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la Theotokos
Kiriotissa, oggi Moschea
Kalenderhane, è una ex chiesa
ortodossa convertita in moschea
dagli Ottomani. Molto
probabilmente la chiesa era
originariamente dedicata alla Theotokos
Kyriotissa. Questo edificio
rappresenta uno tra i pochi
esempi ancora esistenti di una
chiesa bizantina con pianta a
croce greca con cupola.
La
moschea si trova ad Istanbul,
nel distretto di Fatih, nel
pittoresco quartiere di Vefa, ed
è situata immediatamente a sud
della sezione orientale ancora
esistente dell'Acquedotto di
Valente, a meno di un km a
sud-est della Chiesa Moschea di
Vefa.
Il
primo edificio in questo luogo
fu un bagno romano, seguito (la
datazione è basata su monete
ritrovate in situ durante
uno scavo stratigrafico) da una
"chiesa a sala" del
sesto secolo con un abside,
costruita appoggiandosi
all'Acquedotto di Valente. Più
tardi - forse nel VII secolo -
una chiesa molto più grande
venne costruita a sud della
prima chiesa. Una terza chiesa,
che riutilizzò il santuario e
l'abside (poi distrutto dagli
Ottomani) della seconda chiesa,
può essere datata alla fine del
XII secolo, alla fine del
periodo comneno. La chiesa era
circondata da edifici del
monastero, i quali scomparvero
totalmente durante il periodo
ottomano. Dopo la conquista
latina di Costantinopoli,
l'edificio fu utilizzato dai
Crociati come chiesa cattolica,
in parte officiata dal clero
francescano.
Dopo
la conquista di Costantinopoli
nel 1453, la chiesa fu assegnata
personalmente da Mehmed II alla
confraternita dei dervisci della
Qalandariyya (in turco Kalender).
Questi ultimi la usarono come zaviye
(luogo romito di raduno dei
mistici) ed Imaret
(cucina pubblica), e l'edificio
è da allora noto come Kalenderhane
(Turco: "La casa dei
Kalender").
La
corrispondente Waqf (fondazione)
venne dotata di numerose
proprietà in Tracia, e molti
hammam ad Istanbul e Galata
Alcuni anni più tardi, Arpa
Emini Mustafa Efendi aggiunse un
Mektep (scuola) ed una
Medressa.
Nel
1746, Hacı Besir Aga, il Kizlar
Ağası del Topkapi, costruì
un mihrab, un minbar e un mahfil
(piattaforma per le preghiere
del muezzin), Completando la
trasformazione dell'edificio in
una moschea. Devastata dal fuoco
e danneggiata dai terremoti, la
moschea venne restaurata nel
1855 e di nuovo tra il 1880 e il
1890.Essa venne abbandonata nel
1930, dopo il crollo del
minareto a causa di un fulmine,
e la demolizione della Medressa.
Il
recupero dell'edificio risale al
1970, quando esso fu restaurato
e studiato nel corso di dieci
anni da Cecil L. Striker e Dogan
Kuban, i quali ripristinarono il
suo stato nel XII secolo.
Inoltre, il minareto e il mihrab
vennero ricostruiti, cosa che ha
permesso alla moschea di essere
riaperta al culto.
Il
restauro ha anche fornito una
soluzione al problema della
dedica della chiesa: mentre
prima si pensava che la chiesa
fosse intitolata alla Theotokos
tes Diakonissēs
("Vergine della
Diaconessa" ) oppure a Christos
ho Akatalēptos
("Cristo
Inconcepibile"), la
scoperta di un affresco di un
benefattore nella cappella a
sud-est e di un altro affresco
sopra l'ingresso principale del
nartece, entrambi con
l'iscrizione
"Kyriotissa" (greco
per in trono), rende
molto probabile che la chiesa
fosse dedicata alla Theotokos
Kyriotissa.
L'edificio
ha una pianta centrale a croce
greca con profonde volte a botte
lungo i bracci, ed è sormontato
da una cupola con 16 costoloni.
La struttura ha una tipica
muratura del periodo di mezzo
bizantino con strati alternati
di mattoni e pietre. L'entrata
avviene tramite un endonartece
ed un esonartece (aggiunto molto
più tardi) sul lato ovest.
