Pergamo e il suo paesaggio culturale multistratificato
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2015
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Pergamo è un'antica città dell’Asia Minore, nell'Eolide, posta a poca distanza dalla costa del Mar Egeo, su di una collina (l'Acropoli di Pergamo) che costituisce la principale località archeologica dell’area. La città attuale è nota col nome di Bergama (Provincia di Smirne).

Il mito vede la città fondata da Grino, nipote di Telefo, che avrebbe onorato l'amico Pergamo, nipote di Achille, intitolando a lui la città. La città viene citata per la prima volta da fonti intorno al 400 a.C., ma l'acropoli doveva già essere abitata in età arcaica. Presso la città aveva sede un importantissimo santuario di Esculapio, rinomato per la capacità taumaturgiche dei suoi sacerdoti ed importante sede di pellegrinaggi provenienti da tutta la Grecia.

La sua importanza si accrebbe notevolmente in età ellenistica quando Lisimaco, uno dei Diadochi di Alessandro Magno, dopo la battaglia di Ipso (301 a.C.) scelse e fortificò l'acropoli come sede del suo tesoro (di oltre 9000 talenti) e ne diede la custodia all'eunuco Filetero, figlio di padre greco e di madre paflagone. Lo Stato di Pergamo nasce da un tradimento, infatti quando Lisimaco fu sconfitto da Seleuco I, Filetero ne approfittò per passare dalla parte di Seleuco (282 a.C.), quest'ultimo lo lascia padrone di Pergamo a patto di riconoscersi suo vassallo. Filetero, pur essendo solo un vassallo, viene comunemente riconosciuto come il capostipide della dinastia degli Attalidi (anche se formalmente il titolo di re viene rivendicato per la prima volta da Attalo I).

A Filetero successe suo nipote, Eumene I, che rafforzò ulteriormente il regno contro le mire espansionistiche dei sovrani seleucidi. Eumene I rompe l'alleanza coi seleucidi e si proclama indipendente. Una chiara testimonianza di questo passaggio è tramandata da Strabone: "Filetero aveva due fratelli, Eumene, il più vecchio, e Attalo, il più giovane. Eumene aveva un figlio omonimo, che ereditò Pergamo, il quale già era signore delle regioni circonvicine e vinse una battaglia presso Sardi ove si scontrò con Antioco, figlio di Seleuco" (Strabone, XIII, 4,2). Eumene è ricordato anche per aver fondato la biblioteca destinata a diventare la seconda del regno ellenistico, dopo quella di Alessandria. Oltre a ciò si mostra promotore della cultura ospitando alla sua corte intellettuali di fama come i filosofi Licone e Arcesilao.

Con il successore Attalo I (241-197 a.C.) la città esercitò la sua egemonia su gran parte dell’Asia Minore occidentale. Il sovrano rifiutò di pagare il tributo ai Galati, tribù celta stanziatasi nell'area dell'Asia Minore che aveva fondato il regno della Galazia, alleati di Antioco III seleucide. Questi mossero guerra ai pergameni, ma furono sconfitti nel 240 a.C. a Misia presso le fonti del Caico assieme alle truppe di Antioco. Fu proprio in seguito a questa vittoria che Attalo I si arrogò il titolo di re. Pergamo riuscì così ad annettersi molti territori seleucidi dell’Asia Minore. Ma è nel 232 a.C. con la vittoria sui Tolistoboi, altra tribù celtica della Galazia, preso il tempio di Afrodite della città di Pergamo che il re Attalo I libera le sue terre dalle incursioni celtiche. Seguirono altre guerre con seleucidi, con alterne fortune. La svolta fondamentale del regno di Pergamo fu nel 205 a.C. quando venne stipulata un'alleanza con i romani, ai quali rimasero fedeli durante le prime due guerre macedoniche; grazie a quest'alleanza la città conobbe una notevole fioritura.

