Centro storico della città di Graz e Castello Eggenberg
Austria

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1999 - 2010
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Graz, capoluogo del Land della Stiria, originariamente era un forte romano. Più tardi gli Sloveni costruirono in questo luogo un piccolo castello, che col tempo divenne un luogo pesantemente fortificato. Il nome tedesco Graz venne usato per la prima volta nel 1128, quando i duchi di Babenberg trasformarono la città in un importante centro mercantile. Più tardi Graz divenne parte dei domini degli Asburgo e nel 1281 ottenne speciali privilegi da parte di Rodolfo I.

Agli inizi del XV secolo Graz divenne la città di residenza per il ramo più giovane della famiglia Asburgo, che succedette al trono nel 1619 con l'imperatore Ferdinando II, che spostò la capitale a Vienna. La famiglia regnante viveva nel castello di Schlossberg e da lì dominava sulla Stiria, sulla Carinzia e su parti delle odierne Italia e Slovenia (Carniola, Gorizia e Gradisca d'Isonzo).

Nel XVI secolo l'architettura cittadina venne ridisegnata da artisti e architetti italiani rinascimentali. Uno dei più famosi edifici costruiti in questo stile è il Landhaus, realizzato da Domenico dell'Allio, e venne usato come centro di potere governativo dai regnanti dell'epoca.  

L'università Karl-Franzens, più famosa come Università di Graz, è la più antica università cittadina, fondata nel 1585 dall'arciduca Carlo II d'Austria. Fino a che rimase aperta, venne quasi sempre controllata dalla Chiesa cattolica; venne chiusa nel 1782 da Giuseppe II nel tentativo di ottenere il controllo statale sulle istituzioni educative. Giuseppe II trasformò l'università in un liceo dove venivano istruiti gli impiegati statali e il personale medico. Nel 1827 le fu riassegnata l'originale funzione di università dall'imperatore Francesco I d'Austria e per questo venne chiamata "università Karl-Franzens". Attualmente vi studiano più di 30.000 studenti.

L'arciduca Carlo II bruciò 20.000 libri dei protestanti nella piazza in cui ora si trova un ospedale psichiatrico. L'arciduca Francesco Ferdinando nacque a Graz, nell'edificio che oggi ospita il museo cittadino ("Stadtmuseum").

Nikola Tesla studiò ingegneria elettronica al Politecnico di Graz nel 1875. Il premio Nobel Otto Loewi insegnò all'università di Graz dal 1909 al 1938, e Keplero fu professore di matematica dal 1594 al 1599. Erwin Schrödinger fu per breve tempo rettore nel 1936.

Landhaus.jpg (393478 byte)Landhaus3.jpg (433449 byte)Nel corso dei secoli Graz venne spesso attaccata, anche se la sua posizione strategica nella valle del fiume Mur ne permise una facile difesa: ci provarono per esempio gli ungheresi guidati da Mattia Corvino nel 1481 e gli Ottomani nel 1529 e nel 1532. Oltre al Riegersburg, lo Schlossberg fu l'unica fortificazione di questa regione a non essere mai caduta nelle mani dei Turchi Ottomani. A Graz è conservata, fin dal 1551, la più grande collezione di armi storiche del mondo, con oltre 30.000 pezzi.

Alla fine del XVI secolo vennero aggiunte nuove fortificazioni allo Schlossberg. Nel 1797 l'esercito di Napoleone occupò la città. Nel 1809 Graz dovette fronteggiare un altro attacco da parte dell'esercito francese, durante il quale la città si difese vittoriosamente pur se dovette fronteggiare un'evidente inferiorità numerica, 900 contro 3.000. 

Dopo 8 attacchi consecutivi la fortezza dello Schlossberg non era ancora stata espugnata, ma la caduta di Vienna provocò l'ordine di resa da parte dell'imperatore Francesco II. Dopo la sconfitta austriaca nella battaglia di Wagram del 1809 le fortificazioni dello Schlossberg, considerata la più formidabile fortezza mai costruita, vennero distrutte a colpi di esplosivo, come stabilito dalla pace di Schönbrunn in quello stesso anno. La torre dell'orologio e il campanile, spesso usati come simbolo della città, vennero risparmiati dopo che la popolazione pagò un riscatto alla Francia.  

Nel 1938, l'anno in cui l'Austria venne annessa dalla Germania nazista, Adolf Hitler venne ricevuto in città con tutti gli onori. La fiorente comunità ebraica venne spazzata via e la sinagoga bruciata. Dopo la guerra una piccola comunità ebraica ritornò a Graz nonostante tutto. Nel 2000, il giorno dell'anniversario della notte dei cristalli, come segno di riconciliazione il comune di Graz offrì alla comunità ebraica una nuova sinagoga.

