Aree storiche di Istanbul 
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1985

    

Hagia Sophia (Santa Sofia)

La Hagia Sophia (Basilica di Santa Sofia), dove Santa Sofia è da intendersi come la Divina Sapienza, è una basilica, nonché uno dei principali monumenti di Istanbul. Fu una sede patriarcale greco-ortodossa, una cattedrale cattolica, poi una moschea ed è ora un museo. Nota per la sua gigantesca cupola, apice dell'architettura bizantina, fu terminata nel 537.

La prima chiesa era conosciuta come la "Grande Chiesa" a causa delle sue dimensioni più grandi rispetto alle altre chiese contemporanee già presenti in città. La chiesa fu dedicata al Logos, la seconda persona della Santissima Trinità, la cui festa cadeva il 25 dicembre, l'anniversario della nascita dell'incarnazione del Logos in Cristo. Inaugurata il 15 febbraio 360 (durante il regno di Costanzo II) da parte del vescovo ariano Eudossio di Antiochia, fu edificata vicino alla zona dove era in costruzione il palazzo imperiale. La vicina Santa Irene fu completata precedentemente ed aveva servito come cattedrale fino a quando Santa Sofia non fu completata. Entrambe le chiese svolsero poi il ruolo di chiese principali dell'Impero bizantino.

Nel 440, Socrate di Costantinopoli, sostenne che la chiesa fosse stata costruita da Costanzo II. La tradizione riferisce che l'edificio fu invece costruito da Costantino il grande. Zonara concilia le due opinioni documentando che Costanzo aveva riparato l'edificio consacrato da Eusebio di Nicomedia, dopo che era crollato. Poiché Eusebio fu vescovo di Costantinopoli tra il 339 e il 341 e Costantino morì nel 337, sembra possibile che la prima chiesa fosse eretta da quest'ultimo. L'edificio fu progettato come una tradizionale basilica latina con colonnato e gallerie e dotata di un tetto in legno. L'ingresso era preceduto da un doppio nartece (una sorta di doppio atrio).

Il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo entrò in un conflitto con l'imperatrice Elia Eudossia, moglie dell'imperatore Arcadio, e per questo fu mandato in esilio il 20 giugno 404. Durante gli scontri che avvennero successivamente, questa prima chiesa fu in gran parte distrutta da un incendio. Nulla di essa rimane oggi.

Una seconda chiesa fu costruita per volere di Teodosio II, il quale la inaugurò il 10 ottobre 415. La basilica, dotata ancora di un tetto in legno, fu progettata dall'architetto Rufino. Incendiata durante la rivolta di Nika, scoppiata nel 532 contro l'imperatore Giustiniano, la chiesa bruciò quasi completamente.

Diversi blocchi di marmo appartenenti all'edificio sono stati scoperti nel 1935 sotto il cortile occidentale da A.M. Schneider: tra questi quello raffigurante 12 agnelli (i quali rappresentano metaforicamente i 12 apostoli). Originariamente parte del monumentale ingresso principale, i blocchi sono visibili in uno scavo adiacente all'ingresso dell'edificio. Scavi ulteriori sono stati abbandonati per paura di pregiudicare l'integrità della basilica.

Il 23 febbraio 532, pochi giorni dopo la distruzione della seconda basilica, l'imperatore Giustiniano I decise di costruire una nuova basilica completamente diversa, più grande e più maestosa rispetto a quelle dei suoi predecessori.

Giustiniano scelse come architetti Isidoro di Mileto e il fisico e matematico Antemio di Tralle, Antemio, tuttavia, morì nel primo anno dei lavori. L'edificio venne descritto dallo storico bizantino Procopio nella sua opera "Sulle Costruzioni" (Peri Ktismatōn, in latino: De Aedificiis). L'Imperatore aveva fatto procurare il materiale da tutto l'impero: colonne ellenistiche dal tempio di Artemide di Efeso, grandi pietre dalle cave di porfido egiziane, marmo verde dalla Tessaglia, pietra nera dalla regione del Bosforo e pietra gialla dalla Siria. Più di diecimila persone vennero impiegate nel cantiere. Questa nuova chiesa fu riconosciuta già all'epoca come la basilica più grande della cristianità. Le teorie di Erone di Alessandria potrebbero essere state la base su cui si sono svolti i calcoli necessari per affrontare le sfide presentate dalla realizzazione di una cupola di tali dimensioni. L'imperatore, insieme al patriarca Eutichio, inaugurò la nuova basilica il 27 dicembre 537 con una celebrazione in pompa magna. I mosaici all'interno della chiesa vennero, comunque, completati solo sotto il regno dell'imperatore Giustino II (565-578).

Santa Sofia fu così la sede del patriarca ortodosso di Costantinopoli e il luogo principale per le cerimonie imperiali dei reali bizantini, come le incoronazioni.

