La
Hagia Sophia (Basilica di
Santa Sofia), dove
Santa Sofia è da intendersi
come la Divina Sapienza, è una
basilica, nonché uno dei
principali monumenti di
Istanbul. Fu una sede
patriarcale greco-ortodossa, una
cattedrale cattolica, poi una
moschea ed è ora un museo. Nota
per la sua gigantesca cupola,
apice dell'architettura
bizantina, fu terminata nel 537.
La
prima chiesa era conosciuta come
la "Grande Chiesa" a
causa delle sue dimensioni più
grandi rispetto alle altre
chiese contemporanee già
presenti in città. La chiesa fu
dedicata al Logos, la seconda
persona della Santissima Trinità,
la cui festa cadeva il 25
dicembre, l'anniversario della
nascita dell'incarnazione del
Logos in Cristo. Inaugurata il
15 febbraio 360 (durante il
regno di Costanzo II) da parte
del vescovo ariano Eudossio di
Antiochia, fu edificata vicino
alla zona dove era in
costruzione il palazzo
imperiale. La vicina Santa Irene
fu completata precedentemente ed
aveva servito come cattedrale
fino a quando Santa Sofia non fu
completata. Entrambe le chiese
svolsero poi il ruolo di chiese
principali dell'Impero
bizantino.
Nel
440, Socrate di Costantinopoli,
sostenne che la chiesa fosse
stata costruita da Costanzo II.
La tradizione riferisce che
l'edificio fu invece costruito
da Costantino il grande. Zonara
concilia le due opinioni
documentando che Costanzo aveva
riparato l'edificio consacrato
da Eusebio di Nicomedia, dopo
che era crollato. Poiché
Eusebio fu vescovo di
Costantinopoli tra il 339 e il
341 e Costantino morì nel 337,
sembra possibile che la prima
chiesa fosse eretta da
quest'ultimo. L'edificio fu
progettato come una tradizionale
basilica latina con colonnato e
gallerie e dotata di un tetto in
legno. L'ingresso era preceduto
da un doppio nartece (una sorta
di doppio atrio).
Il
Patriarca di Costantinopoli
Giovanni Crisostomo entrò in un
conflitto con l'imperatrice Elia
Eudossia, moglie dell'imperatore
Arcadio, e per questo fu mandato
in esilio il 20 giugno 404.
Durante gli scontri che
avvennero successivamente,
questa prima chiesa fu in gran
parte distrutta da un incendio.
Nulla di essa rimane oggi.
Una
seconda chiesa fu costruita per
volere di Teodosio II, il quale
la inaugurò il 10 ottobre 415.
La basilica, dotata ancora di un
tetto in legno, fu progettata
dall'architetto Rufino.
Incendiata durante la rivolta di
Nika, scoppiata nel 532 contro
l'imperatore Giustiniano, la
chiesa bruciò quasi
completamente.
Diversi
blocchi di marmo appartenenti
all'edificio sono stati scoperti
nel 1935 sotto il cortile
occidentale da A.M. Schneider:
tra questi quello raffigurante
12 agnelli (i quali
rappresentano metaforicamente i
12 apostoli). Originariamente
parte del monumentale ingresso
principale, i blocchi sono
visibili in uno scavo adiacente
all'ingresso dell'edificio.
Scavi ulteriori sono stati
abbandonati per paura di
pregiudicare l'integrità della
basilica.
Il
23 febbraio 532, pochi giorni
dopo la distruzione della
seconda basilica, l'imperatore
Giustiniano I decise di
costruire una nuova basilica
completamente diversa, più
grande e più maestosa rispetto
a quelle dei suoi predecessori.
Giustiniano
scelse come architetti Isidoro
di Mileto e il fisico e
matematico Antemio di Tralle,
Antemio, tuttavia, morì nel
primo anno dei lavori.
L'edificio venne descritto dallo
storico bizantino Procopio nella
sua opera "Sulle
Costruzioni" (Peri
Ktismatōn, in latino: De
Aedificiis). L'Imperatore
aveva fatto procurare il
materiale da tutto l'impero:
colonne ellenistiche dal tempio
di Artemide di Efeso, grandi
pietre dalle cave di porfido
egiziane, marmo verde dalla
Tessaglia, pietra nera dalla
regione del Bosforo e pietra
gialla dalla Siria. Più di
diecimila persone vennero
impiegate nel cantiere. Questa
nuova chiesa fu riconosciuta già
all'epoca come la basilica più
grande della cristianità. Le
teorie di Erone di Alessandria
potrebbero essere state la base
su cui si sono svolti i calcoli
necessari per affrontare le
sfide presentate dalla
realizzazione di una cupola di
tali dimensioni. L'imperatore,
insieme al patriarca Eutichio,
inaugurò la nuova basilica il
27 dicembre 537 con una
celebrazione in pompa magna. I
mosaici all'interno della chiesa
vennero, comunque, completati
solo sotto il regno
dell'imperatore Giustino II
(565-578).
Santa
Sofia fu così la sede del
patriarca ortodosso di
Costantinopoli e il luogo
principale per le cerimonie
imperiali dei reali bizantini,
come le incoronazioni.
Terremoti
accaduti nel mese di agosto 553
e il 14 dicembre 557 causarono
fessurazioni nella cupola
centrale e nella semicupola
orientale. La cupola principale
crollò completamente durante un
terremoto successivo, avvenuto
il 7 maggio 558, distruggendo
l'ambone, l'altare e il ciborio.
L'incidente fu dovuto
principalmente alla portante
troppo alta e al carico enorme
della cupola che era troppo
piatta. Questi fattori hanno
provocato la deformazione dei
piloni che sostenevano la
cupola. L'imperatore ordinò un
immediato ripristino. Egli affidò
i lavori a Isidoro il Giovane,
nipote di Isidoro di Mileto, che
utilizzò materiali più leggeri
ed elevò la cupola di altri
6,25 metri., conferendo
all'edificio la sua altezza
interna attuale di 55,6 metri.
