Sito archeologico di Troia
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1998

    

Lo Stretto dei Dardanelli nell'Egeo, qui Omero cantò nell'VIII secolo a.C. la guerra di Troia. 10 anni durò la lotta tra Micene e Troia, i due potenti imperi di tre millenni fa. Gli uomini migliori morirono da eroi e tutto a causa di una donna: Elena, sposa di Menelao, re di Sparta. Paride, figlio del re di Troia, Priamo, in Asia Minore, rapì la donna più bella al mondo portandola a Troia che successivamente fu conquistata. Amore, odio, vendetta e pentimenti, con l'Iliade Omero creò il primo grande poema epico della letteratura universale, il mondo antico greco da allora divenne la culla della cultura occidentale. 

La leggenda indica come fondatore della città l’eroe Dardano e come costruttori della cinta muraria gli dei Apollo e Posidone. Di padre in figlio la signoria della città passò a Priamo, il cui figlio Paride, con il ratto di Elena, moglie di Menelao re di Sparta, provocò la guerra di Troia. Dopo un assedio di 10 anni gli Achei guidati da Menelao distrussero la città.

Secondo la leggenda del Cavallo di Troia, dopo moltissime battaglie, Odisseo concepì un nuovo inganno, un gigantesco cavallo di legno, cavo, un animale sacro ai troiani. Venne costruito da Epeo, guidato a sua volta da Atena. Il legno venne recuperato dal boschetto sacro di Apollo. Vi fu scritto sopra: “I greci dedicano questa offerta di ringraziamento ad Atena per un buon ritorno”. Il cavallo, cavo, venne riempito da soldati. Il resto dell’esercito abbandonò il campo e si recò con tutta la flotta nell’isola di Tenedos, oggi Bozcaada, un'isola turca sull'Egeo

Quando i Troiani scoprirono che i Greci se ne erano andati, credendo che la guerra fosse finita, trascinarono gioiosamente il cavallo nella città. Seguendo la piccola Iliade, dice che i troiani tirarono giù una parte del muro per fare passare il cavallo e passarono la notte fra i festeggiamenti. Sinone, una spia achea, diede segnale alla flotta, ferma a Tenedos, di partire. I soldati, usciti dal cavallo, uccisero le sentinelle. E così aprirono le porte ai compagni e Troia fu distrutta.

La costruzione delle mura e la prima conquista - Laomedonte, uno dei re di Troia, chiese a Poseidone e ad Apollo di fornire la città di grandi mura, in modo che divenisse inespugnabile. 

Gli dei fecero quanto pattuito, ma al termine dei lavori Laomedonte si rifiutò di pagare: Poseidone, per vendetta, inondò la campagna distruggendo i raccolti e scatenò un mostro marino che divorò gli abitanti; l'ira del dio, secondo l'oracolo di Zeus Ammone, si sarebbe placata se Laomedonte avesse sacrificato alla bestia la sua figlia Esione.

Laomedonte quindi decise di sacrificare la figlia e mentre la ragazza veniva legata ad uno scoglio, giunse al palazzo reale Eracle, che chiese al re cosa stesse succedendo. Questi gli spiegò la situazione, ed Eracle si offrì di uccidere il mostro, ottenendo in cambio i velocissimi cavalli divini che Laomedonte aveva ricevuto in regalo da Zeus. Eracle, giunto alla spiaggia, uccise la creatura e riportò Esione dal padre, reclamando la ricompensa; anche questa volta, però, Laomedonte si rifiutò di saldare. Eracle se ne andò irato, promettendo che sarebbe tornato a vendicarsi. Anni dopo, l'eroe tornò al comando di un esercito, conquistò Troia e uccise Laomedonte. Eracle risparmiò Esione e la diede in sposa al suo amico Telamone. Ella volle che Priamo suo fratello fosse liberato.

Troia fu conquistata anche dal grande Impero Persiano da Ciro il Grande che, come tutte le altre città-stato greche dell'Asia Minore, subirono innalzamenti delle tasse e l'obbligo alla partecipazione come soldati nell'esercito persiano, una città, stanca dei "trattamenti" dei persiani decise di ribellarsi nel 499 a.C., era la città di Mileto, che successivamente venne rasa al suolo. Dopo la fine delle Guerre Persiane intorno al 480 a.C. Troia entrò nell'egemonia ateniese e fece parte della Lega di Delo o Delio-Attica. Dopo la sconfitta di Atene nella Guerra del Peloponneso contro Sparta e alleati le colonie greche dell'Asia Minore, tra cui anche Ilio (Troia), che facevano parte della Lega di Delo passarono sotto il dominio persiano con il consenso di Sparta.