Con Eumene II (197-159 a.C.), figlio e successore di Attalo I, il regno ebbe un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso Altare di Zeus. Eumene II contribuisce a far scatenare la guerra tra Roma e Antioco III (durante la quale Pergamo viene attaccata da Seleuco IV, figlio di Antioco III, 198 a.C.). L'alleanza coi romani in questa guerra gli procura numerosi possessi territoriali in Anatolia, strappati al dominio Seleucide. Con Eumene II Pergamo diviene uno dei regni più potenti dell'Asia Minore (pur se attentamente controllato dal Senato romano), infatti divenne una grande potenza soltanto dopo il diktat di pace romano di Apamea (188 a.C.) stipulato tra la repubblica romana e Antioco III, che comportò il passaggio dei territori all'ovest del Tauro a Pergamo. Numerosi sono i decreti di Roma che difendono l'alleata Pergamo ("I Romani ordinarono ad Antioco di non aggredire l'Egitto, e a Filippo di non commettere ingiustizie nei confronti dei Rodii, degli Ateniesi, di Attalo o di nessun altro amico dei romani"). Tra il 187-183 Eumene entra in guerra con il re di Bitinia, perdendo così i territori ottenuti con la pace di Apamea.

Con Attalo II (159-138 a.C.), fratello di Eumene II e tutore di Attalo III (il figlio minorenne di Attalo I), ma di fatto re di Pergamo, il regno consolidò l’alleanza con i romani combattendo contro altri dinasti ellenistici e contenendo l'aggressività del regno di Bitinia.

Infine Attalo III (138-133 a.C.) fu l’ultimo dinasta indipendente, poiché alla sua morte, non avendo eredi maschi, lasciò il regno in eredità ai romani, limitandosi a concedere la libertà soltanto a Pergamo e alle città greche. Probabilmente non intendeva una cessione permanente ma soltanto una soluzione temporanea per impedire al fratello illegittimo, Aristonikos, di prendere il potere. Questo territorio venne sfruttato dai romani per costituire la provincia romana d'Asia (129 a.C.). Questa provincia comprendeva la Ionia e il regno di Pergamo, le regioni più lontane vengono affidate ai re vicini, riconosciuti come vassalli. Roma riscontrò vari problemi prima di poter creare una provincia legittima, infatti Aristonikos si proclamò re Eumene III (di cui ci rimangono ancora le monete) e fu sconfitto definitivamente nel 130 a.C. e i suoi seguaci nel 129 a.C.

Rispetto agli altri regni ellenistici Pergamo rimane secondario sicuramente come dimensioni e come nobiltà dinastica, infatti i suoi re non possono vantare un'ascendenza macedone o basare la loro sovranità sul diritto delle armi; ma per non essere da meno dei Lagidi o dei Seleucidi, che si riconosco discendenze divine, gli Attalidi rafforzano la loro sovranità con il mito della discendenza da Telefo. Nel mondo antico vengono soprattutto ricordati per la vittoria contro i Galati, simbolo della vittoria della grecità sulle genti barbare, e per la costruzione di bellissimi monumenti.

In età romana Pergamo fu una città prospera, famosa per l’attività dei ceramisti, la produzione di unguenti e di pergamene, che prendono il nome dalla città. La città fu probabilmente sede di una chiesa apostolica poiché viene nominata nell’Apocalisse di Giovanni.

Il declino della città seguì quello dell’Impero Romano. In età bizantina fu sede di vescovado. Saccheggiata dagli arabi, la città fu poi presa dagli Ottomani, che vi edificarono diverse moschee.

I resti della capitale furono scavati a partire dal 1873. Ma l'opera venne portata a termine da ricercatori tedeschi, infatti nel 1878 l'archeologo tedesco Carl Human cominciò una vasta campagna di scavi nella città di Pergamo che in otto anni portò alla scoperta di una acropoli di inestimabile valore artistico ed archeologico. L'accordo fatto con il governo turco prevedeva che Human poteva portare in Germania metà delle opere scoperte, metà doveva invece rimanere in Turchia. Così Human riuscì a portare a Berlino il fregio che circonda la base del tempio di Pergamo, lungo 170 metri, che oggi costituisce la parte più preziosa del tempio esposto nel museo. La parte soprastante è una ricostruzione dell'originale rimasto in Turchia.

