SITO
PATRIMONIO IN PERICOLO DAL
2017 - COSTRUZIONE DI UN
GRATTACIELO LA CUI ALTEZZA
MODIFICHERA' IL CONTESTO
ARCHITETTONICO DI VALORE DEL
SITO.
Vienna,
il cui centro storico è stato
dichiarato patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO, è
la capitale e allo stesso
tempo uno stato federato
dell'Austria.
Vienna
è nota anche come la Città
dei Musicisti o Città
dei Sogni per avere
ospitato molti tra i maggiori
compositori del XVIII e del
XIX secolo: Antonio Vivaldi,
Christoph Willibald Gluck,
Wolfgang Amadeus Mozart, Franz
Joseph Haydn, Antonio Salieri,
Ludwig Van Beethoven,
Gioachino Rossini, Franz
Schubert, gli Strauss,
Johannes Brahms, Franz Liszt,
Gustav Mahler, Arnold Schönberg
e altri ancora.
Quando
i Romani, ansiosi di estendere
le frontiere dell'impero fino
all'Elba, nella loro marcia
espansionistica verso nord,
giunsero nei luoghi dove sorge
oggi la città
di Vienna, vi trovarono le
popolazioni celtiche che
dominavano già da quattro
o cinque secoli questa
regione, dove si erano
sostituiti ad una più
antica popolazione
veneto-illirica.
Scavi
recenti nella zona hanno
portato alla luce oggetti di
epoca neolitica che provano
come questa regione fosse
popolata già
3000 anni prima della nascita
di Cristo. Non appena i Romani
compresero l'importanza
strategica di
quell'insediamento celtico, vi
edificarono un accampamento
fortificato. Per tre secoli, a
partire dalla metà del I
secolo d.C., la potente X
legione stazionò qui. Il nome
del campo, Vindobona, derivò
forse dalla parola celtica
Vindomina, o Vindo, che
significa "bianco" e
che allude probabilmente
all'antico splendore avuto in passato
dalla città.
Questo campo aveva il compito
di difendere la provincia
della Pannonia dalle invasioni
della bellicosa tribù nomade
dei Quadi. L'accampamento era
situato nell'angolo a
nord-ovest dell'attuale
quartiere che comprende il
Graben, il Tiefen Graben, la
Naglergasse, la Rotgasse e la
Kraemergasse.
Qui,
nel 180 d.C., morì
l'imperatore Marco Aurelio:
egli non aveva solamente
portato la guerra contro i
Marcomanni, ma aveva anche
trovato il tempo e
l'ispirazione per scrivere
buona parte dei
"Pensieri".
Con la sua morte, poterono
dilagare in tutta la regione
quei barbari che l'imperatore
aveva cercato di tenere
lontani: tra il V e il VII
secolo, tutta la pianura del
Danubio fu teatro delle
scorrerie barbariche.
Ostrogoti, Vandali, Unni,
Slavi, Avari si riversarono ad
ondate successive sulla
Pannonia. Il destino della
regione e quello della città
cambiarono nel 791, allorché
Carlo Magno fondò l'Impero
d'Occidente e creò la
Ostmark, la Marca Orientale
che avrebbe costituito il
nucleo principale
dell'Ostarrichi, futuro Ósterreich,
cioè Regno di Oriente.
Anche
il nuovo nome della città,
Venia, appare per la prima
volta in un documento di
Salisburgo dell'881. La
Ostmark fu
ceduta, nel 976, dall'imperatore
Ottone II al conte Leopoldo I
della dinastia Babenberg, che
divenne così il primo
margravio ereditario
dell'Austria, sotto al quale
la regione diventò
indipendente. Con questa
dinastia Vienna conobbe uno
sviluppo eccezionale, favorito
in gran parte dalla sua felice
posizione lungo il fiume
Danubio. Infatti essa divenne
subito un importante porto
fluviale e un grande centro
commerciale, situata com'era
sulla strada dell'ambra, che i
mercanti trasportavano verso
il sud dell'Europa, già fin
da prima della nascita di
Cristo. Fu sotto Enrico II
detto Jasomirgott (che
trasformò la marca austriaca
in ducato ereditario), che la
città ottenne per la prima
volta dignità residenziale,
in quanto il duca vi trasferì
la residenza da
Klosterneuburg.
La dinastia dei Babenberg si
estinse con Federico II e
Vienna, dopo un periodo di
anarchia e di lotta, passò
nel 1282 sotto il dominio di
Rodolfo I, capostipite della
famiglia degli Asburgo, che
manterrà il suo dominio
sull'Austria per quasi sei
secoli. Cominciò così
l'espansione della città, che
andava di pari passo con il
suo continuo abbellirsi: il
Duomo di S. Stefano dominava
dall'alto la città ed era
sorta la prima università.
Nel 1438, sotto Alberto V,
Vienna diventò la capitale
del Sacro Romano Impero e la
dinastia degli Asburgo ottenne
quella dignità imperiale che
le rimarrà, tranne un'unica
breve interruzione, fino al
1806, quando Napoleone abolì
il Sacro Romano Impero dopo
mille anni di vita.
Solo nel 1485 Mattia Corvino,
a capo dell'esercito
ungherese, entrò nella città
e la occupò fino al 1490. In
questo periodo Vienna non ha
più nulla dell'ormai antico
insediamento fortificato: è
una città con dignità
imperiale e perciò sottoposta
solamente all'imperatore,
ricca di chiese, con una
cultura viva e vivificante.
Nuovo e maggiore splendore lo conobbe quando salì
al trono Massimiliano I: egli
iniziò la spregiudicata
politica dei matrimoni per
acquistare nuove terre e nuovi
privilegi. Egli stesso,
sposando Maria di Borgogna nel
1477, aggiunse all'Impero
la Borgogna e i Paesi Bassi.
Nel
1496 suo figlio Filippo il
Bello sposava Giovanna la
Pazza, che gli portava in dote
la Castiglia e l'Aragona, così
che, alla morte del vecchio
Massimiliano, il nipote Carlo
si trovò ad ereditare tutto e
a diventare re di Spagna con
il nome di Carlo I e
imperatore del Sacro Romano
Impero come Carlo V. Il
celebre motto "Bella
gerani alii, tu, felix
Austria, nube" ("Gli
altri portino le guerre, tu,
Austria felice, porta i
matrimoni"), non poteva
essere meglio realizzato.
Vienna era così la capitale
di quell'impero "sul
quale non tramontava mai il
sole", e come tale
cominciò a giocare un ruolo
importantissimo nella storia
europea. Divenne addirittura
l'ultimo baluardo della civiltà
occidentale, quando l'impero
turco, sempre più minaccioso,
cominciò a premere alle porte
dell'Europa. I Turchi, che nel
1453 avevano fatto cadere
Costantinopoli, avevano invaso
nel 1526 l'Ungheria e solo
l'Austria, adesso, si poneva,
come estrema difesa, fra loro
e il mondo occidentale. Le
guerre contro i Turchi
sfiancarono la città, che si
trovò ad essere assediata per
due volte, nel 1529 e nel
1683.

Nel
1533 la sede del potere venne
spostata nell'edificio
dell'Hofburg, il tradizionale
palazzo imperiale di Vienna.
Non cessarono tuttavia per
Vienna le invasioni straniere:
dal 1485 al 1493 la città fu
sotto la dominazione di Mattia
Corvino, re degli ungheresi,
scacciato dalla città da
Massimiliano, e nei primi anni
del Cinquecento iniziò a
farsi temere la minaccia
turca. Vienna fu per tutto il
XVI secolo funestata dalle
guerre di religione, divisa
tra il protestantesimo (circa
l'80% sotto Massimiliano II,
di fatto protestante) e il
cattolicesimo, uscito vincente
dopo le persecuzioni dei
successivi sovrani e la
violenta Controriforma dei
gesuiti. Gli scontri tra le
due religioni provocarono lo
scoppio nell'Impero e in tutta
Europa della Guerra dei
Trent'Anni, durante la quale
la città fu devastata dalla
peste (circa 30.000 morti) e
dagli assedi stranieri.
Vienna
rifiorì in tutto il suo
splendore dopo la definitiva
sconfitta dei turchi, che nel
1683 sotto Kara Mustafa erano
giunti alle porte della
capitale imperiale minacciando
l'intero mondo cristiano. Il
principe Eugenio di Savoia li
batté ripetutamente, salvando
la città che nel tardo
Seicento e nei primi del
Settecento conobbe un grande
risveglio urbanistico: sotto
Carlo VI fu costruita la
Karlskirche, i sontuosi
palazzi del Belvedere, le
residenze dei nobili intorno
all'Hofburg. Nel 1738 vi fu
firmata la Pace di Vienna, con
la quale le potenze
belligeranti (Francia da una
parte, Impero Austriaco
dall'altra, ed i rispettivi
alleati) posero fine alla
Guerra di successione polacca.
Nel
1740 salì al trono austriaco
Maria Teresa d'Austria, prima
imperatrice dopo che con la
Prammatica sanzione Carlo VI
aveva permesso la successione
in linea femminile. Maria
Teresa, che governò per
quarant'anni, spostò la
residenza imperiale nel
palazzo di Schönbrunn da lei
fatto costruire alla periferia
di Vienna, contribuendo a
rendere la città una capitale
artistica di primo piano
favorendo la musica (sotto il
suo regno iniziò a brillare
l'astro di Mozart).