Terremoti accaduti nel mese di agosto 553 e il 14 dicembre 557 causarono fessurazioni nella cupola centrale e nella semicupola orientale. La cupola principale crollò completamente durante un terremoto successivo, avvenuto il 7 maggio 558, distruggendo l'ambone, l'altare e il ciborio. L'incidente fu dovuto principalmente alla portante troppo alta e al carico enorme della cupola che era troppo piatta. Questi fattori hanno provocato la deformazione dei piloni che sostenevano la cupola. L'imperatore ordinò un immediato ripristino. Egli affidò i lavori a Isidoro il Giovane, nipote di Isidoro di Mileto, che utilizzò materiali più leggeri ed elevò la cupola di altri 6,25 metri., conferendo all'edificio la sua altezza interna attuale di 55,6 metri. Questa ricostruzione, che dette alla chiesa il suo attuale aspetto, terminò nel 562. Il poeta bizantino Paolo Silenziario compose un lungo poema epico, noto come Ekphrasis e tuttora esistente, per la riconsacrazione della basilica, cerimonia presieduta dal Patriarca Eutichio il 23 dicembre 562.

Nel 726, l'imperatore Leone III di Bisanzio emise una serie di editti contro la venerazione delle immagini, ordinando all'esercito di distruggere tutte le icone, inaugurando il periodo di iconoclastia bizantina. A quel tempo, tutte le immagini religiose e le statue furono rimosse dalla Basilica di Santa Sofia. Dopo una breve tregua, sotto l'imperatrice Irene (797-802), gli iconoclasti hanno continuato il loro tentativo di riforma.

La basilica subì in seguito altri gravi danni, prima in un grande incendio nel 859 e di nuovo in un terremoto avvenuto l'8 gennaio 869 che fece quasi collassare nuovamente la cupola. L'imperatore Basilio I ordinò che la chiesa fosse riparata.

Dopo un nuovo grande terremoto avvenuto il 25 ottobre 989, che rovinò la grande cupola, l'imperatore bizantino Basilio II chiese all'architetto armeno Trdat, creatore delle grandi chiese di Ani e Argina, di riparare la cupola. I suoi principali lavori riguardarono l'arco occidentale e una parte della cupola. L'entità del danno richiese sei anni di riparazioni, la chiesa fu riaperta il 13 maggio 994.

Nel suo libro De ceremoniis ("Libro delle Cerimonie"), l'imperatore Costantino VII (913-919) scrisse un resoconto dettagliato delle cerimonie che si tenevano a Santa Sofia con l'imperatore e il patriarca.

Al momento della presa di Costantinopoli, durante la Quarta Crociata, la chiesa fu saccheggiata e profanata dai cristiani latini. Lo storico bizantino Niceta Coniata descrisse come fossero state rubate dalla chiesa molte reliquie come una pietra della tomba di Gesù, il latte della Vergine Maria, il sudario di Gesù e le ossa di alcuni santi, che furono trafugate verso le chiese dell'ovest. Durante l'occupazione latina di Costantinopoli (1204-1261) la chiesa divenne una cattedrale cattolica romana. Baldovino I di Costantinopoli fu incoronato imperatore il 16 maggio 1204 a Santa Sofia. Enrico Dandolo, doge di Venezia, che comandò l'invasione della città da parte dei Crociati fu sepolto all'interno della chiesa. Tuttavia, restauri effettuati durante il periodo 1847-1849, hanno gettato alcuni dubbi sull'autenticità della tomba del doge.

Dopo la riconquista della città da parte dei Bizantini nel 1261, la chiesa si trovava in uno stato fatiscente. Nel 1317, l'imperatore Andronico II ordinò la costruzione di quattro nuovi contrafforti Un nuovo terremoto arrecò danni alla struttura che dovette essere chiusa fino al 1354, quando terminarono le riparazioni effettuate dagli architetti Astras e Peralta.

Nel 1453 Sultano Maometto II assediò Costantinopoli guidato in parte dal desiderio di guadagnare la città all'Islam. Il sultano promise ai suoi soldati tre giorni di libero saccheggio se la città fosse caduta, dopo di che avrebbe rivendicato per sé stesso le ricchezze. La Basilica di Santa Sofia non fu esentata dal saccheggio, diventandone il punto focale, in quanto gli invasori ritenevano che vi fossero contenuti i più grandi tesori della città. 

Poco dopo il crollo delle difese della città, molti dei saccheggiatori si diressero verso Santa Sofia e abbatterono le sue porte. Durante l'assedio, venivano spesso celebrate liturgie e preghiere dentro la basilica che era diventata il rifugio per molti di coloro che non erano in grado di contribuire alla difesa della città. Intrappolati nella chiesa, la congregazione e i rifugiati divennero bottino da dividere fra gli invasori.

L'edificio fu profanato e saccheggiato e gli occupanti resi schiavi o uccisi. Quando il Sultano e la sua corte entrarono nella chiesa egli ordinò che essa venisse immediatamente trasformata in una moschea. Uno degli Ulama salì così sul pulpito e recitò la Shahada.

Come scritto sopra, subito dopo la conquista di Costantinopoli, Maometto II convertì la Basilica di Santa Sofia nella moschea di Aya Sofya. Come descritto da numerosi visitatori occidentali (come il nobile cordovano Pero Tafur e il fiorentino Cristoforo Buondelmonti) la chiesa si trovava al momento della conquista in uno stato fatiscente; il sultano ne ordinò allora la pulizia e la sua riqualificazione aggiungendo i minareti e intonacando i mosaici parietali. 

Intorno al 1481 un piccolo minareto venne eretto all'angolo sud-ovest dell'edificio, sopra la torre delle scale. In seguito, il successivo sultano, Bayezid II (1481-1512), fece costruire un altro minareto nell'angolo nord-est. Uno di questi cadde a causa del terremoto del 1509 e intorno alla metà del XVI secolo entrambi furono sostituiti da due nuovi minareti, posti agli angoli est e ovest dell'edificio.

