DAL 2015 SITO
PATRIMONIO IN PERICOLO - Guerra
civile dello Yemen. Attacchi aerei sauditi sul sito.
Perla
dell'Arabia Felix, la città trae le sue origini leggendarie da Sem,
primogenito di Noè e capostipite della razza semita, il quale, giunto
dallo Yemen del Nord, avrebbe scelto il luogo in cui fondare il sito
originario grazie alle indicazioni di un uccello. Ancora la leggenda
vuole che all'inizio dell'era cristiana, durante i regni di Saba e di
Himyar, Sana'a ospitasse il Ghumdan, meraviglioso palazzo di venti piani
con cupola di alabastro trasparente e leoni di bronzo a guardia di ogni
angolo; alla fine del II secolo d.C, il re di Saba Sha'r Awtar avrebbe
costruito intorno al palazzo di Ghumdan un muro, nucleo originario di
una cinta di cui si è conservata oggi solo la porta detta Bab al-Yemen,
da cui avrebbero avuto origine la città e il suo nome, che
letteralmente significa appunto "città fortificata".
Ai regni
sabeo e himiarita e alla conquista del territorio da parte degli etiopi
aksumiti (525 d.C.) seguì una breve fase di cristianizzazione del
paese: a questo periodo risale la costruzione della Qualis, una
imponente cattedrale di tek con guglie d'oro e d'argento, di cui oggi
non rimane traccia.
Cinquant'anni
dopo, l'esercito persiano occupò il territorio cacciando gli etiopi;
nel 628 il satrapo di San'a abbracciò l'islamismo, fece abbattere i
palazzi dei non musulmani e ne utilizzò i resti per edificare la Grande
moschea della città.
La nuova
religione si diffuse rapidamente e la storia del paese seguì quasi
costantemente quella delle diverse potenze musulmane d'Oriente. L'antico
regno cadde sotto il controllo degli omayyadi, poi dei califfi abbasidi
di Baghdad; fu durante la guerra intrapresa dallo Yemen per liberarsi
dalla loro dominazione che, nell'803 d.C., San'a fu distrutta. A questi
succedettero gli zayditi, i fatimidi d'Egitto e gli ayyubidi di
Saladino. All'inizio del XVI secolo fu la volta dei mamelucchi, ai quali
nel 1548 seguì la lunga dominazione ottomana che finì solo nel 1636.
Più di
duecento anni dopo, nel 1872, i turchi riconquistarono gli altipiani
yemeniti, da cui si ritirarono nel 1912. Solo sei anni dopo San'a
divenne la capitale del regno islamico indipendente dello Yemen, retto
da un imam. Nel
1962 l
'imam venne cacciato e alla proclamazione della repubblica seguì una
guerra civile quasi decennale. Nel 1990 Nord e Sud del paese si
unificarono e San'a divenne capitale della Nuova Repubblica dello Yemen.

Negli
anni sessanta la modernizzazione del paese portò alla crescita
esponenziale della città, che vide la nascita di nuovi quartieri
residenziali e di aree destinate a ospitare i centri di potere;
l'espansione comportò l'abbattimento di lunghi tratti delle mura di
cinta, e l'assorbimento dei villaggi e dei campi adiacenti. La città
vecchia, rimasta pressoché abbandonata, ha potuto così conservare in
buona parte le sue antiche strutture.
Ciò che
rende straordinaria San'a è infatti il suo nucleo storico,
caratterizzato da un'architettura mimetica e vivacissima insieme,
notevolmente diversa da quella di qualunque altro paese arabo e del
mondo; anche gli edifici moderni che vi sorsero seguirono il modello
millenario del mitico palazzo di Ghumdan, del quale essi si configurano
talvolta come repliche in miniatura. Le abitazioni di San'a sono alte
fino a sei-sette piani e generalmente accostano a una parte bassa in
pietra di basalto (di solito grigio scura, più raramente di colore
rosso cupo) una sezione coi piani superiori in mattoni a vista o con
intonaco di fango; i muri esterni, sul caratteristico fondo di mattoni e
terra, presentano un'intonacatura in gesso bianco che compone arabeschi
e filigrane di foggia diversa.
