Lo
Stretto dei Dardanelli nell'Egeo, qui Omero cantò nell'VIII secolo a.C.
la guerra di Troia. 10 anni durò la lotta tra Micene e Troia, i due
potenti imperi di tre millenni fa. Gli uomini migliori morirono da eroi
e tutto a causa di una donna: Elena, sposa di Menelao, re di Sparta.
Paride, figlio del re di Troia, Priamo, in Asia Minore, rapì la donna
più bella al mondo portandola a Troia che successivamente fu
conquistata. Amore, odio, vendetta e pentimenti, con l'Iliade Omero creò
il primo grande poema epico della letteratura universale, il mondo
antico greco da allora divenne la culla della cultura occidentale.
La
leggenda indica come fondatore della città l’eroe Dardano e come
costruttori della cinta muraria gli dei Apollo e Posidone. Di padre in
figlio la signoria della città passò a Priamo, il cui figlio Paride,
con il ratto di Elena, moglie di Menelao re di Sparta, provocò la
guerra di Troia. Dopo un assedio di 10 anni gli Achei guidati da Menelao
distrussero la città.
Secondo la
leggenda del Cavallo di Troia, dopo moltissime battaglie, Odisseo concepì
un nuovo inganno, un gigantesco cavallo di legno, cavo, un animale sacro
ai troiani. Venne costruito da Epeo, guidato a sua volta da Atena. Il
legno venne recuperato dal boschetto sacro di Apollo. Vi fu scritto
sopra: “I greci dedicano questa offerta di ringraziamento ad Atena per
un buon ritorno”. Il cavallo, cavo, venne riempito da soldati. Il
resto dell’esercito abbandonò il campo e si recò con tutta la flotta
nell’isola di Tenedos,
oggi Bozcaada, un'isola turca sull'Egeo.
Quando i Troiani
scoprirono che i Greci se ne erano andati, credendo che la guerra fosse
finita, trascinarono gioiosamente il cavallo nella città. Seguendo la
piccola Iliade, dice che i troiani tirarono giù una parte del muro per
fare passare il cavallo e passarono la notte fra i festeggiamenti.
Sinone, una spia achea, diede segnale alla flotta, ferma a Tenedos, di
partire. I soldati, usciti dal cavallo, uccisero le sentinelle. E così
aprirono le porte ai compagni e Troia fu distrutta.
La
costruzione delle mura e la prima conquista
- Laomedonte, uno dei re di Troia, chiese a Poseidone e ad Apollo
di fornire la città di grandi mura, in modo che divenisse
inespugnabile.
Gli
dei fecero quanto pattuito, ma al termine dei lavori Laomedonte si
rifiutò di pagare: Poseidone, per vendetta, inondò la campagna
distruggendo i raccolti e scatenò un mostro marino che divorò gli
abitanti; l'ira del dio, secondo l'oracolo di Zeus Ammone, si sarebbe
placata se Laomedonte avesse sacrificato alla bestia la sua figlia
Esione.
Laomedonte
quindi decise di sacrificare la figlia e mentre la ragazza veniva legata
ad uno scoglio, giunse al palazzo reale Eracle, che chiese al re cosa
stesse succedendo. Questi gli spiegò la situazione, ed Eracle si offrì
di uccidere il mostro, ottenendo in cambio i velocissimi cavalli divini
che Laomedonte aveva ricevuto in regalo da Zeus. Eracle, giunto alla
spiaggia, uccise la creatura e riportò Esione dal padre, reclamando la
ricompensa; anche questa volta, però, Laomedonte si rifiutò di
saldare. Eracle se ne andò irato, promettendo che sarebbe tornato a
vendicarsi. Anni dopo, l'eroe tornò al comando di un esercito, conquistò
Troia e uccise Laomedonte. Eracle risparmiò Esione e la diede in sposa
al suo amico Telamone. Ella volle che Priamo suo fratello fosse
liberato.
Troia
fu conquistata anche dal grande Impero Persiano da Ciro il Grande che,
come tutte le altre città-stato greche dell'Asia Minore, subirono
innalzamenti delle tasse e l'obbligo alla partecipazione come soldati
nell'esercito persiano, una città, stanca dei "trattamenti"
dei persiani decise di ribellarsi nel 499 a.C., era la città di Mileto,
che successivamente venne rasa al suolo. Dopo la fine delle Guerre
Persiane intorno al 480 a.C. Troia entrò nell'egemonia ateniese e fece
parte della Lega di Delo o Delio-Attica. Dopo la sconfitta di Atene
nella Guerra del Peloponneso contro Sparta e alleati le colonie greche
dell'Asia Minore, tra cui anche Ilio (Troia), che facevano parte della
Lega di Delo passarono sotto il dominio persiano con il consenso di
Sparta.