Una
galleria superiore costruita
sull'endonartece, simile a
quella esistente nella Chiesa
del Pantokrator venne rimossa
nel 1854.Anche gli ambienti
laterali a nord e sud lungo la
navata centrale sono stati
distrutti, probabilmente anche
durante il XIX secolo. Gli alti
archi tripli che collegavano gli
ambienti laterali con la navata
centrale sono ora le finestre
inferiori della chiesa.
Il
santuario si trova sul lato est:
tuttavia, il mihrab e minbar
ricostruiti sono in un angolo
per ottenere il corretto
allineamento con la Mecca.
Le
due piccole cappelle chiamate protesis
e diakonikon, tipiche
delle chiese bizantine del
periodo medio e tardo, sono
sopravvissute.
La
decorazione interna della
chiesa, composta da bei pannelli
di marmi colorati e modanature,
e da elaborati cornici, è in
gran parte ancora esistente.
L'edificio possiede due
caratteristiche che entrambe
rappresentano un unicum a
Istanbul: un mosaico, di un
metro quadrato, che rappresenta
la "Presentazione di
Cristo", che è l'unico
esemplare pre-iconoclasta di un
soggetto religioso superstite in
città, e un ciclo di affreschi
del XIII secolo (che si trova in
una cappella all'angolo sud-est
del palazzo, e venne dipinta
durante la dominazione latina)
raffigurante la vita di San
Francesco d'Assisi.
Questa è la
più antica rappresentazione
conosciuta del santo, e potrebbe
essere stata dipinta solo pochi
anni dopo la sua morte nel 1226.
Entrambi sono stati staccati e
parzialmente restaurati, e
possono essere ammirati nel
Museo Archeologico di Istanbul.
Nel
complesso, la moschea di
Kalenderhane rappresenta -
insieme alla moschea Gül a
Istanbul, la Basilica di Santa
Sofia a Salonicco e la Chiesa
della Dormizione a Iznik (Nicea)
- uno dei principali esempi di
una chiesa a croce greca con
cupola nella Architettura
bizantina del medio periodo.
-
la moschea Gül è una ex
chiesa ortodossa convertita in
moschea dagli Ottomani.
L'edificio è importante sia
architettonicamente,
rappresentando una delle poche
chiese bizantine ancora
esistenti ad Istanbul, sia dal
punto di vista storico, in
quanto teatro dell'ultima
preghiera congiunta
dell'Imperatore bizantino
Costantino XI e del Patriarca di
Costantinopoli prima della presa
della città da parte degli
Ottomani di Maometto II nel
1453.
La
dedica della chiesa bizantina è
incerta, e non si hanno notizie
precise neanche sulla data di
costruzione: alcuni studiosi la
pongono intorno al IX secolo,
altri la stimano intorno al
1100, durante il periodo
Comneno. Nel 1490, l'edificio
venne convertito in moschea,
alla quale alcuni decenni più
tardi fu aggiunto un minareto.
In seguito a gravi danni causati
da incendi e terremoti nel corso
del Seicento e del Settecento,
la moschea della rosa fu oggetto
di numerosi interventi di
restauro, sino all'ultimo,
compiuto nella prima metà del
XIX secolo per volere del
sultano Mahmud II. L'edificio è
anche al centro di leggende e
tradizioni della vecchia
Istanbul, testimoni di una
società multietnica e
tollerante.
L'edificio
si trova a Istanbul, nel
distretto di Fatih, nel
quartiere di Ayakapı (Turco:
"Porta della Santa"),
su Vakif Mektebi Sokak.
Esso è situato alla fine della
valle che divide la quarta e la
quinta collina di
Costantinopoli, e dalla sua
posizione dominante si affaccia
sul Corno d'Oro. La moschea è
aperta giornalmente alle visite,
al di fuori delle cinque
preghiere quotidiane.
Si
tratta di uno dei più
importanti edifici religiosi
bizantini di Costantinopoli
ancora esistenti. Tuttavia la
data di costruzione e la sua
dedica, che per lungo tempo
sembravano certe, sono ora
oggetto di confronto tra gli
studiosi. È stata identificata
sia con la chiesa appartenente
al convento di Santa Teodosia
sia con quella del monastero di
Cristo Benefattore.
L'edificio,
da quando il predicatore tedesco
Stephan Gerlach lo visitò nel
tardo XV secolo, è sempre stato
identificato con la chiesa di Hagia
Theodosia en tois Dexiokratous.