Vi si
trova utilizzato l'alabastro, un materiale impiegato nel leggendario
Ghumdan, progressivamente sostituito negli edifici moderni da vetro
colorato. Le caratteristiche finestre, costituite da pannelli policromi,
contribuiscono in misura determinante a rendere affascinante la città
nel percorso intorno al perimetro murario o lungo i viottoli interni,
per lo più sterrati, battuti in egual misura da veicoli, capre e
passanti.
Dalla Grande moschea,
risalente al 630 d.C, e dai funduq (piccoli ostelli) si può penetrare
nel variopinto mercato delle spezie, fino a Bab al-Yemen.
Nell'inesauribile varietà dei suoi elementi, appartenuti a diverse
epoche e dominazioni, che si fondono con le peculiarità locali in un
repertorio di tradizione mai uguale a se stesso, la città continua a
impressionare: dagli hammam, bagni pubblici prevalentemente di epoca
turca, ai giardini interni alle case, per lo più inaccessibili ai
turisti; dalle madaris (scuole di dottrina) dei piani alti degli edifici
alle mafraj, dove gli ospiti si riuniscono a fumare e masticare il qat,
tonificante vegetale di largo uso.
Fu il
regista Pier Paolo Pasolini, che si trovava nel 1971 nello Yemen per le
riprese del Fiore delle Mille e una notte, a lanciare un appello
all'Unesco in favore della città attraverso il film-documentario
"Le mura di Sana'a". L'appello trovò seguito nella campagna
internazionale per la salvaguardia della città vecchia, promossa nel
1984.

L'intera
capitale yemenita si è ingrandita notevolmente, la porta di Bab al-Yemen resiste da lungo
tempo al centro della città, così come le mura cittadine. Ancora alla
fine degli anni 70 queste mura erano il confine di Sana'a,
qui abitavano soltanto 70.000 persone, oggi sono 2 milioni.
Il
souk, il mercato, il quartiere dei commercianti e degli artigiani, un
tempo rappresentava il cuore dell'economia, oggi non più. In tarda
mattinata la strada dei fabbri si risveglia, anche la strada dei
falegnami si anima. Nel caravan serraglio dei commercianti di uva
passa si preparano i prodotti da vendere; ogni mestiere qui ha il
proprio vicolo, il souk è il grande magazzino dei poveri. In passato i
fabbri eccellevano nella produzione di armi, oggi sostituiti dagli
attrezzi agricoli. Fin dal
primo mattino il cammello nel frantoio compie lo stesso giro vecchio di
secoli, intorno al mastello pieno di sesamo o di colza.
Dopo oltre 2000
anni la città ha mantenuto il suo aspetto dignitoso, grattacieli
riccamente decorati in stretti vicoli scoscesi. Già avanti Cristo e
molto prima della nascita dell'islam questa città costituiva un
importante crocevia di due rotte commerciali.
Già
in passato qui si sapevano costruire edifici antisismici; le travi di
legno tra le pietre rendono l'opera in muratura talmente elastica che
perfino i grattacieli possono resistere a una scossa tellurica.
Nei piani
inferiori le feritoie al posto delle finestre dimostrano quale era il
rischio più grande. Nel corso della sua lunga storia gli stranieri si
sono sempre impadroniti di questa ricca e stupenda città,
saccheggiandola, devastandola e stabilendovisi come sovrani. I
conquistatori giungono dall'Etiopia,, dall'Egitto, dalla Turchia ma
anche dalle regioni tribali limitrofe. Agli inizi del X secolo in soli
12 anni Sana'a cambia ben 20 sovrani. Raramente compare la parole pace
nella lunga storia della città.


Dal 628 l'islam
è la religione di stato. Ancora oggi scandisce la giornata di ogni
cittadino, almeno nella medina. In nessun altro posto si trovano
altrettanti minareti con altoparlanti. Il richiamo è la chiamata alla
preghiera del mezzogiorno. Alcune botteghe nel souk chiudono per
pregare. La maggior parte invece ignora gli assordanti inviti dei
numerosi muezzin. Nei giorni lavorativi sono in pochi a radunarsi nella
moschea. Il mezzogiorno non segna l'unica ora della preghiera, si prega
anche la sera e la mattina. Questa è soprattutto l'ora del canto.
