Voglio darvi un nuovo tempo. Fu
questo il regalo che, secondo una leggenda, il gran visir ottomano Izet
Pacha procurò alla sua città natale per placare il malcontento. Da
quando venne affisso per la prima volta l'antico orologio della torre,
nel 1797, il commercio delle carovane nell'Asia minore fiorì. Da allora
regola il ritmo del giorno, secondo il passaggio del sole e il richiamo
del muezzin. Anche se terreno, il tempo era sempre prezioso a Safran,
una piccola cittadina ai piedi del monte Illas, a circa 200 Km a
nord-ovest della metropoli turca Ankara. Per quasi 700 anni commercianti
e carovane di cammelli si spinsero negli stretti vicoli del centro
storico, luogo di snodo della via della seta in Anatolia. Fino alla fine
del XIX secolo, Safran, fu un luogo di trasbordo per le merci sulla via
del regno di mezzo fino al sultanato di Istanbul. Dove oggi i contadini
mercanteggiano pecore, asini, mucche con i villaggi circostanti, un
tempo venivano barattati spezie, seta e metalli preziosi. Gli abitanti
di oggi sono a conoscenza dell'agiatezza dell'allora fiorente metropoli
commerciale, soltanto attraverso i racconti. Oggi si mercanteggia su
tutto, una mucca costa più di un mese di lavoro, per questo spesso la
compravendita si protrae per alcune ore.
Safranbolu
è la città che rappresenta l'omonimo distretto della provincia turca
di Karabük, nella regione del Mar Nero. Si trova circa a due chilometri
a nord di Ankara e undici a sud del Mar Nero o, più precisamente, nove
chilometri a nord di Karabük.
Il nome
della città deriva dallo zafferano, ed è dovuto al fatto che
Safranbolu fu un centro importante per la coltivazione ed il commercio
dello zafferano.

Dal
1994 la città medioevale è un sito del patrimonio mondiale, merito
dell'esclusiva urbanistica ottomana. Quasi tutte le case del centro
storico sono state acquistate da persone provenienti dai villaggi
limitrofi; l'ex popolazione urbana da tempo si è ritirata nelle case di
cemento della nuova città. Se gli abitanti del villaggio non si fossero
occupati delle vecchie case di Safran, qui da tempo tutto sarebbe
marcito e crollato. Le rovine non rispecchiano l'immagine di una città
i cui i cittadini erano orientati soltanto a uno stile di vita
assolutamente moderno e che si adattasse alla natura. Per secoli il
cambiamento delle stagioni ha influenzato la vita urbana, fra il centro
antico Karsi della valle e la ventilata collina Baglar, dimora estiva
delle famiglie benestanti. In passato da maggio si viveva a Baglar nella
grande casa estiva e nel mese di ottobre si tornava a Karsi. Le persone
vendettero le vecchie case in cambio di appartamenti nella roccaforte di
cemento della città e non si sono più preoccupate del patrimonio
antico.
Molte
delle case a graticcio ottomane una volta erano dimora delle famiglie
importanti con influenza al sultano. La tradizionale politica
matrimoniale era volta al sostentamento, come accadeva anticamente
dappertutto. Nella maggior parte dei casi tre generazioni hanno
condiviso dai sei ai nove ambienti di un konak, un modello di vita da
sempre condiviso nel quartiere e spesso romanzato nelle canzoni della
musica del serraglio ottomana. La stanza della piscina veniva utilizzata
come sala riunioni e per accogliere gli ospiti.
La Città
vecchia comprende ancora molti vecchi edifici, con 1008 artefatti
registrati. Ci sono un museo privato, venticinque moschee, cinque tombe,
otto fontane storiche, cinque bagni turchi, tre caravanserragli, un
orologio della torre, una meridiana e centinaia di case e magioni.
Esistono anche colline con vecchi insediamenti, tombe di roccia e ponti
storici. La Città Vecchia si trova sul fondo di un burrone, in un'area
secca ed all'ombra delle montagne circostanti. La Città Nuova, al
contrario, è situata su un pianoro due chilometri ad ovest della Città
vecchia.

Da
oltre 200 anni la torre il minareto del centro storico sovrasta la torre
dell'orologio e scandisce il ritmo delle giornate. Da allora il dono del
gran visir Izet Pacha sincronizza quest'angolo dell'Anatolia con la
corte del Bosforo. In fondo il mancato conflitto con il clero è
riconducibile alle doti diplomatiche del gran visir. Già un anno prima
dell'inizio della costruzione del secolare orologio, il pascià fondò
una moschea nella sua città natale, a tutt'oggi considerata la perla
del barocco ottomano. Secondo una leggenda il costruttore non entrò mai
nella sua moschea perché temeva di rimanere abbagliato dalla bellezza
del tempio.
Nell'epoca
aurea di Safranbolu i credenti celebrarono il primo venerdì di
preghiera sotto la cupola della moschea appena costruita. Gran parte dei
fedeli apparteneva a una delle tante corporazioni artigiane delle città
e vennero coinvolti nella costruzione della moschea. All'epoca si
disponeva di abbondanti mezzi, quasi tutte le carovane di commercianti
si diressero dal Mar Nero verso l'Anatolia centrale attraverso le
anguste viuzze di Safranbolu. I libri mastri degli artigiani erano pieni
e Safranbolu era considerata la camera dell'artigianato di Palazzo
Topkapi.
Fino
a 80 anni fa l'artigianato garantiva ancora denaro sufficiente e
benessere per più della metà dei cittadini. Safranbolu era soprattutto
un centro per fabbri e sellai, erano tante le persone che venivano qui
solo per svecchiare le pentole di rame. Gli ordini erano abbastanza ma
poi, quando l'acciaieria venne prodotta nel Karabük,
la gente lasciò Safranbolu per tentare lì la propria fortuna. Gli
artigiani persero i loro clienti, dovettero chiudere i negozi e
gradualmente la città vecchia scomparve.
La
linea ferroviaria che conduce direttamente nelle miniere di carbone nel
Mar Nero, nel 1937 permise l'ingresso della modernità industriale nelle
montagne dell'Anatolia. Nel giro di due anni lo stato lavorò al primo
stabilimento di acciaio dell'ancora giovane repubblica turca, nel
territorio del capoluogo di provincia in rapida ascesa, la città di Karabük.
Salari mensili fissi e orari di lavoro regolamentati ben presto ebbero
l'effetto di una calamita per lavoratori e artigiani provenienti da
tutta l'area. Il risultato fu che molti villaggi furono abbandonati,
intere regioni rimasero deserte. Anche il cuore della città antica
delle carovane aveva cessato di battere.