Il
successore di Maria Teresa,
Giuseppe II, liberale e
riformatore, dovette
scontrarsi contro
l'aristocrazia conservatrice e
la Chiesa nel suo processo di
rinnovamento politico, noto
come giuseppinismo. Il
cosiddetto Codice penale
giuseppino modernizzò la
legislazione austriaca secondo
i principi dell'Illuminismo,
ma la sua linea antireligiosa
portò addirittura papa Pio VI
a Vienna nel 1782 per tentare
di bloccare le riforme, dopo
che l'anno precedente
l'imperatore aveva emanato
l'Editto di Tolleranza che
metteva fine ai contrasti tra
cattolici, protestanti, ebrei
e ortodossi. Vicino al popolo,
Giuseppe II aprì ai cittadini
i parchi riservati agli
aristocratici del Prater e
dell'Augarten.
Negli
ultimi anni del Settecento e
nel primo decennio
dell'Ottocento Vienna e
l'Austria dovettero subire gli
effetti devastanti di
Napoleone Bonaparte. Nel 1806
Francesco II fu costretto
dall'imperatore dei francesi a
cedere il titolo di sovrano
del Sacro Romano Impero,
eliminando così
definitivamente l'antica
istituzione che risaliva a
Carlo Magno, mentre il sovrano
assunse il titolo di Francesco
I, imperatore d'Austria.
Ripetutamente battuta da
Napoleone, l'Austria dovette
subire la sua occupazione:
Bonaparte nel 1809 s'installò
a Schönbrunn sposando la
figlia di Francesco I, Maria
Luisa.

L'abile
diplomazia del principe
Metternich portò tuttavia
l'Austria ad aderire nel 1813
alla coalizione contro la
Francia che portò alla
disfatta di Napoleone e alla
fine del suo dominio. Proprio
a Vienna sotto la regia di
Metternich si tenne il
Congresso che sancì la nuova
divisione dell'Europa
post-napoleonica. I sovrani
europei si trattennero nella
capitale austriaca per circa
un anno, rendendola in pratica
il centro del mondo
occidentale. S'imposero in
questo periodo - detto periodo
Biedermeier - la sinfonie di
Schubert e i valzer di
Strauss, ma la bella vita
aristocratica non durò a
lungo poiché nel 1848 i moti
rivoluzionari borghesi e
liberali portarono la
definitiva caduta del regime
reazionario di Metternich -
che fuggì in esilio - e di
Ferdinando I, che abdicò in
favore del nipote Francesco
Giuseppe, appena diciottenne.
L'ultimo
imperatore d'Austria,
sicuramente il più grande,
governò per 68 anni. A Vienna
il sovrano operò una
rivoluzione urbanistica,
demolendo le mura già in
parte distrutte da Napoleone
ed edificando al loro posto la
monumentale Ringstrasse,
il viale che circonda la città
ad anello ed ancora oggi
arteria principale della città.
Qui nel 1879 si tenne una
grandiosa parata per celebrare
le nozze d'argento
dell'imperatore con la moglie
Elisabetta (la famosa Sissi).
Nella capitale s'imposero le
musiche di Brahms e Johann
Strauss, mentre nel 1869 venne
inaugurata l'Opera di Vienna.
Nei primi del Novecento la
città fu scossa da nuovi
fermenti artistici: la
Secessione viennese di artisti
quali Gustav Klimt e Koloman
Moser, lo Jugendstil
architettonico che portò
all'edificazione di molti
edifici in stile Art Noveau,
mentre la grande Vienna
concludeva il suo ciclo
storico con la morte di
Francesco Giuseppe nel 1916,
la disfatta della Prima guerra
mondiale e la conseguente
scomparsa dell'Impero, dopo
l'abdicazione di Carlo I e la
proclamazione della Repubblica
nel 1918.
L'influenza
mise in ginocchio la capitale
del nuovo stato, ridotto a una
piccolissima porzione
dell'antico dominio, portando
a fermenti rivoluzionari
socialisti per tutto il
decennio 1920 e buona parte
degli anni '30. Nel 1933 il
cancelliere della repubblica
Engelbert Dollfuß sciolse il
Parlamento proclamando con una
risposta reazionaria ai
socialisti un regime di stampo
fascista. Non durò a lungo:
l'anno successivo rivolte di
sinistra fecero vacillare il
governo, che venne colpito al
cuore dagli invasori nazisti
che tentarono un colpo di
stato uccidendo Dollfuß ma
fallendo il tentativo di
conquista dell'Austria a causa
dell'opposizione di Mussolini.
Il successore di Dollfuß,
Kurt Schuschnigg, non riuscì
a impedire la pressione di
Hitler, che nel 1938 penetrò
nel paese dopo che Arthur Seyß-Inquart
- successore del dimissionario
Schuschnigg - aprì le
frontiere portando
all'Anschluss con la Germania.
Dopo aver drammaticamente
condiviso il destino del terzo
Reich, l'Austria fu occupata
dagli Alleati e Vienna venne
divisa tra i vincitori della
guerra fino al 1955.
Il
rapido ritorno della
democrazia, sancito anche
dall'installazione nella città
delle sedi delle principali
organizzazioni internazionali,
permise a Vienna e all'Austria
un rapido risveglio economico
e politico. Nel 1995 il Paese
ha aderito all'Unione europea
e oggi Vienna è una delle
capitali più visitate dal
turismo internazionale.
- Complesso della Hofburg

C'è,
nella Hofburg, una
meravigliosa continuità
di tempo: essa, infatti, ha
conservato ancor oggi la
stessa importanza storica e
politica che aveva fin dal
lontano XIII secolo, epoca a
cui risale il nucleo centrale,
cioè l'attuale
Schweizertrakt. Più che un
singolo monumento, la Hofburg
è un complesso di edifici, di
piazze, di corti e di
giardini.
Residenza
ufficiale degli Asburgo per
sette secoli, ha subito in
tutto questo tempo varie
modifiche, apportate negli
stili delle diverse epoche. Il
vasto complesso
architettonico, d’impianto
asimmetrico, ha
un’estensione di 240.000 m2
ed è formato da 18 ali, 19
cortili e 2600 stanze, nelle
quali tuttora vivono e
lavorano circa 5000 persone. I
vari cambiamenti (soprattutto
ampliamenti delle ali e dei
locali già esistenti) coprono un arco di tempo che va dal
XVI al XIX secolo. Nonostante
ciò la Hofburg mantiene
inalterata una stupefacente
unità, se non architettonica,
almeno storica. Forse il modo
migliore per entrare nella
Hofburg è quello di
avvicinarvisi dalla
Michaelerplatz, su cui da la
facciata principale
dell'edificio, il Michaelertrakt.
Fu l'imperatore Francesco
Giuseppe I che, per ultimare
l'esterno del palazzo rimasto
praticamente incompiuto dopo
la costruzione dell'Ala della
Cancelleria, ordinò a
Ferdinando Kirschner di
realizzare una nuova facciata.
Questi rielaborò un vecchio
progetto di J. E. Fischer von
Erlach e portò a termine
l'edificio fra il 1889 e il
1893.
A
forma di emiciclo, con alto
zoccolo a bugnato e lesene
binate, il Michaelertrakt è ornato alle estremità da due grandiose e
movimentate fontane. Quella di
sinistra, che rappresenta il
Dominio dell'Austria sul Mare,
è opera di Rudolf Weyr
(1895), mentre quella di
destra, il Dominio
dell'Austria sulla Terra, fu
realizzata nel 1897 da Edmund
Hellmer.
Il
corpo centrale della facciata,
leggermente aggettante, è
completamente impegnato da un
grande atrio coperto da una
cupola in rame; a scandire i
tre accessi, si trovano i
gruppi in marmo dello scultore
Lorenzo Mattielli, che
rappresentano le Fatiche di
Ercole, mentre il portale
centrale è ornato da
un'imponente transenna in
ferro battuto.
Attraversato
questo ingresso si entra nella
corte interna, detta In der
Burg, di forma
rettangolare, chiusa
tutt'intorno da edifici
rinascimentali e barocchi, che
fanno parte del Vecchio
Palazzo, e al centro della
quale si innalza il monumento
all'imperatore Francesco I,
eretto dal milanese Pompeo
Marchesi fra il 1842 e il
1846. Sullo zoccolo del
monumento si trovano lo statue
della Pace, della Forza, della
Fede e della Giustizia.
Di
fronte al portone d'ingresso,
verso sud, si trova il
Leopoldinischertrakt: esso
deve il suo nome
all'imperatore Leopoldo I, che
lo fece costruire fra il 1660
e il 1670. Le sue sale, oggi
residenza ufficiale del
Presidente della Repubblica -
e per questo non visitabili -
devono gran parte del loro
fascino a Maria Teresa. Una di
esse ospitava la camera da
letto della grande
imperatrice, ed ancora oggi si
può notare il gancio appeso
al soffitto, in corrispondenza
del letto, con una carrucola,
attraverso la quale passava la
corda a cui la sovrana si
aggrappava per mettersi a
sedere nel letto.
Al
Leopoldinischertrakt segue,
verso nord-ovest, la breve ala
detta Amalientrakt,
caratterizzata dalla simpatica
torretta ottagonale con
copertura in rame. Il nome le
deriva dall'imperatrice
Amalia, moglie di Giuseppe I,
che vi abitò durante il
periodo della sua lunga
vedovanza (1711-1742).
L'ala
a settentrione, di fronte al
Leopoldinischertrakt, è il
cosiddetto Koichskanzleitrakt,
opera di J. E. Fischer von
Erlach, che lo eresse fra il
1726 e il 1730 per incarico
dell'imperatore Carlo VI,
mentre il corpo della stessa
costruzione che guarda sulla
Schauflergasse, è di Lukas
von Hildebrandt (1723).
Adibito a residenza delle
autorità o di illustri ospiti
dell'Impero, a partire dal
1806 vi ebbe sede la
Cancelleria di Stato da cui
trae il nome.