Questa ricostruzione, che dette
alla chiesa il suo attuale
aspetto, terminò nel 562. Il
poeta bizantino Paolo
Silenziario compose un lungo
poema epico, noto come Ekphrasis
e tuttora esistente, per la
riconsacrazione della basilica,
cerimonia presieduta dal
Patriarca Eutichio il 23
dicembre 562.
Nel
726, l'imperatore Leone III di
Bisanzio emise una serie di
editti contro la venerazione
delle immagini, ordinando
all'esercito di distruggere
tutte le icone, inaugurando il
periodo di iconoclastia
bizantina. A quel tempo, tutte
le immagini religiose e le
statue furono rimosse dalla
Basilica di Santa Sofia. Dopo
una breve tregua, sotto
l'imperatrice Irene (797-802),
gli iconoclasti hanno continuato
il loro tentativo di riforma.
La
basilica subì in seguito altri
gravi danni, prima in un grande
incendio nel 859 e di nuovo in
un terremoto avvenuto l'8
gennaio 869 che fece quasi
collassare nuovamente la cupola.
L'imperatore Basilio I ordinò
che la chiesa fosse riparata.
Dopo
un nuovo grande terremoto
avvenuto il 25 ottobre 989, che
rovinò la grande cupola,
l'imperatore bizantino Basilio
II chiese all'architetto armeno
Trdat, creatore delle grandi
chiese di Ani e Argina, di
riparare la cupola. I suoi
principali lavori riguardarono
l'arco occidentale e una parte
della cupola. L'entità del
danno richiese sei anni di
riparazioni, la chiesa fu
riaperta il 13 maggio 994.
Nel
suo libro De
ceremoniis ("Libro
delle Cerimonie"),
l'imperatore Costantino VII
(913-919) scrisse un resoconto
dettagliato delle cerimonie che
si tenevano a Santa Sofia con
l'imperatore e il patriarca.
Al
momento della presa di
Costantinopoli, durante la
Quarta Crociata, la chiesa fu
saccheggiata e profanata dai
cristiani latini. Lo storico
bizantino Niceta Coniata
descrisse come fossero state
rubate dalla chiesa molte
reliquie come una pietra della
tomba di Gesù, il latte della
Vergine Maria, il sudario di Gesù
e le ossa di alcuni santi, che
furono trafugate verso le chiese
dell'ovest. Durante
l'occupazione latina di
Costantinopoli (1204-1261) la
chiesa divenne una cattedrale
cattolica romana. Baldovino I di
Costantinopoli fu incoronato
imperatore il 16 maggio 1204 a
Santa Sofia. Enrico Dandolo,
doge di Venezia, che comandò
l'invasione della città da
parte dei Crociati fu sepolto
all'interno della chiesa.
Tuttavia, restauri effettuati
durante il periodo 1847-1849,
hanno gettato alcuni dubbi
sull'autenticità della tomba
del doge.
Dopo
la riconquista della città da
parte dei Bizantini nel 1261, la
chiesa si trovava in uno stato
fatiscente. Nel 1317,
l'imperatore Andronico II ordinò
la costruzione di quattro nuovi
contrafforti Un nuovo terremoto
arrecò danni alla struttura che
dovette essere chiusa fino al
1354, quando terminarono le
riparazioni effettuate dagli
architetti Astras e Peralta.
Nel
1453 Sultano Maometto II assediò
Costantinopoli guidato in parte
dal desiderio di guadagnare la
città all'Islam. Il sultano
promise ai suoi soldati tre
giorni di libero saccheggio se
la città fosse caduta, dopo di
che avrebbe rivendicato per sé
stesso le ricchezze. La Basilica
di Santa Sofia non fu esentata
dal saccheggio, diventandone il
punto focale, in quanto gli
invasori ritenevano che vi
fossero contenuti i più grandi
tesori della città.
Poco
dopo il crollo delle difese
della città, molti dei
saccheggiatori si diressero
verso Santa Sofia e abbatterono
le sue porte. Durante l'assedio,
venivano spesso celebrate
liturgie e preghiere dentro la
basilica che era diventata il
rifugio per molti di coloro che
non erano in grado di
contribuire alla difesa della
città. Intrappolati nella
chiesa, la congregazione e i
rifugiati divennero bottino da
dividere fra gli invasori.
L'edificio
fu profanato e saccheggiato e
gli occupanti resi schiavi o
uccisi. Quando il Sultano e la
sua corte entrarono nella chiesa
egli ordinò che essa venisse
immediatamente trasformata in
una moschea. Uno degli Ulama salì
così sul pulpito e recitò la Shahada.
Come
scritto sopra, subito dopo la
conquista di Costantinopoli,
Maometto II convertì la
Basilica di Santa Sofia nella
moschea di Aya Sofya.
Come descritto da numerosi
visitatori occidentali (come il
nobile cordovano Pero Tafur e il
fiorentino Cristoforo
Buondelmonti) la chiesa si
trovava al momento della
conquista in uno stato
fatiscente; il sultano ne ordinò
allora la pulizia e la sua
riqualificazione aggiungendo i
minareti e intonacando i mosaici
parietali.
Intorno
al 1481 un piccolo minareto
venne eretto all'angolo
sud-ovest dell'edificio, sopra
la torre delle scale. In
seguito, il successivo sultano,
Bayezid II (1481-1512), fece
costruire un altro minareto
nell'angolo nord-est. Uno di
questi cadde a causa del
terremoto del 1509 e intorno
alla metà del XVI secolo
entrambi furono sostituiti da
due nuovi minareti, posti agli
angoli est e ovest
dell'edificio.
Nel
XVI secolo il sultano Solimano
il Magnifico (1520-1566) riportò
dalla sua conquista
dell'Ungheria due colonne
colossali. Esse furono collocate
su entrambi i lati del mihrab.
