Efeso
Turchia

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2015

Èfeso fu una delle più grandi città ioniche in Anatolia, alla foce del fiume Caistro, sulla costa dell'odierna Turchia e città natale dello scrittore Androne di Efeso, autore di un'opera sui Sette savi che pare s'intitolasse Τρίπους. La città si trovava in quella che è l'attuale Turchia approssimativamente fra le città di Smirne e Aydın.

Fu un importante e ricco centro commerciale e dal 129 a.C. fu la capitale della provincia romana di Asia. Tra le rovine, che ne fanno uno dei più noti siti archeologici del Mar Mediterraneo, sono degne di nota quelle del Teatro, del piccolo tempio di Adriano, della Biblioteca di Celso e dei numerosi stabilimenti di bagni pubblici. Ridotte a una singola colonna sono invece le testimonianze di quello che fu il più celebre monumento di Efeso, e secondo Pausania (4.31.8) il più grande edificio del mondo antico: il tempio di Artemide, una delle Sette meraviglie del mondo, raso definitivamente al suolo nel 401 per ordine di Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli. Efeso è stata la terza città più potente del mondo antico dopo Roma e Alessandria d'Egitto.

Dagli scritti degli Ittiti del XIV secolo a.C. si trovano informazioni sul regno di Akhhiyava, che si sa fu fondato nella zona di Mileto. Da queste informazioni risulta che un'importante città del regno fu Apasas; la poca distanza di Efeso da Mileto e la somiglianza fra il nome Apasas e il greco Efesos secondo alcuni dimostra che Efeso fu in origine Apasas. Il vasellame di terracotta, trovato nelle tombe del periodo miceneo, e i più antichi reperti storici di Efeso, sono del XV e XIV secolo a.C. Ciò dimostrerebbe che gli abitanti di Micene avevano rapporti con Apasas. Oltre agli elementi storico-archeologici, vi sono le leggende mitologiche e per esempio, secondo Strabone il nome Efeso deriverebbe da quello di una regina delle Amazzoni, le quali sarebbero le fondatrici della città.

Nel VII secolo a.C. Efeso come tutte le città della zona ionica fu invasa dai Cimmeri, che non si stanziarono definitivamente ma causarono molte devastazioni tra cui la distruzione del tempio della dea Cibele, venerata come "Grande Madre" e le cui caratteristiche erano simili a quelle della dea greca Artemide (Diana per i Romani). Nel VI secolo a.C. Efeso fu assediata dagli abitanti della Lidia divenuta uno stato potente con capitale Sardi.

Gli Efesini, sicuri della protezione di Cibele tesero una corda dal tempio fino alla porta della città e si radunarono da una parte senza preoccuparsi dell'attacco di Creso, re di Lidia, che però invase la città. Creso non usò violenza sugli abitanti, anzi li aiutò nella ricostruzione del tempio di Cibele e in una delle colonne utilizzate fece incidere il suo nome. Licenziò poi i suoi soldati mercenari e ritornò a Sardi, ma poco dopo perse la guerra che gli mosse Ciro e fu preso prigioniero. La guerra dei Persiani si estese alle città ioniche ed Efeso finì nelle loro mani. I persiani utilizzarono il porto e le navi di Efeso e imposero tasse gravose.

Le città ioniche stanche del dominio persiano si coalizzarono e rivolsero le armi contro i Persiani e la lotta finì nel 494 a.C. con la sconfitta della flotta degli Ioni nel golfo di Mileto, dopo di che distrussero e saccheggiarono Mileto e le altre città ioniche. Nelle guerre peloponnesiache Efeso parteggiò un po' per Atene e un po' per Sparta.

Nella guerra contro i Persiani Alessandro Magno entrò in Efeso e fu accolto come un dio, dopo la sua morte Efeso nel 313 a.C. cadde sotto il dominio di Kyldop in nome dei Macedoni, però gli scontri e le lotte di potere si estesero a tutta l'Anatolia per diversi anni e si alternarono a periodi brevi d'indipendenza, periodi di dominio di Pergamo, della repubblica romana, del regno del Ponto, e con la sconfitta ad opera dei Romani di Mitridate VI del Ponto, Efeso fu definitivamente sotto Roma.

