Pergamo
è un'antica città dell’Asia Minore, nell'Eolide, posta a poca
distanza dalla costa del Mar Egeo, su di una collina (l'Acropoli di
Pergamo) che costituisce la principale località archeologica
dell’area. La città attuale è nota col nome di Bergama (Provincia di
Smirne).
Il mito
vede la città fondata da Grino, nipote di Telefo, che avrebbe onorato
l'amico Pergamo, nipote di Achille, intitolando a lui la città. La città
viene citata per la prima volta da fonti intorno al 400 a.C., ma
l'acropoli doveva già essere abitata in età arcaica. Presso la città
aveva sede un importantissimo santuario di Esculapio, rinomato per la
capacità taumaturgiche dei suoi sacerdoti ed importante sede di
pellegrinaggi provenienti da tutta la Grecia.
La sua
importanza si accrebbe notevolmente in età ellenistica quando Lisimaco,
uno dei Diadochi di Alessandro Magno, dopo la battaglia di Ipso (301
a.C.) scelse e fortificò l'acropoli come sede del suo tesoro (di oltre
9000 talenti) e ne diede la custodia all'eunuco Filetero, figlio di
padre greco e di madre paflagone. Lo Stato di Pergamo nasce da un
tradimento, infatti quando Lisimaco fu sconfitto da Seleuco I, Filetero
ne approfittò per passare dalla parte di Seleuco (282 a.C.),
quest'ultimo lo lascia padrone di Pergamo a patto di riconoscersi suo
vassallo. Filetero, pur essendo solo un vassallo, viene comunemente
riconosciuto come il capostipide della dinastia degli Attalidi (anche se
formalmente il titolo di re viene rivendicato per la prima volta da
Attalo I).
A
Filetero successe suo nipote, Eumene I, che rafforzò ulteriormente il
regno contro le mire espansionistiche dei sovrani seleucidi. Eumene I
rompe l'alleanza coi seleucidi e si proclama indipendente. Una chiara
testimonianza di questo passaggio è tramandata da Strabone:
"Filetero aveva due fratelli, Eumene, il più vecchio, e Attalo, il
più giovane. Eumene aveva un figlio omonimo, che ereditò Pergamo, il
quale già era signore delle regioni circonvicine e vinse una battaglia
presso Sardi ove si scontrò con Antioco, figlio di Seleuco"
(Strabone, XIII, 4,2). Eumene è ricordato anche per aver fondato la
biblioteca destinata a diventare la seconda del regno ellenistico, dopo
quella di Alessandria. Oltre a ciò si mostra promotore della cultura
ospitando alla sua corte intellettuali di fama come i filosofi Licone e
Arcesilao.
Con il
successore Attalo I (241-197 a.C.) la città esercitò la sua egemonia
su gran parte dell’Asia Minore occidentale. Il sovrano rifiutò di
pagare il tributo ai Galati, tribù celta stanziatasi nell'area
dell'Asia Minore che aveva fondato il regno della Galazia, alleati di
Antioco III seleucide. Questi mossero guerra ai pergameni, ma furono
sconfitti nel 240 a.C. a Misia presso le fonti del Caico assieme alle
truppe di Antioco. Fu proprio in seguito a questa vittoria che Attalo I
si arrogò il titolo di re. Pergamo riuscì così ad annettersi molti
territori seleucidi dell’Asia Minore. Ma è nel 232 a.C. con la
vittoria sui Tolistoboi, altra tribù celtica della Galazia, preso il
tempio di Afrodite della città di Pergamo che il re Attalo I libera le
sue terre dalle incursioni celtiche. Seguirono altre guerre con
seleucidi, con alterne fortune. La svolta fondamentale del regno di
Pergamo fu nel 205 a.C. quando venne stipulata un'alleanza con i romani,
ai quali rimasero fedeli durante le prime due guerre macedoniche; grazie
a quest'alleanza la città conobbe una notevole fioritura.