Durante il regno di Selim II
(1566-1577) l'edificio iniziò a
mostrare segni di cedimento e si
dovette provvedere a rinforzarlo
con l'aggiunta di supporti
strutturali al suo esterno ad
opera del grande architetto
ottomano Mimar Sinan.
Oltre
a rafforzare la struttura
storica bizantina, Sinan costruì
i due grandi minareti
supplementari all'estremità
occidentale del palazzo e il
mausoleo del sultano. Inoltre,
una mezzaluna d'oro fu
installata sulla sommità della
cupola, mentre una zona di
rispetto 35 arşın
(circa 24 m) di larghezza fu
imposta intorno all'edificio,
abbattendo tutte le case che nel
frattempo erano state edificate
attorno ad esso. In seguito la
sua türbe
arrivò ad ospitare altre 43
tombe di principi ottomani.
In
seguito furono aggiunte la
galleria del sultano, un minbar
decorato con marmi, una pedana
per il sermone e una loggia per
il muezzin. Nel 1717, con il
sultano Ahmed III (1703-1730),
fu ristrutturato l'intonaco
degli interni.
Il
restauro più famoso di Aya
Sofya fu però quello
ordinato dal sultano Abdul Mejid
I e completato da 800 lavoratori
tra il 1847 e il 1849, sotto la
direzione dell'architetto
ticinese Gaspare Fossati,
assistito dal fratello Giuseppe,
ingegnere. I due fratelli
consolidarono la cupola e le
volte, raddrizzarono le colonne
e rinnovarono la decorazione
degli esterni e gli interni
dell'edificio. I mosaici
bizantini superstiti vennero
scoperti e ricoperti con uno
strato d'intonaco, ed i vecchi
lampadari vennero sostituiti da
nuovi, del tipo a goccia. Alle
colonne vennero appesi quattro
giganteschi medaglioni
circolari, opera del calligrafo
Kazasker İzzed Effendi
(1801-1877). Essi riportano i
nomi di Allah, del profeta
Maometto, dei primi quattro
califfi (Abu Bakr, Umar, Uthman
e Ali) e dei due nipoti di
Maometto: Hassan e Hussein. Il
13 luglio 1849, alla fine del
restauro, la moschea venne
riaperta al culto con una
cerimonia solenne.
Nel
1935, il primo presidente turco
e fondatore della Repubblica di
Turchia, Mustafa Kemal Atatürk,
trasformò l'edificio in un
museo. I tappeti vennero rimossi
e le decorazioni del pavimento
di marmo riapparvero per la
prima volta dopo secoli mentre
l'intonaco bianco che copriva
molti dei mosaici fu rimosso.
Tuttavia, le condizioni della
struttura erano deteriorate.
Con
l'aiuto di società di servizi
finanziari American Express, il
World Monuments Fund fissò una
serie di sovvenzioni per il
1997-2002 al fine del restauro
della cupola. La prima fase del
lavoro fu la stabilizzazione
strutturale e la riparazione del
tetto rotto, ciò fu realizzato
con la partecipazione del
Ministero della Cultura turco.
La seconda fase, la
conservazione degli interni
della cupola, offrì
l'opportunità di impiegare e
addestrare giovani restauratori
turchi nella cura dei mosaici.
Entro il 2006, il progetto del
WMF fu completato, anche se
altre aree di Santa Sofia
continuano a richiedere
manutenzione.
Oggi,
l'uso del complesso come luogo
di culto (moschea o chiesa) è
severamente proibito. Tuttavia,
nel 2006, subito prima della
visita del Papa Benedetto XVI è
stato segnalato che il governo
turco ha permesso l'assegnazione
di una piccola stanza del
complesso museale per essere
utilizzato come una sala di
preghiera per chiunque lo
voglia.
Architettura e decorazione
interna - Le sue gigantesche
proporzioni ne fanno uno dei
monumenti chiave
dell'architettura di tutti i
tempi. La basilica ha una pianta
che fonde armoniosamente il
rettangolo entro il quadrato (71
x 77 m.), con tre navate, arcate
divisorie in doppio ordine, ed
un'unica abside opposta
all'ingresso, che all'esterno si
presenta poligonale. La pianta
ha probabilmente ricalcato
quella della basilica
costantiniana. L'ingresso è
preceduto da un doppio nartece.
Gli interni
sono arricchiti con mosaici,
marmi pregiati e stucchi:
colonne in costoso porfido o
marmo verde della Tessaglia sono
impreziosite da capitelli
finemente scolpiti. Nel corso
degli anni sono stati aggiunti
alcuni mausolei laterali.
All'interno,
alcuni corridoi laterali
riccamente decorati (che hanno
ispirato la Basilica di San
Marco a Venezia) conducono al
grande vano della navata
centrale, dominato dalla
mastodontica cupola, che poggia
su pennacchio ed archi, che
scaricano il loro peso su
quattro enormi pilastri. Questi
pilastri sono costruiti con
pietre lavorate, legate tra di
loro tramite colate di piombo,
mentre le volte, gli archi e le
pareti sono in laterizi. Nelle
zone verso l'abside e verso
l'ingresso due semicupole
digradano da quella principale e
poggiano su esedre a colonne.
Nella
fascia superiore della grande
cupola sono state aperte
numerose finestre, ed in seguito
parzialmente murate per
aumentare la stabilità
dell'edificio, che inondano di
luce l'interno dell'edificio in
qualsiasi ora della giornata.
Sulle navate laterali corrono i
matronei, destinati alla corte
imperiale che vi assisteva alla
messa da una posizione rialzata.
Al di sopra dei matronei la
muratura è perforata da due
file sovrapposte di finestre di
dimensioni variabili (più ampie
al centro, più piccole verso i
lati e nella fila inferiore).