Dopo la morte di Filippo II di Macedonia che aveva riunito tutte le poleis greche nella Lega Panellenica, ad eccezione di Sparta, sale al trono il figlio Alessandro, che appassionato dell'epica micenea, conquista l'Ellesponto e la Troade dove si trovava Troia, che all'epoca esisteva ancora ma era limitata ad una piccola polis, e dove onorò le spoglie di Achille, il figlio di Peleo che all'epoca era re della Tessaglia. La città fu distrutta nel corso della prima guerra mitridatica da un certo Flavio Fimbria, comandante di due legioni romane.

La Novum Ilium (la Nuova Ilio in latino) fu poi visitata da Giulio Cesare nel 48 a.C. A Troia si possono trovare vari resti archeologici risalenti all'epoca romana come l'Odeon, un piccolo teatro, terme ed altri edifici. L'Ellesponto passò poi sotto il dominio dell'Impero Bizantino, tra cui anche la Troade, dopo varie sconfitte nel 1354 passò all'Impero Ottomano che se ne impossessò fino alla sua caduta nel 1923.

Siamo a Troia, questa è considerata la montagna del destino dell'archeologia. Da quasi 150 anni scienziati e cercatori di tesori giungono nei Dardanelli sulle tracce di Omero. Uno dei primi a prendere sul serio le parole di Omero fu Heinrich Schliemann, convinto dell'esistenza di una metropoli greca nel  Medio Oriente e trovò proprio Troia.

I suoi scavi si concentrarono sulla collina di Hissarlik, dove era avvenuto un precedente scavo archeologico effettuato dalla scuola francese guidata da Calvert, poi interrotta per mancanza di fondi. Qui si trovò di fronte a più strati che corrispondevano a differenti periodi della storia di Troia. Arrivato al secondo strato (a partire dal basso) riportò alla luce un immenso tesoro e pensò di aver scoperto il leggendario tesoro di Priamo narrato nell'Iliade. I suoi ritrovamenti, però, risalivano ad un periodo precedente a quello della Troia omerica, collocata intorno al XIII secolo a.c. In realtà la città narrata nei poemi omerici, si scoprì in seguito, era collocata al sesto strato.

Un momento importante per Schliemann fu la scoperta della grande rampa, doveva condurre alla residenza del re troiano Priamo, adatta per carri da guerra, destrieri e cavalieri. Quando nell'opera muraria della fortezza trovò anche il più grande tesoro di oggetti d'oro della storia degli scavi "Il tesoro di Priamo", Schliemann fu certo: la fortezza reale di Omero non era un mito ma era realtà. Il tesoro comprende punte di lancia, vassoi e tazze di rame, d'argento e di bronzo ma soprattutto numerosi oggetti d'oro: bracciali, diademi, orecchini e una massa di migliaia di piccoli anellini. La scoperta rende celebre Heinrich: tutti vogliono conoscere ogni particolare della sua avventura e una foto della moglie Sophie che indossa i cosiddetti "gioielli di Elena" fa il giro del mondo. Ma ben presto sorgono i primi dubbi. Il livello a cui gli oggetti sono stati trovati sembra essere troppo profondo (e quindi troppo antico) per essere quello della "vera" Troia. Dunque Schliemann, per quanto abbia compiuto una scoperta davvero senza eguali, si è sbagliato. Così, dopo tanti anni passati a scavare con tanta fatica, abbandona la Turchia e si dedica ad altre avventure che faranno di lui il vero" padre" dell' archeologia. Saranno i suoi successori, sessant'anni dopo, a trovare lo strato giusto, quello del 1260 a.C.: lo chiamano Troia VI, lo ripuliscono e lo studiano a fondo. È la sorpresa finale: la potente città cantata da Omero era in realtà piuttosto piccola. 

Le successive campagne di scavo furono condotte da Wilhelm Dörpfeld (1893-1894) e Carl Blegnen (1932-1938).  

La montagna del destino è un labirinto, qui sopra furono costruite nuove città, strato dopo strato, sempre più in alto, in una storia di colonizzatori lunga più di 3000 anni. Le ricerche condotte portarono alla scoperta di nove livelli sovrapposti, con varie suddivisioni, datati con l'ausilio dell'analisi degli oggetti rinvenuti e l'esame delle tecniche costruttive utilizzate e dei quali è stato possibile delineare le piante delle ricostruzioni.