All'inizio del novecento, lo
storico Jules Pargoire propose
invece l'identificazione con la
chiesa di Hagia Euphēmia en
tō Petriō, costruita
durante il regno di Basilio I
(867-886), e spiegò
brillantemente il mutamento
della sua dedica.
L'archeologo
tedesco Hartmut Schäfer, dopo
alcuni studi da lui effettuati
nel 1960 sulla datazione del
basamento, ha stimato la data di
costruzione dell'edificio tra la
fine dell'XI e la prima metà
del XII dodicesimo secolo,
ponendolo così nel periodo
comneno, ed identificandolo
ipoteticamente con la chiesa del
monastero di Christos Euergetēs.
Egli esclude la possibilità che
la moschea Gül sia l'edificio
in cui venne traslato il corpo
di santa Teodosia dopo la fine
del periodo iconoclasta. D'altra
parte, egli non esclude la
possibilità che l'edificio
potesse essere stato dedicato a
santa Teodosia in un periodo
successivo.
Il
19 gennaio 729, all'inizio delle
persecuzioni del periodo
iconoclasta, l'imperatore Leone
III Isaurico dispose la
rimozione di un'immagine di
Cristo che era posta sopra la Chalke,
l'entrata principale del Gran
Palazzo di Costantinopoli.
Mentre un funzionario stava
eseguendo l'ordine, un gruppo di
donne si riunì per impedirne
l'esecuzione, ed una di loro,
una suora di nome Teodosia, lo
fece cadere dalla scala dove si
trovava. L'uomo morì e Teodosia
fu catturata e condannata a
morte. La condanna venne
eseguita nel Forum Bovis
perforandole il collo con il
corno di un ariete.
Dopo
la fine dell'iconoclastia,
Teodosia venne riconosciuta come
martire e santa, e il suo corpo
fu conservato e venerato nella
chiesa di Hagia Euphemia en tō
Petriō, nel quartiere
chiamato Dexiokratiana,
così chiamato dalle case di
proprietà di un certo
Dexiokrates. La chiesa e il
convento annesso furono eretti
dall'imperatore Basilio I alla
fine del IX secolo. Il monastero
ospitò le sue quattro figlie,
le quali furono tutte sepolte
nella chiesa annessa. La
basilica di Santa Eufemia si
trovava nei pressi del Monastero
di Christos Euergetes, la
cui data di fondazione è
sconosciuta. Si sa solo che
venne restaurato dal protosebastos
Giovanni Comneno, figlio di
Andronico I Comneno e fratello
del co-imperatore Giovanni, che
morì combattendo nella
battaglia di Miriocefalo nel
1176. Il 12 aprile 1204, durante
la quarta crociata, la flotta
latina si riunì di fronte al
monastero dell'Euergetes prima
di attaccare la città. Durante
l'Impero latino, la marina
imperiale ebbe il suo ancoraggio
di fronte al monastero, ed il
porto militare fu mantenuto lì
da Michele VIII Paleologo anche
dopo la restaurazione
dell'impero bizantino. Molte
sacre reliquie custodite nella
chiesa vennero saccheggiate dai
Crociati e numerose fra queste
vennero trasportate nelle chiese
di tutta l'Europa occidentale.
Il
culto di Teodosia crebbe col
tempo fino a che, dopo l'XI, la
chiesa prese il suo nome. Poiché
la festa di santa Eufemia cadeva
il 30 maggio, e quella di
un'altra Teodosia, santa
Teodosia di Tiro cadeva il
giorno precedente, alla fine il
29 maggio divenne la festa di Hagia
Theodosia hē
Konstantinoupolitissa
("santa Teodosia da
Costantinopoli").
Hagia
Theodosia divenne uno tra i
santi più venerati a
Costantinopoli, invocata in
particolare dagli infermi. La
fama della santa si accrebbe
dopo la guarigione di un
sordomuto, avvenuta nel 1306. La
chiesa è spesso citata dai
pellegrini russi che visitarono
la città fra il XIV secolo e
l'inizio del XV, ma a volte
viene confusa con quella
dedicata a Cristo Evergete, che,
come già detto, si trovava
vicino ad essa. Due volte la
settimana si svolgeva una
processione nelle strade
circostanti. In quell'occasione
le reliquie ospitate nella
chiesa venivano trasportate nel
quartiere, seguite da una gran
folla di malati che pregavano
per la loro guarigione.