L'impianto
non differiva molto da quello di
altre chiese a pianta
longitudinale già esistenti, ma
per la prima volta lo spazio
appare dominato dalla grande
cupola, che focalizza verso
l'alto tutto l'ambiente
architettonico. L'effetto è
quello di uno spazio
incommensurabile e di leggerezza
della copertura, che sembra come
sospesa nell'aria.
La
decorazione interna,
inizialmente aniconica con
motivi persiani (in pratica, ci
si atteneva già
all'Iconoclastia del VII
secolo), fu integrata da
Giustino II con cicli evangelici
e con scene divenute poi
canoniche del Dodecaorto, il
sistema di 12 feste bizantine.
La cupola riporta un Cristo
Pantocratore benedicente, a
mezzo busto. Per l'anatomia dei
visi di Cristo e dei santi
sembra siano state utilizzate le
descrizioni contenute in un
libretto di Ulpius Romano: un
esempio, San Gregorio ritratto
con la barba fumosa e l'occhio
destro menomato da un incidente.
L'abside è
stato rinforzato all'esterno da
alcuni contrafforti posticci.
Uno di questi contiene una
cappella con mosaici frammentari
realizzati col sistema della
doppia linea.
Quasi tutte le chiese bizantine
ed anche le successive moschee
ottomane hanno preso a modello
la sua grande cupola affiancata
da due semicupole. L'apparato
decorativo originale è
conservato solo in parte, ma
continua tuttavia ad essere una
profonda testimonianza dell'Arte
Bizantina. I capitelli
presentano trine, trafori,
giochi d'ombra e chiaro-scuro, e
compare lo stemma giustinianeo.
Procopio
di Cesarea, nel suo trattato De
aedificiis, ci ha tramandato
una descrizione risalente al
periodo di Giustiniano I: egli
notò come la luce, filtrata
dalle finestre disposte a
diversi livelli, ma soprattutto
dalle aperture che coronano la
base della cupola, sembrasse
come generata all'interno della
basilica stessa, e
riverberandosi sui mosaici
dorati e sui preziosi paramenti
murari, annullasse irrealmente
la consistenza e il peso delle
strutture. Questo effetto è
dovuto anche al fatto che la
parte centrale della chiesa sia
quella più ampia a maggiormente
illuminata rispetto alle zone
laterali, che contrastano con
ambienti più scuri e con la
netta divisioni in più piani
dello spazio che invece al
centro è slanciato verso
l'alto.
Paolo
Silenziario invece, compose un
poemetto o ecphrasis richiamando
soluzioni letterarie tipiche
dell'epoca giustinianea. La
descrizione della chiesa si
districa attraverso alcune tappe
che l'autore rende obbligatorie
e stimola il lettore ad
immergersi in toto
nell'immaginario di ciò che fu
il tempio all'epoca di
Giustiniano iniziando il viaggio
dalla parte esterna fino a
raggiungere le zone più intime
della chiesa soffermandosi in
una descrizione dettagliata di
ogni particolare decorativo o
architettonico come ad esempio
l'elencazione delle varietà di
marmo presenti oppure alle
particolari forme di lampadari o
polycandelia.
La
basilica di Santa Sofia è uno
dei più grandi esempi
superstiti di architettura
bizantina. Il suo interno,
decorato con mosaici e pannelli
marmorei, è di grande valore
artistico. Il tempio stesso era
così riccamente e
artisticamente decorato che
Giustiniano, una volta
completati i lavori, esclamò:
"Salomone, ti ho
superato!" (Νενίκηκά
σε Σολομών).
Giustiniano stesso curò la
realizzazione di quella che era
la più grande cattedrale mai
costruita fino a quel momento, e
tale rimase per quasi 1000 anni
e cioè al completamento della
cattedrale di Siviglia in
Spagna.
La
basilica voluta da Giustiniano
è al tempo stesso la
realizzazione architettonica
culmine della tarda antichità e
il primo capolavoro
dell'architettura bizantina. La
sua influenza, sia
architettonica che liturgica si
diffuse nella chiesa ortodossa
orientale, in quella cattolica
romana e nel mondo musulmano. Le
colonne più grandi sono di
granito, raggiungono una altezza
di circa 19 o 20 metri con un
diametro di 1,5 metri, la più
grande pesa oltre 70 tonnellate.
Sotto gli ordini di Giustiniano,
otto colonne corinzie vennero
prelevate da Baalbek, in Libano
e spedite a Costantinopoli per
la costruzione della chiesa.
Il
vasto interno presenta una
struttura assai complessa. La
navata centrale è sormontata da
una cupola centrale alta 55,6
metri dal livello del pavimento,
traforata da 40 finestre ad arco
e sostenuta da quattro
pennacchi. Le varie riparazioni
effettuate nel corso del tempo,
hanno reso la cupola leggermente
elittica, con un diametro
variabile tra i 31,24 m e i
30,86 m.
I
quattro pennacchi triangolari
concavi servono per la
transizione struttura circolare
della cornice a quella
rettangolare della navata. Il
peso della cupola si scarica,
attraverso i pennacchi, su
quattro massicci pilastri posti
agli angoli. Questi sono stati
rinforzati con contrafforti,
edificati parte durante il
periodo bizantino e parte
durante quello ottomano, sotto
la guida del famoso architetto
Sinan.
Le
superfici interne sono rivestite
di pannelli marmorei di diversi
colori, verde e bianco con viola
porfido e da mosaici a fondo,
d'oro.
L'esterno,
rivestito di stucco, è stato
colorato di giallo e rosso
durante un restauro avvenuto nel
XIX secolo sotto la direzione
degli architetti Fossati.