Nel XVI secolo il sultano Solimano il Magnifico (1520-1566) riportò dalla sua conquista dell'Ungheria due colonne colossali. Esse furono collocate su entrambi i lati del mihrab. Durante il regno di Selim II (1566-1577) l'edificio iniziò a mostrare segni di cedimento e si dovette provvedere a rinforzarlo con l'aggiunta di supporti strutturali al suo esterno ad opera del grande architetto ottomano Mimar Sinan. 

Oltre a rafforzare la struttura storica bizantina, Sinan costruì i due grandi minareti supplementari all'estremità occidentale del palazzo e il mausoleo del sultano. Inoltre, una mezzaluna d'oro fu installata sulla sommità della cupola, mentre una zona di rispetto 35 arşın (circa 24 m) di larghezza fu imposta intorno all'edificio, abbattendo tutte le case che nel frattempo erano state edificate attorno ad esso. In seguito la sua türbe arrivò ad ospitare altre 43 tombe di principi ottomani.

In seguito furono aggiunte la galleria del sultano, un minbar decorato con marmi, una pedana per il sermone e una loggia per il muezzin. Nel 1717, con il sultano Ahmed III (1703-1730), fu ristrutturato l'intonaco degli interni.

Il restauro più famoso di Aya Sofya fu però quello ordinato dal sultano Abdul Mejid I e completato da 800 lavoratori tra il 1847 e il 1849, sotto la direzione dell'architetto ticinese Gaspare Fossati, assistito dal fratello Giuseppe, ingegnere. I due fratelli consolidarono la cupola e le volte, raddrizzarono le colonne e rinnovarono la decorazione degli esterni e gli interni dell'edificio. I mosaici bizantini superstiti vennero scoperti e ricoperti con uno strato d'intonaco, ed i vecchi lampadari vennero sostituiti da nuovi, del tipo a goccia. Alle colonne vennero appesi quattro giganteschi medaglioni circolari, opera del calligrafo Kazasker İzzed Effendi (1801-1877). Essi riportano i nomi di Allah, del profeta Maometto, dei primi quattro califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman e Ali) e dei due nipoti di Maometto: Hassan e Hussein. Il 13 luglio 1849, alla fine del restauro, la moschea venne riaperta al culto con una cerimonia solenne.

Nel 1935, il primo presidente turco e fondatore della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Atatürk, trasformò l'edificio in un museo. I tappeti vennero rimossi e le decorazioni del pavimento di marmo riapparvero per la prima volta dopo secoli mentre l'intonaco bianco che copriva molti dei mosaici fu rimosso. Tuttavia, le condizioni della struttura erano deteriorate.

Con l'aiuto di società di servizi finanziari American Express, il World Monuments Fund fissò una serie di sovvenzioni per il 1997-2002 al fine del restauro della cupola. La prima fase del lavoro fu la stabilizzazione strutturale e la riparazione del tetto rotto, ciò fu realizzato con la partecipazione del Ministero della Cultura turco. La seconda fase, la conservazione degli interni della cupola, offrì l'opportunità di impiegare e addestrare giovani restauratori turchi nella cura dei mosaici. Entro il 2006, il progetto del WMF fu completato, anche se altre aree di Santa Sofia continuano a richiedere manutenzione.

Oggi, l'uso del complesso come luogo di culto (moschea o chiesa) è severamente proibito. Tuttavia, nel 2006, subito prima della visita del Papa Benedetto XVI è stato segnalato che il governo turco ha permesso l'assegnazione di una piccola stanza del complesso museale per essere utilizzato come una sala di preghiera per chiunque lo voglia.

Architettura e decorazione interna - Le sue gigantesche proporzioni ne fanno uno dei monumenti chiave dell'architettura di tutti i tempi. La basilica ha una pianta che fonde armoniosamente il rettangolo entro il quadrato (71 x 77 m.), con tre navate, arcate divisorie in doppio ordine, ed un'unica abside opposta all'ingresso, che all'esterno si presenta poligonale. La pianta ha probabilmente ricalcato quella della basilica costantiniana. L'ingresso è preceduto da un doppio nartece.

Gli interni sono arricchiti con mosaici, marmi pregiati e stucchi: colonne in costoso porfido o marmo verde della Tessaglia sono impreziosite da capitelli finemente scolpiti. Nel corso degli anni sono stati aggiunti alcuni mausolei laterali.

All'interno, alcuni corridoi laterali riccamente decorati (che hanno ispirato la Basilica di San Marco a Venezia) conducono al grande vano della navata centrale, dominato dalla mastodontica cupola, che poggia su pennacchio ed archi, che scaricano il loro peso su quattro enormi pilastri. Questi pilastri sono costruiti con pietre lavorate, legate tra di loro tramite colate di piombo, mentre le volte, gli archi e le pareti sono in laterizi. Nelle zone verso l'abside e verso l'ingresso due semicupole digradano da quella principale e poggiano su esedre a colonne.

Nella fascia superiore della grande cupola sono state aperte numerose finestre, ed in seguito parzialmente murate per aumentare la stabilità dell'edificio, che inondano di luce l'interno dell'edificio in qualsiasi ora della giornata. Sulle navate laterali corrono i matronei, destinati alla corte imperiale che vi assisteva alla messa da una posizione rialzata. Al di sopra dei matronei la muratura è perforata da due file sovrapposte di finestre di dimensioni variabili (più ampie al centro, più piccole verso i lati e nella fila inferiore).