Questa città di
2 milioni di abitanti necessita di così tanta acqua da doverla pompare
a 800 metri di profondità. Se non si porrà rimedio per cambiare la
situazione, Sana'a rimarrà senza acqua nel volgere di pochi anni.
Confidando in Dio e negli aiuti dei paesi in via di sviluppo, si
continua a costruire. Le vecchie costruzioni vengono innalzate o
completamente ristrutturate, senza curarsi di rispettare il vecchio
stile architettonico. Essendo più alte, le nuove case superano quelle
vecchie. modificando in questo modo il paesaggio storico. Oggi si
desiderano finestre più grandi e possibilmente anche un ascensore.
Alcuni minareti
hanno difficoltà a mantenere la posizione più alta ma ciò che ferisce
maggiormente i religiosi sono le antenne satellitari, da poco permesse,
che spuntano ovunque. La cortina si è aperta, il popolo può finalmente
scoprire il mondo, senza subire la censura di stato e del clero. Ora
Sana'a può uscire dal suo isolamento.
Cala la sera,
nel souk si mangia con poco, qui la cucina è rimasta influenzata dai
turchi, l'ultima potenza occupante. Alcuni finiscono di lavorare un po'
più tardi, ma non troppo tardi, perché il giorno dopo alle quattro del
mattino, qui da tutti gli altoparlanti, risuoneranno di nuovo gli
innumerevoli inviti alla preghiera.

A 15 km
circa a nord-ovest di San'a', in una spaccatura della montagna giace una
verde vallata fertile tutto l'anno, in cui crescono qat ed una gran
varietà di frutta mediterranea. Questa è la valle chiamata Wadi Dhahr
percorsa da un torrente secco (il termine Wadi significa torrente) che
durante la stagione dei monsoni raccoglie le abbondanti piogge.
Nella
valle sorge il Palazzo della Roccia (Dar al-Hajar), uno dei siti più
fotografati dello Yemen, che è diventato una specie di simbolo
dell'intero paese per la sua ardita posizione. Il palazzo rappresenta
l'eccellenza architettonica e mostra come la gente faccia fronte alla
natura e trasformi le sue complicazioni in monumenti. Tutto questo
appare chiaro a chiunque visiti la Wadi Dhahr; affacciandosi da una
montagna si può vedere un enorme palazzo costruito sulla sommità di
una montagna, nel cuore della valle che è circondata da alberi da
frutta.
La fama
di questa valle risale a tempi passati, come indicato dai disegni
ritrovati nelle rocce della valle, che hanno portato gli archeologi a
concludere che la valle fosse abitata già nella preistoria. La prima
menzione alla Wadi Dhahr risale al VII secolo a.C., alla famosa immagine
di Al-Nasr, che rappresenta un importante periodo della storia dello
Yemen e guadagna il suo significato da colui che lo dipinse, Karb
Al-Watribin Dhamar Ali Makrab Saba. Il disegno ci porta alla conclusione
che la valle sia apparsa durante il prosperoso periodo del Sabei
all'interno del territorio della tribù di Dhee Ma'dhan.
Il nome
“Dar al-Hajar” si riferisce alla roccia su cui il palazzo è stato
costruito. Le narrazioni differiscono riguardo l'età di questo alto
palazzo (alcune asseriscono che risalga all'epoca pre-islamica), ma sono
tutte concordi riguardo al fatto che il palazzo, conosciuto dagli
yemeniti come “al-Dar”, sia andato incontro a periodi di distruzione
e ricostruzione. Il palazzo fu completamente distrutto durante il
dominio ottomano in Yemen, a causa di violente piogge. Quindi fu
ricostruito dall'Imam Al-Mansur, che ne fece la sua casa. Questa fu
un'usanza comune a molti sovrani yemeniti nei tardi periodi, ma ne
fecero un palazzo, un luogo per le vacanze, non una residenza permanente
in cui vivere. Più tardi, l'Imam Yahya ristrutturò il palazzo e
aggiunse alcuni servizi, come un mafraj, che è una stanza all'ultimo
piano della casa e dalle cui finestre si può vedere la valle da ogni
angolo. Si dice anche che il palazzo sia stato costruito nel tardo XVIII
secolo sulle rovine di un antico palazzo sabeo, conosciuto come Dhoo
Seedan.