La città di Pergamo si erge a 30 km dalla costa, su uno sperone formato da due affluenti del Caico, il Selinunte e il Cezio. Questo spuntone (335 metri) fornisce un sito magnifico, ma difficile da sistemare proprio a causa dell'altezza. Gli architetti vi riescono sovrapponendo tre città, riunite tra loro mediante scalinate, con belvederi e terrazze a portici che attestano un nuovo gusto per il pittoresco e che si adattano perfettamente al paesaggio. Attalo I, usando ampiamente del bottino preso dai Galati, dà via a un programma di rinnovamento edilizio senza precedenti: trasforma la piccola città in una metropoli elegante, ricca di edifici sontuosi e conclusa da una splendida acropoli, con ampie terrazze e colonnati, raccordate da terrazze ornate da portici e sculture. Grazie a lui Pergamo costituisce uno dei più spettacolari esempi di urbanistica del tempo.

La città alta è la più importante, quella in cui si concentrano le funzioni politiche ed amministrative, comprende una doppia agorà, fiancheggiata da un tempio ionico di Dioniso. Sulla spianata superiore si trova in grande tempio di Zeus e di Atena, uno degli edifici più notevoli sia per le dimensioni colossali che per la bellezza della sua decorazione scultorea. Sempre nella città alta troviamo la Biblioteca, il palazzo e il teatro: gli edifici simbolo della polis.

Nella città mediana è presente un magnifico ginnasio. Poi troviamo i templi di Demetra e di Era Basìleia su più piani sovrapposti collegati da rampe di scale e da passaggi sotterranei. In mezzo a questi due tempi è situato il Pritaneo.

La città bassa, con una spaziosa agorà contornata da un colonnato a due piani, costituisce il centro commerciale.

Nel complesso questa città, costruita per rivaleggiare con Atene e in cui trovano espressione tante ispirazioni nuove, rappresenta un mirabile successo. Questo successo si spiega grazie alle molteplici attività di cui Pergamo è diventata il centro. Non è solo il commercio a rendere conto dello sviluppo, essendo situata troppo in disparte rispetto alle grandi vie verso l'Asia. Tuttavia è il centro di un ricco territorio agrario (grano, olivi, vigneti), vi si pratica un allevamento scientifico con selezione delle razze e un'industria specializzata: profumi, tessuti pregiati, pergamena (come ricorda il nome stesso della città). Inoltre è la capitale di uno Stato che, senza essere uno dei più grandi regni, è certamente uno dei meglio amministrati e dei più ricchi.

L'ambizione dei regnanti è di fare di Pergamo l'Atene del mondo ellenistico. La sua biblioteca fa concorrenza a quella di Alessandria; il palazzo reale racchiude un vero e proprio museo di cultura, nel quale nasce la critica d'arte. Numerosi investimenti furono fatti per gli edifici pubblici (finalizzati alla celebrazione della dinastia) che fecero di Pergamo una delle capitali artistiche del mondo ellenistico. In più vi si trova una notevole scuola di retorica e un'officina di scultura con artisti protetti dai sovrani. Grazie a questa scuola Pergamo diviene il principale centro dell'arte drammatica. Plinio il Vecchio dice che proprio grazie all'arte di Pergamo i Romani "cominciarono ad amare e non più soltanto ad ammirare le meraviglie straniere."

La gloria di Pergamo viene citata anche da Strabone, che riconosce in Eumene II e in Attalo II i principali fondatori della grandezza di Pergamo: "Anche costui (Eumene II) si unì con i Romani a guerreggiare contro Antioco il Grande e contro Perseo, e ne ebbe in ricompensa tutto il paese a di qua del Tauro, che era stato soggetto ad Antioco. prima di ciò i luoghi dipendenti da Pergamo erano pochi, estendendosi solo fino al mare, verso il golfo Elaitico e Adramitteno. Questo Eumene ampliò la città di Pergamo, vi piantò il bosco attorno al Niceforio ; l'altro re (Attalo II), per amore di gloria, vi eresse monumenti e biblioteche, e tutto, insomma, procedette da lui quell'insediamento di Pergamo così grande che sussiste tutt'ora."