La
chiesa è citata per l'ultima
volta il 28 maggio 1453. In quel
giorno, vigilia sia della festa
della Santa che anche della fine
dell'Impero bizantino,
l'imperatore Costantino XI
Paleologo andò a pregare
insieme con il patriarca nella
chiesa, ornata da ghirlande di
rose per l'occasione. Poi
Costantino la lasciò per
recarsi all'ultima battaglia.
Molte persone rimasero tutta la
notte nell'edificio, pregando
per la salvezza della città. La
mattina seguente le truppe
ottomane, dopo essere entrate in
città, raggiunsero la chiesa,
ancora adorna di fiori, e
catturarono tutte le persone che
si erano radunate all'interno,
considerandole come prigioniere
di guerra. Secondo la tradizione
popolare questo è il motivo per
cui l'edificio è stato chiamato
in seguito "moschea della
Rosa". Le reliquie furono
distrutte e il corpo della santa
fu dato in pasto ai cani.
Dopo
la conquista ottomana, il
basamento dell'edificio, che nel
frattempo era caduto in rovina,
venne usato come cantiere
navale. Vicino al palazzo, Seyhülislam
Molla Husrev Mehmet Effendi
(morto nel 1480) istituì un Waqf
(fondazione pia) e nelle
vicinanze eresse una piccola
moschea ed un bagno turco,
ancora oggi esistente.
Alcuni
anni più tardi, nel 1490,
l'edificio in rovina fu riparato
e trasformato in una moschea. Un
minareto fu eretto tra il 1566 e
il 1574, sotto Selim II, da
Hassam Pascià, un fornitore
della Marina da guerra Ottomana.
Da questo momento, la moschea
viene spesso associata al suo
nome. Tra il 1573 e il 1578,
durante il suo soggiorno a
Istanbul, il predicatore Stephan
Gerlach visitò la moschea,
identificandola con la chiesa di
Hagia Theodosia. Durante questo
secolo, la moschea vide la
predicazione del locale
sant'uomo Gül Baba, che sarebbe
stato poi sepolto nell'edificio.
È anche possibile che la
moschea abbia preso il nome da
lui.
Nel
corso del seicento e del
settecento, l'edificio fu
gravemente danneggiato nelle sue
parti superiori da terremoti. Il
Sultano Murad IV lo fece
restaurare, ricostruendo la
cupola con i pennacchi, quasi
tutto il lato ovest, le volte
agli angoli sud-ovest e
nord-ovest ed il minareto.
La
moschea venne risparmiata dal
grande incendio che devastò il
quartiere nel 1782, e fu
nuovamente restaurata dal
sultano Mahmud II (1808-1839),
che aggiunse una loggia
sultanale in legno.
L'edificio
poggia su di un alto basamento a
volta, che fu utilizzato anche
durante il periodo bizantino, ma
solo per scopi profani. La
muratura del piano interrato è
stata realizzata adottando la
tecnica del "mattone
incassato", tipica
dell'architettura bizantina del
periodo centrale. In questa
tecnica, file alternate di
mattoni sono montate dietro la
linea del muro: i mattoni sono
immersi in un letto di malta, il
cui spessore è di circa tre
volte superiore a quella degli
strati di mattoni.
La
moschea ha una pianta a croce
inscritta, ed è orientata in
direzione nord-ovest - sud-est.
Essa è lunga 26 metri e larga
20 metri, ed è sormontata da
cinque cupole, una sopra la
navata centrale e le altre, più
piccole, poste ai quattro lati.
La cupola centrale, che ha un
tamburo esterno basso e senza
finestre poggiante su quattro
pilastri, è ottomana, così
come le ampie arcate ogivali che
la sorreggono.
La
cupola originale, simile a
quella della moschea
Kalenderhane, poggiava
originariamente su di un alto
tamburo forato da finestre.
L'esterno dell'edificio è
abbastanza imponente. Lungo la
facciata sud-est, l'abside
centrale, con sette lati, e
quelle laterali, con tre lati,
sono fortemente aggettanti.
L'abside centrale sembra essere
una ricostruzione bizantina
tarda. Infatti essa, a
differenza delle absidi
laterali, non possiede i quattro
ordini di cinque nicchie
adornate da motivi ornamentali
ricavati dalla disposizione dei
mattoni. Sopra le nicchie corre
un cornicione.
Lo
stile delle absidi laterali
assomiglia fortemente a quello
della chiesa di Cristo
Pantocratore, ed è un ulteriore
elemento a favore della
datazione dell'edificio nel
periodo comneno.