La
Dar al-Hajar è un palazzo a sette piani e può essere raggiunta da un
cortile lastricato di pietre. Alla destra della porta del recinto vi è
un albero gigante chiamato in arabo al-talooq, risalente a più di sette
secoli fa, la cui circonferenza supera i tre metri.
Il
palazzo ha 35 stanze, una grande camera per gli ospiti e numerose sale.
Le scale sono state concepite in modo molto innovativo e artistico,
unite insieme dalla sommità della roccia al suo fondo. Sul lato sud del
palazzo c'è un balcone nascosto con piccole piscine in cui i servi
erano soliti fare il bucato. Ci sono anche negozi sotterranei, con porte
che conducono ai giardini vicini e loggiati con belle colonne ed archi.
Sulle montagne circostanti ci sono molte torri di guardia.
Nel
cortile del palazzo vi è una suite privata separata, chiamata
Al-Shadrawan, con alti alloggi estivi circondati da finestre in legno,
un ampio cortile e tre fontane d'acqua. Il cortile comprende anche molti
servizi di lusso, come cucine e bagni turchi.
L'edificio
principale al primo piano ha un ingresso e molte piccole stanze.
Attraverso le scale, che sembrano scavate nella roccia, si accede al
secondo piano, dove si trovano molte grotte, che si dice fossero
utilizzate per conservare i cadaveri ai tempi del palazzo sabeo, su cui
poi è sorta la Dar al-Hajar. La cosa positiva è che la roccia ha un
pozzo profondo 180 metri che forniva acqua ai residenti del palazzo (e
questo elemento, a opinione di tutti coloro che hanno visitato la Dar,
contribuisce ad accrescere l'aura di mistero che circonda questo
edificio). Oltre a questo vi è un altro canale, utilizzato per la
ventilazione.
Il
terzo e quarto piano costituivano la casa dell'Imam, delle sue guardie
del corpo e delle donne. Le camere degli uomini erano separate da quelle
delle donne e per questo motivo furono costruite due serie di scale,
ciascuna conducente ad un locale separato.
Il
quinto piano ha la stessa struttura, ma include anche un magazzino per
conservare i cereali.
Il
sesto piano ha un balcone per i piccioni, usati per la corrispondenza
col re. Era riservato al re ed era il luogo dove costui incontrava i
suoi ospiti o stava solo, specialmente in estate. Il settimo piano
invece era per l'inverno. I diversi piani indicano che nella
progettazione degli edifici, le stagioni ed i cambiamenti climatici
furono prese in considerazione utilizzando calcoli astrologici e di
ingegneria molto precisi, in cui gli architetti yemeniti eccelsero fin
dai tempi antichi.
La Dar
al-Hajar è stata ricostruita attorno agli anni '30 per volere dell'Imam
Yahya, come sua residenza estiva. Oggi il palazzo è di proprietà del
governo, è stato confiscato dopo la rivoluzione del 1962 ed è rimasto
vuoto fino al 1990. Nel 1990 un'associazione tedesca ha finanziato la
ristrutturazione del palazzo che è stato trasformato in un museo, di
cui la casa è il principale reperto e dove periodicamente vengono
ospitate mostre fotografiche.
IL REGNO LEGGENDARIO DELLA
REGINA DI SABA
- Lo Yemen è il paese dove fiorì il favoloso regno di
Saba, la cui esistenza è testimoniata fin dall'VIII secolo a.C. Era un
florido stato che si estendeva dall'Arabia meridionale alle coste
dell'Abissinia, diventato famoso per la sua leggendaria regina,
celebrata da fonti ebraiche, greche, abissine e islamiche. Memorabile è
il suo incontro con Salomone, al quale rivolse sottili quesiti e cui
recò centoventi libbre d'oro, spezie, pietre preziose e avorio. La
cultura cristiana subì il fascino della regina orientale e del suo
splendido regno e la interpretò come prefigurazione della Chiesa. E
artisti e committenti la vollero effigiare sui portali delle cattedrali
romaniche e in cicli di affreschi rinascimentali