L'impianto non differiva molto da quello di altre chiese a pianta longitudinale già esistenti, ma per la prima volta lo spazio appare dominato dalla grande cupola, che focalizza verso l'alto tutto l'ambiente architettonico. L'effetto è quello di uno spazio incommensurabile e di leggerezza della copertura, che sembra come sospesa nell'aria.  

La decorazione interna, inizialmente aniconica con motivi persiani (in pratica, ci si atteneva già all'Iconoclastia del VII secolo), fu integrata da Giustino II con cicli evangelici e con scene divenute poi canoniche del Dodecaorto, il sistema di 12 feste bizantine.

La cupola riporta un Cristo Pantocratore benedicente, a mezzo busto. Per l'anatomia dei visi di Cristo e dei santi sembra siano state utilizzate le descrizioni contenute in un libretto di Ulpius Romano: un esempio, San Gregorio ritratto con la barba fumosa e l'occhio destro menomato da un incidente.

L'abside è stato rinforzato all'esterno da alcuni contrafforti posticci. Uno di questi contiene una cappella con mosaici frammentari realizzati col sistema della doppia linea.

Quasi tutte le chiese bizantine ed anche le successive moschee ottomane hanno preso a modello la sua grande cupola affiancata da due semicupole. L'apparato decorativo originale è conservato solo in parte, ma continua tuttavia ad essere una profonda testimonianza dell'Arte Bizantina. I capitelli presentano trine, trafori, giochi d'ombra e chiaro-scuro, e compare lo stemma giustinianeo.  

Procopio di Cesarea, nel suo trattato De aedificiis, ci ha tramandato una descrizione risalente al periodo di Giustiniano I: egli notò come la luce, filtrata dalle finestre disposte a diversi livelli, ma soprattutto dalle aperture che coronano la base della cupola, sembrasse come generata all'interno della basilica stessa, e riverberandosi sui mosaici dorati e sui preziosi paramenti murari, annullasse irrealmente la consistenza e il peso delle strutture. Questo effetto è dovuto anche al fatto che la parte centrale della chiesa sia quella più ampia a maggiormente illuminata rispetto alle zone laterali, che contrastano con ambienti più scuri e con la netta divisioni in più piani dello spazio che invece al centro è slanciato verso l'alto.

Paolo Silenziario invece, compose un poemetto o ecphrasis richiamando soluzioni letterarie tipiche dell'epoca giustinianea. La descrizione della chiesa si districa attraverso alcune tappe che l'autore rende obbligatorie e stimola il lettore ad immergersi in toto nell'immaginario di ciò che fu il tempio all'epoca di Giustiniano iniziando il viaggio dalla parte esterna fino a raggiungere le zone più intime della chiesa soffermandosi in una descrizione dettagliata di ogni particolare decorativo o architettonico come ad esempio l'elencazione delle varietà di marmo presenti oppure alle particolari forme di lampadari o polycandelia.

La basilica di Santa Sofia è uno dei più grandi esempi superstiti di architettura bizantina. Il suo interno, decorato con mosaici e pannelli marmorei, è di grande valore artistico. Il tempio stesso era così riccamente e artisticamente decorato che Giustiniano, una volta completati i lavori, esclamò: "Salomone, ti ho superato!" (Νενίκηκά σε Σολομών). Giustiniano stesso curò la realizzazione di quella che era la più grande cattedrale mai costruita fino a quel momento, e tale rimase per quasi 1000 anni e cioè al completamento della cattedrale di Siviglia in Spagna.

La basilica voluta da Giustiniano è al tempo stesso la realizzazione architettonica culmine della tarda antichità e il primo capolavoro dell'architettura bizantina. La sua influenza, sia architettonica che liturgica si diffuse nella chiesa ortodossa orientale, in quella cattolica romana e nel mondo musulmano. Le colonne più grandi sono di granito, raggiungono una altezza di circa 19 o 20 metri con un diametro di 1,5 metri, la più grande pesa oltre 70 tonnellate. Sotto gli ordini di Giustiniano, otto colonne corinzie vennero prelevate da Baalbek, in Libano e spedite a Costantinopoli per la costruzione della chiesa.

Il vasto interno presenta una struttura assai complessa. La navata centrale è sormontata da una cupola centrale alta 55,6 metri dal livello del pavimento, traforata da 40 finestre ad arco e sostenuta da quattro pennacchi. Le varie riparazioni effettuate nel corso del tempo, hanno reso la cupola leggermente elittica, con un diametro variabile tra i 31,24 m e i 30,86 m.

I quattro pennacchi triangolari concavi servono per la transizione struttura circolare della cornice a quella rettangolare della navata. Il peso della cupola si scarica, attraverso i pennacchi, su quattro massicci pilastri posti agli angoli. Questi sono stati rinforzati con contrafforti, edificati parte durante il periodo bizantino e parte durante quello ottomano, sotto la guida del famoso architetto Sinan.

Le superfici interne sono rivestite di pannelli marmorei di diversi colori, verde e bianco con viola porfido e da mosaici a fondo, d'oro.