L'interno
dell'edificio è stato
intonacato e decorato nel
diciottesimo secolo. Vi si entra
attraverso un portico in legno,
che conduce ad un basso nartece
sormontato da una volta a botte.
Da qui una tripla arcata conduce
all'alta navata, fiancheggiata
da gallerie che formano i bracci
laterali della croce. Le
gallerie poggiano su triplici
arcate sostenute da pilastri
quadrati. La navata termina a
sudest con il bema, concluso
dall'abside e separato tramite i
due pilastri orientali dalla prothesis
e dal diakonicon, piccole
cappelle laterali tipiche
dell'architettura religiosa
bizantina a partire dal periodo
di mezzo. Queste ultime sono
anch'esse concluse da due
piccole absidi. L'orientamento
dell'abside a sudest,
all'incirca la direzione della
Mecca, ha permesso la
costruzione del mihrab al suo
interno.
Al
piano superiore (riservato alle
donne), le due gallerie laterali
terminano anch'esse con due
piccole cappelle, situate
rispettivamente sopra la
prothesis ed il diakonicon.
Entrambe le cappelle sono
sormontate da cupole emisferiche
costruite direttamente sopra i
pennacchi. La luce entra
nell'edificio attraverso cinque
ordini di finestre, tre dei
quali appartenenti alle
gallerie. Alcune delle finestre
risalgono all'epoca ottomana.
All'interno
di ciascuno dei due pilastri
orientali della cupola è
ricavato un piccolo ambiente.
Quello a sud-est contiene la
presunta tomba del Santo
ottomano Gül Baba. Sopra il suo
ingresso si trova la seguente
iscrizione in turco-ottomano:
"(Qui è la) Tomba
dell'Apostolo, discepolo di Gesù,
la pace sia con lui", che
testimonia il sincretismo
religioso esistente ad Istanbul
nel XVI secolo.
La
camera, in origine, era forse la
tomba di santa Teodosia. Una
tradizione che vuole che uno dei
pilastri nasconda il luogo di
sepoltura dell'ultimo imperatore
bizantino, nacque solo
nell'Ottocento ed è priva di
fondamento.
Insieme
alle moschee di Eski Imaret e
Vefa, l'edificio è considerato
una delle più importanti chiese
bizantine con pianta a croce
iscritta di Istanbul.
-
la Moschea Atik Mustafa Pascià
è una ex Chiesa ortodossa,
convertita in moschea dagli
ottomani. La dedica della chiesa
non è nota e per un lungo
periodo venne identificata come
Chiesa dei santi Pietro e Marco
senza alcuna fonte probatoria.
Ora sembra più probabile che
possa identificarsi con la
Chiesa di santa Tecla del
Palazzo delle Blacherne. Lo
stile architettonico è quello
dell'XI-XII secolo.
L'edificio
si trova nel distretto di Fatih,
nel quartiere di Ayvansaray, a
Çember Sokak. Si trova a poche
centinaia di metri dalle mura di
Costantinopoli, a breve distanza
dalla riva del Corno d'Oro e ai
piedi della sesta collina di
Costantinopoli.
Verso
la metà del IX secolo, la
principessa Tecla, figlia
maggiore dell'imperatore Teofilo
di Bisanzio fece ampliare un
piccolo oratorio, esistente a
150 m ad est della chiesa
di Santa Maria delle Blacherne,
dedicata alla santa sua omonima.
Nel 1059, su questo sito,
l'imperatore Isacco I di
Bisanzio Comneno fece costruire
una grande chiesa in
ringraziamento per essere
sopravvissuto ad un incidente di
caccia. La chiesa era famosa per
la sua bellezza, e Anna Comnena
scrisse che sua madre, Anna
Dalassena, vi andava spesso a
pregare.
Dopo
la conquista di Costantinopoli,
l'edificio venne gravemente
danneggiato dal terremoto del
1509, che distrusse la cupola.
Subito dopo, Kapicibaşi
(e dopo Gran Visir) Koca Mustafa
Pascià, condannato a morte nel
1512, riparò i danni e convertì
la chiesa in una moschea. Verso
la fine del XIX secolo, un
hammam, posto a 150 m a sud
dell'edificio apparteneva alla
fondazione che gestiva la
moschea. Nel 1692, Şatir Hasan
Ağa fece costruire una fontana
di fronte alla moschea. Nel
1729, durante il grande incendio
di Balat, l'edificio venne
gravemente danneggiato e poi
restaurato alcuni anni dopo.
