Graz,
capoluogo del Land della
Stiria, originariamente era un
forte romano. Più tardi gli
Sloveni costruirono in questo
luogo un piccolo castello, che
col tempo divenne un luogo
pesantemente fortificato. Il
nome tedesco Graz venne usato
per la prima volta nel 1128,
quando i duchi di Babenberg
trasformarono la città in un
importante centro mercantile.
Più tardi Graz divenne parte
dei domini degli Asburgo e nel
1281 ottenne speciali
privilegi da parte di Rodolfo
I.
Agli inizi del XV secolo Graz
divenne la città di residenza
per il ramo più giovane della
famiglia Asburgo, che
succedette al trono nel 1619
con l'imperatore Ferdinando
II, che spostò la capitale a
Vienna. La famiglia regnante
viveva nel castello di
Schlossberg e da lì dominava
sulla Stiria, sulla Carinzia e
su parti delle odierne Italia
e Slovenia (Carniola, Gorizia
e Gradisca d'Isonzo).
Nel XVI secolo l'architettura
cittadina venne ridisegnata da
artisti e architetti italiani
rinascimentali. Uno dei più
famosi edifici costruiti in
questo stile è il Landhaus,
realizzato da Domenico
dell'Allio, e venne
usato come centro di potere
governativo dai regnanti
dell'epoca.
L'università Karl-Franzens,
più famosa come Università
di Graz, è la più antica
università cittadina, fondata
nel 1585 dall'arciduca Carlo
II d'Austria. Fino a che
rimase aperta, venne quasi
sempre controllata dalla
Chiesa cattolica; venne chiusa
nel 1782 da Giuseppe II nel
tentativo di ottenere il
controllo statale sulle
istituzioni educative.
Giuseppe II trasformò
l'università in un liceo dove
venivano istruiti gli
impiegati statali e il
personale medico. Nel 1827 le
fu riassegnata l'originale
funzione di università
dall'imperatore Francesco I
d'Austria e per questo venne
chiamata "università
Karl-Franzens".
Attualmente vi studiano più
di 30.000 studenti.
L'arciduca Carlo II bruciò 20.000 libri dei
protestanti nella piazza in
cui ora si trova un ospedale
psichiatrico. L'arciduca
Francesco Ferdinando nacque a
Graz, nell'edificio che oggi
ospita il museo cittadino
("Stadtmuseum").
Nikola Tesla studiò
ingegneria elettronica al
Politecnico di Graz nel 1875.
Il premio Nobel Otto
Loewi insegnò
all'università di Graz dal
1909 al 1938, e Keplero fu
professore di matematica dal
1594 al 1599. Erwin Schrödinger
fu per breve tempo rettore nel
1936.
 Nel
corso dei secoli Graz venne
spesso attaccata, anche se la
sua posizione strategica nella
valle del fiume Mur ne permise
una facile difesa: ci
provarono per esempio gli
ungheresi guidati da Mattia
Corvino nel 1481 e gli
Ottomani nel 1529 e nel 1532.
Oltre al Riegersburg, lo
Schlossberg fu l'unica
fortificazione di questa
regione a non essere mai
caduta nelle mani dei Turchi
Ottomani. A Graz è
conservata, fin dal 1551, la
più grande collezione di armi
storiche del mondo, con oltre
30.000 pezzi.
Alla fine del XVI secolo
vennero aggiunte nuove
fortificazioni allo
Schlossberg. Nel 1797
l'esercito di Napoleone occupò
la città. Nel 1809 Graz
dovette fronteggiare un altro
attacco da parte dell'esercito
francese, durante il quale la
città si difese
vittoriosamente pur se dovette
fronteggiare un'evidente
inferiorità numerica, 900
contro 3.000.
Dopo 8 attacchi consecutivi la
fortezza dello Schlossberg non
era ancora stata espugnata, ma
la caduta di Vienna provocò
l'ordine di resa da parte
dell'imperatore Francesco II.