Marco Antonio dopo la battaglia di Filippi venne ad Efeso dove fu accolto con feste dionisiache da lui gradite. Quando i suoi rapporti con Ottaviano cominciarono a peggiorare Antonio mandò il suo esercito in Cilicia e con Cleopatra tornò ad Efeso, le sue navi si unirono a quelle di Cleopatra e ci fu la battaglia di Azio che sancì la vittoria di Ottaviano e la nascita dell'impero romano. Nel tempo di Ottaviano, chiamato Augusto, Efeso divenne la capitale della provincia romana nell'Asia Minore, sede del prefetto romano e si trasformò in una metropoli centro di commerci con più di 200.000 abitanti. (Le rovine rimaste oggi sono quasi tutte del tempo di Augusto). L'imperatore Adriano venne ad Efeso due volte, la seconda nel 129, e si occupò del dragaggio del porto. Nel 29 a.C. il proconsole Sextus Appuleius provvide alla pavimentazione stradale, mentre lo stesso Augusto finanziò la costruzione di due acquedotti.

Nell'anno 262 una flotta di 200 navi di Goti partita dalla Crimea passò il Bosforo e raggiunse ed invase Efeso dove distrusse bruciandolo il tempio di Artemide. Il tempio, considerato una delle Sette Meraviglie del mondo, fu ricostruito dagli Efesini. Già nella prima metà del I secolo si era diffusa la nuova religione cristiana e Paolo di Tarso fu ad Efeso nel 53. I commercianti che vendevano statuette di Artemide eccitati da un orefice di nome Demetrio manifestarono contro San Paolo che aveva criticato la realizzazione delle statuette della dea al grido di "grande è la Diana degli Efesini!" (Atti, 18:23-21:16). Dopo questo episodio, San Paolo partì per la Macedonia, in seguito tornò nella Ionia ma si stabilì a Mileto. Dopo l'uccisione a Roma di San Paolo capo della chiesa di Efeso fu San Giovanni a cui Cristo aveva affidato la madre. Il celebre tempio di Artemide, una delle Sette meraviglie del mondo antico, fu distrutto ancora una volta e definitivamente nel 401 per ordine del vescovo. Nei verbali del concilio di Efeso del 431 si scrive che Giovanni prese con sé Maria e venne ad Efeso e si stabilì per un periodo a Museion che era proprio nel posto dove è la chiesa della Madonna. San Giovanni nonostante l'età avanzata viaggiò in tutta l'Anatolia per diffondere il cristianesimo, mentre cresceva l'ostilità contro i Cristiani.

San Giovanni fu preso, torturato ed esiliato a Patmo dove, secondo la tradizione scrisse l'Apocalisse. Sempre secondo la tradizione tornò poi ad Efeso, scrisse il Vangelo, morì e fu sepolto, secondo quanto disposto nel suo testamento, dove si trova la chiesa a lui dedicata. Le più accreditate tesi sulla storia delle Scritture concordano nell'identificare in Efeso il luogo in cui fu scritto il Vangelo secondo Giovanni, ma datano la sua realizzazione tra il 90 e il 100 d.C., lasciando quindi forti dubbi che a scriverla sia stato effettivamente l'apostolo.

Nel 431 si tenne il Concilio di Efeso, su disposizione dell'imperatore Teodosio II, per sedare le due fazioni, una che sosteneva che Maria era la madre di Gesù dio e quindi di Dio, l'altra che era madre solo di Gesù uomo. Al concilio parteciparono duecento vescovi.

Nel IV secolo sulla collina di Ayasuluk si era costruita una basilica e la popolazione di Efeso cominciò a trasferirsi sulle pendici della collina perché il porto aveva perduto la sua importanza ed Efeso stava declinando, mentre la collina aumentava di popolazione e d'importanza, favorita anche dalla costruzione della chiesa dedicata a San Giovanni sulla vecchia basilica decisa dall'imperatore Giustiniano. Nel VII e VIII secolo le rive dell'Anatolia furono soggette alle incursioni degli Arabi e fu facile a loro il saccheggio di Efeso essendo scomparsa l'unità dell'Anatolia. Dopo questi avvenimenti la difesa si concentrò sulla collina di Ayasuluk, si costruirono nuove mura mentre rimase indifesa la vecchia Efeso e prosperò Ayasuluk conquistata dai Turchi che vi costruirono moschee, Venezia e Genova vi aprirono il loro consolato e divenne sede vescovile. Dopo qualche anno Efeso passò sotto il dominio ottomano e venne abbandonata.