La
visita della Hofburg inizia
con i Kaiserappartements,
ossia gli appartamenti
imperiali. Sono aperti al
pubblico il salone delle
udienze, la sala delle
conferenze, gli appartamenti
privati di Francesco Giuseppe
e di Sissi, nonché la sua
palestra privata ed il bagno,
che destò scandalo per la
frequenza con la quale
l’imperatrice si immergeva
nella vasca (cioè una volta
al giorno).
Dalla
stanza da bagno si può
accedere alle stanze di Bergl,
finora praticamente
sconosciute ai visitatori.
Queste stanze, decorate da
Bergl nel 1766, sono
particolarmente variopinte,
con paesaggi esotici e
lussureggianti. Venivano
probabilmente usate come
spogliatoio. E' stato molto
difficile recuperare tutti gli
oggetti originari che facevano
parte dell'arredamento delle
stanze da bagno, in quanto
molti erano proprietà
dell'imperatrice e alla sua
morte sono stati ereditati dai
familiari. Sono stati comunque
ritrovati il lavabo originale
e il lettino da massaggio e le
stanze sono state ricostruite
con la massima fedeltà.
Bellissima la sala da pranzo
con la tavola imbandita.
Questa parte della residenza
ospita anche gli appartamenti
di Maria Teresa e del figlio
Giuseppe II, oggi residenza
del Presidente della
Repubblica. Nel cortile
interno si erge la statua di
Francesco II.

Ancora
da segnalare la cosiddetta
sala rossa, completamente
arredata in siile rococò (gli arazzi Gobelins,
dono di Maria Antonietta, sono
realizzati su disegni di
Francois Boucher),
che servì da sala di
ricevimento per
lo zar Alessandro I nel
periodo del Congresso di
Vienna. Infine la sala
da pranzo, tuttora
apparecchiata per una
"colazione di
famiglia", secondo i
canoni dell'etichetta
spagnola, che Francesco
Giuseppe I volle sempre
rigidamente rispettata.
Dopo
la visita agli appartamenti
imperiali si può accedere
alla Silberkammer, il museo
che ospita l'argenteria e i
gioielli di corte.
Meravigliosi servizi da
tavola, piatti e bicchieri
pregiati in cui venivano
serviti i pasti degli
imperatori. Sono esposti anche
piatti panoramici, maioliche
di Faenza, oggetti in oro e
porcellane di Sèvres, Meissen
e dell'Asia, infine il
servizio francese di Vermeil
per 140 persone ed uno inglese
donato dalla regina Vittoria.
Nella Camera del Tesoro
Profano e Sacro si trovano gli
oggetti più importanti della
Silberkammer, come la corona
del Sacro Romano Impero (962
ca.), la corona
dell'imperatore austriaco
(1602), il tesoro dei Burgundi
(XV sec.), il tesoro
dell'ordine del Vello d'Oro ed
una serie paramenti sacri
usati alla corte asburgica e
di reliquie tra le quali
spicca un crocifisso del
Giambologna, il chiodo della
croce che trafisse la mano
destra di Gesù e un tempietto
con un dente di San Pietro.
La
perla finale della visita alla
Hofburg è il Sisi Museum,
aperto nel 2004 come omaggio
all'imperatrice Elisabetta
d'Austria, la mitica Sissi.
Fra gli oltre 300 oggetti
esposti si segnalano la
maschera mortuaria, la lima
utilizzata dall'anarchico
Luigi Lucheni per ucciderla,
la ricostruzione dell’abito
che Elisabetta indossava
quando fu incoronata regina
d’Ungheria, il mantello nero
con cui venne coperta dopo
l’attentato, il set da
toilette e tante altre
curiosità come documenti,
quadri e oggetti personali.

L'imponente
presenza dell'ultimo grande
imperatore austriaco si
avverte chiaramente ancor oggi
in tanti luoghi e in tante
espressioni della vita
viennese. Il poeta austriaco
Alexander Lernet Holenia
raccontò una volta che, quando alla fine del Duecento, il
primo sovrano della dinastia
Asburgo entrò nella capitale
austriaca, i viennesi
esclamarono "Non durerà".
Ma, conclude il poeta, essa
finirà nel 1918. Gli Asburgo
rimasero affacciati alla
ribalta della storia europea
per 693 anni. Il regno di
Francesco Giuseppe I è uno
dei più lunghi della storia,
per
la precisione il secondo dopo
quello di Luigi XIV:
l'imperatore austriaco regnò infatti per ben 68 anni, dal 1848 al 1916.
Eppure, il lungo regno di Francesco Giuseppe I
coincise con il lento ma
inesorabile declino della
dinastia, di cui egli stesso
vide approssimarsi la fine.
Non solo: gravi sconfitte,
come quella del 1859 contro il
Piemonte alleato della
Francia, o quella del 1866
contro la Prussia (per non
parlare della prima guerra
mondiale, di cui tuttavia
l'ormai vecchio imperatore non
vide il termine anche se ne
presagì la conclusione),
costellarono il suo governo.
Inoltre, il fratello
dell'imperatore, Ferdinando
Massimiliano, morirà fucilato
in Messico; il figlio Rodolfo,
l'erede al trono, si suiciderà
a Mayerling con Maria Vetsera
in drammatiche circostanze;
l'altro erede, l'arciduca
Francesco Ferdinando,
sarà assassinato a Sarajevo, con la moglie Sofia
Chotek, e la sua morte
scatenerà la prima guerra
mondiale.
Chiude
infine il cortile In der Burg,
verso levante, la facciata
dell'ala detta Corte degli
Svizzeri (Schweizerhof): essa
prende il nome dalle truppe
svizzere di Maria Teresa, che
presidiavano questa parte
della Hofburg. Questo blocco
di costruzioni, conosciuto
anche come Alte Burg,
costituisce il nucleo più antico della Hofburg e vi sono tracce della sua
realizzazione in alcuni
documenti del 1279. Esso
corrispondeva infatti al
castello medievale, difeso da
quattro poderose torri
angolari, che conservò fino
al XVIII secolo. Federico III,
intorno al 1479, cominciò a
trasformarlo e ad abbellirlo,
e Ferdinando I (verso 1530) vi
trasferì la sua residenza. Da
allora, e fino al secolo
scorso, si sono succeduti
continui rimaneggiamenti.
Alla
Corte degli Svizzeri si accede
tramite un meraviglioso
portale rinascimentale
(Schweizertor) -
probabile opera
dell'architetto Pietro
Ferrabosco - con stemmi
policromi, iscrizioni e
affreschi nel sottarco e nel
corridoio. L'iscrizione del
1552, sopra il portale,
ricorda l'imperatore
Ferdinando che, appunto, iniziò
il rinnovamento del castello.
Anche
questa parte della Hofburg è stata, fino al secolo
XIX, residenza di personaggi
della famiglia imperiale.
Ultimo abitante fu Rodolfo,
che occupò l'ala cui si
accede attraverso lo Scalone
delle Colonne.
Sulla facciata, a sinistra
della Schweizertor, è
posta una bella lapide
policroma (1536) con due
grifoni che reggono le insegne
di Leopoldo I.

La
Cappella imperiale è forse la parte più
antica della Hofburg. Vi si
accede dalla Corte degli
Svizzeri. L'attuale
costruzione risale al
1447-1449. Sul tabernacolo
dell'altare maggiore si trova
un crocifisso ligneo. Pare che
l'imperatore Ferdinando II, in
lotta per la libertà di
religione, abbia udito Cristo
sussurrare da questa croce "Ferdinando,
io
non ti abbandonerò!" Da allora un esemplare di questa croce
adorna ogni cappella
asburgica.
In
questa cappella si esibisce
ogni domenica durante la
celebrazione della Messa
il coro dei Piccoli Cantori di
Vienna. Questa formazione di
voci bianche è la più antica del mondo essendo stata fondata
nel 1498 dall'imperatore
Massimiliano I.
Alla
Camera del Tesoro Imperiale
degli Asburgo
(Schatzkammer) si accede
dallo Schweizerhof, attraverso
un ingresso che si trova sotto
la scala che sale alla
Burgkapelle. La collezione
comprende pezzi di
inestimabile valore artistico
e storico, fra cui tutte le
insegne del Sacro Romano
Impero e dell'Impero
Austro-Ungarico, ed è
rimasta fortunatamente
inalterata a partire
dall'epoca medievale.
Vi
sono raccolti i gioielli
dell'Ordine del Toson d'Oro, o
dei Duchi di Borgogna, passati
poi agli Asburgo grazie al
matrimonio fra Massimiliano
d'Austria e Maria di Borgogna;
vi è esposta la culla del Re
di Roma, il figlio di
Napoleone; vi sono gelosamente
custoditi la brocca e il
bacino usati per i battesimi
imperiali, pregevoli opere
italiane del 1571 in oro
massiccio.
Fra
i molti oggetti preziosi si può
vedere il manto ricamato d'oro
che l'imperatore Francesco I
portò nel 1830 per la
cerimonia dell'incoronazione
del figlio Ferdinando, Re di
Ungheria. Questo manto faceva
parte della dotazione dei
simboli preziosi dell'Impero
d'Austria, proclamato nel 1804
da Francesco II - che per
l'occasione mutò il proprio
nome in Francesco I - per
salvare l'ideale
dell'istituzione, mentre il
Sacro Romano Impero Germanico
scompariva sotto i colpi delle
armate napoleoniche.