Dopo la sconfitta austriaca
nella battaglia di Wagram del
1809 le fortificazioni dello
Schlossberg, considerata la più
formidabile fortezza mai
costruita, vennero distrutte a
colpi di esplosivo, come
stabilito dalla pace di Schönbrunn
in quello stesso anno. La
torre dell'orologio e il
campanile, spesso usati come
simbolo della città, vennero
risparmiati dopo che la
popolazione pagò un riscatto
alla Francia.
Nel 1938, l'anno in cui
l'Austria venne annessa dalla
Germania nazista, Adolf Hitler
venne ricevuto in città con
tutti gli onori. La fiorente
comunità ebraica venne
spazzata via e la sinagoga
bruciata. Dopo la guerra una
piccola comunità ebraica
ritornò a Graz nonostante
tutto. Nel 2000, il giorno
dell'anniversario della notte
dei cristalli, come segno di
riconciliazione il comune di
Graz offrì alla comunità
ebraica una nuova sinagoga.
Hitler
aveva promesso alla
popolazione di Graz 1.000 anni
di prosperità e la fine della
disoccupazione di massa; dopo
soli 7 anni la città si
arrese all'avanzata delle
truppe sovietiche, che
risparmiarono Graz dalla
distruzione totale. Circa il
16% degli edifici era stato
distrutto dai bombardamenti
degli Alleati, anche se
fortunosamente la città
vecchia non venne seriamente
danneggiata.
Graz
ha profondissimi legami
storici e culturali con la
Slovenia. Il nome della città
è di chiara origine slovena,
così come sloveni furono,
seppur per un breve periodo, i
suoi sovrani. Qui fu stampato
il primo libro cattolico
scritto in lingua slovena. Fu
l'università di Graz il
principale polo studentesco
per gli Sloveni, quella di
Lubiana infatti aprirà
solamente nel 1919. Gli
abitanti della Stiria slovena
la considerano una città
slovena poiché molti di loro
gravitano, economicamente,
attorno a Graz. Durante la
seconda guerra mondiale gli
sloveni furono oggetto di
discriminazioni. Oggigiorno
sono presenti in città
diverse associazioni culturali
e musicali slovene.
Schlossberg

Schlossberg
letteralmente significa
"monte castello", il
che lo descrive con grande
precisione: si tratta di una
collina sormontata da un
castello nel centro della città
austriaca di Graz.
È
la maggior attrazione
turistica di Graz, mai
occupata durante la sua storia
fino alla parziale demolizione
subita in seguito alla pace di
Schönbrunn del 1809 da parte
delle forze napoleoniche.
Del
castello fa parte un
"Uhrturm", cioè una
"Torre
dell'orologio", uno dei
simboli della città. La
sua costruzione della torre
risale al 1560, mentre il
meccanismo dell'orologio
indica l'ora esatta dal 1712.
Per
raggiungere la cima della
collina si possono percorrere
gli antichi sentieri che lo
univano alla città, oppure si
può prendere una moderna
funivia o ancora un ascensore
costruito all'interno della
montagna.
Duomo
La
Cattedrale, chiesa vescovile e
chiesa parrocchiale di
Sant'Egidio, detto comunemente
Duomo di Graz, rappresenta uno
degli edifici artistici
storicamente più
significativi della cultura
d'Austria e di tutta la
provincia della Stiria.
Una
chiesa dedicata a Sant'Egidio
abate sorgeva già in questo
luogo almeno sin dal XII
secolo. Nel 1438 Federico III
d'Asburgo iniziò la
costruzione del castello di
Graz e con esso il duomo
odierno, come chiesa di corte,
completato nel 1464 in stile
Tardogotico. L'architetto fu
probabilmente Hans
Niesenberger, già noto a
Ratisbona nel 1459 come Maestro
von Grätz der Weissnaw, e
presso il Duomo di Milano, nel
1483, come Maestro Johannes
von Graz. Nel 1615 venne
costruita la sacrestia e tra
il 1617 e il 1667 vennero
aggiunte le quattro cappelle
della Peste, dell'Addolorata,
di San Francesco Saverio
e della Croce.