Col passare del tempo la città fu dimenticata del tutto, la costruzione della ferrovia da Istanbul a Baghdad con la stazione di Ayasuluk fu l'occasione per cui si intrapresero i primi scavi nel 1869 alla ricerca del tempio di Artemide, scavi che furono abbandonati, poi ripresi più volte da varie missioni di archeologi europei. 

Scavi condotti in campagne del 1904-1905 nel basamento del tempio, in uno strato precedente al 560 a.C., hanno portato alla luce il più importante documento monetario, consistente in un cospicuo gruppo di monete globulari in elettro (lega di oro e argento, a basso contenuto d'oro), recanti striature o tipi su di una sola faccia, mentre l'altra (il rovescio) è segnata da un punzone. Siamo probabilmente nel 640-630 a.C., ma l'ipotesi non è da tutti condivisa.

MURA - La cinta muraria lunga 8 km. circonda tutta la città, è costruita con blocchi di pietra squadrata ed era larga due metri ed alta sei, spesso sostenute da piccole torri quadrangolari, la sola torre di fronte al porto è a due piani ed è chiamata dalla gente "la prigione di San Paolo". Le strade fuori dalle mura erano fiancheggiate da sepolcri.

L'entrata e l'uscita dalle mura era assicurata da due porte. Con la pax romana di Augusto che durò dal I al III secolo non vi fu più bisogno di difendersi e le mura furono trascurate, durante il periodo bizantino Efeso perse importanza e divenne povera economicamente, la sua popolazione diminuì e fu più difficile difendersi dagli attacchi dei nemici con porte che avevano una grande lunghezza, si restrinse allora la cinta con nuove dimensioni più modeste e con più economia.

STRADE - Le strade erano lunghe e diritte, fiancheggiate da portici, pavimentate a grandi lastre di calcare bianco.

La Via Sacra si trova immediatamente dopo l'ingresso inferiore e collega l'Anfiteatro con la Porta di Augusto. Gran parte della Via Sacra è affiancata dall'Agorà, che oggi si presenta come un grande spazio vuoto ma che nell'antichità ospitava il mercato ed era il centro commerciale della città. La pavimentazione è completamente in marmo. La via Sacra terminava sull'Agorà con un embolos (cuneo) su cui si affacciavano a destra la Biblioteca di Celso e la monumentale Porta di Augusto, mentre a sinistra sfociava in via dei Cureti.

La Via dei Cureti collegava l'Agorà inferiore a quella superiore.

La Via del Porto, costruita dall'imperatore bizantino Arcadio, era la strada più elegante della città, con due file di colonne e lampade. Il sistema di fognature scorreva fino al mare. Esiste una colonna più alta di tutte le altre a simboleggiare dove un tempo iniziava il mare.

La Via Marmorea che partiva dal Teatro Grande e scorreva lungo tutta l'Agorà inferiore.

Dal teatro, lungo il portico di Verulanus e le terme del porto, in direzione del porto partiva un'ampia strada porticata, la cui ultima sistemazione risale all'imperatore d'Oriente Arcadio. Era la via Arcadiana, che si snodava tra i maggiori edifici della città, fiancheggiata da un duplice porticato e chiusa ai due estremi da due porte.

Fu detta Arkadiana per i restauri del tempio di Arcadio muoveva dal portico tramite una porta monumentale con colonne ioniche. Da essa ci s'immetteva nell'Agorà commerciale, circondata nel III sec. da portici a due navate con botteghe e magazzini.

Un'altra strada porticata, detta Stoà di Damiano, dal sofista del II sec. d.C. che ne aveva curato la sistemazione secondo l'uso romano di spendere del proprio per migliorare o adornare la propria città. Questa congiungeva, fuori la porta di Magnesia, la città  con il tempio di Artemide.

PORTE - Degli edifici della città ellenistica nessuno rimase in età romana e cristiana immune da modifiche, restauri, sovrapposizioni, cosicché l'aspetto di cui oggi noi possiamo ritracciare le linee, è quello dato ad est dall'ultimo periodo della sua esistenza. Le strade erano lunghe e diritte, fiancheggiate da portici, pavimentate a grandi lastre di calcare bianco: la principale di esse era l'Arcadiana, così chiamata dall'imperatore Arcadio (395-408) che da ultimo la restaurò, la quale su un percorso di circa 500 metri attraversava tutta la parte piana della città dalle pendici del Pion, per il teatro sino al porto: alle due estremità del tronco principale, verso il teatro e verso il porto, si alzavano due porte: della prima restano lo zoccolo ed alcuni frammenti di rilievi; la seconda era a tre passaggi, il centrale architravato, i laterali arcuati, e aveva le fronti decorate da coppie di colonne ioniche in aggetto: livello di costruzione e carattere della decorazione ci provano che essa è opera del primo periodo romano. 