Con
Eumene II (197-159 a.C.), figlio e successore di Attalo I, il regno ebbe
un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando
la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso Altare di Zeus. Eumene II
contribuisce a far scatenare la guerra tra Roma e Antioco III (durante
la quale Pergamo viene attaccata da Seleuco IV, figlio di Antioco III,
198 a.C.). L'alleanza coi romani in questa guerra gli procura numerosi
possessi territoriali in Anatolia, strappati al dominio Seleucide. Con
Eumene II Pergamo diviene uno dei regni più potenti dell'Asia Minore
(pur se attentamente controllato dal Senato romano), infatti divenne una
grande potenza soltanto dopo il diktat di pace romano di Apamea
(188 a.C.) stipulato tra la repubblica romana e Antioco III, che comportò
il passaggio dei territori all'ovest del Tauro a Pergamo. Numerosi sono
i decreti di Roma che difendono l'alleata Pergamo ("I Romani
ordinarono ad Antioco di non aggredire l'Egitto, e a Filippo di non
commettere ingiustizie nei confronti dei Rodii, degli Ateniesi, di
Attalo o di nessun altro amico dei romani"). Tra il 187-183 Eumene
entra in guerra con il re di Bitinia, perdendo così i territori
ottenuti con la pace di Apamea.
Con
Attalo II (159-138 a.C.), fratello di Eumene II e tutore di Attalo III
(il figlio minorenne di Attalo I), ma di fatto re di Pergamo, il regno
consolidò l’alleanza con i romani combattendo contro altri dinasti
ellenistici e contenendo l'aggressività del regno di Bitinia.
Infine
Attalo III (138-133 a.C.) fu l’ultimo dinasta indipendente, poiché
alla sua morte, non avendo eredi maschi, lasciò il regno in eredità ai
romani, limitandosi a concedere la libertà soltanto a Pergamo e alle
città greche. Probabilmente non intendeva una cessione permanente ma
soltanto una soluzione temporanea per impedire al fratello illegittimo,
Aristonikos, di prendere il potere. Questo territorio venne sfruttato
dai romani per costituire la provincia romana d'Asia (129 a.C.). Questa
provincia comprendeva la Ionia e il regno di Pergamo, le regioni più
lontane vengono affidate ai re vicini, riconosciuti come vassalli. Roma
riscontrò vari problemi prima di poter creare una provincia legittima,
infatti Aristonikos si proclamò re Eumene III (di cui ci rimangono
ancora le monete) e fu sconfitto definitivamente nel 130 a.C. e i suoi
seguaci nel 129 a.C.
Rispetto
agli altri regni ellenistici Pergamo rimane secondario sicuramente come
dimensioni e come nobiltà dinastica, infatti i suoi re non possono
vantare un'ascendenza macedone o basare la loro sovranità sul diritto
delle armi; ma per non essere da meno dei Lagidi o dei Seleucidi, che si
riconosco discendenze divine, gli Attalidi rafforzano la loro sovranità
con il mito della discendenza da Telefo. Nel mondo antico vengono
soprattutto ricordati per la vittoria contro i Galati, simbolo della
vittoria della grecità sulle genti barbare, e per la costruzione di
bellissimi monumenti.
In età
romana Pergamo fu una città prospera, famosa per l’attività dei
ceramisti, la produzione di unguenti e di pergamene, che prendono il
nome dalla città. La città fu probabilmente sede di una chiesa
apostolica poiché viene nominata nell’Apocalisse di Giovanni.
Il
declino della città seguì quello dell’Impero Romano. In età
bizantina fu sede di vescovado. Saccheggiata dagli arabi, la città fu
poi presa dagli Ottomani, che vi edificarono diverse moschee.
I resti
della capitale furono scavati a partire dal 1873. Ma l'opera venne
portata a termine da ricercatori tedeschi, infatti nel 1878 l'archeologo
tedesco Carl Human cominciò una vasta campagna di scavi nella città di
Pergamo che in otto anni portò alla scoperta di una acropoli di
inestimabile valore artistico ed archeologico. L'accordo fatto con il
governo turco prevedeva che Human poteva portare in Germania metà delle
opere scoperte, metà doveva invece rimanere in Turchia. Così Human
riuscì a portare a Berlino il fregio che circonda la base del tempio di
Pergamo, lungo 170 metri, che oggi costituisce la parte più preziosa
del tempio esposto nel museo. La parte soprastante è una ricostruzione
dell'originale rimasto in Turchia.