Nel
1577 venne donata ai Gesuiti,
che la officiarono fino
all'abolizione dell'ordine nel
1773, i quali apportarono
grandi modifiche all'edificio,
soprattutto nel suo
arredamento. Abbatterono lo
Jubé gotico, secondo le nuove
teorie dettate dal Concilio di
Trento, costruirono nuovi
altari laterali, aggiunsero
altre cappelle e una nuova
sacrestia. Nel 1678 venne
costruita la cripta sotto la
chiesa. Dopo l'abolizione
dell'Ordine dei Gesuiti nel
1773 la chiesa restò
inutilizzata fino all'anno
1786, quando la sede vescovile
della diocesi di Seckau venne
spostata a Graz e la chiesa
venne elevata a Cattedrale
della Diocesi di Graz-Seckau.
L'esterno
si presenta come una semplice
e massiccia struttura, una
volta interamente rivestita da
affreschi. Oggi uniche
testimonianze restano, sul
fianco destro, le pitture dei Flagelli
di Dio, opere del 1480-85
circa di Thomas von Villach.
Il portale principale, ancora
di chiara inflessione gotica,
è datato 1456; in alto sono
gli stemmi di Federico III con
relativo motto A.E.I.O.U
(Austriae est imperare orbi
universo), a sinistra, e del
Portogallo a destra, in onore
della moglie Eleonora del
Portogallo. Le quattro statue
di Maria, San Giuseppe, San
Giovanni Battista e San
Leopoldo sono del XIX secolo.
Il
grande tetto e la torretta
occidentale vennero aggiunti
da Grego Parcher nel 1653.
L'interno
dell'edificio è del tipo
Hallenkirche, a sala, diviso
in tre navate da slanciati
pilastri compositi e coperto
da elaborate volte a stella,
tipiche del periodo
Tardo-gotico. All'epoca della
costruzione gran parte degli
interni erano rivestiti da
affreschi tardo gotici, dei
quali restano un San
Cristoforo in
controfacciata, e rameggi
floreali, datati 1464, sulle
volte della navata centrale.
Nel
Coro troneggia il maestoso
Altar maggiore barocco, uno
dei più belli e importanti
d'Austria, eretto dai Gesuiti
nel 1730-33 in sostituzione
del precedente rinascimentale.
Il complesso risulta da
disegni del gesuita Padre
Georg; le sculture sono di
Johann Jacob Schoy, i dipinti
di Franz Ignaz Flurer.
Sviluppato su due livelli,
presenta una grande pala di
San'Egidio, patrono della
chiesa, e il grande gruppo
scultoreo dell'Incoronazione
della Vergine
Gli
altari laterali sono stati
costruiti subito dopo la
demolizione dello Jubé nel
1618, e rinnovati nel 1766 da
Veit Königer. Le pale
d'altare del pittore di corte
Giovanni Pietro de Pomis sono
rimaste. Il pulpito,
progettato nel 1710 dal
gesuita Georg Lindemayril,
mostra una ricca decorazione
barocca.

Sull'ampia
cantoria in controfacciata si
trova l'organo a canne,
ricostruito nel 1978 dalla
ditta organaria zurighese Kuhn
Orgelbau riutilizzando parte
del materiale fonico e la
cassa barocca, progettata
dall'architetto Jörg Mayr e
decorata da Veit Königer, del
precedente strumento,
costruito nel 1687 da Anton Römer.
L'organo attuale (2012) è a
trasmissione mista (meccanica
per i manuali e il pedale,
elettrica per i registri) ed
un totale di 70 registri
suddivisi fra le quattro
tastiere, ciascuna di 56 note,
e la pedaliera, di 30 note.
Ai
lati del coro sono due
reliquiari con rilievi che
sono fra le opere più
importanti custodite nel
Duomo. In origine erano due
cassoni nuziali di Paola
Gonzaga che la duchessa portò
con sé al matrimonio con il
conte Leonardo di Gorizia al
Castello Bruck di Lienz. Dopo
la morte della coppia senza
figli, le casse entrarono in
possesso dell'Abbazia di
Millstatt, sulle Alpi della
Carinzia. L'Arciduca
Ferdinando le donò nel 1598
ai gesuiti per la creazione
dell'Università di Graz. Nel
1617 Papa Paolo V donò delle
reliquie ai gesuiti di Graz,
che le custodirono dentro
queste casse. Le cassapanche
di quercia presentano tre
bassorilievi in avorio
ispirati dalla poesia de'I
Trionfi di Francesco
Petrarca, lavori eseguiti a
Mantova nel 1477 dalla scuola
del Mantegna.