Un'altra strada porticata, detta stoà di Damiano, dal sofista del II sec. d.C. che ne aveva curato la sistemazione, congiungeva, fuori la porta di Magnesia, la città con il tempio di Artemide. 

L'agorà mantenne sempre la sua pianta quadrata, di 160 metri di lato, con portici a due navate tutto all'intorno e un orologio nel centro. L'ultima ricostruzione è della prima metà del III sec. d.C. 

Altri portici, sul tipo delle stoài ellenistiche, furono costruiti in età romana in altre parti della città: uno a est dell'agorà; un altro, molto più ampio, quadrangolare (m 200 × 240) a nord dell'Arcadiana, rivestito di marmi sotto Adriano dall'asiarca Claudio Verulano; un terzo avanti all'odèon, di età augustea, caratteristico per i capitelli delle sue colonne ornati di teste di tori. 

Porta di Mazeo e Mitridate - nella prima agorà  due ricchi liberti, Mazeo e Mitridate, inserirono una porta monumentale ma sobria e lineare dedicata allo stesso Augusto e a Livia (altre ristrutturazioni saranno attuate in età neroniana).

Porta di Magnesia è posta nell'insellatura fra le due colline, da cui usciva la strada verso la valle del Meandro.

Porta di Adriano

AGORA' CIVILE O SUPERIORE - L'agorà civile, rispetto a quella "commerciale" più antica, si caratterizza come centro direzionale politico della città. Si interruppe la costruzione di un tempio di Dioniso già  avviata da Antonio per realizzare questa piazza rettangolare, con un arco di ingresso a quattro fornici e, sul fronte esterno, un grande ninfeo, la "mostra d'acqua", nel punto dell'arrivo in città del fiume Marnas, costruito da Sestilio Pollione.

Sul lato nord si pose una basilica di forma stretta e lunga accompagnata dal bouleuterion, dal Prytaneion e da altri edifici.
La sistemazione risale all'epoca di Augusto: il lato nord prevedeva una lunga stoà-basilikè, una basilica, un edificio a tre navate dedicato tra il 4 e il 14 a.C. ad Artemide, Augusto e Tiberio da parte di un ricco evergete locale, C. Sextilius Pollio. A nord di questa basilica vi era un temenos con due tempietti dedicati a Roma e Cesare inserito tra due tipici edifici greci: un Pritaneo e un Bouleuterion. 

A nord di questa basilica vi era un temenos (equivalente dell'aedes romano, uno spazio sacro), con due tempietti dedicati a Roma e Cesare inserito tra due tipici edifici greci: un Pritaneo e un Bouleuterion (un edificio che ospitava il consiglio della città greca).

Nella piazza fu costruito un tempietto dedicato al culto di Augusto dando perciò alla piazza l'aspetto di un vero Sebasteion (tempio usato nelle colonie romane per glorificare e divinizzare gli imperatori romani). In epoca antonina il culto dell'imperatore sarà trasferito nel tempio suburbano di Artemide.

BASILICA - La piazza identificata già nel 1960 come Agorà civile vide confermata questa sua presunta destinazione con la scoperta della basilica. E' la basilica di Maria Madre di Dio detta anche basilica del Concilio di Efeso, proprio perchè qui avvenne il famoso concilio del 431 d.C. dove si affermò il ruolo e l'importanza della Vergine Maria, come Madre di Dio.

Secondo alcune fonti, l'apostolo Giovanni soggiornò ad Efeso; secondo altre fonti con lui avrebbe dovuto esserci anche Maria; tale ipotesi, non accertata, è negata da altri. Comunque sul sito a Efeso, considerato sede del sepolcro di Giovanni, fu costruita una basilica nel VI secolo, sotto l'imperatore Giustiniano, della quale oggi rimangono solo tracce. 

La basilica, eretta sul lato nord della piazza ed aperta a sud secondo il canone di Vitruvio (che vuole le basiliche nel luogo più soleggiato del Foro), consiste di una lunga parte centrale a tre navate e di due annessi a est e ad ovest (calcidica); la Basilica è delimitata a nord da una parete di fondo e a sud da una fila di colonne con capitelli ionici. 