Scuola di Pergamo

La Scuola di Pergamo fu una corrente artistica dell'età ellenistica, assieme a quella alessandrina e quella rodia. Si sviluppò nel Regno di Pergamo, dominato dalla dinastia degli Attalidi dal 263 a.C. e controllante una larga fetta dell'Egeo, oltre all'area circostante in Asia Minore. Per l'energia delle rappresentazioni, il senso teatrale del movimento e il suo virtuosismo, la scuola di Pergamo è stata definita come "barocca".

Citata già dal 400 a.C. circa e dotata di un'acropoli e di un rinomato santuario di Esculapio, Pergamo acquistò notevole importanza in età ellenistica, quando Lisimaco, uno dei Diadochi di Alessandro Magno, dopo la battaglia di Ipso (301 a.C.) scelse e fortificò l'acropoli come sede del suo tesoro (di oltre 9000 talenti) e ne diede la custodia a Filetero, figlio di Attalo. Quando Lisimaco fu sconfitto da Seleuco I, Filetero ne approfittò per consolidare la sua posizione e rendere definitiva la sua supremazia sulla città, divenendo il capostipite della dinastia degli Attalidi. Con Attalo I (241-197 a.C.) la città esercitò la sua egemonia su gran parte dell’Asia Minore occidentale. 

Il sovrano rifiutò di pagare il tributo ai Galati, popolazione celta stanziatasi nell'odierna Turchia dove aveva fondato il regno di Galazia; i Galati mossero guerra ai pergameni, ma furono sconfitti nel 240 a.C. presso le fonti del Caico, assieme alle truppe del loro alleato Antioco III. Pergamo riuscì quindi ad annettersi molti territori seleucidi dell’Asia Minore e nel 232 a.C., con la vittoria sui Tolistoboi (tribù celtica della Galazia), la città si liberò dalle incursioni celtiche. 

Questi avvenimenti diedero ad Attalo I la possibilità di paragonare le proprie vittorie a quelle degli ateniesi che avevano guidato i Greci e sconfitto i Persiani, rivaleggiando con Atene nella magnificenza delle commissioni per la città e per le per le opere votive dedicate a Delfi e a Delo.

Eumene II (197-159 a.C.) successe ad Attalo I e sotto di lui il regno ebbe un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso Altare di Zeus. 

Seguirono altre guerre con i Seleucidi, con alterne fortune. Venne stipulata una alleanza con i Romani, di cui rimasero alleati dinastici e la città conobbe una notevole fioritura artistica.

Con Attalo II (159-138 a.C.), si entra nella fase del tardo ellenismo; il classicismo nella scultura pergamena assume una connotazione di continuità rispetto alle proprie origini, ma nella seconda metà del II secolo a.C. diviene anche indice di una perdita rispetto alla creatività formale originatasi ai tempi di Filetero e Attalo I. Gli spunti vengono cercati non solo in Atene, ma anche a Rodi.

Appartiene a questo periodo l'Apoteosi di Omero, un rilievo dedicato a Pergamo in onore di Cratete di Mallo, opera di Archelao di Priene, che elabora stile e iconografia delle Muse di Filisco di Rodi. 

Dopo la morte di Cratete i soggetti della rappresentazione subiscono un ripiegamento nell'accentuarsi dei valori e delle dimensioni umane secondo un atteggiamento consono all'alessandrinismo introdotto a Pergamo da Apollodoro di Atene, ne è un esempio il Piccolo donario fatto erigere sull'acropoli di Atene.

Gli studi di B. Andreae sembrano ricondurre all'ambito pergameno anche il celebre Gruppo del Laocoonte, in particolare in un'ipotetica prima redazione bronzea, offerta a Roma in segno di alleanza tra le due città che nei miti di fondazione condividevano analoghi legami con la saga troiana. La consumata abilità nella resa del nudo, la violenza dello slancio, l'espressione intensamente drammatica, il ritmo serrato e carico di tensione, sono tutte caratteristiche che rimandano al "barocco" pergameno.