Hitler aveva promesso alla popolazione di Graz 1.000 anni di prosperità e la fine della disoccupazione di massa; dopo soli 7 anni la città si arrese all'avanzata delle truppe sovietiche, che risparmiarono Graz dalla distruzione totale. Circa il 16% degli edifici era stato distrutto dai bombardamenti degli Alleati, anche se fortunosamente la città vecchia non venne seriamente danneggiata.

Graz ha profondissimi legami storici e culturali con la Slovenia. Il nome della città è di chiara origine slovena, così come sloveni furono, seppur per un breve periodo, i suoi sovrani. Qui fu stampato il primo libro cattolico scritto in lingua slovena. Fu l'università di Graz il principale polo studentesco per gli Sloveni, quella di Lubiana infatti aprirà solamente nel 1919. Gli abitanti della Stiria slovena la considerano una città slovena poiché molti di loro gravitano, economicamente, attorno a Graz. Durante la seconda guerra mondiale gli sloveni furono oggetto di discriminazioni. Oggigiorno sono presenti in città diverse associazioni culturali e musicali slovene.

Schlossberg  

Schlossberg letteralmente significa "monte castello", il che lo descrive con grande precisione: si tratta di una collina sormontata da un castello nel centro della città austriaca di Graz.

È la maggior attrazione turistica di Graz, mai occupata durante la sua storia fino alla parziale demolizione subita in seguito alla pace di Schönbrunn del 1809 da parte delle forze napoleoniche. 

Del castello fa parte un "Uhrturm", cioè una "Torre dell'orologio", uno dei simboli della città. La sua costruzione della torre risale al 1560, mentre il meccanismo dell'orologio indica l'ora esatta dal 1712. 

Per raggiungere la cima della collina si possono percorrere gli antichi sentieri che lo univano alla città, oppure si può prendere una moderna funivia o ancora un ascensore costruito all'interno della montagna.

Duomo

La Cattedrale, chiesa vescovile e chiesa parrocchiale di Sant'Egidio, detto comunemente Duomo di Graz, rappresenta uno degli edifici artistici storicamente più significativi della cultura d'Austria e di tutta la provincia della Stiria. 

Una chiesa dedicata a Sant'Egidio abate sorgeva già in questo luogo almeno sin dal XII secolo. Nel 1438 Federico III d'Asburgo iniziò la costruzione del castello di Graz e con esso il duomo odierno, come chiesa di corte, completato nel 1464 in stile Tardogotico. L'architetto fu probabilmente Hans Niesenberger, già noto a Ratisbona nel 1459 come Maestro von Grätz der Weissnaw, e presso il Duomo di Milano, nel 1483, come Maestro Johannes von Graz. Nel 1615 venne costruita la sacrestia e tra il 1617 e il 1667 vennero aggiunte le quattro cappelle della Peste, dell'Addolorata, di San Francesco Saverio e della Croce

Nel 1577 venne donata ai Gesuiti, che la officiarono fino all'abolizione dell'ordine nel 1773, i quali apportarono grandi modifiche all'edificio, soprattutto nel suo arredamento. Abbatterono lo Jubé gotico, secondo le nuove teorie dettate dal Concilio di Trento, costruirono nuovi altari laterali, aggiunsero altre cappelle e una nuova sacrestia. Nel 1678 venne costruita la cripta sotto la chiesa. Dopo l'abolizione dell'Ordine dei Gesuiti nel 1773 la chiesa restò inutilizzata fino all'anno 1786, quando la sede vescovile della diocesi di Seckau venne spostata a Graz e la chiesa venne elevata a Cattedrale della Diocesi di Graz-Seckau.

L'esterno si presenta come una semplice e massiccia struttura, una volta interamente rivestita da affreschi. Oggi uniche testimonianze restano, sul fianco destro, le pitture dei Flagelli di Dio, opere del 1480-85 circa di Thomas von Villach. Il portale principale, ancora di chiara inflessione gotica, è datato 1456; in alto sono gli stemmi di Federico III con relativo motto A.E.I.O.U (Austriae est imperare orbi universo), a sinistra, e del Portogallo a destra, in onore della moglie Eleonora del Portogallo. Le quattro statue di Maria, San Giuseppe, San Giovanni Battista e San Leopoldo sono del XIX secolo.