La navata centrale è fiancheggiata da due file di colonne con capitelli ionici a testa di toro; il fregio della navata sud portava sul lato esterno l'iscrizione relativa alla Basilica. 

Nel lastricato del peristilio bizantino della Basilica vennero alla luce due basi iscritte destinate alle statue del benefattore della città C. Sestilio Pollio e di sua moglie Ofilia Bassa; il fatto stesso li designa quali presumibili finanziatori della Basilica che è perciò databile tra il 4 e il 14 d.C., anche in base a reperti provenienti dagli strati, dello scavo relativi alla costruzione della Basilica. 

Sotto il livello augusteo dell'edificio si trovarono le fondamenta di due edifici di cui il più antico, forse di età lisimachea, giace sotto il cosiddetto Odèion e forse era un Bouleutèrion, ed il più recente giace esattamente sotto la Basilica. Ciò conferma l'impianto preromano di tutta l'Agorà civile. 

Nella Basilica, in età tardo-imperiale, furono inseriti dei sostegni tra i larghi intercolunni della navata centrale. Alla fine del IV sec. d.C. la Basilica fu bruciata ma non distrutta completamente; ciò avvenne intorno al 500 d. C. forse per terremoto e alcuni blocchi architettonici furono reimpiegati nella Chiesa di S. Giovanni. 

All'inizio del 1970 si rinvennero lungo l'asse est-ovest dell'Agorà le fondazioni di un periptero (6 × 10 colonne) forse dedicato ad una divinità egizia; in base alla ceramica rinvenuta, la costruzione sarebbe databile alla seconda metà del I sec. a.C.; ed è ipotizzabile un legame con la venuta a Efeso di Antonio e Cleopatra. 

Nell'ambito dell'Agorà sono infine da menzionare lo hydrekdochion, costruito nell'80-82 d.C. sotto il proconsole Lecanio Basso, e il Ninfeo di Pollione costruito in età tardo-augustea.

AGORA' COMMERCIALE O INFERIORE - Questa piazza, di impianto ellenistico, rappresentava il vero centro della città, un quadrato con m. 160 di lato e con una clessidra al centro. Era circondata di colonnati e dedicata al mercato tessile e alimentare. Si presentava come una grande piazza ricca di monumenti e decori a partire dall'età di Augusto. 

In età neroniana fu costruita una via porticata che conduceva al vicino teatro. Adiacente al porticato della piazza si trovano importanti edifici come la Biblioteca di Celso e l'Altare degli Antonini, un monumento dalla forma simile all'Altare di Zeus di Pergamo ma di dimensioni ridotte. Il monumento, dedicato a Marco Aurelio e Lucio Vero con bassorilievi raffiguranti episodi delle Guerre Partiche e scena di apoteosi di Lucio Vero.

Nella stessa piazza si trovavano l'Odeon costruito da P. Vedio Antonino (II sec. d.c.), la basilica, ricostruita in età augustea, una fontana (II- IV sec.) e un tempio dedicato a Domiziano.

Tutto intorno correva una corridoio a due navate sovrapposte, cioè a due piani, sui cui tre lati si affacciavano le botteghe. Il lato orientale aveva colonne di ordine dorico. Due gli accessi principali: uno sul lato ovest, a doppio colonnato ionico; uno sul lato sud, con un altro corridoio a triplice passaggio.

La piazza divenne sempre più preziosa a causa dei successivi interventi imperiali, come il tempio di Adriano e quello di Traiano, oltre ad una lussuosa edilizia residenziale
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CASE - Molte domus erano elegantemente terrazzate, bellissime case nobiliari attualmente in ristrutturazione. Le pareti sono piene di meravigliosi affreschi e mosaici. Da ricordare soprattutto il complesso residenziale che si affaccia sul pendio sopra la Via dei Cureti, dalla parte opposta rispetto al tempio di Adriano.

Questi isolati sono particolarmente ampi e mirabilmente collegati fra loro, visto le planimetrie irregolari a causa della conformazione del terreno. All'interno di ogni isolato si possono trovare sia appartamenti, sia ricche domus dai numerosi ambienti, con bellissime pitture alle pareti.

TERME - Vi erano ben quattro impianti termali di grande rilievo, oltre alle terme private. Fu lo scavo del 1956 della Missione Italiana ad Efeso, a scoprire la basilica costantiniana e le terme.