Nuovamente danneggiata dal
terremoto del 1894, che
distrusse il minareto, la
moschea venne riaperta al culto
nel 1906. L'ultimo restauro
venne eseguito nel 1922. In
quella occasione, un fonte
battesimale cristiano in marmo
venne trasferito ai Musei
archeologici di Istanbul.
All'interno dell'abside sud
dell'edificio si trova la tomba
di Hazreti Cabir Ibn Abdallah-ül-Ensamı,
uno dei compagni di Eyüp,
caduto nelle vicinanze nel 678
durante il primo assedio arabo
di Costantinopoli.
L'edificio
è lungo 17,5 m. e largo 15
ed ha una pianta a croce greca
sormontata da una cupola. Ha un
orientamento nord-est –
sud-ovest ed è costituita da
tre absidi poligonali, mentre il
nartece è andato distrutto.
L'edificio ha una cupola senza
tamburo, la quale è quasi
certamente ottomana, anche se
gli archi ed i pilastri che la
sostengono sono bizantini. I
bracci della croce, la pastophoria,
la Prothesis ed il Diaconicon
sono coperti da volte a botte e
comunicano fra loro attraverso
degli archi aperti.
Le
pareti nord e sud hanno tre
arcate a livello del suolo, tre
finestroni al primo piano e una
finestra a tre luci al secondo.
Sul lato di sud-est, le tre
absidi sporgono all'esterno. Il
tetto, i cornicioni ed il
nartece ligneo, che sostituisce
l'originale bizantino, sono
ottomani. Un fonte battesimale
cruciforme, che apparteneva al
battistero della chiesa ed era
sito sul lato opposto della
strada è stato spostato ai
Musei archeologici di Istanbul.
I pilastri sui quali si regge la
cupola, che formano la pianta a
croce interna, hanno forma di L.
Essi sono un esempio della fase
che precede quella della chiesa
a croce inscritta con quattro
colonne. Resti di affreschi,
siti nella parete sud della
chiesa, sono stati raccolti in
una pubblicazione. Inoltre,
durante i lavori di restauro del
1990, sono state trovate diverse
tessere a dimostrazione che la
chiesa era dotata di mosaici
oltre agli affreschi. Nonostante
la sua rilevanza architettonica,
l'edificio non è mai stato
sottoposto a studi sistematici.
-
San Salvatore in Chora è
considerata uno dei più
importanti esempi di
architettura bizantina sacra
ancora esistenti. L'edificio,
nato come chiesa ortodossa, è
situato nel distretto
occidentale di Istanbul, detto
Edirnekapı. Nel XVI secolo la
chiesa fu trasformata in moschea
dai Turchi Ottomani, e divenne
museo statale nel 1948.
L'interno è decorato con
mosaici e affreschi, considerati
fra le massime espressioni
dell'arte bizantina.
La
chiesa fu edificata in origine,
nel V secolo, fuori dalle mura
di Costantinopoli, all'esterno
delle mura Costantiniane,
costruite nel IV secolo. Quando
furono costruite le mura
teodosiane tra il 413 e il 414,
la chiesa si trovò inserita
entro il sistema difensivo della
città ma mantenne il nome di Chora.
Il termine, infatti, può aver
preso un significato di tipo
spirituale: chora,
assimilabile al grembo della
Vergine, come suggerisce
un'epigrafe sul mosaico del
nartece: «Luogo d'incarnazione
di Dio Incommensurabile».
La
maggior parte dell'alzato oggi
visibile data tra il 1077 e il
1081, quando Maria Ducas,
suocera di Alessio I Comneno,
fece ricostruire la chiesa con
pianta a croce greca inscritta,
stile comparso nell'XI secolo,
che servirà da modello alle
chiese ortodosse fino al XVIII
secolo. All'inizio del XII
secolo subì ingenti danni,
forse a causa di un terremoto.
Fu ricostruita da Isacco
Comneno, terzo figlio di
Alessio.
La chiesa assunse la
forma attuale con l'ultima
ristrutturazione di due secoli
più tardi. Il potente logoteta
Teodoro Metochite arricchì la
decorazione interna con mosaici
e affreschi, tra il 1315 e il
1321, creando una tra le
migliori testimonianze della
rinascenza paleologa.