La città
di Pergamo si erge a 30 km dalla costa, su uno sperone formato da due
affluenti del Caico, il Selinunte e il Cezio. Questo spuntone (335
metri) fornisce un sito magnifico, ma difficile da sistemare proprio a
causa dell'altezza. Gli architetti vi riescono sovrapponendo tre città,
riunite tra loro mediante scalinate, con belvederi e terrazze a portici
che attestano un nuovo gusto per il pittoresco e che si adattano
perfettamente al paesaggio. Attalo I, usando ampiamente del bottino
preso dai Galati, dà via a un programma di rinnovamento edilizio senza
precedenti: trasforma la piccola città in una metropoli elegante, ricca
di edifici sontuosi e conclusa da una splendida acropoli, con ampie
terrazze e colonnati, raccordate da terrazze ornate da portici e
sculture. Grazie a lui Pergamo costituisce uno dei più spettacolari
esempi di urbanistica del tempo.
La città
alta è la più importante, quella in cui si concentrano le funzioni
politiche ed amministrative, comprende una doppia agorà, fiancheggiata
da un tempio ionico di Dioniso. Sulla spianata superiore si trova in
grande tempio di Zeus e di Atena, uno degli edifici più notevoli sia
per le dimensioni colossali che per la bellezza della sua decorazione
scultorea. Sempre nella città alta troviamo la Biblioteca, il palazzo e
il teatro: gli edifici simbolo della polis.
Nella
città mediana è presente un magnifico ginnasio. Poi troviamo i templi
di Demetra e di Era Basìleia su più piani sovrapposti collegati da
rampe di scale e da passaggi sotterranei. In mezzo a questi due tempi è
situato il Pritaneo.
La città
bassa, con una spaziosa agorà contornata da un colonnato a due piani,
costituisce il centro commerciale.
Nel
complesso questa città, costruita per rivaleggiare con Atene e in cui
trovano espressione tante ispirazioni nuove, rappresenta un mirabile
successo. Questo successo si spiega grazie alle molteplici attività di
cui Pergamo è diventata il centro. Non è solo il commercio a rendere
conto dello sviluppo, essendo situata troppo in disparte rispetto alle
grandi vie verso l'Asia. Tuttavia è il centro di un ricco territorio
agrario (grano, olivi, vigneti), vi si pratica un allevamento
scientifico con selezione delle razze e un'industria specializzata:
profumi, tessuti pregiati, pergamena (come ricorda il nome stesso della
città). Inoltre è la capitale di uno Stato che, senza essere uno dei
più grandi regni, è certamente uno dei meglio amministrati e dei più
ricchi.
L'ambizione
dei regnanti è di fare di Pergamo l'Atene del mondo ellenistico. La sua
biblioteca fa concorrenza a quella di Alessandria; il palazzo reale
racchiude un vero e proprio museo di cultura, nel quale nasce la critica
d'arte. Numerosi investimenti furono fatti per gli edifici pubblici
(finalizzati alla celebrazione della dinastia) che fecero di Pergamo una
delle capitali artistiche del mondo ellenistico. In più vi si trova una
notevole scuola di retorica e un'officina di scultura con artisti
protetti dai sovrani. Grazie a questa scuola Pergamo diviene il
principale centro dell'arte drammatica. Plinio il Vecchio dice che
proprio grazie all'arte di Pergamo i Romani "cominciarono ad amare
e non più soltanto ad ammirare le meraviglie straniere."
La
gloria di Pergamo viene citata anche da Strabone, che riconosce in
Eumene II e in Attalo II i principali fondatori della grandezza di
Pergamo: "Anche costui (Eumene II) si unì con i Romani a
guerreggiare contro Antioco il Grande e contro Perseo, e ne ebbe in
ricompensa tutto il paese a di qua del Tauro, che era stato soggetto ad
Antioco. prima di ciò i luoghi dipendenti da Pergamo erano pochi,
estendendosi solo fino al mare, verso il golfo Elaitico e Adramitteno.
Questo Eumene ampliò la città di Pergamo, vi piantò il bosco attorno
al Niceforio ; l'altro re (Attalo II), per amore di gloria, vi
eresse monumenti e biblioteche, e tutto, insomma, procedette da lui
quell'insediamento di Pergamo così grande che sussiste tutt'ora."