La
cupola di Santa Sofia ha
suscitato un particolare
interesse fra gli storici
d'arte, gli architetti e gli
ingegneri, per le sue
caratteristiche innovative e
grandiose. La cupola è
sostenuta da quattro pennacchi,
una soluzione mai utilizzata
prima. Il loro utilizzo permette
una transizione elegante dalla
forma quadrata della base dei
piloni a quella emisferica della
cupola. L'utilizzo dei pennacchi
non è soltanto una scelta di
carattere estetico, ma permette
anche di frenare le forze
laterali della cupola e permette
di scaricare il peso di essa
verso il basso.
Anche
se questa scelta architettonica
permise di stabilizzare la
cupola, il muro di cinta e gli
archi, l'effettiva costruzione
delle mura di Santa Sofia
indebolì la struttura
complessiva. I muratori
utilizzarono più malta che
mattoni, ciò indebolì le
pareti. La struttura sarebbe
stata molto più stabile se i
costruttori avessero lasciato
asciugare la malta, prima di
iniziare il livello successivo.
Quando la cupola fu posta in
opera, il suo peso portò le
pareti sottostanti a piegarsi
verso l'esterno a causa della
malta ancora bagnata. Quando
Isidoro il Giovane ricostruì la
cupola, nel frattempo crollata a
causa di un terremoto, dovette
prima riportate a piombo le mura
sottostanti rinforzandone
l'interno in modo che queste
fossero in grado di sostenere il
peso della nuova copertura.
Inoltre, l'architetto innalzò
la nuova cupola di circa sei
metri rispetto alla precedente
in modo da diminuire le forze
laterali e da scaricare più
facilmente il suo peso lungo le
pareti.
L'edificio
è famoso per l'effetto mistico
della luce che si riflette in
tutto l'interno della navata,
con la cupola che dà
l'apparenza di librarsi al di
sopra di quest'ultima.
Quest'effetto fu reso possibile
grazie all'inserzione di
quaranta finestre nella cupola
stessa, sopra la cornice.
Inoltre, la stabilità della
cupola fu aumentata da Isidoro
il Giovane grazie
all'introduzione di costoloni
longitudinali che innervano la
struttura passando fra le
finestre. Questi permettono al
peso della cupola di scaricarsi
in basso lungo la cornice e
verso i pennacchi e, infine,
lungo le pareti e verso le
fondazioni.
Il
carattere unico del progetto di
Santa Sofia rende questa
struttura uno dei monumenti più
avanzati e ambiziosi realizzati
nella tarda antichità.
Due
enormi urne per la lustratio
di marmo vennero portate da
Pergamo durante il regno del
sultano Murad III. Originarie
del periodo ellenistico, sono
scolpite su blocchi di marmo.
La
Porta Imperiale era l'ingresso
principale tra l'interno e
l'esterno del nartece. Esso era
riservato esclusivamente
al'imperatore. Il mosaico
bizantino sopra il portale
raffigura Cristo e l'imperatore
Leone VI di Bisanzio.
Una
lunga rampa, posta nella parte
settentrionale del nartece
esterno, conduce alla galleria
superiore.
La
galleria superiore è disposta a
ferro di cavallo e racchiude la
navata centrale fino all'abside.
Diversi mosaici sono conservati
in questa galleria, in uno
spazio tradizionalmente
riservato per l'imperatrice e la
sua corte. I mosaici meglio
conservati si trovano nella
parte meridionale della suddetta
galleria.
La
Loggia dell'Imperatrice si trova
nel centro della galleria
superiore di Santa Sofia. Da qui
l'imperatrice e la sua corte
potevano seguire la cerimonia
che si svolgeva più in basso.
Una pietra verde segna il punto
in cui sorgeva il trono.
La
Porta di marmo, posta
all'interno della Basilica di
Santa Sofia, si trova nella
galleria superiore, verso sud.
Fu utilizzata dai partecipanti a
sinodi che entravano e
lasciavano la camera
dell'incontro attraverso questa
porta.
Originariamente,
sotto il regno di Giustiniano,
le decorazioni interne
consistevano in disegni astratti
su lastre di marmo poste sulle
pareti e sulle volte con mosaici
curvilinei. Di questi, si
possono ancora vedere i due
arcangeli Gabriele e Michele. Vi
erano anche un paio di
decorazioni figurative, come ci
è stato riportato dall'elogio
di Paolo Silenziario.
I
pennacchi della galleria sono
realizzati tramite la tecnica
dell'Opus
sectile e mostrano schemi,
figure di fiori e uccelli. In
fasi successive sono stati
aggiunti dei mosaici figurativi,
che vennero però distrutti
durante la controversia
iconoclasta (726-843). I mosaici
tuttora presenti provengono dal
periodo post-iconoclasta. Il
numero di tesori, reliquie e
icone crebbe progressivamente in
ricchezza, realizzando una
sorprendente collezione, sino
alla dispersione in seguito al
saccheggio durante la quarta
crociata.
Oltre
ai mosaici, un gran numero di
decorazioni figurative vennero
aggiunte nel corso della seconda
metà del IX secolo: un'immagine
di Cristo nella cupola centrale,
alcuni santi ortodossi, Profeti
e Padri della Chiesa. Vi sono
anche raffigurazioni di
personaggi storici connessi con
la basilica, come il patriarca
Ignazio I e alcune scene tratte
dal Vangelo. Basilio II fece
rappresentare in mosaico su
ciascuno dei quattro pennacchi
un Hexapterygon (angelo
con sei ali). Due di essi
scomparvero e vennero riprodotti
in affresco durante il restauro
di Gaspare Fossati, che fece
ricoprire il loro viso con un
alone d'oro. Nel 2009 uno di
loro è stato riportato allo
stato originale.
A
partire dal loro arrivo nel
1453, nel corso dei successivi
quattro secoli, gli ottomani
hanno contribuito a delineare il
panorama della città di
Istanbul dandogli un'impronta
indelebile, in particolar modo
con la costruzione di grandi
moschee. Una delle più celebri
è la Moschea Blu
(Sultanahmet
camii o Sultan
Ahmet camii).