L'esterno, rivestito di stucco, è stato colorato di giallo e rosso durante un restauro avvenuto nel XIX secolo sotto la direzione degli architetti Fossati.

La cupola di Santa Sofia ha suscitato un particolare interesse fra gli storici d'arte, gli architetti e gli ingegneri, per le sue caratteristiche innovative e grandiose. La cupola è sostenuta da quattro pennacchi, una soluzione mai utilizzata prima. Il loro utilizzo permette una transizione elegante dalla forma quadrata della base dei piloni a quella emisferica della cupola. L'utilizzo dei pennacchi non è soltanto una scelta di carattere estetico, ma permette anche di frenare le forze laterali della cupola e permette di scaricare il peso di essa verso il basso.

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Anche se questa scelta architettonica permise di stabilizzare la cupola, il muro di cinta e gli archi, l'effettiva costruzione delle mura di Santa Sofia indebolì la struttura complessiva. I muratori utilizzarono più malta che mattoni, ciò indebolì le pareti. La struttura sarebbe stata molto più stabile se i costruttori avessero lasciato asciugare la malta, prima di iniziare il livello successivo. Quando la cupola fu posta in opera, il suo peso portò le pareti sottostanti a piegarsi verso l'esterno a causa della malta ancora bagnata. Quando Isidoro il Giovane ricostruì la cupola, nel frattempo crollata a causa di un terremoto, dovette prima riportate a piombo le mura sottostanti rinforzandone l'interno in modo che queste fossero in grado di sostenere il peso della nuova copertura. Inoltre, l'architetto innalzò la nuova cupola di circa sei metri rispetto alla precedente in modo da diminuire le forze laterali e da scaricare più facilmente il suo peso lungo le pareti.

L'edificio è famoso per l'effetto mistico della luce che si riflette in tutto l'interno della navata, con la cupola che dà l'apparenza di librarsi al di sopra di quest'ultima. Quest'effetto fu reso possibile grazie all'inserzione di quaranta finestre nella cupola stessa, sopra la cornice. Inoltre, la stabilità della cupola fu aumentata da Isidoro il Giovane grazie all'introduzione di costoloni longitudinali che innervano la struttura passando fra le finestre. Questi permettono al peso della cupola di scaricarsi in basso lungo la cornice e verso i pennacchi e, infine, lungo le pareti e verso le fondazioni.

Il carattere unico del progetto di Santa Sofia rende questa struttura uno dei monumenti più avanzati e ambiziosi realizzati nella tarda antichità.

Due enormi urne per la lustratio di marmo vennero portate da Pergamo durante il regno del sultano Murad III. Originarie del periodo ellenistico, sono scolpite su blocchi di marmo.

La Porta Imperiale era l'ingresso principale tra l'interno e l'esterno del nartece. Esso era riservato esclusivamente al'imperatore. Il mosaico bizantino sopra il portale raffigura Cristo e l'imperatore Leone VI di Bisanzio.

Una lunga rampa, posta nella parte settentrionale del nartece esterno, conduce alla galleria superiore.

La galleria superiore è disposta a ferro di cavallo e racchiude la navata centrale fino all'abside. Diversi mosaici sono conservati in questa galleria, in uno spazio tradizionalmente riservato per l'imperatrice e la sua corte. I mosaici meglio conservati si trovano nella parte meridionale della suddetta galleria.

La Loggia dell'Imperatrice si trova nel centro della galleria superiore di Santa Sofia. Da qui l'imperatrice e la sua corte potevano seguire la cerimonia che si svolgeva più in basso. Una pietra verde segna il punto in cui sorgeva il trono.

La Porta di marmo, posta all'interno della Basilica di Santa Sofia, si trova nella galleria superiore, verso sud. Fu utilizzata dai partecipanti a sinodi che entravano e lasciavano la camera dell'incontro attraverso questa porta.

Originariamente, sotto il regno di Giustiniano, le decorazioni interne consistevano in disegni astratti su lastre di marmo poste sulle pareti e sulle volte con mosaici curvilinei. Di questi, si possono ancora vedere i due arcangeli Gabriele e Michele. Vi erano anche un paio di decorazioni figurative, come ci è stato riportato dall'elogio di Paolo Silenziario. 

I pennacchi della galleria sono realizzati tramite la tecnica dell'Opus sectile e mostrano schemi, figure di fiori e uccelli. In fasi successive sono stati aggiunti dei mosaici figurativi, che vennero però distrutti durante la controversia iconoclasta (726-843). I mosaici tuttora presenti provengono dal periodo post-iconoclasta. Il numero di tesori, reliquie e icone crebbe progressivamente in ricchezza, realizzando una sorprendente collezione, sino alla dispersione in seguito al saccheggio durante la quarta crociata.

Oltre ai mosaici, un gran numero di decorazioni figurative vennero aggiunte nel corso della seconda metà del IX secolo: un'immagine di Cristo nella cupola centrale, alcuni santi ortodossi, Profeti e Padri della Chiesa. Vi sono anche raffigurazioni di personaggi storici connessi con la basilica, come il patriarca Ignazio I e alcune scene tratte dal Vangelo. Basilio II fece rappresentare in mosaico su ciascuno dei quattro pennacchi un Hexapterygon (angelo con sei ali). Due di essi scomparvero e vennero riprodotti in affresco durante il restauro di Gaspare Fossati, che fece ricoprire il loro viso con un alone d'oro. Nel 2009 uno di loro è stato riportato allo stato originale.