Dopo
la morte di Filippo II di Macedonia che aveva riunito tutte le poleis
greche nella Lega Panellenica, ad eccezione di Sparta, sale al trono il
figlio Alessandro, che appassionato dell'epica micenea, conquista
l'Ellesponto e la Troade dove si trovava Troia, che all'epoca esisteva
ancora ma era limitata ad una piccola polis, e dove onorò le spoglie di
Achille, il figlio di Peleo che all'epoca era re della Tessaglia. La
città fu distrutta nel corso della prima guerra mitridatica da un certo
Flavio Fimbria, comandante di due legioni romane.
La
Novum Ilium (la Nuova Ilio in latino) fu poi visitata da Giulio Cesare
nel 48 a.C. A Troia si possono trovare vari resti archeologici risalenti
all'epoca romana come l'Odeon, un piccolo teatro, terme ed altri
edifici. L'Ellesponto passò poi sotto il dominio dell'Impero Bizantino,
tra cui anche la Troade, dopo varie sconfitte nel 1354 passò all'Impero
Ottomano che se ne impossessò fino alla sua caduta nel 1923.

Siamo
a Troia, questa è considerata la montagna del destino dell'archeologia.
Da quasi 150 anni scienziati e cercatori di tesori giungono nei
Dardanelli sulle tracce di Omero. Uno dei primi a prendere sul serio le
parole di Omero fu Heinrich
Schliemann, convinto dell'esistenza di una metropoli greca nel
Medio Oriente e trovò proprio Troia.
I suoi scavi si concentrarono
sulla collina di Hissarlik, dove era avvenuto un precedente scavo
archeologico effettuato dalla scuola francese guidata da Calvert, poi
interrotta per mancanza di fondi. Qui si trovò di fronte a più strati
che corrispondevano a differenti
periodi della storia di Troia. Arrivato al secondo strato (a partire dal
basso) riportò alla luce un immenso tesoro e pensò di aver scoperto il
leggendario tesoro di Priamo narrato nell'Iliade. I suoi ritrovamenti,
però, risalivano ad un periodo precedente a quello della Troia omerica,
collocata intorno al XIII secolo a.c. In realtà la città narrata nei
poemi omerici, si scoprì in seguito, era collocata al sesto strato.
Un
momento importante per Schliemann fu la scoperta della
grande rampa, doveva condurre alla residenza del re troiano Priamo,
adatta per carri da guerra, destrieri e cavalieri. Quando nell'opera
muraria della fortezza trovò anche il più grande tesoro di oggetti
d'oro della storia degli scavi "Il tesoro di Priamo",
Schliemann fu certo: la fortezza reale di Omero non era un mito ma era
realtà. Il tesoro comprende punte
di lancia, vassoi e tazze di rame, d'argento e di bronzo ma soprattutto
numerosi oggetti d'oro: bracciali, diademi, orecchini e una massa di
migliaia di piccoli anellini. La scoperta rende celebre Heinrich: tutti
vogliono conoscere ogni particolare della sua avventura e una foto della
moglie Sophie che indossa i cosiddetti "gioielli di Elena" fa
il giro del mondo. Ma ben presto sorgono i primi dubbi. Il livello a cui
gli oggetti sono stati trovati sembra essere troppo profondo (e quindi
troppo antico) per essere quello della "vera" Troia. Dunque
Schliemann, per quanto abbia compiuto una scoperta davvero senza eguali,
si è sbagliato. Così, dopo tanti anni passati a scavare con tanta
fatica, abbandona la Turchia e si dedica ad altre avventure che faranno
di lui il vero" padre" dell' archeologia. Saranno i suoi
successori, sessant'anni dopo, a trovare lo strato giusto, quello del
1260 a.C.: lo chiamano Troia VI, lo ripuliscono e lo studiano a fondo.
È la sorpresa finale: la potente città cantata da Omero era in realtà
piuttosto piccola.

Le
successive campagne di scavo furono condotte da Wilhelm Dörpfeld
(1893-1894) e Carl Blegnen (1932-1938).
La
montagna del destino è un labirinto, qui sopra furono costruite nuove
città, strato dopo strato, sempre più in alto, in una storia di
colonizzatori lunga più di 3000 anni. Le ricerche
condotte portarono alla scoperta di nove livelli sovrapposti, con varie
suddivisioni, datati con l'ausilio dell'analisi degli oggetti rinvenuti
e l'esame delle tecniche costruttive utilizzate e dei quali è stato
possibile delineare le piante delle ricostruzioni.