Scuola
di Pergamo
La
Scuola di Pergamo fu una corrente artistica dell'età ellenistica,
assieme a quella alessandrina e quella rodia. Si sviluppò nel Regno di
Pergamo, dominato dalla dinastia degli Attalidi dal 263 a.C. e
controllante una larga fetta dell'Egeo, oltre all'area circostante in
Asia Minore. Per l'energia delle rappresentazioni, il senso teatrale del
movimento e il suo virtuosismo, la scuola di Pergamo è stata definita
come "barocca".
Citata
già dal 400 a.C. circa e dotata di un'acropoli e di un rinomato
santuario di Esculapio, Pergamo acquistò notevole importanza in età
ellenistica, quando Lisimaco, uno dei Diadochi di Alessandro Magno, dopo
la battaglia di Ipso (301 a.C.) scelse e fortificò l'acropoli come sede
del suo tesoro (di oltre 9000 talenti) e ne diede la custodia a
Filetero, figlio di Attalo. Quando Lisimaco fu sconfitto da Seleuco I,
Filetero ne approfittò per consolidare la sua posizione e rendere
definitiva la sua supremazia sulla città, divenendo il capostipite
della dinastia degli Attalidi. Con Attalo I (241-197 a.C.) la città
esercitò la sua egemonia su gran parte dell’Asia Minore occidentale.
Il
sovrano rifiutò di pagare il tributo ai Galati, popolazione celta
stanziatasi nell'odierna Turchia dove aveva fondato il regno di Galazia;
i Galati mossero guerra ai pergameni, ma furono sconfitti nel 240 a.C.
presso le fonti del Caico, assieme alle truppe del loro alleato Antioco
III. Pergamo riuscì quindi ad annettersi molti territori seleucidi
dell’Asia Minore e nel 232 a.C., con la vittoria sui Tolistoboi (tribù
celtica della Galazia), la città si liberò dalle incursioni celtiche.
Questi
avvenimenti diedero ad Attalo I la possibilità di paragonare le proprie
vittorie a quelle degli ateniesi che avevano guidato i Greci e sconfitto
i Persiani, rivaleggiando con Atene nella magnificenza delle commissioni
per la città e per le per le opere votive dedicate a Delfi e a Delo.
Eumene
II (197-159 a.C.) successe ad Attalo I e sotto di lui il regno ebbe
un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando
la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso Altare di Zeus.
Seguirono
altre guerre con i Seleucidi, con alterne fortune. Venne stipulata una
alleanza con i Romani, di cui rimasero alleati dinastici e la città
conobbe una notevole fioritura artistica.
Con
Attalo II (159-138 a.C.), si entra nella fase del tardo ellenismo; il
classicismo nella scultura pergamena assume una connotazione di
continuità rispetto alle proprie origini, ma nella seconda metà del II
secolo a.C. diviene anche indice di una perdita rispetto alla creatività
formale originatasi ai tempi di Filetero e Attalo I. Gli spunti vengono
cercati non solo in Atene, ma anche a Rodi.
Appartiene
a questo periodo l'Apoteosi di Omero, un rilievo dedicato a
Pergamo in onore di Cratete di Mallo, opera di Archelao di Priene, che
elabora stile e iconografia delle Muse di Filisco di Rodi.
Dopo la
morte di Cratete i soggetti della rappresentazione subiscono un
ripiegamento nell'accentuarsi dei valori e delle dimensioni umane
secondo un atteggiamento consono all'alessandrinismo introdotto a
Pergamo da Apollodoro di Atene, ne è un esempio il Piccolo donario
fatto erigere sull'acropoli di Atene.
Gli
studi di B. Andreae sembrano ricondurre all'ambito pergameno anche il
celebre Gruppo del Laocoonte, in particolare in un'ipotetica
prima redazione bronzea, offerta a Roma in segno di alleanza tra le due
città che nei miti di fondazione condividevano analoghi legami con la
saga troiana. La consumata abilità nella resa del nudo, la violenza
dello slancio, l'espressione intensamente drammatica, il ritmo serrato e
carico di tensione, sono tutte caratteristiche che rimandano al
"barocco" pergameno.