Le Terme del Porto, le più grandi, erano situate a nord-ovest dell'agorà civile. Furono ultimane nel III secolo e contengono, oltre ai consueti ambienti, due "sale marmoree" di transito che svolgevano una funzione di omaggio e esaltazione della figura dell'imperatore.

Adiacente alle terme del porto vi è il singolare Portico di Verulanus: un enorme piazzale con funzione di palestra, quadrato e circondato da portici, costruita al tempo di Adriano. 

Le Terme di Vedius, edificate da P. Vedio Antonino erano situate in un quartiere periferico. L'edificio, che accoglie in sé il greco e il romano, un po' del ginnasio e un po' delle terme, adottò il tipo planimetrico delle terme ad asse centrale, pur non raggiungendo la grandiosità di proporzioni che gli edifici del genere avevano in altre province dell'Impero romano.

Le Terme del Teatro erano poste in quartieri periferici.

Le Terme di Vario costituivano il primo l'edificio che s'incontrava all'ingresso in città, aspetto molto comune per le città dell'epoca, una forma di accoglienza per i viaggiatori in arrivo da terre lontane.

Le Terme di Scolastica erano già in funzione nel Il sec. d.C.. Intorno al 400 d.C. l'edificio fu restaurato, con materiale proveniente dal Pritaneo, dalla cristiana Scholastikia, la cui statua seduta, acefala, con l'iscrizione che ne esaltava l'opera, fu rinvenuta nella sala d'ingresso. L'usanza di origine repubblicana e molto incentivata da Augusto si diffuse anche nelle colonie. Tuttavia la ricca matrona Scholastikia (Scolastica) usò i marmi e gli ornamenti, nonché le statue del prytaneion, per la costruzione di un impianto termale sulla Via dei Cureti. Si calcola che potesse ospitare un centinaio di visitatori.

Il gigantesco complesso di spogliatoi, corridoi, frigidaria, calidaria, sudatoria, dispone di impianti di riscaldamento talora assai ben conservati. Una iscrizione trovata nella latrina a pianoterra designa quale Paidiskeion la parte nord dell'edificio termale, datata al I sec. d. C. e munita di un bel pavimento a mosaico con allegorie delle Quattro Stagioni nel tablinum.. Il costume di offrire opere pubbliche a proprie spese fu un uso prettamente romano che aveva il fine di glorificare la propria gens o famiglia.

Le Terme Costantiniane costituivano un vero e proprio edificio termale. Sorto originariamente nella seconda metà del I sec. d. C., ma restaurato e trasformato da Costanzo II, donde il nome che gli dà un'epigrafe di Thermae Constantianae.

ARTEMISIO O TEMPIO DI ARTEMIDE - Dalle rovine del tempio di Artemide ai piedi della collina di Ayasuluk, gli scavi hanno permesso di riconoscere le varie fasi di costruzione dell'Artemisio, che nel VI sec. a.C. era un grande tempio marmoreo, ionico, diptero (due file di colonne sui lati lunghi, ma con tre file di colonne sulla fronte).

Era lungo più di 115 metri e largo 55, di ordine ionico come tutti gli altri templi dell'Asia Minore e la sua costruzione, secondo alcuni storici, sarebbe durata 120 anni. Verso la metà del sec. VI a.C., il conquistatore Creso finanziò in larga parte la costruzione del primo grande Artemisio, costringendo gli Efesini al pagamento di un tributo.

Ma secondo la tradizione, una tradizione però molto supportata dagli antichi testi, l'Artemisio, o Tempio di Diana, fu costruito, in epoche molto remote, probabilmente in legno e argilla, dalle Amazzoni, grandi adoratrici di Diana, di cui imitavano l'uso dell'arco e la veste a seno scoperto.

Esso aveva otto colonne sul pronao, nove sull'opistodomo e ventuno sui fianchi. Alcune delle colonne erano decorate a rilievo nella parte inferiore e di essere sostenute da dadi quadrangolari pure scolpiti: ne restano frammenti, ora nel British Museum, con figure gradienti di sacerdoti, sacerdotesse, offerenti.

Considerato una delle sette meraviglie del mondo, nella versione storica, era stato progettato da Chesifrone di Cnosso. Incendiato da Erostrato la notte stessa in cui nacque Alessandro Magno (21 luglio 356 a. c.), fu riedificato da Dinocrate.

Il tempio era di marmo bianco e rilucente d'oro, così alto che fu detto "alto come le nuvole", e vi posero la gigantesca statua di Artemide. Era grande quattro volte il Partenone, ricco di sculture di Prassitele e di pitture di Parrasio e di Apelle. La statua della Dea era di legno d'ebano secondo Plinio o di cedro secondo Vitruvio.