Troia I
(3000 - 2600 a.C.): villaggio neolitico, con ritrovamenti di utensili in
pietra e di abitazioni dalla struttura elementare;
Troia II
(2600 - 2250 a.C.): piccola città con mura caratterizzate da porte
enormi, presenza del megaron (palazzo reale) e case in mattoni
crudi che recano segni di distruzione da incendio, che Schliemann
suppose potessero riferirsi ai resti della reggia di Priamo rasa al
suolo dagli Achei;
Troia III - IV - V
(2000 - 1800 a.C.): tre villaggi distrutti ognuno dopo poco tempo dalla
fondazione;
Troia VI
(1800 - 1300 a.C.): grande città a pianta ellittica disposta su
terrazze ascendenti, fortificata da alte e spesse mura, costituite da
enormi blocchi di pietra squadrati e levigati, con torri e porte. La
distruzione della città dovrebbe essere avvenuta intorno alla metà del
XIII secolo a.C. forse a causa di un terremoto.
Troia VIIa
(1300 - 1190 a.C.): la città precedente fu immediatamente ricostruita,
ma ebbe vita breve. I segni di distruzione da incendio hanno indotto
Blegen ad identificare questo strato come quello corrispondente alla
Troia omerica;
Troia VIIb1 - VIIb2
- VIIb3 (XII - XI secolo a.C. fino a circa 950 a.C.);
Troia VIII
(VIII secolo a.C.): colonia greca priva di fortificazioni;
Troia IX
(dall'età romana al IV secolo): costruzioni romane edificate sulla
sommità spianata della collina e rifacimento.
Datazione
"letteraria" della guerra di Troia - Fonti letterarie
greche parlano di una distruzione di Troia ad opera greca da collocarsi
piuttosto nella fine del XII secolo a.C.
Tucidide
parla di Agamennone e della guerra di Troia nel I libro delle
"Storie" (par.9), ma la datazione è ricavabile piuttosto dal
passo del libro V legato al cosiddetto "discorso dei Meli".
Nel dialogo con gli Ateniesi, i Meli sottolineano di essere di
tradizione dorica e di essere stati colonizzati dagli Spartani da 700
anni. Siccome l'avvenimento è del 416 a.C. e passano 80 anni tra la
guerra di Troia e la colonizzazione dorica ("ritorno degli
Eraclidi"), la data attribuita da Tucidide alla caduta di Troia è
il 1196 a.C., cioè il XII secolo a.C.
Erodoto
ricostruisce una datazione più antica, ma attraverso una ricerca meno
storiografica: nel II libro delle "Storie" (lògos egizio,
cap.145) egli sostiene di essere nato 400 anni dopo Omero ed Esiodo. La
distruzione di Troia è così spostata più indietro: 1350-1250 a.C.
Eratostene
di Cirene è autore della datazione che, dal III secolo a.C., riscuote
maggiore successo. Non essendoci giunte opere complete di questo autore,
la sua datazione viene riportata da Dionisio di Alicarnasso nelle
"Antichità romane", in un passato collegato all'arrivo di
Enea in Italia e alla fondazione di Lavinio. Dionisio riporta la data
esatta, in termini antichi, della caduta di Troia, che corrisponderebbe
all'11 giugno 1184-1182 a.C., ancora XII secolo a.C..
Ultima
conferma sembra venire dalla Piccola Cosmologia di Democrito di
Abdera, filosofo del V secolo a.C. e contemporaneo di Erodoto. Egli dice
di aver composto quest'opera 730 anni dopo la distruzione di Troia;
essendo vissuto intorno al 450 a.C., la data in questione risulta essere
il 1180 a.C.

Molti visitatori
giudicano i resti di Troia modesti e poco interessanti. E indubbiamente
la città è molto piccola se posta a confronto con il sogno classico
della possente cittadella turrita di Priamo.
Misura solo 137
m per 183 e vi è spazio per poche dozzine di case, abitate forse da un
migliaio di persone. Ma proprio le ridotte dimensioni di Troia
costituiscono una delle sue caratteristiche più commoventi, perché ne
mettono in risalto tutta la vulnerabilità.
La riva su cui i
Greci tirarono in secco le loro navi è oggi arretrata di 15 km rispetto
all'epoca in cui Achille trascinò, in preda alla furia, il corpo
martoriato di Ettore attorno alle mura di Troia.
Della città
descritta da Omero restano oggi soltanto due particolari: il vento che
soffia incessantemente fra l'erba alta (in nessun altro punto della zona
spira con tanta intensità) e le minuscole querce stentate che pare
esistano solo qui.
La scrittrice inglese Rose Macaulay, nel suo libro Le torri di
Trebisonda, ha forse pronunciato l'ultima parola sulla magia di
Troia: 'Pensai che il mondo era già abbastanza ricco di città, e
che era meglio non andare a disturbare quelle scomparse, ma lasciarle
riposare sotto l'erba, e gli asfodeli, e i rovi, sotto il ven