Troia I (3000 - 2600 a.C.): villaggio neolitico, con ritrovamenti di utensili in pietra e di abitazioni dalla struttura elementare;

Troia II (2600 - 2250 a.C.): piccola città con mura caratterizzate da porte enormi, presenza del megaron (palazzo reale) e case in mattoni crudi che recano segni di distruzione da incendio, che Schliemann suppose potessero riferirsi ai resti della reggia di Priamo rasa al suolo dagli Achei;

Troia III - IV - V (2000 - 1800 a.C.): tre villaggi distrutti ognuno dopo poco tempo dalla fondazione;

Troia VI (1800 - 1300 a.C.): grande città a pianta ellittica disposta su terrazze ascendenti, fortificata da alte e spesse mura, costituite da enormi blocchi di pietra squadrati e levigati, con torri e porte. La distruzione della città dovrebbe essere avvenuta intorno alla metà del XIII secolo a.C. forse a causa di un terremoto.

Troia VIIa (1300 - 1190 a.C.): la città precedente fu immediatamente ricostruita, ma ebbe vita breve. I segni di distruzione da incendio hanno indotto Blegen ad identificare questo strato come quello corrispondente alla Troia omerica;

Troia VIIb1 - VIIb2 - VIIb3 (XII - XI secolo a.C. fino a circa 950 a.C.);

Troia VIII (VIII secolo a.C.): colonia greca priva di fortificazioni;

Troia IX (dall'età romana al IV secolo): costruzioni romane edificate sulla sommità spianata della collina e rifacimento.  

Datazione "letteraria" della guerra di Troia - Fonti letterarie greche parlano di una distruzione di Troia ad opera greca da collocarsi piuttosto nella fine del XII secolo a.C.

Tucidide parla di Agamennone e della guerra di Troia nel I libro delle "Storie" (par.9), ma la datazione è ricavabile piuttosto dal passo del libro V legato al cosiddetto "discorso dei Meli". Nel dialogo con gli Ateniesi, i Meli sottolineano di essere di tradizione dorica e di essere stati colonizzati dagli Spartani da 700 anni. Siccome l'avvenimento è del 416 a.C. e passano 80 anni tra la guerra di Troia e la colonizzazione dorica ("ritorno degli Eraclidi"), la data attribuita da Tucidide alla caduta di Troia è il 1196 a.C., cioè il XII secolo a.C.

Erodoto ricostruisce una datazione più antica, ma attraverso una ricerca meno storiografica: nel II libro delle "Storie" (lògos egizio, cap.145) egli sostiene di essere nato 400 anni dopo Omero ed Esiodo. La distruzione di Troia è così spostata più indietro: 1350-1250 a.C.

Eratostene di Cirene è autore della datazione che, dal III secolo a.C., riscuote maggiore successo. Non essendoci giunte opere complete di questo autore, la sua datazione viene riportata da Dionisio di Alicarnasso nelle "Antichità romane", in un passato collegato all'arrivo di Enea in Italia e alla fondazione di Lavinio. Dionisio riporta la data esatta, in termini antichi, della caduta di Troia, che corrisponderebbe all'11 giugno 1184-1182 a.C., ancora XII secolo a.C..

Ultima conferma sembra venire dalla Piccola Cosmologia di Democrito di Abdera, filosofo del V secolo a.C. e contemporaneo di Erodoto. Egli dice di aver composto quest'opera 730 anni dopo la distruzione di Troia; essendo vissuto intorno al 450 a.C., la data in questione risulta essere il 1180 a.C.

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Molti visitatori giudicano i resti di Troia modesti e poco interessanti. E indubbiamente la città è molto piccola se posta a confronto con il sogno classico della possente cittadella turrita di Priamo. 

Misura solo 137 m per 183 e vi è spazio per poche dozzine di case, abitate forse da un migliaio di persone. Ma proprio le ridotte dimensioni di Troia costituiscono una delle sue caratteristiche più commoventi, perché ne mettono in risalto tutta la vulnerabilità.

La riva su cui i Greci tirarono in secco le loro navi è oggi arretrata di 15 km rispetto all'epoca in cui Achille trascinò, in preda alla furia, il corpo martoriato di Ettore attorno alle mura di Troia.

Della città descritta da Omero restano oggi soltanto due particolari: il vento che soffia incessantemente fra l'erba alta (in nessun altro punto della zona spira con tanta intensità) e le minuscole querce stentate che pare esistano solo qui.
La scrittrice inglese Rose Macaulay, nel suo libro Le torri di Trebisonda, ha forse pronunciato l'ultima parola sulla magia di Troia: 'Pensai che il mondo era già abbastanza ricco di città, e che era meglio non andare a disturbare quelle scomparse, ma lasciarle riposare sotto l'erba, e gli asfodeli, e i rovi, sotto il ven