La
maggior gloria del Tesoro
Imperiale è data dalla corona del
Sacro Romano Impero, che per
mille anni significò ai
popoli dell'Europa il potere e
la sovranità assoluta dei
principi tedeschi. D'oro, con
smalti e pietre preziose, fu
eseguita nel 962 a Reichenau,
per l'incoronazione di Ottone
I a Roma. Da questa data, essa
fu posta sulla testa di tutti
gli imperatori del Sacro
Romano Impero fino al 1602,
quando Rodolfo II fece
costruire dai suoi artigiani
di Praga un'altra corona
imperiale, riservando la più
antica solo per la cerimonia
dell'incoronazione. Tempestata
di diamanti, rubini, perle e
con uno zaffiro alla sommità,
questa corona richiama per la
sua forma modelli del
Medioevo, spesso riprodotti in
dipinti e affreschi. I quattro
bassorilievi in oro sbalzato
mostrano Rodolfo in veste di
generale e le sue tre
incoronazioni a Francoforte,
Bratislava e Praga. Non va
infatti dimenticato che i
sovrani austriaci erano, a
quel tempo, imperatori del
Sacro Romano Impero, Re di
Boemia e Re di Ungheria.
Francesco
Giuseppe I e Elisabetta
d'Asburgo
Francesco
Giuseppe I fu
imperatore d'Austria per
68 anni, dal 1848 al
1916. Fu uno dei
protagonisti più
importanti della storia
europea nella seconda
metà dell'800.
Francesco
Giuseppe (nome tedesco:
Franz Josef) nacque il
18 agosto 1830 nel
castello di Schönbrunn
a Vienna. Già all'età
di 5 anni fu designato
come futuro imperatore
dell'Austria, pur non
essendo il primo in
linea di successione.
L'imperatore Ferdinando
I, salito al trono nel
1835, era debole e rivelò
crescenti sintomi di
essere malato di mente,
e così suo fratello
Francesco Carlo (padre
di Francesco Giuseppe)
che sarebbe succeduto al
trono rinunciò in
anticipo al trono a
favore di suo figlio. Il
piccolo Francesco
ricevette, di
conseguenza, fin
dall'inizio una
rigidissima educazione,
com'era previsto dalle
regole della corte per
chi doveva succedere al
trono degli Asburgo.
Il 1848 fu un anno di
rivoluzioni in tutta
l'Europa e anche nei
centri dell'impero
asburgico, in Boemia, in
Ungheria e a Vienna il
popolo si rivoltò
contro la monarchia
chiedendo riforme, una
costituzione democratica
e la fine della censura.
Per
i crescenti disordini
popolari a Vienna, il
cancelliere Metternich,
simbolo odiato del
periodo della
restaurazione, fuggì in
Inghilterra e poco dopo
anche l'imperatore
Ferdinando fu costretto
a ritirarsi a Innsbruck.
Alla fine del 1848 abdicò
definitivamente (già
prima aveva lasciato la
gestione degli affari di
stato a un gruppo di
consiglieri) e di
conseguenza Francesco
Giuseppe divenne, come
deciso dalla famiglia,
il nuovo imperatore, a
soli 18 anni.
L'imperatore
Francesco Giuseppe regnò
per sessantotto anni.
Cominciò come monarca
assoluto
ultra-conservatore che
disprezzava i moti
democratici del 1848 e
che si vantava di
"aver gettato a
mare la paccottiglia
costituzionale".
Con gli anni diventò più
tollerante e liberale,
fino ad accettare alcuni
elementi della
democrazia parlamentare
- ma più per
rassegnazione che per
convinzione. Per tutta
la vita fu convinto di
essere il un monarca
legittimato da Dio e i
valori tradizionali
della monarchia furono
sempre le linee guida
della sua vita e del suo
agire come imperatore.
Si alzava presto alla
mattina, lavorando sodo
e sempre conscio del suo
ruolo e dei suoi doveri.
Rappresentava la
versione austriaca del
motto "Il re è il
primo servitore dello
stato", stabilito
da Federico il Grande,
re della Prussia. Fu un
burocrate modello,
interessato anche ai
dettagli più
insignificanti degli
affari di stato, ma con
poca sensibilità per i
grandi problemi
dell'epoca.
Delle
questioni economiche,
sempre più importanti
nella seconda metà
dell'800, non capì
nulla, non fu né un
grande stratega
militare, né un abile
diplomatico. Il suo
governare consisté, per
decenni, sostanzialmente
nel rimandare, nel
cedere, nel rassegnarsi.
Ma tutti sapevano che
era un uomo modesto e
parsimonioso che viveva
spartanamente, lavorando
dalla mattina alla sera
e non concedendosi
nessun lusso privato. E
su queste virtù si
basava la sua popolarità,
specialmente in età
avanzata. L'unico
piacere privato che si
concedeva era la caccia
la sua grande passione.
Durante il suo regno
avvenne il passaggio
dalla monarchia assoluta
alla monarchia
costituzionale con una
crescente influenza
della borghesia liberale
vista con diffidenza
dall'aristocrazia. Ma
Francesco Giuseppe, un
po' alla volta, cedette
alle loro pretese e
permise così, pur
rimanendo sempre un
convinto conservatore,
la trasformazione
dell'Austria in uno
stato più moderno.
Inizialmente ristabilì
la posizione dominante
della chiesa cattolica
in molti ambiti dello
stato, abolendo
praticamente tutte le
leggi con cui i suoi
predecessori avevano
cercato di limitare
l'influenza delle
gerarchie
ecclesiastiche, ma nella
seconda metà del suo
regno si convertì a una
maggiore tolleranza
religiosa e culturale
che contribuì molto a
far diventare Vienna uno
dei centri culturali più
vivaci dell'Europa.
Ma i quasi settant'anni
del suo regno furono
caratterizzati
soprattutto dai problemi
creati dal fragile
equilibrio tra le molte
nazionalità che si
sentivano sempre più
costrette alla
convivenza in questo
stato. Con l'Ungheria,
la componente
non-tedesca più forte,
si riuscì ad arrivare a
un compromesso, cedendo
a quasi tutte le sue
richieste di autonomia,
il che però scontentò
molto la Boemia, il
terzo componente
importante dell'impero.
E alla fine sarebbero
stati proprio i
nazionalismi crescenti a
far implodere l'impero.
Nella
politica estera
Francesco Giuseppe
collezionò un disastro
dopo l'altro, dovuto in
gran parte alla sua
caratteristica di
limitarsi
sostanzialmente a
reagire e raramente ad
agire. La sua fissazione
sul valore assoluto
dell'onore lo rese
incapace alla diplomazia
che nell'800 richiedeva
una crescente
flessibilità. I suoi
avversari erano
semplicemente più furbi
e meno prevedibili di
lui e dei suoi
consiglieri. Perse le
province dell'Italia
meridionale e nel
rapporto con la Prussia
incassò solo sconfitte
amare, non solo
diplomatiche, ma anche
militari (vedi
l'apposito paragrafo in
basso).
Francesco
ed Elisabetta -
Quando Francesco ed
Elisabetta di Baviera si
sposarono (nel 1854) lui
aveva 24 anni, lei 15.
Fu un matrimonio
combinato - come lo
erano all'epoca quasi
tutti i matrimoni delle
case reali in Europa - e
per Elisabetta questo
matrimonio si rivelò
fin dall'inizio un
incubo. Intorno a loro
due, specialmente
intorno a Elisabetta, si
crearono subito miti e
cliché che, rafforzati
dalla stampa rosa e più
tardi soprattutto dal
cinema, hanno
trasformato Elisabetta
in una "regina del
cuore", che ancora
oggi ne costituisce
l'immagine collettiva.
Francesco
amava la moglie, ma non
sapeva niente di lei e
non la capiva, fu
totalmente estraneo al
mondo in cui viveva. I
due avevano dei
caratteri e degli
interessi diametralmente
opposti. Elisabetta che
aveva trascorso
un'infanzia spensierata
e felice non sopportò
il soffocante protocollo
di corte di Vienna.
Francesco Giuseppe non
vide le sofferenze della
moglie, era
completamente assorbito
dagli affari di stato e
persino nella loro luna
di miele fu molto spesso
assente.
Infatti, il loro
matrimonio entrò presto
in crisi. Francesco
Giuseppe, stanco delle
eterne liti tra madre e
moglie e della crescente
chiusura di Elisabetta
nei suoi confronti,
cominciò a cercare
consolazione da altre
parti. Alla corte le
avventure galanti degli
imperatori erano sempre
state tacitamente
tollerate e visto che la
corte non aveva mai
amato Elisabetta, le
simpatie erano tutte
dalla parte di
Francesco. Dopo anni di
esperienze dolorose,
Elisabetta imparò
finalmente ad imporsi
contro la corte, contro
la suocera e anche
contro il marito. Ora
Francesco Giuseppe
cominciò a temerla per
le sue stravaganze che
scioccavano
l'aristocrazia viennese
e che rischiavano di
offuscare anche la sua
immagine di imperatore e
marito. La amava, ma la
temeva anche per i suoi
lunghi viaggi che in
realtà erano delle
fughe dalla corte e che
Elisabetta usava anche
come veri e propri
ricatti contro di lui.
Per essere più libera
dal marito e allo stesso
tempo per attenuare i
sensi di colpa per il
fatto di trascurarlo
Elisabetta gli aveva
persino procurato
un'amante, Katarina
Schratt. La Schratt,
attrice del teatro di
corte, che aveva un
carattere diametralmente
opposto a quello di
Elisabetta accettava
volentieri questo ruolo
(tra l'altro molto ben
retribuito) e fu amica e
amante di Francesco
Giuseppe per molti
decenni, anche dopo la
morte di Elisabetta nel
1898.
Nel
'700 la Prussia era un
"nuovo
arrivato" tra le
grandi potenze
dell'Europa, ancora
relativamente piccola,
ma con grandi ambizioni
e con una notevole
aggressività che si
rivolse soprattutto
contro la vicina
Austria. Gli antagonisti
erano, all'epoca,
l'imperatrice austriaca
Maria Teresa e Federico
II, re della Prussia e
la loro rivalità si
scaricò in varie guerre
piuttosto dure e
sanguinose.