Venne dunque distrutto da un incendio doloso nel 356 a.c. ad opera di Erostrato, un pastore che motivò il suo gesto deliberato con la sola intenzione di "passare alla storia". La leggenda afferma che Artemide stessa non abbia protetto il suo tempio in quanto troppo impegnata a sorvegliare la nascita di Alessandro Magno, che ebbe luogo nella stessa notte.

La storia appare poco credibile, perchè per incendiare un tempio di quella portata occorreva un nutrito gruppo di persone munite di molta legna e fascine. Molto più probabile che sia avvenuto durante la III Guerra Sacra tra le varie città greche, ma che la data sia stata spostata per farla coincidere con la nascita di Alessandro Magno. Questi stesso contribuì alla riedificazione del tempio, che richiese, secondo le fonti 120 anni o addirittura 220.

Il nuovo edificio venne sopraelevato su un'alta piattaforma a livello maggiore del precedente, pur mantenendo le identiche caratteristiche dell'altro, con le colonne con la parte inferiore scolpita.

Con Augusto Efeso conobbe molte opere pubbliche, Augusto fece infatti restaurare e abbellire l'Artemisio, nel cui recinto sorge uno dei primi centri di culto imperiale. Il grande tempio di Artemide fu ricostruito ma poi fu nuovamente distrutto dai Goti, nel 262 d.C. Ricostruito ancora una volta fu chiuso a seguito dell'editto di Teodosio che vietava i culti pagani.

Ma ciò non bastava perché nel 401 venne distrutto dai cristiani guidati da Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, che ne fece abbattere pietra su pietra, affinchè nessuno potesse mai più osarne la ricostruzione.ù. Sono ridotte a una singola colonna le testimonianze di quello che fu il più celebre monumento di Efeso.

Di templi non si hanno che scarsi avanzi: uno era sullo sperone nord-ovest del Coresso dedicato ad Hermes, donde il nome di Hermàion alla collina; un altro forse di Serapide, ad ovest dell'agorà: esso era chiuso entro un recinto. 

Il tempio di Adriano fu dedicato nel 138 d.C. da Publio Quintilio all'imperatore Adriano, venuto a visitare la città di Atene nel 128 d.C. E' un piccolo tempio situato in Via dei Cureti, in cui le parti architettoniche crollate, del vestibolo, hanno consentito di ricostruire la facciata col sussidio di poche integrazioni. 

La facciata del tempio ha 4 colonne corinzie che sostengono un arco al cui centro è scolpita in rilievo Tyche Dea della vittoria mentre le colonne laterali sono quadrate. E' un tempio prostilo (colonne solo sulla facciata), con 4 basi che precedono la piccola cella, sostenenti due colonne e due pilastri in stile corinzio. I piedistalli con le iscrizioni di fronte al tempio sono invece le basi delle statue degli Imperatori dal 293 al 305 d.C.: Diocleziano, Massimiano e Costantino 1, e Galerio. 

La trabeazione del tempio contiene un busto della dea Tyche. All'interno del tempio è presente una ricca decorazione e nella lunetta sopra la porta, una figura umana, probabilmente Medusa, è scolpita con ornamenti di foglie d'acanto. Su entrambi i lati della porta vi sono scene raffiguranti la fondazione di Efeso: Androclo che colpisce un orso, Dioniso in un corteo cerimoniale con le Amazzoni. La quarta scena ritrae due figure maschili, di cui una è Apollo; poi Athena Dea della luna; una figura femminile, Androclo (mitico fondatore di Efeso), Eracle, la moglie e il figlio di Teodosio e la Dea Athena.

In un altro blocco, probabilmente restaurato in epoca tarda, si raffigurano immagini di divinità e personaggi della famiglia imperiale dell'imperatore Teodosio I. 

Il tempio di Traiano fu edificato a opera di Adriano. Per permetterne la costruzione vennero demolite alcune costruzioni di età ellenistica, ma l'impostazione architettonica d'insieme venne rispettata.

Il tempio di Domiziano, eretto dallo stesso Domiziano, ma dedicato al padre Vespasiano, è un imponente ottastilo su alto podio. Il tempio ha due stupende colonne erette e unite da un architrave che ne regge un altro paio simili a cariatidi. La vastità delle fondamenta dà la misura di quelle che dovevano essere le sue proporzioni.

