rimane soltanto parte di una parete.

La tradizione che afferma la moschea sia stata costruita durante l'assedio arabo di Costantinopoli del 717–718 da parte di Maslama ibn Abd al-Malik (comandante e cugino del califfo Umar II) deve essere considerata una leggenda, poiché gli arabi assediarono le mura di Costantinopoli sulla riva meridionale del Corno d'Oro e non penetrarono mai nella cittadella di Galata (Pera) sulla riva nord.

Nel 1233, durante l'Impero latino di Costantinopoli (1204–1261) dopo la quarta crociata, questa chiesa venne sostituita da una piccola cappella, dedicata a san Paolo.

Nel 1299, il frate domenicano Guillaume Bernard de Sévérac acquistò una casa vicina alla chiesa, dove fondò un monastero con 12 confratelli. Nel 1307, l'imperatore bizantino Andronico II Paleologo spostò i domenicani di Costantinopoli nel quartiere genovese di Pera.

Una nuova chiesa, molto più grande, venne costruita accanto alla cappella di San Paolo nel 1325. Da allora la chiesa venne ufficialmente dedicata a san Domenico, ma la gente del luogo continuò a chiamarla con il vecchio nome. Nel 1407 papa Gregorio XII, allo scopo di assicurare la gestione della chiesa, concedette indulgenze ai visitatori del monastero di San Paolo.

Dopo la caduta di Costantinopoli, secondo le capitolazioni dell'Impero ottomano concluse con la Repubblica di Genova, la chiesa, in quel tempo nota ai turchi come Mesa Domenico, rimase in mani genovesi, ma tra il 1475 ed il 1478 venne trasformata, con piccole modifiche, in una moschea, da parte del sultano Mehmed II, assumendo il nome di Galata Camii ("Moschea di Galatae") o Cami-i Kebir ("grande moschea"). I frati vennero trasferiti nel monastero di San Pietro a Galata nel 1476, mentre i paramenti sacri vennero inviati a Genova e gli archivi a Caffa.

Verso la fine del secolo il sultano Bayezid II assegnò l'edificio ai musulmani di Spagna (Andalusia), sfuggiti all'Inquisizione spagnola ed emigrati ad Istanbul; da cui il nome attuale Arap Camii (moschea araba). Il sultano Mehmet III fece restaurare l'edificio, e verso la fine del XVII secolo le case intorno alla moschea furono abbattute in modo da evitare rumore.

Dopo il grande incendio di Galata del 1731, negli anni 1734/35 la madre di Mahmud I, Saliha Sultan fece restaurare l'edificio, modificando i finestroni ed il portale dallo stile gotico a quello ottomano. Dopo un altro incendio del 1808, a metà del XIX secolo, la figlia di Mahmud II, Adile Sultan, fece ristrutturare la mosche nel 1868 facendo costruire una şadirvan (fontana per le abluzioni prima della preghiera) nel cortile.

Fra il 1913 ed il 1919, Giridli Hasan Bey restaurò nuovamente la moschea in maniera radicale. Durante la sostituzione del pavimento di legno, vennero alla luce diverse lapidi funerarie di genovesi risalenti fra la metà del XIV secolo e quella del XV. Esse vennero poi traslate ai Musei archeologici di Istanbul.

Eretta secondo il modello delle chiese italiane dell'ordine mendicante del periodo, è a base rettangolare a tre navate, con presbiterio quadrangolare coperto da volta a costoloni.

Il portale in stile gotico, finestre con archi a sesto acuto ed una prominente torre campanaria (che venne trasformata in minareto con un tetto conico addizionale) distinguevano l'edificio dalle altre chiese della città edificate in stile bizantino. D'altra parte, la tecnica usata per le pareti di mattoni era tipicamente locale ed alternava piccoli inserimenti di mattoni in bugnato.

La parete di nord-est era probabilmente fiancheggiata da una serie di cappelle, ognuna della quale appartenente ad una nobile famiglia genovese. Una di esse era dedivata alla Vergine Maria ed un'altra a san Nicola. Nell'insieme, l'edificio ricorda le chiese di Chieri e Finale Ligure.

Il tetto piano in legno data dal restauro nel 1913-1919. In quell'occasione, l'altezza della costruzione venne abbassata e nella demolizione vennero alla luce molte lapidi genovesi. Durante lo stesso restauro, vennero ritrovati frammenti di affresco nei pressi del Mihrab, ma vennero nuovamente nascosti.

Nel passaggio sotto il campanile, sono ancora visibili modanature e frammenti di pietre con stemmi che un tempo erano collocati lungo la parete. Sul lato nord dell'edificio si trova un grande cortile con una şadırvan (fonte per le abluzioni).

Oggi, la Arap Camii è la più grande moschea di Galata al di là del Corno d'Oro. Si tratta di una delle moschee più interessanti della città per la sua architettura riferentesi al primo gotico italiano ed il campanile, che è praticamente rimasto inalterato anche dopo essere stato trasformato in un minareto.

- La chiesa della Theotokos Pammakaristos (Beata Madre di Dio), in seguito divenuta moschea e nota come Fethiye Camii, è oggi in parte un museo. Il parekklesion è una delle più famose chiese bizantine superstiti di Istanbul e, oltre ad essere uno dei più importanti esempi dell’architettura paleologa di Costantinopoli, conserva il maggior numero di mosaici bizantini a Istanbul dopo Hagia Sophia e la Chiesa di San Salvatore in Chora. La chiesa principale, già sede del patriarcato greco ortodosso dopo l’abbandono della chiesa dei chiesa dei Santi Apostoli, è una moschea.

L’edificio si trova nel quartiere della Çarşamba nel distretto di Fatih nella città murata di Istanbul. La Theotokos Pammakaristos sovrasta il Corno d'Oro.

Secondo la maggior parte degli studiosi, la chiesa fu costruita tra l’XI e il XII secolo d.C. Molti ritengono che l’originaria struttura risalga al tempo di Michele VII Ducas (1071-1078), altri propongono la sua fondazione nel periodo comneno. Differente la proposta del bizantinista svizzero Ernest Mamboury che colloca la costruzione dell’edificio nell’VIII secolo d.C.

segue......

Pag. 1       Pag. 3