Tra le altre opere attribuite alla scuola di Pergamo, il Torso Gaddi, frammento di un gruppo scultoreo con un centauro giovane, libero, e uno anziano con le mani legate dietro la schiena (a cui si riferisce il torso) e tormentato da un amorino che lo cavalca.

Particolare importanza riveste nella produzione pergamena la scultura decorativa, dotata di grande inventiva, alla quale si devono le cataste d'armi e altri nuovi motivi vegetali e figurati.

I resti della capitale furono scavati a partire dal 1873 dalla scuola archeologica tedesca: in base agli accordi con l'Impero ottomano molti dei reperti vennero acquistati e portati a Berlino, dove si trovano, ad esempio, tutte le sculture dell'Altare di Zeus.

Architettura, Scultura e Urbanistica

L'impianto della città era estremamente scenografico, articolato su grandi terrazze sulle pendici di un monte. Edifici pubblici come ginnasi, agorà, stoai e santuari si susseguivano su diversi livelli fino al culmine dell'acropoli vera e propria, dove si trovavano le architetture più importanti: il tempio di Athena, l'Altare di Zeus e i palazzi reali, su terrazze disposte a ventaglio intorno al teatro. La stretta relazione tra paesaggio e complessi architettonici non fu conseguenza di un progetto originario, ma di una sistemazione progressiva che giunse a completamento con i lavori di Eumene II e che ebbe inizio, come sembra, con il tempio di Atena Polias.

Il tempio di Atena Poliàs era un tempio greco costruito nella parte più antica della città di Pergamo, risalente al III secolo a.C. per progetto di Filetero. Si tratta di un tempio periptero dorico di 6x10 colonne (insolito data la tradizione locale) con cella a 2 navate rivolta verso Nord, opistodomo assente e pronao con 2 colonne in antis.

Dopo la vittoria di Attalo I sui Galati la città si era dotata di un'acropoli monumentale. Su di essa Attalo I eresse un tempio ad Atena Poliàs (protettrice della città, il cui culto aveva avuto origine ad Atene) e ne ornò la piazza antistante con statue bronzee (che conosciamo in parte da copie in marmo; altre, simili nel tema e nello stile, furono collocate da Attalo II nel donario sull'acropoli (201 a.C.). Il tema dominante era la vittoria sui "barbari" e il trionfo della civiltà sulla forza, come al solito, nella cultura greca antica, trasfigurato in scene mitologiche.

Eumene II fece circondare da portici il recinto di Atena sul lato Est e Nord: questi erano concepiti come veri edifici praticabili a 2 piani, caratterizzati dalla presenza di colonne doriche al piano inferiore e ioniche a quello superiore, fra cui troviamo il propilon e la biblioteca.

Il frontone del tempio era decorato da varie scene mitologiche, delle quali si conoscono alcune parti. A destra si trovava Proteo, una figura triforme (corpo a forma di serpente con tre teste); il centro era occupato da una statua di Atena, oggi sconosciuta; a sinistra infine si trovava un mostro marino (Tritone), con la coda di pesce, cavalcato da Eracle.

Il monumento simbolo della scuola di pergamo è l'Altare di Zeus Sothèr, cioè "salvatore". Eumene II tenta di accrescere in ogni modo la reputazione della città, proseguendo con inusitata larghezza la politica di mecenatismo del padre, per fare di Pergamo la vera "Atene d'Asia". Le principale divinità dell'epoca classica ottengono il loro tempio e un gran numero di statue. Tra le opere che fa innalzare spicca il sontuoso tempio sull'acropoli dedicato a Zeus Sotér e Atene Nikephoros (Zeus salvatore e Atene portatrice di vittoria). 

Sui terrazzamenti dell'acropoli di Pergamo, che dai suoi 330 metri d'altezza dominava la valle del Caico, l'altare si levava scenografico e imponente, con una struttura molto originale. In pianta l'altare ha una forma quadrangolare, con la facciata, rivolta alla vallata, mossa da una scalinata centrale, larga quasi venti metri, e da due avancorpi, creanti una sorta di forma a "U".