Sultanahmet camii (Moschea Blu)

A partire dal loro arrivo nel 1453, nel corso dei successivi quattro secoli, gli ottomani hanno contribuito a delineare il panorama della città di Istanbul dandogli un'impronta indelebile, in particolar modo con la costruzione di grandi moschee. Una delle più celebri è la Moschea Blu (Sultanahmet camii o Sultan Ahmet camii).

Dopo la pace di Zsitvatorok e gli sfortunati risultati della guerra con la Persia, il sultano Ahmed I decise di costruire una grande moschea a Istanbul per placare Allah. Questa fu la prima moschea imperiale costruita ad Istanbul dopo la moschea di Solimano, eretta quarant'anni prima. Mentre i suoi predecessori innalzarono moschee con il proprio patrimonio personale, Ahmet I utilizzò denaro pubblico, dal momento che non aveva ottenuto consistenti vittorie militari, provocando il dissenso degli ulema. 

La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di Costantinopoli, di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'ippodromo, un altro sito di grande valenza simbolica. La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori. Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell'Impero. Scelse per sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan. 

L'organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del Topkapi. La cerimonia di apertura avvenne nel 1617 (benché il cancello della moschea ricordi l'anno precedente) e il sultano poté pregare nel proprio spazio (hünkâr mahfil). I lavori di completamento si conclusero sotto il successore di Ahmet Mustafa I. L'immagine della moschea venne stampata sulle banconote da 500 lire in corso negli anni 1953-1976.

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Universalmente è conosciuta come la Moschea Blu. Il suo nome deriva dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di İznik (l'antica Nicea), decorato in toni che vanno dal blu al verde. Rischiarate dalla luce che filtra da 260 finestrelle, conferiscono alla grande sala della preghiera un'atmosfera suggestiva quanto surreale. 

La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l'unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea della Ka'ba, alla Mecca, che ne ha sette. 

Il sultano aveva una loggia privata a piano superiore, che poteva essere raggiunta direttamente a cavallo.

Moschea di Fatih

La Moschea di Fatih (in lingua turca Fatih Camii, cioè la "Moschea del Conquistatore", epiteto di Maometto II), sebbene ricostruita alla fine del settecento, è uno dei maggiori esempi di architettura turco-islamica in città e ha rappresentato una tappa importante nello sviluppo dell'architettura ottomana.

La moschea di Fatih era un complesso di edifici religiosi e civili, senza precedenti, costruito ad Istanbul nel periodo 1463-1470 per ordine di Fatih Sultan Mehmed,  sul sito della chiesa bizantina dei Santi Apostoli, che era in rovina dai tempi della quarta crociata. Essa venne progettata dall'architetto reale Atik Sinan. La moschea Fatih fu il primo progetto monumentale della tradizione architettonica dell'Impero Ottomano.

Il complesso originario comprendeva una serie di edifici ben pianificata costruito intorno alla moschea. Essi comprendevano otto medrese, biblioteca, ospedale, ospizio, caravanserraglio, mercato, hammam, scuola primaria e cucina pubblica che serviva per preparare cibo per i poveri. Varie turbe vennero aggiunte in epoche successive. 

Il complesso originario copriva una zona di quasi 325 metri di lato, si estendeva lungo il lato di Fevzi Pascià Caddesi prospiciente il Corno d'Oro.

La moschea originaria venne gravemente danneggiata nel 1509 dal terremoto. Dopo essere stata riparata venne poi nuovamente danneggiata dai terremoti del 1557 e 1754 e riparata ancora una volta. Venne poi completamente distrutta dal grande terremoto del 22 maggio 1766 quando la cupola principale crollò e le mura furono irrimediabilmente danneggiate. 

La moschea attuale (progettata in forma completamente diversa) venne completata nel 1771 sotto il Sultano Mustafa III dall'architetto Mimar Mehmet Tahir.

La prima moschea dedicata a Fatih aveva una cupola centrale supportata da una singola semi-cupola dello stesso diametro e sospesa su quattro archi; la sua cupola era di 26 m. di diametro. La seconda (1771) costruita dal sultano Mustafa III dopo il terremoto del 1766, fu costruita a pianta quadrata. Ha una cupola centrale sostenuta da quattro semi-cupole. Il portale d'ingresso al cortile principale e, in minor parte, i minareti residuano dalla costruzione originale, mentre il resto della costruzione del 1771 venne ricostruito in stile barocco.

L'interno attuale della moschea di Fatih è essenzialmente una copia dei disegni precedenti di Sinan riutilizzati più volte da lui stesso e dai suoi successori in tutta Istanbul (questa tecnica è emulativa di Santa Sofia). La cupola del diametro di 26 metri è sostenuta da quattro semi-cupole, una su ogni asse, sostenute da quattro colonne di marmo di grandi dimensioni. Ci sono due minareti, ciascuno con gallerie gemelle. Le iscrizioni calligrafiche all'interno della moschea e il minbar mostrano un'influenza barocca, ma le piastrelle bianche sono di qualità inferiore in confronto a quelle di İznik presenti, ad esempio, nella moschea di Rustem Pasha. Il mihrab risale alla costruzione originale.

Come altre moschee imperiali di Istanbul, la moschea di Fatih venne progettata come un kulliye o complesso con le strutture adiacenti a servizio sia di esigenze religiose che culturali.