Il grande tetto e la torretta occidentale vennero aggiunti da Grego Parcher nel 1653.

L'interno dell'edificio è del tipo Hallenkirche, a sala, diviso in tre navate da slanciati pilastri compositi e coperto da elaborate volte a stella, tipiche del periodo Tardo-gotico. All'epoca della costruzione gran parte degli interni erano rivestiti da affreschi tardo gotici, dei quali restano un San Cristoforo in controfacciata, e rameggi floreali, datati 1464, sulle volte della navata centrale.

Nel Coro troneggia il maestoso Altar maggiore barocco, uno dei più belli e importanti d'Austria, eretto dai Gesuiti nel 1730-33 in sostituzione del precedente rinascimentale. Il complesso risulta da disegni del gesuita Padre Georg; le sculture sono di Johann Jacob Schoy, i dipinti di Franz Ignaz Flurer. Sviluppato su due livelli, presenta una grande pala di San'Egidio, patrono della chiesa, e il grande gruppo scultoreo dell'Incoronazione della Vergine

Gli altari laterali sono stati costruiti subito dopo la demolizione dello Jubé nel 1618, e rinnovati nel 1766 da Veit Königer. Le pale d'altare del pittore di corte Giovanni Pietro de Pomis sono rimaste. Il pulpito, progettato nel 1710 dal gesuita Georg Lindemayril, mostra una ricca decorazione barocca.

Sull'ampia cantoria in controfacciata si trova l'organo a canne, ricostruito nel 1978 dalla ditta organaria zurighese Kuhn Orgelbau riutilizzando parte del materiale fonico e la cassa barocca, progettata dall'architetto Jörg Mayr e decorata da Veit Königer, del precedente strumento, costruito nel 1687 da Anton Römer. L'organo attuale (2012) è a trasmissione mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettrica per i registri) ed un totale di 70 registri suddivisi fra le quattro tastiere, ciascuna di 56 note, e la pedaliera, di 30 note. 

Ai lati del coro sono due reliquiari con rilievi che sono fra le opere più importanti custodite nel Duomo. In origine erano due cassoni nuziali di Paola Gonzaga che la duchessa portò con sé al matrimonio con il conte Leonardo di Gorizia al Castello Bruck di Lienz. Dopo la morte della coppia senza figli, le casse entrarono in possesso dell'Abbazia di Millstatt, sulle Alpi della Carinzia. L'Arciduca Ferdinando le donò nel 1598 ai gesuiti per la creazione dell'Università di Graz. Nel 1617 Papa Paolo V donò delle reliquie ai gesuiti di Graz, che le custodirono dentro queste casse. Le cassapanche di quercia presentano tre bassorilievi in avorio ispirati dalla poesia de'I Trionfi di Francesco Petrarca, lavori eseguiti a Mantova nel 1477 dalla scuola del Mantegna.

Schloß Eggenberg

Schloss Eggenberg, alla periferia di Graz, è la rappresentazione di un universo perfetto, un gioiello architettonico dove domina la mitica armonia cosmica tanto di moda tra gli illuminati fan di Giovanni Keplero e Giordano Bruno negli anni a cavallo fra il XVI e il XVII secolo. E' il più importante castello della Stiria, ma soprattutto è un universo, complesso, articolato, assolutamente impregnato di spirito barocco. Dove ciò che conta, letteralmente, sono i numeri.

Eggenberg significa 365 finestre, come i giorni in un anno; 31 camere per piano, come il numero massimo dei giorni in un mese; quattro torri d'angolo, come il numero delle stagioni; e 24 Prunkrdume, cioè sale di rappresentanza, come il numero delle ore in un giorno, di cui 12 per ogni lato dell'edificio, a rappresentare il giorno e la notte. Ma non basta. Le 24 sale di rappresentanza hanno in tutto 52 finestre, come il numero delle settimane in un anno, e aggiungendovi le 8 finestre della Planetensaal, il cuore del castello, si arriva a 60, cioè il numero dei secondi in un minuto e dei minuti in un'ora. E ancora i sette giorni della settimana, protagonisti nella Sala dei Pianeti, come i 12 mesi dell'anno; e le 12 porte del muro di cinta del castello, sette delle quali sono orientate verso la città.