In alzato la struttura era rialzata di cinque gradini, dopo i quali si alzava il basamento, alto circa 4 metri, lungo il quale si sviluppava il "grande fregio" continuo con la Gigantomachia. Si accedeva al livello superiore tramite la scalinata centrale, appunto, ed esso consisteva in un grande vano, alto circa sei metri, circondato da un colonnato ionico continuo, che proseguiva anche lungo gli avancorpi. All'interno del vano correva lungo tutte le pareti un secondo colonnato, fatto a coppie di colonne unite da un'anima muraria. L'altare vero e proprio si trovava al centro e su di esso si trovava il "piccolo fregio", con le Storie di Telefo, figlio di Eracle e mitico fondatore della città.

Alcuni frammenti ceramici testimoniano che l'altare fu iniziato dopo il 168-165 a.C., qualunque sia l'occasione, è certo però che l'altare viene concepito per essere un capolavoro, un monumento senza uguali in alcuna città del mondo, l'obbiettivo viene raggiunto: è infatti incluso tra le sette meraviglie del mondo.

Varie iscrizioni ricordano la presenza nel cantiere di numerosi artisti, pergameni, ateniesi e forse rodi. Evidente è però che un unico maestro sovraintese l'opera, dando una visione unitaria a tutto il complesso decorativo. Su chi possa essere si possono solo fare ipotesi non riscontrabili da dati oggettivi. È stato fatto il nome di Firomaco, artista attico, che le fonti antiche ricordano come uno dei sette più grandi scultori greci. Questa ipotesi, secondo alcuni, troverebbe una conferma stilistica in alcune scene, dove l'impostazione di Zeus e Atena che combattono, ad esempio, ricorda quella di Atena e Poseidon nel frontone occidentale del Partenone di Fidia. Vi sono stati letti anche contorni politici, sociali e religiosi: l'accomunare infatti i pergameni agli ateniesi riaffermava l'appartenenza dei due popoli a un'unica stirpe, con gli stessi valori e la stessa cultura.

L'altare è venuto alla luce fra il 1871 e il 1879, durante gli scavi sull'acropoli di Pergamo condotti dall'archeologo tedesco Carl Humann. Nel 1886, l'altare fu portato da Pergamo a Berlino, Germania, con il permesso del sultano Abdul Hamid II, al potere in quel tempo. La composizione dell`altare all`interno del museo fu affidata all`archeologo tedesco Otto Puchstein. Quasi un secolo dopo, nel 1948, il fregio dell'Altare di Zeus fu confiscato dall'Armata Rossa e portato da questa a Leningrado. Solo dieci anni più tardi, il fregio ritornò nella Germania dell'Est, come regalo da parte dell'allora Unione Sovietica.

La collocazione attuale dell’altare nel Pergamonmuseum rispecchia un gusto e le inclinazioni di un preciso momento storico-culturale dell’inizio del’900. Il museo, appositamente costruito a Berlino a inizio ‘900 per ospitare le antichità pergamene, riunisce i  rilievi originali del Tempio di Zeus e Atena e numerosi reperti provenienti dagli scavi dell’area.

Nella seconda metà del 600 d.C., in occasione di due attacchi arabi dell’area bizantina, l’altare sull’acropoli venne frettolosamente smontato per costruire con le lastre marmoree un nuovo bastione delle mura urbane, limitato alla zona dell’acropoli.

Nel 1878-86, in seguito della vittoria della Prussia sulla Francia, Berlino, capitale imperiale volle dotarsi di un  polo museale che potesse rivaleggiare col Louvre o il British Museum. Su decisione di Berlino venne smontato parte del bastione bizantino di Pergamo e portate le lastre scolpite e altri elementi architettonici a Berlino, per rimontarle. Il Museo di Pergamo fu progettato nei primi decenni del XX secolo e inaugurato nel 1930. L’altare, già nel progetto, doveva essere ospitato nella più vasta museale del mondo, come simbolo ultimo della perfezione della cultura ellenica, e del neoclassicismo. Per molti si tratta di una cittadella prussiana, con chiari intenti elegiaci della supremazia tedesca in Europa.