Dopo
la pace di Zsitvatorok e gli
sfortunati risultati della
guerra con la Persia, il sultano
Ahmed I decise di costruire una
grande moschea a Istanbul per
placare Allah. Questa fu la
prima moschea imperiale
costruita ad Istanbul dopo la
moschea di Solimano, eretta
quarant'anni prima. Mentre i
suoi predecessori innalzarono
moschee con il proprio
patrimonio personale, Ahmet I
utilizzò denaro pubblico, dal
momento che non aveva ottenuto
consistenti vittorie militari,
provocando il dissenso degli
ulema.
La
moschea fu edificata su parte
del sito del Gran Palazzo di
Costantinopoli, di fronte ad
Hagia Sophia (a quel tempo la più
venerata moschea di Istanbul) e
all'ippodromo, un altro sito di
grande valenza simbolica. La
costruzione della moschea iniziò
nel 1609: lo stesso sultano
diede avvio ai lavori. Era,
infatti, sua intenzione che
questa moschea divenisse il
luogo di culto più importante
dell'Impero. Scelse per
sovraintendere ai lavori il suo
architetto Sedefkar Mehmet Ağa,
prima allievo e poi assistente
di Sinan.
L'organizzazione
della costruzione fu
meticolosamente descritta in
otto volumi ora conservati nella
biblioteca del Topkapi. La
cerimonia di apertura avvenne
nel 1617 (benché il cancello
della moschea ricordi l'anno
precedente) e il sultano poté
pregare nel proprio spazio (hünkâr
mahfil). I lavori di
completamento si conclusero
sotto il successore di Ahmet
Mustafa I. L'immagine
della moschea venne stampata
sulle banconote da 500 lire in
corso negli anni 1953-1976.
Universalmente
è conosciuta come la Moschea
Blu. Il suo nome deriva dalle
21.043 piastrelle di ceramica
turchese inserite nelle pareti e
nella cupola. È infatti il
turchese il colore dominante nel
tempio. Pareti, colonne e archi
sono ricoperti dalle maioliche
di İznik (l'antica Nicea),
decorato in toni che vanno dal
blu al verde. Rischiarate dalla
luce che filtra da 260
finestrelle, conferiscono alla
grande sala della preghiera
un'atmosfera suggestiva quanto
surreale.
La
Moschea Blu, che risale al XVII
secolo, è anche l'unica a poter
vantare ben sei minareti,
superata in questo solo dalla
moschea della Ka'ba, alla Mecca,
che ne ha sette.
Il
sultano aveva una loggia privata
a piano superiore, che poteva
essere raggiunta direttamente a
cavallo.
-
Moschea
di Fatih
La
Moschea di Fatih (in lingua
turca Fatih Camii, cioè
la "Moschea del
Conquistatore", epiteto di
Maometto II), sebbene
ricostruita alla fine del
settecento, è uno dei maggiori
esempi di architettura
turco-islamica in città e ha
rappresentato una tappa
importante nello sviluppo
dell'architettura ottomana.
La
moschea di Fatih era un
complesso di edifici religiosi e
civili, senza precedenti,
costruito ad Istanbul nel
periodo 1463-1470 per ordine di
Fatih Sultan Mehmed,
sul sito della chiesa
bizantina dei Santi Apostoli,
che era in rovina dai tempi
della quarta crociata. Essa
venne progettata dall'architetto
reale Atik Sinan. La moschea
Fatih fu il primo progetto
monumentale della tradizione
architettonica dell'Impero
Ottomano.
Il
complesso originario comprendeva
una serie di edifici ben
pianificata costruito intorno
alla moschea. Essi comprendevano
otto medrese, biblioteca,
ospedale, ospizio,
caravanserraglio, mercato,
hammam, scuola primaria e cucina
pubblica che serviva per
preparare cibo per i poveri.
Varie turbe vennero aggiunte in
epoche successive.
Il complesso
originario copriva una zona di
quasi 325 metri di lato, si
estendeva lungo il lato di Fevzi
Pascià Caddesi prospiciente il
Corno d'Oro.
La
moschea originaria venne
gravemente danneggiata nel 1509
dal terremoto. Dopo essere stata
riparata venne poi nuovamente
danneggiata dai terremoti del
1557 e 1754 e riparata ancora
una volta. Venne poi
completamente distrutta dal
grande terremoto del 22 maggio
1766 quando la cupola principale
crollò e le mura furono
irrimediabilmente danneggiate.
La moschea attuale (progettata
in forma completamente diversa)
venne completata nel 1771 sotto
il Sultano Mustafa III
dall'architetto Mimar Mehmet
Tahir.
La
prima moschea dedicata a Fatih
aveva una cupola centrale
supportata da una singola
semi-cupola dello stesso
diametro e sospesa su quattro
archi; la sua cupola era di 26
m. di diametro. La seconda
(1771) costruita dal sultano
Mustafa III dopo il terremoto
del 1766, fu costruita a pianta
quadrata. Ha una cupola centrale
sostenuta da quattro
semi-cupole. Il portale
d'ingresso al cortile principale
e, in minor parte, i minareti
residuano dalla costruzione
originale, mentre il resto della
costruzione del 1771 venne
ricostruito in stile barocco.
L'interno
attuale della moschea di Fatih
è essenzialmente una copia dei
disegni precedenti di Sinan
riutilizzati più volte da lui
stesso e dai suoi successori in
tutta Istanbul (questa tecnica
è emulativa di Santa Sofia). La
cupola del diametro di 26 metri
è sostenuta da quattro
semi-cupole, una su ogni asse,
sostenute da quattro colonne di
marmo di grandi dimensioni. Ci
sono due minareti, ciascuno con
gallerie gemelle. Le iscrizioni
calligrafiche all'interno della
moschea e il minbar mostrano
un'influenza barocca, ma le
piastrelle bianche sono di
qualità inferiore in confronto
a quelle di İznik presenti, ad
esempio, nella moschea di Rustem
Pasha. Il mihrab risale alla
costruzione originale.