Dopo
la conquista ottomana, la chiesa
fu trasformata in moschea nel
1511 da Hadim Ali Pascià, gran
visir di Bayezid II. A causa
della contrarietà islamica nei
confronti della rappresentazione
di figure umane, i mosaici e gli
affreschi furono ricoperti di
calce, ma non distrutti.
Nel
1948, Thomas Whittemore e Paul
A. Underwood, del Byzantine
Institute of America e del Dumbarton
Oaks Center for Byzantine
Studies, hanno sponsorizzato
un programma di restauro. In
questi anni fu chiuso al culto.
Nel 1958 l'edificio sacro fu
trasformato in museo.
La
chiesa è piuttosto piccola
rispetto agli altri luoghi di
culto di Istanbul (la sua
superficie è di 742,5 m²), ma
le sue piccole dimensioni sono
compensate dall'imponenza degli
interni, come spesso capita
nell'architettura bizantina.
L'edificio è composto da tre
zone principali: l'ingresso o narthex,
il corpo principale della chiesa
o naos, e la cappella o paracclésion.
Il nartece si divide in due
parti: il nartece interno o esonarthex
e il nartece esterno o exonarthex.
L'edificio
ha sei cupole, due
sull'esonartece, una sul paracclésion
e tre sul naos. La cupola più
grande una dimensione di
diametro 7,7 m ed è situata nel
centro naos.
I
mosaici e gli affreschi presenti
sono tra le produzioni più
importanti della pittura
bizantina. Il tema principale di
questi mosaici è l'Incarnazione
e la Salvezza, nella cappella
funeraria il motivo iconografico
è centrato sulla Risurrezione.
-
La moschea Arap venne
costruita nel 1325 dai frati
domenicani, vicino o accanto ad
una vecchia cappella cattolica
del XIII secolo dedicata a san
Paolo nel 1233. Anche se le
strutture vennero alterate
durante l'Impero Ottomano, essa
rappresenta l'unico esempio di
architettura gotica ancora
esistente ad Istanbul.
Durante
il VI secolo venne edificata in
questo sito una chiesa bizantina
probabilmente dedicata a
sant'Irene. Di questa chiesa
rimane soltanto parte di una
parete.
La
tradizione che afferma la
moschea sia stata costruita
durante l'assedio arabo di
Costantinopoli del 717–718 da
parte di Maslama ibn Abd
al-Malik (comandante e cugino
del califfo Umar II) deve essere
considerata una leggenda, poiché
gli arabi assediarono le mura di
Costantinopoli sulla riva
meridionale del Corno d'Oro e
non penetrarono mai nella
cittadella di Galata (Pera)
sulla riva nord.
Nel
1233, durante l'Impero latino di
Costantinopoli (1204–1261)
dopo la quarta crociata, questa
chiesa venne sostituita da una
piccola cappella, dedicata a san
Paolo.
Nel
1299, il frate domenicano
Guillaume Bernard de Sévérac
acquistò una casa vicina alla
chiesa, dove fondò un monastero
con 12 confratelli. Nel 1307,
l'imperatore bizantino Andronico
II Paleologo spostò i
domenicani di Costantinopoli nel
quartiere genovese di Pera.
Una
nuova chiesa, molto più grande,
venne costruita accanto alla
cappella di San Paolo nel 1325.
Da allora la chiesa venne
ufficialmente dedicata a san
Domenico, ma la gente del luogo
continuò a chiamarla con il
vecchio nome. Nel 1407 papa
Gregorio XII, allo scopo di
assicurare la gestione della
chiesa, concedette indulgenze ai
visitatori del monastero di San
Paolo.
Dopo
la caduta di Costantinopoli,
secondo le capitolazioni
dell'Impero ottomano concluse
con la Repubblica di Genova, la
chiesa, in quel tempo nota ai
turchi come Mesa Domenico,
rimase in mani genovesi, ma tra
il 1475 ed il 1478 venne
trasformata, con piccole
modifiche, in una moschea, da
parte del sultano Mehmed II,
assumendo il nome di Galata
Camii ("Moschea di
Galatae") o Cami-i Kebir
("grande moschea"). I
frati vennero trasferiti nel
monastero di San Pietro a Galata
nel 1476, mentre i paramenti
sacri vennero inviati a Genova e
gli archivi a Caffa.