Tra le
altre opere attribuite alla scuola di Pergamo, il Torso Gaddi,
frammento di un gruppo scultoreo con un centauro giovane, libero, e uno
anziano con le mani legate dietro la schiena (a cui si riferisce il
torso) e tormentato da un amorino che lo cavalca.
Particolare
importanza riveste nella produzione pergamena la scultura decorativa,
dotata di grande inventiva, alla quale si devono le cataste d'armi e
altri nuovi motivi vegetali e figurati.
I resti
della capitale furono scavati a partire dal 1873 dalla scuola
archeologica tedesca: in base agli accordi con l'Impero ottomano molti
dei reperti vennero acquistati e portati a Berlino, dove si trovano, ad
esempio, tutte le sculture dell'Altare di Zeus.
Architettura,
Scultura e Urbanistica

L'impianto
della città era estremamente scenografico, articolato su grandi
terrazze sulle pendici di un monte. Edifici pubblici come ginnasi, agorà,
stoai e santuari si susseguivano su diversi livelli fino al
culmine dell'acropoli vera e propria, dove si trovavano le architetture
più importanti: il tempio di Athena, l'Altare di Zeus e i palazzi
reali, su terrazze disposte a ventaglio intorno al teatro. La stretta
relazione tra paesaggio e complessi architettonici non fu conseguenza di
un progetto originario, ma di una sistemazione progressiva che giunse a
completamento con i lavori di Eumene II e che ebbe inizio, come sembra,
con il tempio di Atena Polias.
Il tempio
di Atena Poliàs era un tempio greco costruito nella parte più
antica della città di Pergamo, risalente al III secolo a.C. per
progetto di Filetero. Si tratta di un tempio periptero dorico di 6x10
colonne (insolito data la tradizione locale) con cella a 2 navate
rivolta verso Nord, opistodomo assente e pronao con 2 colonne in antis.
Dopo la
vittoria di Attalo I sui Galati la città si era dotata di un'acropoli
monumentale. Su di essa Attalo I eresse un tempio ad Atena Poliàs
(protettrice della città, il cui culto aveva avuto origine ad Atene) e
ne ornò la piazza antistante con statue bronzee (che conosciamo in
parte da copie in marmo; altre, simili nel tema e nello stile, furono
collocate da Attalo II nel donario sull'acropoli (201 a.C.). Il tema
dominante era la vittoria sui "barbari" e il trionfo della
civiltà sulla forza, come al solito, nella cultura greca antica,
trasfigurato in scene mitologiche.
Eumene
II fece circondare da portici il recinto di Atena sul lato Est e Nord:
questi erano concepiti come veri edifici praticabili a 2 piani,
caratterizzati dalla presenza di colonne doriche al piano inferiore e
ioniche a quello superiore, fra cui troviamo il propilon e la
biblioteca.
Il
frontone del tempio era decorato da varie scene mitologiche, delle quali
si conoscono alcune parti. A destra si trovava Proteo, una figura
triforme (corpo a forma di serpente con tre teste); il centro era
occupato da una statua di Atena, oggi sconosciuta; a sinistra infine si
trovava un mostro marino (Tritone), con la coda di pesce, cavalcato da
Eracle.
Il
monumento simbolo della scuola di pergamo è l'Altare di Zeus Sothèr,
cioè "salvatore". Eumene II tenta di accrescere in ogni modo
la reputazione della città, proseguendo con inusitata larghezza la
politica di mecenatismo del padre, per fare di Pergamo la vera
"Atene d'Asia". Le principale divinità dell'epoca classica
ottengono il loro tempio e un gran numero di statue. Tra le opere che fa
innalzare spicca il sontuoso tempio sull'acropoli dedicato a Zeus Sotér
e Atene Nikephoros (Zeus salvatore e Atene portatrice di vittoria).

Sui
terrazzamenti dell'acropoli di Pergamo, che dai suoi 330 metri d'altezza
dominava la valle del Caico, l'altare si levava scenografico e
imponente, con una struttura molto originale. In pianta l'altare ha una
forma quadrangolare, con la facciata, rivolta alla vallata, mossa da una
scalinata centrale, larga quasi venti metri, e da due avancorpi, creanti
una sorta di forma a "U".