- Schloß
Eggenberg

Schloss Eggenberg,
alla periferia di Graz, è la
rappresentazione
di
un
universo perfetto, un
gioiello architettonico
dove domina la mitica
armonia cosmica tanto di moda
tra gli illuminati fan di
Giovanni Keplero e Giordano
Bruno negli anni a cavallo fra
il XVI e il XVII secolo. E' il
più importante castello della
Stiria, ma soprattutto è un
universo, complesso,
articolato, assolutamente
impregnato di spirito barocco.
Dove ciò che conta,
letteralmente, sono i numeri.
Eggenberg
significa 365 finestre, come i
giorni in un anno; 31 camere
per piano, come il numero
massimo dei giorni in un mese;
quattro torri d'angolo, come
il numero delle stagioni; e 24
Prunkrdume, cioè sale di
rappresentanza, come il numero
delle ore in un giorno, di cui
12 per ogni lato
dell'edificio, a rappresentare
il giorno e la notte. Ma non
basta. Le 24 sale di
rappresentanza hanno in tutto
52 finestre, come il numero
delle settimane in un anno, e
aggiungendovi le 8 finestre
della Planetensaal, il cuore
del castello, si arriva a 60,
cioè il numero dei secondi in
un minuto e dei minuti in
un'ora. E ancora i sette
giorni della settimana,
protagonisti nella Sala dei
Pianeti, come i 12 mesi
dell'anno; e le 12 porte del
muro di cinta del castello,
sette delle quali sono
orientate verso la città.
Schloss
Eggenberg è il capolavoro
voluto dal
principe Hans Ulrich von
Eggenberg, prezioso
consigliere personale
dell'arciduca Ferdinando II
d'Asburgo (poi eletto
imperatore del Sacro Romano
Impero
nel
1619), stiriano come
Ferdinando, e amico personale
del generale Albrecht von
Wallenstein, eroico
protagonista della Guerra dei
Trent'Anni. Von Eggenberg era
dunque un genio della
politica, capace dimuovere
eserciti e denaro, rimanendo
sempre nell'ombra. Nel 1625,
al suo ritorno a Graz da
Vienna, con in dote il titolo
di Governatore dell'Austria
Interna, volle trasformare la
propria residenza, un po'
dimessa e parecchio datata, in
una dimora degna del suo
status e dei suoi averi. Il
vecchio palazzo di famiglia,
del 1470, commissionato dal
bisnonno Balthasar von
Eggenberg, maestro di zecca
dell'imperatore Federico III,
venne completamente rinnovato
e integrato in un castello
nuovo.
Il
principe Hans Ulrich fece le
cose in grande e si affidò a
Giovanni Pietro de Pomis,
architetto e pittore
lodigiano, uno delle stelle
dell'arte dell'epoca. De
Pomis, che dal 1595 lavorava
in Stiria, nel 1614 aveva
disegnato il mausoleo di
Ferdinando II a Graz,
considerato all'epoca il
monumento più importante di
tutta l'Austria, guadagnando
fama e incarichi di prestigio.
Fu investita una cifra pari a
56 milioni di euro odierni con
l'obiettivo di realizzare un
luogo ideale, che riassumesse
la struttura dell'universo e
la gerarchia terrestre, la
forza della fede e il percorso
del tempo.
Ci
vollero parecchi anni per
concludere l'ampliamento del
castello e Hans Ulrich fu
stroncato dalla gotta e
dall'ulcera prima della sua
conclusione, nell'ottobre del
1634. Gli succedette, nella
guida ai lavori dell'edificio
ma anche nel successo
politico, l'unico figlio,
Johann Anton, amante delle
arti, cancelliere imperiale,
governatore della Carniola e
ambasciatore a Roma. Johann
Anton morì però giovane, a
soli 39 anni, lasciando il
castello e tutti i suoi
possedimenti alla moglie, Anna
Maria, e ai due giovanissimi
figli, Johann Christian e
Johann Seyfried. L'eredità fu
equamente divisa, ma poi, nel
1717, la casata degli
Eggenberg si esaurì. Il
palazzo passò quindi ai conti
Herbstein, che nel 1939 lo
vendettero al Land della
Stiria.