Verso
la fine del secolo il sultano
Bayezid II assegnò l'edificio
ai musulmani di Spagna
(Andalusia), sfuggiti
all'Inquisizione spagnola ed
emigrati ad Istanbul; da cui il
nome attuale Arap Camii
(moschea araba). Il sultano
Mehmet III fece restaurare
l'edificio, e verso la fine del
XVII secolo le case intorno alla
moschea furono abbattute in modo
da evitare rumore.
Dopo
il grande incendio di Galata del
1731, negli anni 1734/35 la
madre di Mahmud I, Saliha Sultan
fece restaurare l'edificio,
modificando i finestroni ed il
portale dallo stile gotico a
quello ottomano. Dopo un altro
incendio del 1808, a metà del
XIX secolo, la figlia di Mahmud
II, Adile Sultan, fece
ristrutturare la mosche nel 1868
facendo costruire una şadirvan
(fontana per le abluzioni prima
della preghiera) nel cortile.
Fra
il 1913 ed il 1919, Giridli
Hasan Bey restaurò nuovamente
la moschea in maniera radicale.
Durante la sostituzione del
pavimento di legno, vennero alla
luce diverse lapidi funerarie di
genovesi risalenti fra la metà
del XIV secolo e quella del XV.
Esse vennero poi traslate ai
Musei archeologici di Istanbul.
Eretta
secondo il modello delle chiese
italiane dell'ordine mendicante
del periodo, è a base
rettangolare a tre navate, con
presbiterio quadrangolare
coperto da volta a costoloni.
Il
portale in stile gotico,
finestre con archi a sesto acuto
ed una prominente torre
campanaria (che venne
trasformata in minareto con un
tetto conico addizionale)
distinguevano l'edificio dalle
altre chiese della città
edificate in stile bizantino.
D'altra parte, la tecnica usata
per le pareti di mattoni era
tipicamente locale ed alternava
piccoli inserimenti di mattoni
in bugnato.
La
parete di nord-est era
probabilmente fiancheggiata da
una serie di cappelle, ognuna
della quale appartenente ad una
nobile famiglia genovese. Una di
esse era dedivata alla Vergine
Maria ed un'altra a san Nicola.
Nell'insieme, l'edificio ricorda
le chiese di Chieri e Finale
Ligure.
Il
tetto piano in legno data dal
restauro nel 1913-1919. In
quell'occasione, l'altezza della
costruzione venne abbassata e
nella demolizione vennero alla
luce molte lapidi genovesi.
Durante lo stesso restauro,
vennero ritrovati frammenti di
affresco nei pressi del Mihrab,
ma vennero nuovamente nascosti.
Nel
passaggio sotto il campanile,
sono ancora visibili modanature
e frammenti di pietre con stemmi
che un tempo erano collocati
lungo la parete. Sul lato nord
dell'edificio si trova un grande
cortile con una şadırvan
(fonte per le abluzioni).
Oggi,
la Arap Camii è la più grande
moschea di Galata al di là del
Corno d'Oro. Si tratta di una
delle moschee più interessanti
della città per la sua
architettura riferentesi al
primo gotico italiano ed il
campanile, che è praticamente
rimasto inalterato anche dopo
essere stato trasformato in un
minareto.
-
La chiesa della Theotokos
Pammakaristos (Beata
Madre di Dio), in seguito
divenuta moschea e nota come Fethiye
Camii, è oggi in parte un
museo. Il parekklesion è una
delle più famose chiese
bizantine superstiti di Istanbul
e, oltre ad essere uno dei più
importanti esempi
dell’architettura paleologa di
Costantinopoli, conserva il
maggior numero di mosaici
bizantini a Istanbul dopo Hagia
Sophia e la Chiesa di San
Salvatore in Chora. La chiesa
principale, già sede del
patriarcato greco ortodosso dopo
l’abbandono della chiesa dei
chiesa dei Santi Apostoli, è
una moschea.
L’edificio
si trova nel quartiere della Çarşamba
nel distretto di Fatih nella
città murata di Istanbul. La
Theotokos Pammakaristos sovrasta
il Corno d'Oro.
Secondo
la maggior parte degli studiosi,
la chiesa fu costruita tra
l’XI e il XII secolo d.C.
Molti ritengono che
l’originaria struttura risalga
al tempo di Michele VII Ducas
(1071-1078), altri propongono la
sua fondazione nel periodo
comneno. Differente la proposta
del bizantinista svizzero Ernest
Mamboury che colloca la
costruzione dell’edificio
nell’VIII secolo d.C.
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