A nord ed a sud della moschea vi sono otto grandi medrese, quattro per ogni lato. Questi edifici sono simmetrici, e ciascuno contiene 18 celle per gli studenti (ogni alloggio per quattro giovani) ed un dershane. Dietro ad ognuna vi era un annesso, grande circa la metà della stessa medresa, tutti distrutti a seguito della costruzione di alcune strade. Le medrese ospitavano circa un migliaio di studenti, il che rendeva il complesso simile a una grande università.

L'ospizio (taphane) è al di fuori della moschea a sud-est del recinto. L'edificio ha uno splendido cortile contornato da 16 colonne di granito, che vennero probabilmente recuperate dalla chiesa dei Santi Apostoli. Di fronte all'ospizio è la grande turbe della madre del sultano Mahmud II, Naksh-i Dil.

Nel cimitero della qibla dietro la moschea sono le turbe del sultano Mehmet II e di sua moglie Gulbahar Hatun. Entrambe sono state ricostruite dopo il terremoto. La turbe del Conquistatore è di stile barocco con un interno riccamente decorato. Quella di Gulbahar è semplice, con linee classiche, e potrebbe essere molto simile all'originale. Inoltre il cimitero ha un gran numero di tombe appartenenti a funzionari di Stato, tra cui Osman Nuri Pascià.

Sulla qibla a lato della moschea, ad esso collegata, è una biblioteca a cupola che è stata costruita nel 1724. Una delle sue porte si apre sulla strada, mentre altre due danno sul cortile interno della moschea. La biblioteca è attualmente in restauro, ed i libri sono ospitati al momento dalla Biblioteca Suleymaniye.

Il caravanserraglio del complesso venne restaurato negli anni 1980 e da allora ospita negozi. L'ospedale, il mercato, le cucine e l'hammam non esistono più.

Suleymaniye Camii (Moschea di Solimano)  

La Moschea di Solimano, costruita tra il 1550 e il 1557, è considerata la più bella fra le moschee imperiali di Istanbul. Con la sua cupola alta 53 metri per un diametro di 27,50 metri, l'immensa sala di preghiera dall'acustica eccezionale che può ospitare fino a 5.000 persone, la Moschea di Solimano è in assoluto la più grandiosa della città. 

Solimano il Magnifico (1520-1566), uno dei più grandi e conosciuti sultani ottomani, commissionò l'edificazione della quarta moschea di Istanbul, per ordine di tempo, dopo quelle di Fatih, Bayezid e Selim (Selimiyye), a un famoso architetto imperiale di quel tempo: Mimar Sinan, il quale volle essere seppellito in questa moschea, probabilmente conscio del fatto che sarebbe stato ricordato dai posteri per quest'opera più che per la più piccola Selimiye Camii a Edirne, ritenuta da lui il suo più grande capolavoro.

I registri dell'epoca della costruzione mostrano che per la realizzazione della moschea parteciparono 3523 artigiani. Inoltre Goodwin ci rende noto che la maggior parte di questi artigiani era armena. La moschea fu danneggiata da un incendio nel 1660 e fu restaurata dal sultano Mehmet IV. Parte della cupola crollò a causa del terremoto del 1766. Successivi interventi conservativi hanno alterato l'originale decorazione opera di Sinan (recenti sondaggi hanno dimostrato che in origine il colore dominante della cupola dovesse essere il blu, ma che poi l'architetto scelse il rosso).

Durante la I guerra mondiale il cortile fu utilizzato come deposito di armi e si ebbe un incendio causato dall'accensione di alcune munizioni. Solo nel '56 si ebbe una nuova campagna di restauro. Attualmente (2009) è in corso un consistente intervento conservativo.

Il cortile che precede l'edificio, inserito in una cornice di giardini curati, è circoscritto su tre lati da un muro con grate e al suo centro si trova una fontana per le abluzioni, sormontata da una cupola. Il modello della pianta della moschea è ripreso dalla chiesa voluta dall'imperatore Giustiniano, convertita dagli Ottomani in moschea, di Aghia Sophia. Questa decisione venne presa da Sinan per provare ad eguagliare la perfezione tecnica di Hagia Sofia, adattandola poi alle esigenze di moschea.

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L'influenza di Hagia Sofia è evidente anche nei timpani a est e a ovest. L'unità centrale della moschea fu separata dalle madrase e da altre fondazioni di carità (Külliye) da un muro con finestre. Delle Külliye facevano parte anche servizi di pubblica utilità, come un ospedale e una mensa per i poveri.

L'interno della moschea è caratterizzato da grandezza e semplicità, le decorazioni sono contenute eccetto il mihrab, rivestito con maioliche di Ïznik (l'antica Nicea); le vetrate policrome e le quattro colonne di rimpiego. Di queste mastodontiche colonne, due sono state prelevate da due palazzi bizantini di Istanbul, una da Alessandria d'Egitto e l'ultima da Baalbek, città del Libano.

L'hamam della moschea, edificato nel 1557, è ancora in funzione. Vicino al muro di cinta si trova il cimitero con le tombe di Solimano e della moglie Rosselana (Hürrem Sultan). Le tombe sono entrambe decorate con cupole maiolicate. La cupola è ornata con motivi ottocenteschi. 