Il
castello
di Eggenberg è un edificio
dai numeri impressionanti: si
estende su 5.017 mq
all'interno di un parco di 9
ettari; ha un chilometro
quadrato di affreschi, 2,5 km
di stucchi e dorature, 450 tra
sedie, poltroncine e divani,
565 mq di pavimenti in marmo e
173 tra porte e portoni.
Edificato
a partire dal 1625, ospita al
secondo piano le 24 sale di
rappresentanza, in stile rococò,
volute dal principe Johann
Seyfried. Gli stucchi furono
opera del comasco Alessandro
Sereni, agli affreschi lavorò
soprattutto il tedesco Johann
Melchior Otto. Da notare i due
"livelli" pittorici
delle 24 sale al piano nobile:
sui soffitti, le storie più
'serie", di carattere
mitologico e biblico; sulle
pareti, quelle più
frivole" legate alla vita
quotidiana dell'epoca. A
separarle, una serie di
paesaggi dipinti.
Tra
gli ambienti non evidenziati
nel disegno, sono degni di
nota soprattutto quelli di
gusto orientale: il
Chinesisches Kabinett
(Gabinetto cinese), con una
raccolta di dipinti su seta, e
il Porzellankabinett
(Gabinetto delle porcellane),
situato accanto alla Sala
d'angolo meridionale.
Scendendo verso l'uscita, al
primo piano s'incontrano i
musei: l'Alte Galerie,
dedicata all'arte medievale e
barocca, e la raccolta
numismatica.
Il
corpo che separa i due cortili
più piccoli è in parte
occupato dalla schlosskirche Maria Schnee, chiesa di Santa Maria delle Nevi, un ex
teatro trasformato in luogo di
culto nel 1754 e accessibile
dal primo piano. Accanto alla
chiesa furono ricavati un paio
di ambienti dove la famiglia e
gli invitati aspettavano
l’inizio della celebrazione
liturgica.
Ai
quattro angoli dell’edificio
le robuste torri celano
altrettante stanze. In questo
caso la gartenzimmer (Camera
del giardino) è affiancata da
due anticamere che la separano
dal Gabinetto giapponese.
La
ròmisches zimmer (Camera
romana) è dedicata alla
fondazione di Roma a
all'esaltazione delle virtù
politiche degli uomini che
diedero la vita per la città
caput mundi.
Nella
planetensaal
(Sala dei Pianeti) il cosmo è
spiegato con le immagini dei
corpi celesti e dei segni
zodiacali. È lo spazio più
importante del piano nobile e
divide le sale numero 1 e 24.
L'ultimo
ambiente che chiude il ciclo
delle 24 sale è la theaterzimmer
(Camera del teatro) così
chiamata perché le pareti
sono ricoperte da un lungo e
ininterrotto dipinto che
rappresenta i personaggi della
Commedia dell'arte, a
cominciare da Arlecchino.
La
penultima stanza, la spielzimmer (Camera da gioco), ricavata nella torre orientale, è
dedicata a uno dei passatempi
preferiti dalla nobiltà
dell’epoca: il gioco
d’azzardo. Qui sono ancora
conservati i tavoli a forma
triangolare per i tre sfidanti
di Hombre, gioco a carte di
origine spagnola. Una vera e
propria scampagnata allietata
da danze campestri: è il
mondo idilliaco raffigurato
nella schaferzimmer,
la Camera pastorale.
Nella
camera numero 20, le mura sono
rivestite da scene di caccia e
di pesca dipinte da Johann
Baptist Raunacher nella metà
del Settecento. Nello stretto japanisches
kabinett (Gabinetto
giapponese) le pareti sono
ricoperte da un dipinto su
carta suddiviso in 8 pannelli
verticali. Risale alla seconda
metà del XVII secolo e
rappresenta una veduta della
città di Osaka.