Nella seconda metà
dell'800, sotto il regno
di Francesco Giuseppe,
la rivalità tra le due
potenze si riaccese. In
Germania era nato un
forte movimento per
l'unità nazionale e la
Prussia cercò con tutti
i mezzi di escludere
l'Austria da una
ipotetica futura
Germania unita e di
attirare gli altri stati
tedeschi sotto la sua
influenza. Ora la
Prussia era diventata
molto più forte e
soprattutto sotto il
cancelliere Bismarck
(vedi la foto sotto) agì
con grande
spregiudicatezza e
sfacciataggine
provocando - e vincendo
- un'altra guerra contro
l'Austria di Francesco
Giuseppe che, oltre alle
noie con la Prussia,
aveva molti altri
problemi spinosi da
risolvere, soprattutto
in Italia e nei Balcani
e che, in realtà, non
aveva nessuna voglia di
sfidare continuamente il
vicino prussiano, così
bellicoso. Alla fine la
Prussia riuscì a tirare
dalla sua parte gli
altri stati tedeschi per
costituire, nel 1871, lo
stato unitario
"Germania",
escludendo l'Austria.
Ma Bismarck, al
contrario di Francesco
Giuseppe, fu anche un
abile diplomatico che,
tra il 1871 e il 1890,
costruì un sistema di
alleanze europee che
incluse l'Austria e che
la fece diventare un
alleato di ferro della
Germania. Non proprio
alleati a pari livello:
la Germania, sotto la
guida della Prussia, era
uno stato giovane con un
forte sviluppo
industriale, che fece di
tutto per inserirsi
anche nella spartizione
coloniale dell'Africa e
dell'Asia. D'altro
canto, l'Austria era uno
stato vecchio e anche un
po' stanco perché
continuamente occupato a
difendere - con
risultati peraltro
scarsi - la sua integrità
territoriale contro i
nazionalismi in Italia e
nei Balcani. E in più
di un'occasione il
cancelliere Bismarck e
gli imperatori tedeschi
Guglielmo I e Guglielmo
II fecero capire a
Francesco Giuseppe chi,
secondo loro, era il
partner forte di
quest'alleanza.
Una
leggenda messa al mondo
da alcuni storici dice
gli stati europei siano
stati
"trascinati"
in questa guerra, senza
realmente volerla.
Niente di più sbagliato
di questo: le
preparazioni a questa
guerra, sia quelle
materiali - una folle
corsa agli armamenti -
sia quelle psicologiche
- il bombardamento di
odio nazionalistico
contro altri stati e
popoli attraverso gran
parte della stampa -
andarono avanti per
anni, in tutti i paesi
che vi avrebbero
partecipato. Anche in
Austria.
Francesco Giuseppe
invece era contrario
alla guerra: dopo la
rovinosa sconfitta
inflitta all'Austria a Königgrätz,
nel 1866, da parte della
Prussia, l'imperatore
aveva cercato di evitare
le guerre dove poteva
(non sempre con
successo). Ma nel 1914
il vero potere
decisionale non era più
dalla parte del monarca,
tra l'altro ormai
vecchio (aveva 84 anni)
e un po' stanco. I suoi
ministri, i militari,
gli industriali e gran
parte della società
civile volevano la
guerra e si aspettava
solo il momento e il
pretesto giusto per
poterla scatenare.
Il
momento giusto arrivò
con l'uccisione
dell'arciduca Francesco
Ferdinando, l'erede al
trono degli Asburgo, da
parte di un attentatore
serbo. Il governo
austriaco mandò un
ultimatum alla Serbia
che questa accettò, con
un'unica piccola
eccezione. Bastò per
fornire il pretesto per
la dichiarazione di
guerra alla Serbia che,
per il fitto sistema di
alleanze in Europa,
coinvolse presto quasi
l'intero continente.
La guerra andò
malissimo per l'Austria,
fin dall'inizio, e
l'entusiasmo per la
guerra di gran parte
della popolazione svanì
molto presto. Dopo due
anni, Francesco Giuseppe
disse al suo aiutante di
campo: " Le cose ci
vanno male, molto peggio
di quanto pensiamo. ...
La prossima primavera la
farò senz'altro finita
con la guerra". Ma
non ci arrivò. Il 21
novembre 1916 morì per
una debolezza cardiaca
in seguito a una
polmonite.
Da gran parte della
popolazione la morte di
Francesco Giuseppe fu
percepita come primo
atto della fine della
monarchia e dell'impero
austro-ungarico che
arrivò definitivamente
due anni dopo. Come
nessun altro imperatore
Francesco Giuseppe aveva
impersonificato la
monarchia asburgica, nel
bene e nel male.

Elisabetta
Amalia Eugenia
nacque il 24 dicembre
1837 a Monaco di
Baviera, quarta dei
dieci figli del duca
Massimiliano Giuseppe in
Baviera e di Ludovica di
Baviera, figlia del
Grande Elettore
Massimiliano di
Wittelsbach, divenuto
poi re come Massimiliano
I Giuseppe di Baviera.
Entrambi i genitori
appartenevano alla
famiglia Wittelsbach, il
padre, però, discendeva
da un ramo collaterale
dei duchi "in
Baviera", mentre la
madre apparteneva al
ramo principale della
famiglia reale.
Quello
dei genitori non fu un
matrimonio felice. Il
duca Massimiliano,
infatti, non
particolarmente
interessato alla vita
familiare, trascurò la
moglie ed ebbe numerose
amanti e figli
illegittimi. La duchessa
Ludovica fu la più
"sfortunata"
fra le sue sorelle, che
avevano sposato principi
di case reali: fu
l'unica che venne fatta
maritare a un partito più
modesto. Non partecipava
alla vita di corte
bavarese, ma preferiva
rimanere in disparte e
occuparsi personalmente
dell'educazione dei
figli, cosa piuttosto
singolare per quei
tempi.
Elisabetta,
tuttavia, trascorse la
sua infanzia serenamente
a Monaco nel palazzo di
famiglia, mentre i mesi
estivi erano trascorsi
nel castello di
Possenhofen, una
residenza a cui la
giovane duchessa, amante
della natura, era molto
legata. Di animo
sensibile, cresciuta con
molta semplicità in
modo che non sviluppasse
un carattere
orgogliosamente
aristocratico, sin da
piccola fu abituata a
trascurare i formalismi
e a occuparsi dei poveri
e degli infermi.
A
quattordici anni
Elisabetta si innamorò
per la prima volta di un
certo conte Richard S.,
scudiero stipendiato del
duca Massimiliano, ma
dato che il ragazzo non
era un buon partito,
venne allontanato dal
palazzo e inviato
altrove con un altro
incarico. Quando tornò
a Monaco, non molto
tempo dopo, era malato e
in breve tempo morì.
Elisabetta ne fu
sconvolta e si chiuse in
se stessa, consolandosi
scrivendo poesie per il
suo amore sfortunato.
Nell'inverno
1853 erano in corso
alcune trattative fra la
duchessa Ludovica e sua
sorella, l'arciduchessa
Sofia, per far sposare
la figlia della prima,
Elena, col figlio della
seconda, l'imperatore
Francesco Giuseppe I
d'Austria. La scelta
dell'arciduchessa Sofia
cadde su Elena, dopo due
falliti progetti con
principesse prussiane e
sassoni, dal momento che
desiderava insediare
accanto al figlio una
tedesca, rafforzando il
ruolo dell'Austria
nell'area germanica.
Benché Elena non fosse
membro di una famiglia
reale, rappresentava
comunque un legame con
la Baviera, una delle
regioni tedesche più
fedeli all'Austria.
Ludovica
e Sofia decisero di far
incontrare i figli a
Ischl, residenza estiva
dell'imperatore, durante
la festa di compleanno
di quest'ultimo e
annunciare pubblicamente
il loro fidanzamento.
Ludovica decise di
portare con sé anche
Elisabetta, nella
speranza di strapparla
alla malinconia nella
quale era sprofondata e
con l'intenzione di
vagliare un suo
possibile fidanzamento
con Carlo Ludovico,
fratello minore di
Francesco Giuseppe.
La
duchessa Ludovica e le
figlie arrivarono a
Ischl il 16 agosto 1853.
Nel pomeriggio ci fu un
primo incontro con
Sofia, Francesco
Giuseppe ed Elisabetta
di Prussia, un'altra
sorella di Ludovica. Fin
da quel primo e formale
incontro, fu evidente ai
presenti che Francesco
Giuseppe si era
infatuato non di Elena,
ma della più giovane e
acerba sorella
Elisabetta.
L'arciduchessa Sofia
scrisse in merito a sua
sorella, Maria di
Baviera: «Era
raggiante, e tu sai come
il suo volto si illumina
quando è contento di
qualcosa. La cara
piccina non aveva la
minima idea
dell'impressione da lei
destata in Franzi. Fino
all'istante in cui la
madre le parlò
apertamente, Sissi era
solo intimidita e
intimorita dalla gente
che stava intorno».
Il
giorno dopo Francesco
Giuseppe disse alla
madre che la sua scelta
era caduta su
Elisabetta, nonostante
l'arciduchessa Sofia
preferisse Elena. Nel
ricevimento dato quella
sera, l'imperatore ballò
il cotillon con
Elisabetta, un chiaro
segno per tutti, ma non
per la futura sposa.
Anche durante la cena
del 18 agosto,
compleanno di Francesco
Giuseppe, Elisabetta fu
fatta sedere accanto a
lui. Il giorno seguente
Ludovica, per conto
dell'imperatore, chiese
a Elisabetta se era
condiscendente alle
nozze e ottenuto il
consenso, lo comunicò
per iscritto alla
sorella Sofia. Da quel
momento fino al 31
agosto, la coppia di
fidanzati trascorse
molto tempo insieme e si
mostrò pubblicamente.