In
alzato la struttura era rialzata di cinque gradini, dopo i quali si
alzava il basamento, alto circa 4 metri, lungo il quale si sviluppava il
"grande fregio" continuo con la Gigantomachia. Si
accedeva al livello superiore tramite la scalinata centrale, appunto, ed
esso consisteva in un grande vano, alto circa sei metri, circondato da
un colonnato ionico continuo, che proseguiva anche lungo gli avancorpi.
All'interno del vano correva lungo tutte le pareti un secondo colonnato,
fatto a coppie di colonne unite da un'anima muraria. L'altare vero e
proprio si trovava al centro e su di esso si trovava il "piccolo
fregio", con le Storie di Telefo, figlio di Eracle e mitico
fondatore della città.
Alcuni
frammenti ceramici testimoniano che l'altare fu iniziato dopo il 168-165
a.C., qualunque sia l'occasione, è certo però che l'altare viene
concepito per essere un capolavoro, un monumento senza uguali in alcuna
città del mondo, l'obbiettivo viene raggiunto: è infatti incluso tra
le sette meraviglie del mondo.
Varie
iscrizioni ricordano la presenza nel cantiere di numerosi artisti,
pergameni, ateniesi e forse rodi. Evidente è però che un unico maestro
sovraintese l'opera, dando una visione unitaria a tutto il complesso
decorativo. Su chi possa essere si possono solo fare ipotesi non
riscontrabili da dati oggettivi. È stato fatto il nome di Firomaco,
artista attico, che le fonti antiche ricordano come uno dei sette più
grandi scultori greci. Questa ipotesi, secondo alcuni, troverebbe una
conferma stilistica in alcune scene, dove l'impostazione di Zeus e Atena
che combattono, ad esempio, ricorda quella di Atena e Poseidon nel
frontone occidentale del Partenone di Fidia. Vi sono stati letti anche
contorni politici, sociali e religiosi: l'accomunare infatti i pergameni
agli ateniesi riaffermava l'appartenenza dei due popoli a un'unica
stirpe, con gli stessi valori e la stessa cultura.
L'altare
è venuto alla luce fra il 1871 e il 1879, durante gli scavi
sull'acropoli di Pergamo condotti dall'archeologo tedesco Carl Humann.
Nel 1886, l'altare fu portato da Pergamo a Berlino, Germania, con il
permesso del sultano Abdul Hamid II, al potere in quel tempo. La
composizione dell`altare all`interno del museo fu affidata
all`archeologo tedesco Otto Puchstein. Quasi un secolo dopo, nel 1948,
il fregio dell'Altare di Zeus fu confiscato dall'Armata Rossa e portato
da questa a Leningrado. Solo dieci anni più tardi, il fregio ritornò
nella Germania dell'Est, come regalo da parte dell'allora Unione
Sovietica.
La
collocazione attuale dell’altare nel Pergamonmuseum rispecchia un
gusto e le inclinazioni di un preciso momento storico-culturale
dell’inizio del’900. Il museo, appositamente costruito a Berlino a
inizio ‘900 per ospitare le antichità pergamene, riunisce i
rilievi originali del Tempio di Zeus e Atena e numerosi reperti
provenienti dagli scavi dell’area.
Nella
seconda metà del 600 d.C., in occasione di due attacchi arabi
dell’area bizantina, l’altare sull’acropoli venne frettolosamente
smontato per costruire con le lastre marmoree un nuovo bastione delle
mura urbane, limitato alla zona dell’acropoli.
Nel
1878-86, in seguito della vittoria della Prussia sulla Francia, Berlino,
capitale imperiale volle dotarsi di un polo museale che potesse
rivaleggiare col Louvre o il British Museum. Su decisione di Berlino
venne smontato parte del bastione bizantino di Pergamo e portate le
lastre scolpite e altri elementi architettonici a Berlino, per
rimontarle. Il Museo di Pergamo fu progettato nei primi decenni del XX
secolo e inaugurato nel 1930. L’altare, già nel progetto, doveva
essere ospitato nella più vasta museale del mondo, come simbolo ultimo
della perfezione della cultura ellenica, e del neoclassicismo. Per molti
si tratta di una cittadella prussiana, con chiari intenti elegiaci della
supremazia tedesca in Europa.