Yeni Cami

Più recente, terminata nel 1665, la Yeni Cami (Moschea Nuova), è una moschea imperiale ottomana situata sul Corno d'Oro all'estremità meridionale del ponte di Galata ed è uno dei siti più visitati di

La costruzione della moschea iniziò nel 1597. Fu commissionata da Safiye Sultan, moglie del sultano Murad III. Il primo architetto fu Davut Aga, allievo del grande Sinan. Alla sua morte nel 1599, Davut Aga fu sostituito da Dalgic Ahmed Cavus.

Il progetto fu ostacolato da difficoltà politiche: problemi finanziari e legati alla sua collocazione crearono dissensi a corte. Il quartiere di Eminönü era il centro commerciale della città e ospitava una consistente comunità ebraica. Collocando in questo luogo la moschea, Safiye Sultan sperava di rafforzare la sfera d'influenza islamica in città, sfruttando il crescente malcontento dei commercianti nei confronti della propria controparte ebraica; questo fatto diede al sultano una giustificazione per la confisca dei terreni su cui poi fu costruito l'edificio sacro. In ogni caso, l'enorme ammontare della spesa sollevò aspre critiche, in particolare da parte dei giannizzeri che da un lato osteggiavano il potere sempre più forte della Valide Sultan, dall'altro ritenevano che la spesa per la moschea fosse eccessiva e superflua. Safiye Sultan fu costretta ad abbandonare il progetto a causa della morte di Mehmed III. Il nuovo sultano Ahmed I non aveva interesse a proseguire il progetto; Safiye Sultan fu rinchiusa nell'harem e la costruzione venne abbandonata.

La prima fondazione venne abbandonata e cadde in rovina, ciò che ne rimaneva fu distrutto da un incendio nel 1660. In seguito, l'architetto imperiale Mustafa Aga suggerì che la Valide Turhan Hadice, madre del sultano Mehmed IV, completasse l'opera per devozione. L'edificazione fu conclusa nel 1663 ed inaugurata nel 1665.

L'esterno della moschea presenta sedici cupole e semicupole disposte in forma piramidale e due minareti. La cupola principale misura 36 metri in altezza ed è circondata da quattro semicupole, come nelle Moschea Şehzade, una delle prime opere di Sinan e nella Moschea Blu progettata da Sedefhar Mehmet Ağa.

Come nelle altre moschee imperiali di Istanbul, il corpo dell'edificio è preceduto da un cortile porticato (avlu) sul lato occidentale. 

Il cortile della Moschea Nuova misura 39 metri di lato, al suo interno corre un colonnato coperto da 24 piccole cupole. 

Un elegante şadirvan (fontana per abluzioni) si trova al centro, prevalentemente con funzioni ornamentali, dato che le purificazioni rituali avvengono presso i rubinetti collocati nel lato meridionale della moschea. La facciata dell'edificio è decorata con piastrelle di İznik. Per la costruzione dell'edificio vennero usati blocchi di pietra provenienti da Rodi.

L'interno della moschea è un quadrato di 41 metri di lato. L'area centrale è definita da quattro grandi pilastri che rappresentano il principale supporto per la cupola, il cui diametro interno è di 17,5 metri e si innalza dal suolo 36 metri. Lo spazio interno è esteso da semicupole lungo l'asse est-ovest, con piccole cupole di sopra di ogni angolo della navata e anche piccole cupole sopra gli angoli delle gallerie.

L'angolo nord-est della galleria ha una schermo dorato, dietro il quale i membri della corte imperiale partecipavano al culto. Questa galleria è collegata da un lungo passaggio a un elevato Padiglione reale, nell'angolo nord-est del complesso.

L'interno della moschea è decorato con piastrelle di Iznik di colore blu, verde e bianco, considerate di qualità un po' inferiore agli esemplari che decorano le altre moschee imperiali. 

Il mihrab è decorato con stalattiti dorate, il minbar ha un baldacchino conico con sottili colonne di marmo.

Come altre moschee imperiali cittadine, questa fu creata come külliye, ossia un complesso pensato per soddisfare bisogni religiosi e al tempo stesso più latamente culturali.

Il complesso originario era composto dalla moschea, un ospedale, una scuola, bagni pubblici, un mausoleo, due fontane pubbliche e un mercato. Una biblioteca venne aggiunta sotto il regno del sultano Ahmed III.

Nei pressi sorge un grande mercato coperto, dalla pianta a forma di L, chiamato Bazar Egiziano, oggi di grande richiamo turistico.

Il mausoleo (turbe) contiene le tombe della Valide Sultan Turhan Hadice, suo figlio Mehmed IV e di altri cinque sultani più tardi (Mustafa II, Ahmed II, Mahmud I, Osman III e Murad V) nonché di vari membri della corte.

Tra le altre importanti moschee, possiamo citare la Moschea di Dolmabahçe e la Moschea di Eyüp, dove i sultani andavano a pregare subito dopo l'incoronazione (tradizione riscoperta dal presente primo ministro dopo ogni vittoria elettorale).

La moschea Nur-i-Osmaniye ("la luce di Osman") del XVIII secolo, e la moschea di Ortaköy, terminata nel 1856, rompono con la tradizionale architettura ottomana, abbracciando uno stile europeo neobarocco. Questa trasformazione di stile sarà presente in numerosi altri edifici costruiti nel XIX secolo nella città.

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