Intanto
iniziarono le trattative
con la Santa Sede per
ottenere la necessaria
dispensa papale, poiché
gli sposi erano primi
cugini. Questa stretta
parentela, come di
consueto per quel tempo,
non fu tenuta di conto,
nonostante diversi
membri della famiglia
Wittelsbach avessero già
mostrato le tare
ereditarie della loro
dinastia.
Dal
fidanzamento fino alle
nozze Elisabetta fu
sottoposta a un corso di
studio intensivo, nella
speranza di colmare le
numerose lacune della
sua scarsa educazione.
Dovette imparare al più
presto il francese,
l'italiano e soprattutto
la storia dell'Austria.
Nello stesso periodo fu
allestito rapidamente il
corredo della sposa,
pagato quasi del tutto
dall'imperatore e non
dal padre della sposa,
come avrebbe dovuto
essere. Nel marzo 1854
fu ufficialmente firmato
il contratto nuziale e
la dote fu fissata in
50.000 fiorini pagati
dal duca Massimiliano e
100.000 fiorini pagati
dall'imperatore.
Il
20 aprile 1854
Elisabetta lasciò la
sua casa paterna di
Monaco. Il viaggio durò
tre giorni e il 23
aprile la futura
imperatrice fece il suo
ingresso ufficiale a
Vienna, dove ricevette
una calorosa
accoglienza. Le nozze
furono celebrate con
grande sfarzo la sera
del 24 aprile nella
Chiesa degli
Agostiniani. Dopo i
numerosi festeggiamenti,
la coppia fu condotta
nella camera da letto
soltanto dalle
rispettive madri,
contrariamente alle
usanze del tempo che
prevedevano la presenza
di numerose persone. Le
nozze furono consumate
la terza notte.
Fin
dal suo primo ingresso a
corte, Elisabetta
dovette accorgersi delle
difficoltà che
l'attendevano. Nata e
cresciuta in una
famiglia di costumi
semplici sebbene nobile,
si trovò al centro
della rigida corte di
Vienna, ancora legata a
un severo
"cerimoniale
spagnolo", cui
inizialmente la giovane
imperatrice dovette
sottostare. Privata dei
suoi affetti e delle sue
abitudini, Elisabetta
cadde presto malata,
accusando per molti mesi
una tosse continua e
stati di ansia, dovuti a
turbamenti di origine
psichica.
L'arciduchessa
Sofia si prese l'onere
di trasformare la nuora
in una perfetta
imperatrice, ma
nell'agire in tal senso
e restando fermamente
attaccata all'etichetta,
finì per inimicarsi
Elisabetta e ad apparire
ai suoi occhi una donna
malvagia. Solo
successivamente
Elisabetta si rese conto
che la suocera aveva
agito sempre a fin di
bene, ma in maniera
imperiosa e imponendo
sacrifici. A differenza
di Sofia, che era
rispettata da tutta la
corte, Elisabetta veniva
criticata per la sua
scarsa educazione e per
la sua inesistente
attitudine alla vita di
società.
Non
molto tempo dopo le
nozze, Elisabetta rimase
incinta e il 5 marzo
1855 partorì la sua
prima figlia, chiamata
Sofia come la nonna.
L'arciduchessa Sofia si
occupò personalmente
della bimba, alla quale
fu legatissima. Le
stanze della bambina
furono allestite accanto
alle sue e fu lei a
scegliere l'Aia
(educatrice) e la
bambinaia. Già poco più
di un anno dopo, il 12
luglio 1856, Elisabetta
partorì un'altra
bambina, Gisella,
parimenti allevata dalla
nonna. In seguito
Elisabetta espresse il
proprio rammarico per
non essersi potuta
occupare dei figli. Nel
settembre di quell'anno
Elisabetta iniziò a far
valere i suoi diritti di
madre e durante un
viaggio in Stiria e in
Carinzia si riavvicinò
molto al marito,
solitamente compiacente
con l'arciduchessa
Sofia. L'imperatrice capì
che i viaggi di Stato
erano un'occasione
preziosa per stare da
sola col marito e far
valere la sua posizione
di sposa e madre.
Elisabetta
riuscì a ottenere che
la figlia Sofia
accompagnasse lei e il
marito durante il loro
viaggio in Italia
nell'inverno tra il 1856
e il 1857. Per la prima
volta, l'imperatrice,
sempre acclamata da
folle festanti
austriache, si rese
conto che l'impero non
aveva il consenso di
tutte le sue
popolazioni. Il regime
militaristico austriaco
aveva portato come
conseguenza il disprezzo
e l'odio degli italiani
nei confronti degli
Asburgo. Elisabetta,
solitamente pronta ad
assentarsi dagli impegni
ufficiali a Vienna,
rimase tuttavia accanto
al marito in difficoltà
per l'intero programma
di viaggio nel
Lombardo-Veneto. A
Venezia Elisabetta,
Francesco Giuseppe e la
piccola Sofia
attraversarono Piazza
San Marco acclamati
soltanto dai soldati
austriaci, mentre la
folla di italiani rimase
in silenzio. Il console
inglese lì presente
riferì a Londra: «Il
popolo era animato da un
unico sentimento, dalla
curiosità di vedere
l'imperatrice la cui
fama di donna
meravigliosamente bella
è arrivata anche qui».
Poche
settimane dopo il
rientro dall'Italia, si
prospettava un altro
viaggio di Stato in
un'altra inquieta
provincia, l'Ungheria.
Tra i magiari era già
risaputo che la giovane
imperatrice nutriva un
profondo interesse per
la loro cultura, grazie
alle lezioni datele dal
conte Mailáth, e
speravano che
influenzasse
positivamente il marito.
Anche stavolta
Elisabetta si scontrò
con la suocera,
riuscendo a ottenere la
presenza delle sue
bambine per il viaggio.
Come nel
Lombardo-Veneto, anche
in Ungheria la coppia
imperiale fu accolta con
freddezza, sebbene la
bellezza
dell'imperatrice avesse
avuto il suo solito
successo. Durante il
viaggio nelle province
ungheresi, la piccola
Sofia si ammalò. La
diciannovenne
imperatrice vegliò per
undici ore sulla figlia,
che spirò il 19 maggio
1857. Quando tornarono a
Vienna, Elisabetta si
chiuse in sé stessa e
nella propria
solitudine, rifiutando
di mangiare e di
apparire in pubblico.
L'imperatrice, che aveva
insistito per ottenere
la presenza delle
bambine durante il
viaggio, rinunciò al
suo ruolo di madre,
ritenendosi colpevole
della morte della
figlia, e affidò
Gisella all'educazione
della nonna.
Nel
dicembre del 1857
Elisabetta manifestò i
sintomi di una nuova
gravidanza. Il 21 agosto
1858 nacque l'arciduca
Rodolfo, principe
ereditario dell'Impero
d'Austria. Il parto
risultò piuttosto
difficoltoso: Elisabetta
si ammalò e la febbre
le tornava a distanza di
brevi periodi; dal
momento che tra
l'autunno e l'inverno le
sue condizioni di salute
non erano ancora
migliorate, furono
convocati la duchessa
Ludovica e il medico di
famiglia dei
Wittelsbach. La diagnosi
di quest'ultimo rimane
sconosciuta e nei diari
dell'arciduchessa Sofia
ci sono solo accenni a
dei sintomi: febbre,
debolezza, mancanza di
appetito. Elisabetta
sembrava migliorare
soltanto quando stava
con qualcuno della sua
famiglia bavarese e nel
gennaio 1859 poté
godere della compagnia
di una delle sue sorelle
minori, Maria Sofia. La
giovane aveva già
sposato per procura il
principe ereditario di
Napoli, il futuro
Francesco II delle Due
Sicilie. Elisabetta,
nonostante la salute
cagionevole, accompagnò
Maria Sofia sino a
Trieste, dove si sarebbe
imbarcata alla volta del
Regno delle Due Sicilie.
Il
1859 fu un anno
particolarmente
difficile per l'Austria.
Napoleone III e Cavour,
già accordatisi
segretamente a Plombières,
riuscirono a far
dichiarare guerra al
Regno del Piemonte da
parte dell'Austria. Nel
giro di pochi giorni le
ultime monarchie
asburgiche autonome
italiane caddero e a
Vienna confluirono i
deposti Leopoldo II di
Toscana e Francesco V di
Modena, con tutti i loro
familiari. Le truppe
austriache subirono una
grave sconfitta nella
battaglia di Magenta (4
giugno 1859), a seguito
della quale Francesco
Giuseppe decise di
lasciare Vienna e di
comandare personalmente
l'esercito. Elisabetta
accompagnò il marito
sino a Mürzzuschlag e
al momento del commiato
si appellò al conte Grünne,
generale austriaco: «Lei
manterrà certamente ciò
che ha promesso e starà
molto attento
all'imperatore; la mia
unica consolazione in
questi tempi terribili
è che lei lo farà
sempre e in ogni
circostanza. Se non ne
fossi convinta, morirei
per l'angoscia».
Elisabetta
cadde in un profondo
stato di disperazione,
piangendo in
continuazione, al punto
da chiedere
all'imperatore di
poterlo raggiungere in
Italia, ottenendo però
un rifiuto.
L'imperatrice allora si
dedicò a drastiche cure
dimagranti e a
sfiancanti cavalcate;
disertò tutti gli
impegni sociali
organizzati
dall'arciduchessa Sofia,
attirandosi le critiche
della corte. Francesco
Giuseppe le scrisse
chiedendole di mostrarsi
a Vienna e di visitare
gli istituti, per
sollevare il morale
della popolazione e
ottenere l'appoggio
dell'opinione pubblica.