Il
piano nobile, formato da 24
stanze fastose con ricco
arredamento originale,
possiede un ciclo formato da
più di 600 dipinti racchiusi
da sofisticate cornici di
stucco, il più vasto di tutto
il paese. Si tratta di un
potpourri barocco della storia
universale in cui appaiono
contemporaneamente scene della
mitologia classica, scene
bibliche, eventi memorabili
della civiltà occidentale e
fiabe orientali.
L'arredamento
della stanze, un insieme
prezioso di decorazioni
murali, stufe e mobili, risale
a un periodo più tardo, il
rococò. Dopo l'estinzione dei
principi di Eggenberg nel
1717, l'arredamento fu infatti
commissionato, tra il 1758 e
il 1765, dai nuovi signori del
castello, la famiglia
Herberstein.
Di
particolare bellezza sono,
oltre alle tre stanzette in
stile orientale con dipinti
cinesi su seta e con quadri
giapponesi su carta, le cinque
stanze con rivestimenti murali
del pittore Johann Anton
Baptist Raunacher. Tali
rappresentazioni mostrano la
società del tempo che si
dedica ai suoi divertimenti
preferiti: la caccia, il gioco
d'azzardo, il teatro, la vita
in campagna.
Oltre
agli ambienti interni, offre
anche uno splendido giardino
inglese e il prezioso
Planetengarten (Giardino dei
Pianeti).
Il
giardino barocco, che nel
XVIII secolo circondava il
castello con ricche aiuole
ornamentali, labirinti ed alte
siepi, presenta oggi solo
alcune statue decorative e un
grazioso padiglione.
Attualmente il castello si
trova in mezzo ad un ampio
giardino all'inglese che fu
impiantato dopo il 1820 e che
con il suo ricco patrimonio
arboreo è uno dei monumenti
naturali più preziosi del
paese.

La
sala dei pianeti, contenente
un ciclo di dipinti del primo
barocco, è opera del pittore
salisburghese Hans Adam
Weissenkircher, che l'eseguì
tra il 1678 e il 1685.
I
dipinti, di valore simbolico,
collegano i 7 pianeti
conosciuti all'epoca con i 12
segni zodiacali che dominano
il destino umano e il tempo e
con le idee filosofiche
riguardanti lo sviluppo
dell'anima umana che viene
purificata dal piombo di
Saturno diventando l'oro del
Sole e con i membri della
famiglia degli Eggenberg che,
rappresentati insieme ai
simboli del loro stemma,
regnano sul cielo e sulla
terra nell'universo da essi
creato.
Decorata
nel 1678-85, la Planetensaal
è opera del salisburghese
Hans Adam Weissenkircher
(1646-95), cresciuto a Venezia
alla bottega di Johann Carl
Loth, il Carlotto. Arrivato a
corte dopo la morte di Johann
Melchior Otto, che decorò
gran parte delle 24 stanze di
rappresentanza, Weissenkircher
fu ingaggiato da Johann
Seyfried von Eggenberg nel
1670. Rimase però in Italia,
finanziato dal suo mecenate,
per otto anni ancora, con
L'obiettivo di affinare la
tecnica. Viaggiò tra Roma,
Firenze e Bologna,
impadronendosi degli
insegnamenti del naturalismo
veneziano e del classicismo
dell'Accademia bolognese.
Entrate nella Sala dei
Pianeti, illuminata soltanto
da luce naturale, e alzate
subito gli occhi al soffitto.
Le pitture più importanti,
significative, sono lassù,
nei quadri che raffigurano i
sette corpi celesti, a
rappresentazione dei sette
giorni della settimana, ma
anche dei sette componenti
della famiglia Von Eggenberg.
L'affresco
principale, che ricopre il
soffitto in tutta la sua
lunghezza, è dedicato al Sole
(1): Elios-Apollo, in
carrozza, padre e cuore
dell'universo, è simbolo di
amore e ricchezza: è Johann
Anton II, figlio di Johann
Seyfried, che allora
rappresentava il futuro della
casata.
Alle
opposte estremità del quadro
del Sole, sui lati corti della
sala, si ammirano Saturno (2)
e Giove (3). Saturno è un
uomo vecchio, saggio, con al
suo fianco la Speranza
accompagnata dalla
Perseveranza e dalla Pazienza.