Schloss Eggenberg è il capolavoro voluto dal principe Hans Ulrich von Eggenberg, prezioso consigliere personale dell'arciduca Ferdinando II d'Asburgo (poi eletto imperatore del Sacro Romano Impero nel 1619), stiriano come Ferdinando, e amico personale del generale Albrecht von Wallenstein, eroico protagonista della Guerra dei Trent'Anni. Von Eggenberg era dunque un genio della politica, capace dimuovere eserciti e denaro, rimanendo sempre nell'ombra. Nel 1625, al suo ritorno a Graz da Vienna, con in dote il titolo di Governatore dell'Austria Interna, volle trasformare la propria residenza, un po' dimessa e parecchio datata, in una dimora degna del suo status e dei suoi averi. Il vecchio palazzo di famiglia, del 1470, commissionato dal bisnonno Balthasar von Eggenberg, maestro di zecca dell'imperatore Federico III, venne completamente rinnovato e integrato in un castello nuovo. 

Il principe Hans Ulrich fece le cose in grande e si affidò a Giovanni Pietro de Pomis, architetto e pittore lodigiano, uno delle stelle dell'arte dell'epoca. De Pomis, che dal 1595 lavorava in Stiria, nel 1614 aveva disegnato il mausoleo di Ferdinando II a Graz, considerato all'epoca il monumento più importante di tutta l'Austria, guadagnando fama e incarichi di prestigio. Fu investita una cifra pari a 56 milioni di euro odierni con l'obiettivo di realizzare un luogo ideale, che riassumesse la struttura dell'universo e la gerarchia terrestre, la forza della fede e il percorso del tempo. 

Ci vollero parecchi anni per concludere l'ampliamento del castello e Hans Ulrich fu stroncato dalla gotta e dall'ulcera prima della sua conclusione, nell'ottobre del 1634. Gli succedette, nella guida ai lavori dell'edificio ma anche nel successo politico, l'unico figlio, Johann Anton, amante delle arti, cancelliere imperiale, governatore della Carniola e ambasciatore a Roma. Johann Anton morì però giovane, a soli 39 anni, lasciando il castello e tutti i suoi possedimenti alla moglie, Anna Maria, e ai due giovanissimi figli, Johann Christian e Johann Seyfried. L'eredità fu equamente divisa, ma poi, nel 1717, la casata degli Eggenberg si esaurì. Il palazzo passò quindi ai conti Herbstein, che nel 1939 lo vendettero al Land della Stiria.

Il castello di Eggenberg è un edificio dai numeri impressionanti: si estende su 5.017 mq all'interno di un parco di 9 ettari; ha un chilometro quadrato di affreschi, 2,5 km di stucchi e dorature, 450 tra sedie, poltroncine e divani, 565 mq di pavimenti in marmo e 173 tra porte e portoni. 

Edificato a partire dal 1625, ospita al secondo piano le 24 sale di rappresentanza, in stile rococò, volute dal principe Johann Seyfried. Gli stucchi furono opera del comasco Alessandro Sereni, agli affreschi lavorò soprattutto il tedesco Johann Melchior Otto. Da notare i due "livelli" pittorici delle 24 sale al piano nobile: sui soffitti, le storie più 'serie", di carattere mitologico e biblico; sulle pareti, quelle più frivole" legate alla vita quotidiana dell'epoca. A separarle, una serie di paesaggi dipinti. 

Tra gli ambienti non evidenziati nel disegno, sono degni di nota soprattutto quelli di gusto orientale: il Chinesisches Kabinett (Gabinetto cinese), con una raccolta di dipinti su seta, e il Porzellankabinett (Gabinetto delle porcellane), situato accanto alla Sala d'angolo meridionale. Scendendo verso l'uscita, al primo piano s'incontrano i musei: l'Alte Galerie, dedicata all'arte medievale e barocca, e la raccolta numismatica.

Il corpo che separa i due cortili più piccoli è in parte occupato dalla schlosskirche Maria Schnee, chiesa di Santa Maria delle Nevi, un ex teatro trasformato in luogo di culto nel 1754 e accessibile dal primo piano. Accanto alla chiesa furono ricavati un paio di ambienti dove la famiglia e gli invitati aspettavano l’inizio della celebrazione liturgica.  

Ai quattro angoli dell’edificio le robuste torri celano altrettante stanze. In questo caso la gartenzimmer (Camera del giardino) è affiancata da due anticamere che la separano dal Gabinetto giapponese.

La ròmisches zimmer (Camera romana) è dedicata alla fondazione di Roma a all'esaltazione delle virtù politiche degli uomini che diedero la vita per la città caput mundi.

Nella planetensaal (Sala dei Pianeti) il cosmo è spiegato con le immagini dei corpi celesti e dei segni zodiacali. È lo spazio più importante del piano nobile e divide le sale numero 1 e 24.