Nel 1948 il fregio dell’altare venne confiscato dall’Armata Rossa e portato a Leningrado (S. Pietroburgo) come parte dei debiti di guerra contratti dalla Germania nazista. Nel 1958 i Russi restituirono il fregio al museo come segno di amicizia nei confronti dell’allora DDR.

Nel 1990, a seguito della riunione delle due Germanie e dei rispettivi  patrimoni museali, vennero avviati anche lavori di ristrutturazione del Museo. E’ in quest’epoca che inizia l’aspra polemica sulla restituzione del monumento alla Turchia, polemica che sfocia nel 2012 , nell’occupazione simbolica del Museo da parte dei  militanti di Occupy Museums.

Si tratta di una costruzione di dimensioni colossali, che dal punto di vista architettonico rientra nel tipo del grande altare monumentale ellenistico. Ciò che lo distingue e lo pone al di sopra di qualsiasi altro monumento del tempo è la decorazione scultorea, la più sontuosa mai realizzata nel mondo greco. Sulla copertura del colonnato superiore erano poste molte figure di animali e di personaggi mitologici in bronzo, oggi purtroppo totalmente perdute. Tutto intorno al basamento correva uno splendido, impressionante fregio a rilievo, alto 2,3 metri e lungo oltre 120, in cui era rappresentato senza alcuna interruzione la Gigantomachia: la vittoriosa lotta degli dei olimpi contro i giganti figli della Terra e del Cielo simboli del caos e nemici dell'ordine garantito da Zeus (metafora mitologica dei nemici greci e non greci di Pergamo). Un secondo fregio (alto 1,56 metri) era disposto lungo le pareti interne del portico colonnato, vi erano raffigurate le imprese dell'eroe Télefo, il mitico figlio di Eracle, che nella tradizione encomiastica locale era considerato il progenitore della dinastia degli Attalidi.

La Gigantomachia è uno dei capolavori assoluti dell'arte ellenistica, sul lato orientale si trovano le maggiori divinità olimpiche (Zeus, Atena, Latona, Apollo, Demetra ecc.) affiancate da Eracle; sul lato occidentale ci sono invece le divinità marine e terrestri, sul lato settentrionale le divinità della notte e degli astri, infine sul lato meridionale la dea del giorno. Gli dei sono occupati in singolari e vittoriosi duelli contro i giganti, le statue talvolta debordano fuori dallo spazio figurativo tendendo a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Le espressioni di intenso dolore colpiscono fortemente il visitatore, infatti l'indagine dell'espressione dei volti, già iniziata da Skopas e Lisippo, è qui spinta intenzionalmente all'eccesso. 

La decorazione seguiva un programma erudito, elaborato probabilmente dai filologi della Biblioteca di Pergamo. Se nella parte orientale i Giganti lottano infatti con le tradizionali divinità olimpiche, nei restanti lati un folto gruppo di divinità minori affollava le scene: a nord gli dei della notte, a sud gli dei della luce, a ovest le divinità marine e Dioniso.

Da un punto di vista stilistico, il grande fregio riprende alcuni stilemi dei grandi maestri dei decenni precedenti, come la possanza dei nudi di Fidia, o la dinamicità delle figure di Skopas. In generale però il senso di movimento è portato alle estreme conseguenze, ricorrendo spesso a linee oblique e divergenti, che generano azioni convulse. Inoltre appare accentuato il patetismo delle figure, con un senso teatrale che accresce la partecipazione emotiva dello spettatore. Tali novità, nel complesso, sono state definite "barocche", anche grazie a un maggiore ricorso del trapano, che crea effetti di chiaroscuro più accentuati, e con l'alternarsi dell'altorilievo a parti lisce.