Il 24 giugno ci fu la
decisiva Battaglia di
Solferino, che risultò
vincente per i
franco-piemontesi. Le
conseguenze della
disfatta ricaddero
sull'imperatore
Francesco Giuseppe, che
mai era stato mal visto
dal popolo come in quei
mesi: la critica si
spinse al punto da
chiedere l'abdicazione
del sovrano in favore di
suo fratello
Massimiliano. Intanto un
gran numero di feriti fu
portato in Austria e
l'imperatrice stessa
organizzò un ospedale
militare nel castello di
Laxenburg, poiché i
normali ospedali non
avevano posti a
sufficienza. La guerra
fu ufficialmente
conclusa con
l'armistizio di
Villafranca, che
costringeva l'Austria a
rinunciare alla
Lombardia, una delle più
ricche province
dell'impero.
Parimenti
alla crisi politica del
1859-60, si sviluppò
anche una crisi privata
della coppia imperiale,
dovuta ai soliti
contrasti con
l'arciduchessa Sofia e
al dilagare, per la
prima volta in sei anni
di matrimonio, di
notizie riguardanti le
infedeltà di Francesco
Giuseppe, che
rappresentava per lei
l'unico legame con una
corte che non amava e
tale vincolo sembrava
allora vacillare.
Elisabetta, memore
dell'infelicità della
madre, temeva forse di
subire lo stesso destino
di donna tradita e messa
da parte. L'imperatrice
reagì allora con un
atteggiamento di sfida,
insultando la corte:
organizzò, infatti,
numerosi balli a cui
erano invitati i
rampolli dell'alta
società viennese, ma
non i loro genitori (una
cosa contraria
all'usanza e
all'etichetta).
In
aggiunta alla delicata
situazione, nel maggio
1860 giunse anche la
notizia dell'imminente
crollo del Regno delle
Due Sicilie, assediato
dai garibaldini. Sebbene
Francesco Giuseppe e
l'arciduchessa Sofia
fossero favorevoli ad
aiutare i Borbone, le
condizioni economiche
dell'Austria non lo
permettevano; la
preoccupazione per
l'amata sorella Maria
Sofia ebbe su Elisabetta
un'influenza negativa,
inficiando anche i suoi
rapporti col marito. A
luglio Elisabetta prese
con sé Gisella, lasciò
improvvisamente la corte
di Vienna e si diresse a
Possenhofen. Tuttavia,
per evitare uno
scandalo, dovette
tornare a Vienna per il
compleanno del marito,
il 18 agosto.
Nell'ottobre
del 1860 la salute
dell'imperatrice subì
un tracollo, dovuto a
numerose crisi nervose e
cure dimagranti. Il
dottor Skoda,
specialista in malattie
polmonari, consigliò
una cura presso un paese
dal clima caldo: a suo
parere la sovrana non
sarebbe riuscita a
superare l'inverno a
Vienna. Fu consigliata
Madeira, forse su
desiderio della stessa
Elisabetta: l'arcipelago
portoghese, infatti, non
era un luogo rinomato
per la cura di malattie
polmonari, come lo era
ad esempio Merano. Molto
probabilmente
l'imperatrice scelse un
luogo così lontano per
evitare troppi contatti
con Vienna e
l'imperatore. Sebbene la
diagnosi ufficiale di
Skoda fosse quella di
una gravissima malattia
polmonare, esistono
ancora molti dubbi sulla
vera natura del male di
Elisabetta. Sanissima in
gioventù, cominciò a
star male a contatto con
l'ambiente della corte
imperiale e per
sopperire alle sue
numerose crisi di nervi,
si sottoponeva a diete
drastiche e intensi
esercizi di ginnastica.
Nei diari
dell'arciduchessa Sofia
non ci sono indizi sulla
malattia misteriosa
della nuora, così come
nelle lettere della
duchessa Ludovica. La
corte viennese si indignò
per la partenza della
sovrana tanto quanto nel
resto del mondo ci fu
una generale
preoccupazione per
l'imperatrice "in
fin di vita" (la
regina Vittoria mise a
disposizione per
Elisabetta il suo
panfilo privato Victoria
and Albert). Con tutta
probabilità i disturbi
fisici di Elisabetta
erano dovuti a un
disturbo psichico: la
storica Brigitte Hamann
ipotizza che
l'imperatrice d'Austria
soffrisse di una forma
di anoressia nervosa, la
quale comporta
irrequietezza, rifiuto
del cibo e del sesso. Ciò
potrebbe anche spiegare
il fatto che Elisabetta
sembrava riprendersi
subito non appena si
allontanava da Vienna e
dall'imperatore. In
quegli anni ebbe una
lunga amicizia con il
cugino Ludwig II di
Baviera, che quando salì
al trono convinse a
fidanzarsi con la
sorella minore Sofia.
L'ultima
figlia, Maria Valeria,
la prediletta da
Elisabetta, nacque nel
1868. Fu volutamente
fatta nascere a
Budapest, un omaggio
della regina d'Ungheria
ai suoi sudditi
favoriti. Inoltre,
Elisabetta si occupò
personalmente della sua
educazione, cosa che non
aveva fatto con gli
altri tre figli.
A
Mayerling,
nel 1889, il figlio
Rodolfo, l'erede al
trono (Kronprinz), morì
forse suicida insieme
all'amante, la baronessa
Maria Vetsera.
Appassionata della
cultura greca, fece
costruire a Corfù
l'Achilleion, palazzo
residenziale (poi
diventato un museo)
eretto in stile
neoclassico sul tema
dell'eroe mitologico
Achille.
Nel
settembre 1898,
l'imperatrice si recò
in incognito a Ginevra
prendendo alloggio
all'Hotel Beau-Rivage,
sul lungolago ginevrino,
dove già aveva
soggiornato l'anno
precedente.
Il
10 settembre 1898
l'Imperatrice, sempre
vestita di nero dopo il
suicidio del figlio
Rodolfo, celava il viso
dietro una veletta - o
un ombrellino - ed era
difficile da
riconoscere. Doveva
prendere il battello per
Montreux alle ore 13:35
di quel giorno
accompagnata dalla
contessa Irma Sztáray,
quando l'anarchico
italiano Luigi Lucheni,
informato sull'indirizzo
dell'Imperatrice e sulle
sue sembianze da
Giuseppe della Clara, si
appostò sul quai du
Mont-Blanc, dietro un
ippocastano, armato
della sua lima nascosta
in un mazzo di fiori; al
passaggio
dell'imperatrice la
pugnalò al petto, con
un unico colpo preciso,
tentando poi di fuggire.
Fu arrestato da quattro
passanti, non lontano
dal luogo
dell'attentato. Al
commissario che lo
interrogava chiedendogli
il motivo del suo gesto,
pare abbia risposto: «Perché
sono anarchico. Perché
sono povero. Perché amo
gli operai e voglio la
morte dei ricchi».
L'imperatrice
che correva verso il
battello (la sirena
della partenza aveva già
suonato) si accasciò
per effetto dell'urto,
ma si rialzò e riprese
la corsa, non sentendo
apparentemente nessun
dolore. Fu solo arrivata
sul battello che
impallidì e svenne
nelle braccia della
contessa Stáray. Il
battello fece
retromarcia e
l'Imperatrice fu
riportata nella sua
camera d'albergo; spirò
un'ora dopo, senza aver
ripreso conoscenza.
L'autopsia effettuata
dal dottor Mégevand,
mostrò che la lima
aveva trafitto il
ventricolo sinistro, e
che Elisabetta era morta
d'emorragia interna.
La
sua tomba si trova a
Vienna, nella Cripta
Imperiale accanto al
marito e al figlio.
Nel
1998 è stato pubblicato
il diario poetico
dell'Imperatrice, dal
quale è emerso che
Elisabetta non amasse
affatto la sua
condizione aristocratica
né condividesse la
politica degli Asburgo,
tanto da augurarsi di
morire
"improvvisamente,
rapidamente e se
possibile
all'estero"; in un
certo senso dunque si può
dire che il suo intimo
desiderio di abbandonare
la vita sia stato
esaudito.
D'altro
canto, dai suoi scritti
emerge chiaramente la
non condivisione delle
condizioni sociali in
cui versava la
popolazione austriaca e
ungherese, tanto da
considerare i giovani a
lei contemporanei come
"oppressi
dall'ordine
stabilito"; a
disagio e rattristata
per la disparità
socio-economica fra lei
e la gente comune,
detestando le ricchezze
e i viaggi di piacere
per l'Europa, Elisabetta
arriva anche a maledire,
nelle sue poesie, la
dinastia asburgica.
Nella
biografia dedicata
all'Imperatrice,
Brigitte Hamann descrive
Elisabetta come una
forte anti-clericale,
libertaria e
pre-comunista,
insofferente alla vita
di corte e all'etichetta
di corte, tanto da
desiderare che Francesco
Giuseppe abdicasse e
andasse a vivere con lei
sulle rive del Lemano.
Il
culto della bellezza
- Ossessionata
dal culto della propria
bellezza, Elisabetta
concentrava tutte le
proprie energie nel
tentativo di conservarsi
giovane, bella e magra.
Negli anni settanta e
ottanta gli impegni di
corte non trovavano
spazio nella giornata
dell'Imperatrice.