L'ultimo ambiente che chiude il ciclo delle 24 sale è la theaterzimmer (Camera del teatro) così chiamata perché le pareti sono ricoperte da un lungo e ininterrotto dipinto che rappresenta i personaggi della Commedia dell'arte, a cominciare da Arlecchino. 

La penultima stanza, la spielzimmer (Camera da gioco), ricavata nella torre orientale, è dedicata a uno dei passatempi preferiti dalla nobiltà dell’epoca: il gioco d’azzardo. Qui sono ancora conservati i tavoli a forma triangolare per i tre sfidanti di Hombre, gioco a carte di origine spagnola. Una vera e propria scampagnata allietata da danze campestri: è il mondo idilliaco raffigurato nella schaferzimmer, la Camera pastorale. 

Nella camera numero 20, le mura sono rivestite da scene di caccia e di pesca dipinte da Johann Baptist Raunacher nella metà del Settecento. Nello stretto japanisches kabinett (Gabinetto giapponese) le pareti sono ricoperte da un dipinto su carta suddiviso in 8 pannelli verticali. Risale alla seconda metà del XVII secolo e rappresenta una veduta della città di Osaka. 

Il piano nobile, formato da 24 stanze fastose con ricco arredamento originale, possiede un ciclo formato da più di 600 dipinti racchiusi da sofisticate cornici di stucco, il più vasto di tutto il paese. Si tratta di un potpourri barocco della storia universale in cui appaiono contemporaneamente scene della mitologia classica, scene bibliche, eventi memorabili della civiltà occidentale e fiabe orientali.

L'arredamento della stanze, un insieme prezioso di decorazioni murali, stufe e mobili, risale a un periodo più tardo, il rococò. Dopo l'estinzione dei principi di Eggenberg nel 1717, l'arredamento fu infatti commissionato, tra il 1758 e il 1765, dai nuovi signori del castello, la famiglia Herberstein.

Di particolare bellezza sono, oltre alle tre stanzette in stile orientale con dipinti cinesi su seta e con quadri giapponesi su carta, le cinque stanze con rivestimenti murali del pittore Johann Anton Baptist Raunacher. Tali rappresentazioni mostrano la società del tempo che si dedica ai suoi divertimenti preferiti: la caccia, il gioco d'azzardo, il teatro, la vita in campagna.

Oltre agli ambienti interni, offre anche uno splendido giardino inglese e il prezioso Planetengarten (Giardino dei Pianeti). 

Il giardino barocco, che nel XVIII secolo circondava il castello con ricche aiuole ornamentali, labirinti ed alte siepi, presenta oggi solo alcune statue decorative e un grazioso padiglione. Attualmente il castello si trova in mezzo ad un ampio giardino all'inglese che fu impiantato dopo il 1820 e che con il suo ricco patrimonio arboreo è uno dei monumenti naturali più preziosi del paese.

La sala dei pianeti, contenente un ciclo di dipinti del primo barocco, è opera del pittore salisburghese Hans Adam Weissenkircher, che l'eseguì tra il 1678 e il 1685.

I dipinti, di valore simbolico, collegano i 7 pianeti conosciuti all'epoca con i 12 segni zodiacali che dominano il destino umano e il tempo e con le idee filosofiche riguardanti lo sviluppo dell'anima umana che viene purificata dal piombo di Saturno diventando l'oro del Sole e con i membri della famiglia degli Eggenberg che, rappresentati insieme ai simboli del loro stemma, regnano sul cielo e sulla terra nell'universo da essi creato.

Decorata nel 1678-85, la Planetensaal è opera del salisburghese Hans Adam Weissenkircher (1646-95), cresciuto a Venezia alla bottega di Johann Carl Loth, il Carlotto. Arrivato a corte dopo la morte di Johann Melchior Otto, che decorò gran parte delle 24 stanze di rappresentanza, Weissenkircher fu ingaggiato da Johann Seyfried von Eggenberg nel 1670. Rimase però in Italia, finanziato dal suo mecenate, per otto anni ancora, con L'obiettivo di affinare la tecnica. Viaggiò tra Roma, Firenze e Bologna, impadronendosi degli insegnamenti del naturalismo veneziano e del classicismo dell'Accademia bolognese. Entrate nella Sala dei Pianeti, illuminata soltanto da luce naturale, e alzate subito gli occhi al soffitto. Le pitture più importanti, significative, sono lassù, nei quadri che raffigurano i sette corpi celesti, a rappresentazione dei sette giorni della settimana, ma anche dei sette componenti della famiglia Von Eggenberg. 