L'esecuzione di questi fregi richiese sicuramente l'intervento di numerosi maestri, che lavorano però nell'ambito di un coerente linguaggio stilistico, la cui uniformità lascia presupporre la presenza di un artista di grande personalità e carisma, responsabile dell'ideazione. Le fonti dell'epoca sono poco interessate alle personalità degli artisti ellenistici quindi non ci riportano alcun nome; si è provato a identificare il maestro dell'altare con Phyromachos di Atene, oggi poco noto ma molto apprezzato in età ellenistica (tanto che il suo nome è riportato in un papiro egiziano come uno dei sette scultori più bravi di tutti i tempi). Phyromachos fu attivo a Pergamo dal 172 a.C., di lui ci sono pervenuti dei ritratti scultorei (es. Ritratto di Antistene) la cui mimica facciale ha molto in comune col le statue del fregio (intensità dello sguardo, violenta plasticità del volto, tendenza ad accentuare ogni elemento della fisionomia e della mimica facciale, ricerca di formule espressive inedite ed estreme). Certo questi sono elementi troppo labili per una precisa identificazione, anche perché sono elementi comuni allo stile del tempo e rintracciabili in altri scultori ellenistici.

L'esaltazione della dinastia degli Attalidi si ripropone nel fregio minore dove le avventure di Telefo stabiliscono la discendenza divina di Eumene II. La differenza stilistica rispetto al fregio esterno è profonda. Vi è nel fregio di Telefo una maggiore dipendenza da modelli pittorici piuttosto che scultorei, evidente nel rapporto tra figure e sfondo, le prime talvolta disposte su più piani, il secondo lasciato ampiamente libero ad accogliere elementi paesistici e architettonici. Le gesta di Telefo si susseguono in modo continuo, iniziando dalla parete nord e proseguendo da sinistra a destra, rompendo la tradizionale regola dell'unità di tempo e luogo. La differenza stilistica rispetto al fregio maggiore, accompagna una differenza emotiva e di sentimento, che discende a livello di una epopea familiare e romanzesca.

Al servizio della politica culturale di Filetero si posero subito due ateniesi, Nicerato e Firomaco, entrambi bronzisti di scuola lisippea. Con Eumene I giungono a Pergamo altre personalità di primo livello come Stratonico di Cizico e soprattutto Antigono di Caristo. Al tempo di Attalo I la vittoria sui Galati venne celebrata in un grande donario, posto su una base cilindrica e sostenente una serie di statue. 

Queste statue erano poste sulla terrazza del Tempio di Atena, insieme ad altri tre monumenti commemorativi della vittoria, di cui oggi non è possibile ricostruire con precisione l'aspetto. Parte di questi monumenti commemorativi sembra ricondursi all'artista Epìgonos, una delle personalità fondamentali della scultura del III secolo a.C. 

Questo artista rappresenta per Pergamo quello che fu Fidia per Atene, infatti crea un linguaggio del tutto nuovo, in cui l'antico senso della misura cede completamente al pathos e all'enfasi: la retorica del gran gesto, il dinamismo, la sofferenza, la violenza, la morte vi sono esibiti con massima evidenza per coinvolgere emotivamente lo spettatore e suscitare sentimenti forti e primitivi: queste le caratteristiche principali del cosiddetto barocco pergameno. probabilmente bronzee, opera del caposcuola Epigonos. 

Tali opere sono andate perdute, ma alcune copie in marmo sono state riconosciute, permettendo di farsi un'idea del gruppo scultoreo. Tra queste il Galata morente e il Galata suicida, in cui i guerrieri sono attentamente caratterizzati dal punto di vista etnico, con gli zigomi alti, le lunghe ciocche della capigliatura, i baffi e la collana al collo. 

Si tratta di dettagli che testimoniano l'occhio analitico degli artisti di Pergamo. I vinti sono rappresentati con accenti patetici, che ne esaltano la grandezza e la dignità e quindi, di riflesso, la portata dell'impresa. Tra le altre opere commissionate da Attalo I si ricordano un secondo Donario per commemorare le vittorie sulle tribù dei celti e la stoà di Delfi, decorata da rilievi e sarcofagi e affiancata da un pilastro con la statua del dedicante.