Il tempio di Serapide, del II sec. d.C., posto ad ovest dell'Agorà e chiuso entro un recinto, viene descritto come stupendo e vastissimo. Sul fianco sud il portico, a 35 m dal propileo dell'agorà, era interrotto con una scalinata che conduceva, attraverso una porta, a una grande piazza circondata da portici, sul cui lato sud sorgeva un grandioso tempio prostilo octastilo, largo m 29, con colonne alte m 15, monolitiche, che giacciono a terra in pezzi insieme a molti altri frammenti architettonici; la cella era coperta da una volta a botte. 

Il tempio di Hermes o Hermaion era posto sullo sperone nord ovest del Coresso ed era dedicato ad Hermes.

BIBLIOTECA DI CELSO - Simbolo di Efeso per eccellenza, la Biblioteca di Celso è uno dei monumenti più affascinanti del mondo ed è stata edificata dal figlio di Celso nel 114. E' situata presso l'agorà commerciale, vicina alla Porta di Mazeo e Mitridate.

Donata alla città dal console C. Giulio Aquila Polemeano, per onorare la memoria del padre, C. Giulio Celso Polemeano, senatore e magistrato del tempio di Traiano, sorgeva su una piccola piazzetta interna, comunicante con l'agorà a mezzo di una porta innalzata negli anni 4-3 a.C. da tali Mazeo e Mitridate in onore di Augusto, di Livia, di Agrippa e di Giulia. L'edificio, come da epigrafi, fu completato nel 135 dagli eredi, come monumento sepolcrale. Poichè la sepoltura è entro le mura, sembra evidente che si intendesse conferire a Celso un culto di tipo eroico.

Era costituito da una sala quadrangolare aperta verso est: una parete doppia isolava l'interno della sala proteggendola dall'umidità e dando luogo insieme ad un corridoio interposto, da cui si accedeva da un lato ai ballatoi superiori, dall'altro alla camera sotterranea contenente la tomba a sarcofago di Celso Polemeano: singolare unione di edificio d'uso pubblico e di heròon. 

La fronte, preceduta da una gradinata, aveva tre porte in basso e tre finestre al piano superiore: tra le porte vi erano nicchie precedute da coppie di colonne in avancorpo e contenenti statue allegoriche delle virtù del personaggio onorato; le finestre erano inquadrate da edicole sostenute pure esse da colonne: tutta una complessa e movimentata decorazione architettonica dunque, caratteristica del periodo in cui fu ideata e costruita, il primo decennio del regno di Adriano, e resa ancor più preziosa dagli ornati delle lesene, delle cornici, della trabeazione. 

Analoga decorazione architettonica ricorreva nell'interno, sommergendo più che scandendo gli elementi funzionali della costruzione: dinanzi alle pareti, nelle quali si aprivano le nicchie per gli armadi dei volumi, su tre ordini sovrapposti, correva un colonnato a due piani, che le nascondeva completamente: al di sopra del colonnato girava un ballatoio scoperto. Nel mezzo della parete di fondo si incurvava un'abside vuota, in corrispondenza della camera-cripta.

La sala era quadrangolare ed aperta verso est, con una parete doppia tutto intorno che isolava l'interno della sala proteggendola dall'umidità e che formava un corridoio. Da questo si accedeva da un lato al suddetto ballatoio scoperto, dall'altro alla camera sotterranea contenente la tomba a sarcofago di Celso Polemeano. Sulla parete di fondo, un'alta esedra ospitava la statua di Atena, sotto cui era stata posta la camera funeraria di Celso, col suo magnifico sarcofago a ghirlande.

In età tarda la fronte dell'edificio fu trasformata in ninfeo, e per chiuderne il bacino furono usate alcune grandi lastre a rilievo tolte da un monumento onorario che commemorava le vittorie partiche di M. Aurelio e L. Vero. Le lastre, oggi al museo di Vienna, rappresentano un imperatore (forse Lucio Vero) che sale sulla quadriga del Sole accompagnato da una Vittoria; Selene che scende dal carro nel mare; gli imperatori Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero rappresentati nella cerimonia della adozione di Antonino Pio (gennaio del 138 d. C.); combattimenti fra Romani e Barbari: la tradizione pergamena si unisce qui con motivi derivati dall'arte aulica romana e con forme che preannunciano l'avanzarsi di tendenze orientali, probabilmente siriache. 

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