Come
altre moschee imperiali di
Istanbul, la moschea di Fatih
venne progettata come un kulliye
o complesso con le strutture
adiacenti a servizio sia di
esigenze religiose che
culturali.
A
nord ed a sud della moschea vi
sono otto grandi medrese,
quattro per ogni lato. Questi
edifici sono simmetrici, e
ciascuno contiene 18 celle per
gli studenti (ogni alloggio per
quattro giovani) ed un dershane.
Dietro ad ognuna vi era un
annesso, grande circa la metà
della stessa medresa, tutti
distrutti a seguito della
costruzione di alcune strade. Le
medrese ospitavano circa un
migliaio di studenti, il che
rendeva il complesso simile a
una grande università.
L'ospizio
(taphane) è al di fuori
della moschea a sud-est del
recinto. L'edificio ha uno
splendido cortile contornato da
16 colonne di granito, che
vennero probabilmente recuperate
dalla chiesa dei Santi Apostoli.
Di fronte all'ospizio è la
grande turbe della madre del
sultano Mahmud II, Naksh-i Dil.
Nel
cimitero della qibla
dietro la moschea sono le turbe
del sultano Mehmet II e di sua
moglie Gulbahar Hatun. Entrambe
sono state ricostruite dopo il
terremoto. La turbe del
Conquistatore è di stile
barocco con un interno
riccamente decorato. Quella di
Gulbahar è semplice, con linee
classiche, e potrebbe essere
molto simile all'originale.
Inoltre il cimitero ha un gran
numero di tombe appartenenti a
funzionari di Stato, tra cui
Osman Nuri Pascià.
Sulla
qibla a lato della moschea, ad
esso collegata, è una
biblioteca a cupola che è stata
costruita nel 1724. Una delle
sue porte si apre sulla strada,
mentre altre due danno sul
cortile interno della moschea.
La biblioteca è attualmente in
restauro, ed i libri sono
ospitati al momento dalla
Biblioteca Suleymaniye.
Il
caravanserraglio del complesso
venne restaurato negli anni 1980
e da allora ospita negozi.
L'ospedale, il mercato, le
cucine e l'hammam non esistono
più.
-
Suleymaniye
Camii (Moschea di Solimano)
La
Moschea di Solimano, costruita
tra il 1550 e il 1557, è
considerata la più bella fra le
moschee imperiali di Istanbul. Con
la sua cupola alta 53 metri per
un diametro di 27,50 metri,
l'immensa sala di preghiera
dall'acustica eccezionale che può
ospitare fino a 5.000 persone,
la Moschea di Solimano è in
assoluto la più grandiosa della
città.
Solimano
il Magnifico (1520-1566), uno
dei più grandi e conosciuti
sultani ottomani, commissionò
l'edificazione della quarta
moschea di Istanbul, per ordine
di tempo, dopo quelle di Fatih,
Bayezid e Selim (Selimiyye), a
un famoso architetto imperiale
di quel tempo: Mimar Sinan, il
quale volle essere seppellito in
questa moschea, probabilmente
conscio del fatto che sarebbe
stato ricordato dai posteri per
quest'opera più che per la più
piccola Selimiye Camii a Edirne,
ritenuta da lui il suo più
grande capolavoro.
I
registri dell'epoca della
costruzione mostrano che per la
realizzazione della moschea
parteciparono 3523 artigiani.
Inoltre Goodwin ci rende noto
che la maggior parte di questi
artigiani era armena. La moschea
fu danneggiata da un incendio
nel 1660 e fu restaurata dal
sultano Mehmet IV. Parte della
cupola crollò a causa del
terremoto del 1766. Successivi
interventi conservativi hanno
alterato l'originale decorazione
opera di Sinan (recenti sondaggi
hanno dimostrato che in origine
il colore dominante della cupola
dovesse essere il blu, ma che
poi l'architetto scelse il
rosso).
Durante
la I guerra mondiale il cortile
fu utilizzato come deposito di
armi e si ebbe un incendio
causato dall'accensione di
alcune munizioni. Solo nel '56
si ebbe una nuova campagna di
restauro. Attualmente (2009) è
in corso un consistente
intervento conservativo.
Il
cortile che precede l'edificio,
inserito in una cornice di
giardini curati, è circoscritto
su tre lati da un muro con grate
e al suo centro si trova una
fontana per le abluzioni,
sormontata da una cupola. Il
modello della pianta della
moschea è ripreso dalla chiesa
voluta dall'imperatore
Giustiniano, convertita dagli
Ottomani in moschea, di Aghia
Sophia. Questa decisione venne
presa da Sinan per provare ad
eguagliare la perfezione tecnica
di Hagia Sofia, adattandola poi
alle esigenze di moschea.
L'influenza
di Hagia Sofia è evidente anche
nei timpani a est e a ovest.
L'unità centrale della moschea
fu separata dalle madrase e da
altre fondazioni di carità (Külliye)
da un muro con finestre. Delle Külliye
facevano parte anche servizi di
pubblica utilità, come un
ospedale e una mensa per i
poveri.
L'interno
della moschea è caratterizzato
da grandezza e semplicità, le
decorazioni sono contenute
eccetto il mihrab, rivestito con
maioliche di Ïznik (l'antica
Nicea); le vetrate policrome e
le quattro colonne di rimpiego.
Di queste mastodontiche colonne,
due sono state prelevate da due
palazzi bizantini di Istanbul,
una da Alessandria d'Egitto e
l'ultima da Baalbek, città del
Libano.
L'hamam
della moschea, edificato nel
1557, è ancora in funzione.
Vicino al muro di cinta si trova
il cimitero con le tombe di
Solimano e della moglie
Rosselana (Hürrem Sultan). Le
tombe sono entrambe decorate con
cupole maiolicate. La cupola è
ornata con motivi ottocenteschi.