Nel
1948 il fregio dell’altare venne confiscato dall’Armata Rossa e
portato a Leningrado (S. Pietroburgo) come parte dei debiti di guerra
contratti dalla Germania nazista. Nel 1958 i Russi restituirono il
fregio al museo come segno di amicizia nei confronti dell’allora DDR.
Nel
1990, a seguito della riunione delle due Germanie e dei rispettivi
patrimoni museali, vennero avviati anche lavori di ristrutturazione del
Museo. E’ in quest’epoca che inizia l’aspra polemica sulla
restituzione del monumento alla Turchia, polemica che sfocia nel 2012 ,
nell’occupazione simbolica del Museo da parte dei militanti di
Occupy Museums.
Si
tratta di una costruzione di dimensioni colossali, che dal punto di
vista architettonico rientra nel tipo del grande altare monumentale
ellenistico. Ciò che lo distingue e lo pone al di sopra di qualsiasi
altro monumento del tempo è la decorazione scultorea, la più sontuosa
mai realizzata nel mondo greco. Sulla copertura del colonnato superiore
erano poste molte figure di animali e di personaggi mitologici in
bronzo, oggi purtroppo totalmente perdute. Tutto intorno al basamento
correva uno splendido, impressionante fregio a rilievo, alto 2,3 metri e
lungo oltre 120, in cui era rappresentato senza alcuna interruzione la Gigantomachia:
la vittoriosa lotta degli dei olimpi contro i giganti figli della Terra
e del Cielo simboli del caos e nemici dell'ordine garantito da Zeus
(metafora mitologica dei nemici greci e non greci di Pergamo). Un
secondo fregio (alto 1,56 metri) era disposto lungo le pareti interne
del portico colonnato, vi erano raffigurate le imprese dell'eroe Télefo,
il mitico figlio di Eracle, che nella tradizione encomiastica locale era
considerato il progenitore della dinastia degli Attalidi.
La Gigantomachia
è uno dei capolavori assoluti dell'arte ellenistica, sul lato orientale
si trovano le maggiori divinità olimpiche (Zeus, Atena, Latona, Apollo,
Demetra ecc.) affiancate da Eracle; sul lato occidentale ci sono invece
le divinità marine e terrestri, sul lato settentrionale le divinità
della notte e degli astri, infine sul lato meridionale la dea del
giorno. Gli dei sono occupati in singolari e vittoriosi duelli contro i
giganti, le statue talvolta debordano fuori dallo spazio figurativo
tendendo a coinvolgere emotivamente lo spettatore. Le espressioni di
intenso dolore colpiscono fortemente il visitatore, infatti l'indagine
dell'espressione dei volti, già iniziata da Skopas e Lisippo, è qui
spinta intenzionalmente all'eccesso.

La
decorazione seguiva un programma erudito, elaborato probabilmente dai
filologi della Biblioteca di Pergamo. Se nella parte orientale i Giganti
lottano infatti con le tradizionali divinità olimpiche, nei restanti
lati un folto gruppo di divinità minori affollava le scene: a nord gli
dei della notte, a sud gli dei della luce, a ovest le divinità marine e
Dioniso.
Da un
punto di vista stilistico, il grande fregio riprende alcuni stilemi dei
grandi maestri dei decenni precedenti, come la possanza dei nudi di
Fidia, o la dinamicità delle figure di Skopas. In generale però il
senso di movimento è portato alle estreme conseguenze, ricorrendo
spesso a linee oblique e divergenti, che generano azioni convulse.
Inoltre appare accentuato il patetismo delle figure, con un senso
teatrale che accresce la partecipazione emotiva dello spettatore. Tali
novità, nel complesso, sono state definite "barocche", anche
grazie a un maggiore ricorso del trapano, che crea effetti di
chiaroscuro più accentuati, e con l'alternarsi dell'altorilievo a parti
lisce.