L'affresco principale, che ricopre il soffitto in tutta la sua lunghezza, è dedicato al Sole (1): Elios-Apollo, in carrozza, padre e cuore dell'universo, è simbolo di amore e ricchezza: è Johann Anton II, figlio di Johann Seyfried, che allora rappresentava il futuro della casata. 

Alle opposte estremità del quadro del Sole, sui lati corti della sala, si ammirano Saturno (2) e Giove (3). Saturno è un uomo vecchio, saggio, con al suo fianco la Speranza accompagnata dalla Perseveranza e dalla Pazienza. È il dio più anziano, potente, la personificazione del principe Hans Ulrich von Egeenbere. Giove e seduto su un trono di nuvole, con le saette in mano. Lo accompagnano un'aquila, messaggera divina, e un cherubino che gli dona una statua, simbolo del potere. Princeps optimus, Giove, tra i Von Eggenberg è il principe TohannSeyfried.

Sul soffitto c'è posto anche per gli altri astri, a cominciare da Venere (4): dea della fertilità e della sensualità, protetta da un giardino ricco di rose e da uno stuolo di cherubini, era associata a Eleonora Maria Rosalia, sposa di Johann Seyfiied. Di fronte, la Luna (5) dipinta come Diana, impegnata nella caccia al cinghiale assieme alle sue ninfe. E una donna giovane, misteriosa, dea della flora, della fauna. Weissenkircher l'ha immaginata come Maria, la moglie di Hans Ulrich. 

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Quindi, Mercurio (6), il messaggero, impegnato a portare le lettere che garantiscono la nobiltà dei Von Eggenberg. E il principe Johann Anton, famoso all'epoca per la sua intelligenza e per la sua arte della retorica. Sul lato opposto, ecco Marte (7), il dio della guerra, circondato da armi e, sullo sfondo, dalle tre personificazioni femminili del destino. Marte è la forza, la virilità, l'energia: in pratica, il generale imperiale Ruprecht von Eggenberg. Negli angoli della volta (8) si riconoscono inoltre i quattro elementi: il fuoco, cioè Vulcano; l'acqua, con Nettuno; l'aria, con Giunone; e la terra, rappresentata da Proserpina. Il ciclo inferiore è dedicato ai 12 segni zodiacali (9), dominati dalle tele dedicate ad Ariete (10) e a Vergine con Bilancia (11).

Eggenberg, inoltre, ospita tre musei regionali. Il più visitato è l'Alte Galerie, una raccolta d'arte che dal Medioevo, passando per il Rinascimento, arriva alla fine del Barocco, con 21 sale tematiche, caratterizzate da colori diversi, che propongono un'esposizione originale, inattesa. I gioielli della collezione sono la preziosa Madonna di Admont, del XIII secolo, una delle principali sculture lignee del Gotico austriaco; i quadri rococò di Johann Georg Platzer e quelli allegorici di Pieter Bruegel il Giovane. 

Vale la pena di scoprire anche la collezione numismatica, donata dall'arciduca Johann al museo nel 1811, conservata nell'ala più antica del castello. Con 70mila pezzi si tratta della seconda più grande raccolta di monete di tutta l'Austria ed è dedicata in particolare ai conii stiriani, dalle monete auree della città romana Flavia Solva (presso l'attuale Wagna, 45 km a sud di Graz) alle medaglie rinascimentali volute dall'arciduca Carlo II. E poi il museo archeologico, che riaprirà nell'estate 2009, dopo i necessari lavori di restauro, con i reperti del Noricum, la provincia romana che copriva l'attuale Stiria, una ricca collezione di lapidi e gli arredi funerari recuperati nei siti di Strettweg e Kleinklein, databili tra l'VIII e il VI secolo a.C. 

Infine, ci si riposa gli occhi nella cappella dedicata alla Beata Maria Vergine, la sezione più antica del castello, datata 1470. Si tratta di una piccola stanza quadrata, semplicemente bianca, con il soffitto a volte, che custodisce 13 tavole: la più grande, al centro, è dedicata alla Madonna con il Bambino, affiancata da santi, martiri e apostoli, questi ultimi divisi in gruppi di tre. È puro Gotico, semplice e immediato, con le figure sacre umanizzate. E questo il cuore, storico ma anche geometrico, dell'edificio: proprio nella cappella si trova, secondo i calcoli dell'architetto De Pomis, il punto centrale del castello.