- Yeni
Cami
Più
recente, terminata nel 1665, la
Yeni Cami (Moschea Nuova), è
una moschea imperiale ottomana
situata sul Corno d'Oro
all'estremità meridionale del
ponte di Galata ed è uno dei
siti più visitati di
La
costruzione della moschea iniziò
nel 1597. Fu commissionata da
Safiye Sultan, moglie del
sultano Murad III. Il primo
architetto fu Davut Aga, allievo
del grande Sinan. Alla sua morte
nel 1599, Davut Aga fu
sostituito da Dalgic Ahmed
Cavus.
Il
progetto fu ostacolato da
difficoltà politiche: problemi
finanziari e legati alla sua
collocazione crearono dissensi a
corte. Il quartiere di Eminönü
era il centro commerciale della
città e ospitava una
consistente comunità ebraica.
Collocando in questo luogo la
moschea, Safiye Sultan sperava
di rafforzare la sfera
d'influenza islamica in città,
sfruttando il crescente
malcontento dei commercianti nei
confronti della propria
controparte ebraica; questo
fatto diede al sultano una
giustificazione per la confisca
dei terreni su cui poi fu
costruito l'edificio sacro. In
ogni caso, l'enorme ammontare
della spesa sollevò aspre
critiche, in particolare da
parte dei giannizzeri che da un
lato osteggiavano il potere
sempre più forte della Valide
Sultan, dall'altro ritenevano
che la spesa per la moschea
fosse eccessiva e superflua.
Safiye Sultan fu costretta ad
abbandonare il progetto a causa
della morte di Mehmed III. Il
nuovo sultano Ahmed I non aveva
interesse a proseguire il
progetto; Safiye Sultan fu
rinchiusa nell'harem e la
costruzione venne abbandonata.
La
prima fondazione venne
abbandonata e cadde in rovina,
ciò che ne rimaneva fu
distrutto da un incendio nel
1660. In seguito, l'architetto
imperiale Mustafa Aga suggerì
che la Valide Turhan Hadice,
madre del sultano Mehmed IV,
completasse l'opera per
devozione. L'edificazione fu
conclusa nel 1663 ed inaugurata
nel 1665.
L'esterno
della moschea presenta sedici
cupole e semicupole disposte in
forma piramidale e due minareti.
La cupola principale misura 36
metri in altezza ed è
circondata da quattro
semicupole, come nelle Moschea
Şehzade, una delle prime opere
di Sinan e nella Moschea Blu
progettata da Sedefhar Mehmet Ağa.
Come
nelle altre moschee imperiali di
Istanbul, il corpo dell'edificio
è preceduto da un cortile
porticato (avlu) sul lato
occidentale.
Il cortile della
Moschea Nuova misura 39 metri di
lato, al suo interno corre un
colonnato coperto da 24 piccole
cupole.
Un elegante şadirvan
(fontana per abluzioni) si trova
al centro, prevalentemente con
funzioni ornamentali, dato che
le purificazioni rituali
avvengono presso i rubinetti
collocati nel lato meridionale
della moschea. La facciata
dell'edificio è decorata con
piastrelle di İznik. Per la
costruzione dell'edificio
vennero usati blocchi di pietra
provenienti da Rodi.
L'interno
della moschea è un quadrato di
41 metri di lato. L'area
centrale è definita da quattro
grandi pilastri che
rappresentano il principale
supporto per la cupola, il cui
diametro interno è di 17,5
metri e si innalza dal suolo 36
metri. Lo spazio interno è
esteso da semicupole lungo
l'asse est-ovest, con piccole
cupole di sopra di ogni angolo
della navata e anche piccole
cupole sopra gli angoli delle
gallerie.
L'angolo
nord-est della galleria ha una
schermo dorato, dietro il quale
i membri della corte imperiale
partecipavano al culto. Questa
galleria è collegata da un
lungo passaggio a un elevato
Padiglione reale, nell'angolo
nord-est del complesso.
L'interno
della moschea è decorato con
piastrelle di Iznik di colore
blu, verde e bianco, considerate
di qualità un po' inferiore
agli esemplari che decorano le
altre moschee imperiali.
Il
mihrab è decorato con
stalattiti dorate, il minbar ha
un baldacchino conico con
sottili colonne di marmo.
Come
altre moschee imperiali
cittadine, questa fu creata come
külliye, ossia un
complesso pensato per soddisfare
bisogni religiosi e al tempo
stesso più latamente culturali.
Il
complesso originario era
composto dalla moschea, un
ospedale, una scuola, bagni
pubblici, un mausoleo, due
fontane pubbliche e un mercato.
Una biblioteca venne aggiunta
sotto il regno del sultano Ahmed
III.
Nei
pressi sorge un grande mercato
coperto, dalla pianta a forma di
L, chiamato Bazar Egiziano, oggi
di grande richiamo turistico.
Il
mausoleo (turbe) contiene
le tombe della Valide Sultan
Turhan Hadice, suo figlio Mehmed
IV e di altri cinque sultani più
tardi (Mustafa II, Ahmed II,
Mahmud I, Osman III e Murad V)
nonché di vari membri della
corte.
Tra
le altre importanti moschee,
possiamo citare la Moschea
di Dolmabahçe e la Moschea
di Eyüp, dove i sultani
andavano a pregare subito dopo
l'incoronazione (tradizione
riscoperta dal presente primo
ministro dopo ogni vittoria
elettorale).
La
moschea
Nur-i-Osmaniye ("la
luce di Osman") del XVIII
secolo, e la moschea
di Ortaköy, terminata nel
1856, rompono con la
tradizionale architettura
ottomana, abbracciando uno stile
europeo neobarocco. Questa
trasformazione di stile sarà
presente in numerosi altri
edifici costruiti nel XIX secolo
nella città.
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