L'esecuzione
di questi fregi richiese sicuramente l'intervento di numerosi maestri,
che lavorano però nell'ambito di un coerente linguaggio stilistico, la
cui uniformità lascia presupporre la presenza di un artista di grande
personalità e carisma, responsabile dell'ideazione. Le fonti dell'epoca
sono poco interessate alle personalità degli artisti ellenistici quindi
non ci riportano alcun nome; si è provato a identificare il maestro
dell'altare con Phyromachos di Atene, oggi poco noto ma molto apprezzato
in età ellenistica (tanto che il suo nome è riportato in un papiro
egiziano come uno dei sette scultori più bravi di tutti i tempi).
Phyromachos fu attivo a Pergamo dal 172 a.C., di lui ci sono pervenuti
dei ritratti scultorei (es. Ritratto di Antistene) la cui mimica
facciale ha molto in comune col le statue del fregio (intensità dello
sguardo, violenta plasticità del volto, tendenza ad accentuare ogni
elemento della fisionomia e della mimica facciale, ricerca di formule
espressive inedite ed estreme). Certo questi sono elementi troppo labili
per una precisa identificazione, anche perché sono elementi comuni allo
stile del tempo e rintracciabili in altri scultori ellenistici.
L'esaltazione
della dinastia degli Attalidi si ripropone nel fregio minore dove le
avventure di Telefo stabiliscono la discendenza divina di Eumene II. La
differenza stilistica rispetto al fregio esterno è profonda. Vi è nel
fregio di Telefo una maggiore dipendenza da modelli pittorici piuttosto
che scultorei, evidente nel rapporto tra figure e sfondo, le prime
talvolta disposte su più piani, il secondo lasciato ampiamente libero
ad accogliere elementi paesistici e architettonici. Le gesta di Telefo
si susseguono in modo continuo, iniziando dalla parete nord e
proseguendo da sinistra a destra, rompendo la tradizionale regola
dell'unità di tempo e luogo. La differenza stilistica rispetto al
fregio maggiore, accompagna una differenza emotiva e di sentimento, che
discende a livello di una epopea familiare e romanzesca.

Al
servizio della politica culturale di Filetero si posero subito due
ateniesi, Nicerato e Firomaco, entrambi bronzisti di scuola lisippea.
Con Eumene I giungono a Pergamo altre personalità di primo livello come
Stratonico di Cizico e soprattutto Antigono di Caristo. Al tempo di
Attalo I la vittoria sui Galati venne celebrata in un grande donario,
posto su una base cilindrica e sostenente una serie di statue.
Queste
statue erano poste sulla terrazza del Tempio di Atena, insieme ad altri
tre monumenti commemorativi della vittoria, di cui oggi non è possibile
ricostruire con precisione l'aspetto. Parte di questi monumenti
commemorativi sembra ricondursi all'artista Epìgonos, una delle
personalità fondamentali della scultura del III secolo a.C.
Questo
artista rappresenta per Pergamo quello che fu Fidia per Atene, infatti
crea un linguaggio del tutto nuovo, in cui l'antico senso della misura
cede completamente al pathos e all'enfasi: la retorica del gran
gesto, il dinamismo, la sofferenza, la violenza, la morte vi sono
esibiti con massima evidenza per coinvolgere emotivamente lo spettatore
e suscitare sentimenti forti e primitivi: queste le caratteristiche
principali del cosiddetto barocco pergameno. probabilmente
bronzee, opera del caposcuola Epigonos.
Tali
opere sono andate perdute, ma alcune copie in marmo sono state
riconosciute, permettendo di farsi un'idea del gruppo scultoreo. Tra
queste il Galata morente e il Galata suicida, in cui i
guerrieri sono attentamente caratterizzati dal punto di vista etnico,
con gli zigomi alti, le lunghe ciocche della capigliatura, i baffi e la
collana al collo.
Si
tratta di dettagli che testimoniano l'occhio analitico degli artisti di
Pergamo. I vinti sono rappresentati con accenti patetici, che ne
esaltano la grandezza e la dignità e quindi, di riflesso, la portata
dell'impresa. Tra le altre opere commissionate da Attalo I si ricordano
un secondo Donario per commemorare le vittorie sulle tribù dei
celti e la stoà di Delfi, decorata da rilievi e sarcofagi e affiancata
da un pilastro con la statua del dedicante.
|