È il dio più anziano,
potente, la personificazione
del principe Hans Ulrich von
Egeenbere. Giove e seduto su
un trono di nuvole, con le
saette in mano. Lo
accompagnano un'aquila,
messaggera divina, e un
cherubino che gli dona una
statua, simbolo del potere.
Princeps optimus, Giove, tra i
Von Eggenberg è il principe
TohannSeyfried.
Sul
soffitto c'è posto anche per
gli altri astri, a cominciare
da Venere (4): dea della
fertilità e della sensualità,
protetta da un giardino ricco
di rose e da uno stuolo di
cherubini, era associata a
Eleonora Maria Rosalia, sposa
di Johann Seyfiied. Di fronte,
la Luna (5) dipinta come
Diana, impegnata nella caccia
al cinghiale assieme alle sue
ninfe. E una donna giovane,
misteriosa, dea della flora,
della fauna. Weissenkircher
l'ha immaginata come Maria, la
moglie di Hans Ulrich.



Quindi,
Mercurio (6), il messaggero,
impegnato a portare le lettere
che garantiscono la nobiltà
dei Von Eggenberg. E il
principe Johann Anton, famoso
all'epoca per la sua
intelligenza e per la sua arte
della retorica. Sul lato
opposto, ecco Marte (7), il
dio della guerra, circondato
da armi e, sullo sfondo, dalle
tre personificazioni femminili
del destino. Marte è la
forza, la virilità,
l'energia: in pratica, il
generale imperiale Ruprecht
von Eggenberg. Negli angoli
della volta (8) si riconoscono
inoltre i quattro elementi: il
fuoco, cioè Vulcano; l'acqua,
con Nettuno; l'aria, con
Giunone; e la terra,
rappresentata da Proserpina.
Il ciclo inferiore è dedicato
ai 12 segni zodiacali (9),
dominati dalle tele dedicate
ad Ariete (10) e a Vergine con
Bilancia (11).
Eggenberg,
inoltre, ospita tre musei
regionali. Il più visitato è
l'Alte Galerie, una raccolta
d'arte che dal Medioevo,
passando per il Rinascimento,
arriva alla fine del Barocco,
con 21 sale tematiche,
caratterizzate da colori
diversi, che propongono
un'esposizione originale,
inattesa. I gioielli della
collezione sono la preziosa
Madonna di Admont, del XIII
secolo, una delle principali
sculture lignee del Gotico
austriaco; i quadri rococò di
Johann Georg Platzer e quelli
allegorici di Pieter Bruegel
il Giovane.
Vale
la pena di scoprire anche la
collezione numismatica, donata
dall'arciduca Johann al museo
nel 1811, conservata nell'ala
più antica del castello. Con
70mila pezzi si tratta della
seconda più grande raccolta
di monete di tutta l'Austria
ed è dedicata in particolare
ai conii stiriani, dalle
monete auree della città
romana Flavia Solva (presso
l'attuale Wagna, 45 km a sud
di Graz) alle medaglie
rinascimentali volute
dall'arciduca Carlo II. E poi
il museo archeologico, che
riaprirà nell'estate 2009,
dopo i necessari lavori di
restauro, con i reperti del
Noricum, la provincia romana
che copriva l'attuale Stiria,
una ricca collezione di lapidi
e gli arredi funerari
recuperati nei siti di
Strettweg e Kleinklein,
databili tra l'VIII e il VI
secolo a.C.
Infine,
ci si riposa gli occhi nella
cappella dedicata alla Beata
Maria Vergine, la sezione più
antica del castello, datata
1470. Si tratta di una piccola
stanza quadrata, semplicemente
bianca, con il soffitto a
volte, che custodisce 13
tavole: la più grande, al
centro, è dedicata alla
Madonna con il Bambino,
affiancata da santi, martiri e
apostoli, questi ultimi divisi
in gruppi di tre. È puro
Gotico, semplice e immediato,
con le figure sacre
umanizzate. E questo il cuore,
storico ma anche geometrico,
dell'edificio: proprio nella
cappella si trova, secondo i
calcoli dell'architetto De
Pomis, il punto centrale del
castello.
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