Secondo
le cronache, Elisabetta
era alta 1 metro e 72 e
pesava 50 kg, aveva
capelli castani folti e
lunghissimi, che sciolti
le arrivavano alle
caviglie. Quasi tre ore
occorrevano
quotidianamente per
vestirsi, poiché gli
abiti le venivano quasi
sempre cuciti addosso
per far risaltare al
massimo la snellezza del
corpo. La sola
allacciatura del busto,
utile a ottenere il suo
famoso vitino da vespa,
richiedeva spesso un'ora
di sforzi. Il lavaggio
dei capelli era eseguito
ogni tre settimane con
una mistura di cognac e
uova e richiedeva
un'intera giornata,
durante la quale
l'Imperatrice non
tollerava di essere
disturbata. Altre tre
ore erano dedicate ai
capelli, che venivano
intrecciati da Fanny
Angerer, ex parrucchiera
del Burgtheater di
Vienna. Una delle sue
creazioni più famose fu
l'acconciatura a
"corona", con
grandi trecce raccolte
sopra la nuca, divenuta
il simbolo di
riconoscimento
dell'imperatrice, che fu
imitata da molte donne
aristocratiche del
tempo.
Elisabetta
era impegnata per il
resto della giornata con
la scherma,
l'equitazione e la
ginnastica (a tal scopo,
aveva fatto allestire in
tutti i palazzi in cui
soggiornava delle
palestre attrezzate con
pesi, sbarra e anelli, e
per un certo periodo
aveva mantenuto una
scuderia di prima
grandezza). Costringeva
inoltre la propria dama
di corte a seguirla
durante interminabili e
forsennate passeggiate
quotidiane.
Per
preservare la giovinezza
della pelle, Elisabetta
faceva uso di maschere
notturne (a base di
carne di vitello cruda o
di fragole) e ricorreva
a bagni caldi nell'olio
d'oliva. Per conservare
la snellezza, oltre a
rispettare il rigoroso
regime alimentare,
dormiva con i fianchi
avvolti in panni bagnati
e beveva misture di
albume d'uovo e sale.
Mascherava la propria
anoressia con
l'ossessione per
un'alimentazione sana.
|
Chiesa
di San Michele
(Michaelerkirche)
L'imponente
Hofburg fa da sfondo alla
piccola e raccolta
Michaelerplatz. Vienna è
ricca di questi contrasti, in
cui le più maestose
espressioni dello stile
imperiale si affiancano
sovente alle più timide
manifestazioni di uno stile
borghese e cittadino.
Su
questa piazza discreta,
dunque, sorge la Chiesa di San
Michele (Michaelerkirche), il
più antico edificio sulla
Michaelerplatz. Costruita nel
XII secolo in stile tardo
romanico, fu
rimaneggiata tra il XIV e il
XV secolo in stile gotico.
Essa sorge dove un tempo c'era
una chiesa parrocchiale della
corte e dei barnabiti ed
è stata la cappella
della famiglia imperiale
Asburgica.
La
facciata settecentesca è preceduta da un piccolo
portico con il gruppo di San
Michele eseguito nel 1725 da
Lorenzo Mattielli.
L'interno, nonostante
mantenga l'originaria
struttura gotica nelle tre
navate che poggiano su
pilastri polistili e nelle
alte volte a spessi costoloni,
è stato audacemente
trasformato da interventi
successivi, specie nel coro
dove la decorazione plastica
giunge a trasfigurare le
stesse strutture
architettoniche della chiesa.
Le trasformazioni del coro
risalgono alla seconda metà
del XVIII secolo, quando M.
Unterberger realizzò il
gruppo con la Caduta degli
angeli ribelli, in un
rutilante groviglio di nuvole
e corpi in stucco e alabastro.
L'altare
maggiore, che può
essere considerato l'ultima
opera del barocco viennese, fu
costruito nel 1781 da J. B.
d'Avrange che utilizzò, per
la decorazione, evangelisti ed
angeli reggicandelabro
scolpiti da J. M. Fischer.
Sul
fianco destro della chiesa,
cui si accede tramite un
passaggio coperto nell'antica
casa detta Michaelerdurchhaus,
si trova un grande calvario a
rilievo policromo del periodo
tardo-gotico, donato alla
chiesa nel 1494 dal notaio e
cancelliere Hans Hueber. La
raffigurazione mostra, in
primo piano, Cristo in
preghiera nell'Orto degli
Ulivi e sullo sfondo altre
scene della Passione che
culminano con la
Crocifissione. Composizione
suggestiva e drammatica,
richiama alla mente i grandi
Calvari tedeschi del Dùrer e
in generale della pittura
germanica del XV secolo.
La chiesa ospita un museo in
cui sono custodite molte
collezioni di dipinti
religiosi, ritratti, statue e
oreficeria religiosa. L'organo
barocco, minuziosamente
scolpito risalente al 1714 ed
opera di Johann David Sieber,
è il più grande d'Austria.
Oggi la chiesa viene visitata
soprattutto per le sue
catacombe nelle quali, date le
particolari condizioni
climatiche, i cadaveri non
vanno in putrefazione. Tra il
1631 e il 1784, circa 4000
persone furono sepolte in
queste catacombe ed ancora
oggi si possono vedere
moltissime bare dipinte e
cadaveri mummificati con
finanziera barocca e parrucca.
Le spoglie del defunto più
celebre, custodite nella
cripta, sono quelle di Pietro
Metastasio, autore dei
libretti per le opere di
Mozart.
Molto interessanti sono anche
gli scavi che si trovano nella
piazza davanti alla chiesa,
dove fra il 1990 e il 1991
furono portati alla luce i
resti di una colonia romana.
Nella chiesa di
Michaelerkirche ebbe
svolgimento la prima mondiale
del "Requiem",
l'ultima opera di Mozart,
subito dopo la morte del
compositore.
Stallburg

Proprio
di fronte alla celebre Scuola
Spagnola di Equitazione, nella
Reitschulgasse, si trova la
Scuderia imperiale
(Stallburg), uno dei più
significativi esempi di
architettura rinascimentale a
Vienna. L'edificio, voluto da
Leopoldo VI per il successore
al trono e futuro imperatore
Massimiliano II, sorse tra il
1558 ed il 1565, nel luogo
dell'antica Babenbergerplatz.
Originariamente
separato dal resto della
reggia, presenta una pianta
pressoché
quadrata, con le facciate
esterne di classico sapore
rinascimentale, sobrie e prive
di decorazioni.
La
corte interna invece riserva
una piacevole sorpresa: tre
ordini di magnifici loggiati
con archi a tutta luce, molto
vicini ai migliori esempi
architettonici del
Quattrocento italiano. Dopo la
sua incoronazione,
Massimiliano II si trasferì nella Hofburg; la sua ex residenza venne
adibita a scuderia di corte e
tale rimase fino al 1725
quando a tal fine venne
adibito il nuovo edificio
sulla Museumsplatz, che la
ospitò
per alcuni anni.
Nella
Stallburg rimasero solo i
migliori cavalli usati nella
Scuola Spagnola di
Equitazione. Oggi nella
Stallburg si può
ammirare il Museo dei Cavalli
Lipizzani.
Quanto
gli Asburgo amassero i cavalli
è cosa ormai risaputa:
quando il sovrano inglese
Edoardo VII si recò da
Francesco Giuseppe I nel 1909,
orgoglioso della propria
automobile, l'imperatore
austriaco non si lasciò
affatto convincere dal nuovo
mezzo di locomozione e continuò
a preferire il proprio cavallo
Florian. Già nel 1580
l'arciduca Carlo di Stiria
aveva avuto l'idea di fondare
una scuderia di corte, con
sede a Lipizza, un villaggio
della regione carsica, che
impiegasse cavalli nati
dall'incrocio fra stalloni
arabi e berberi con cavalle
andaluse.
Con la prima guerra
mondiale e il crollo della
monarchia austro-ungarica,
Lipizza venne ceduta
all'Italia e la scuderia
trasferita a Piber, vicino a
Graz. Qui fu continuato, e
continua ancor oggi,
l'allevamento dei cavalli
detti "lipizzani" di
colore prevalentemente bianco,
dalle ossa pesanti, dai
tendini d'acciaio e dal
temperamento vivace.
L'idea di una scuola di
equitazione a Vienna risale al
1572, quando per questo scopo
fu costruito un edificio in
legno, chiamato
"Spanische
Reitschule", cioè Scuola
Spagnola di Equitazione, perché
a quell'epoca vi erano
impiegati solo cavalli di
discendenza spagnola, così
come oggi vi sono impiegati
solo quelli di discendenza
lipizzana. Un ordine imperiale
del 1681 decretò la
costruzione di un maneggio
stabile e così, nel cuore di
Vienna, la Hofburg, fu
iniziato nel 1729 il Maneggio
d'inverno (Winterreitschule),
che fu completato il 14
settembre 1735.
Il
progetto dell'edificio si deve
a Joseph Emanuel Fischer von
Erlach: egli ideò un'ampia sala bianca piena di luce, con due
gallerie divise da quarantasei
colonne corinzie e con la
volta decorata a stucco. La
sala fu concepita come
ambiente polivalente ed
infatti vi si tennero tornei,
celebrazioni, feste e
banchetti. Si possono
ricordare il banchetto in
occasione del matrimonio per
procura fra Napoleone e Maria
Luisa ed i balli dati durante
il Congresso di Vienna.
Alla parete opposta all'ingresso, campeggia un
grande ritratto di Carlo VI a
cavallo di uno stallone
lipizzano. In questo ambiente
suggestivo, i cavalli sono
veramente gli unici
protagonisti: al suono della
musica, i lipizzani eseguono
difficilissimi e sorprendenti
esercizi, quali la
"poggiata" e la
"capriola", guidati
e montati dai loro altrettanto
sorprendenti cavalieri.
Josefsplatz

Nel
corso dei secoli l'area di
questa piazza è
stata variamente occupata:
prima dal cimitero degli
Agostiniani, poi da una scuola
di equitazione, quindi da un
parco voluto da Ferdinando
I. L'imperatore Carlo VI,
nell'ambito del programma di
completamento della Hofburg,
vi fece costruire la
Biblioteca di Corte e il luogo
prese il nome di
Bibliotheksplatz.
Giuseppe
II,
ordinando la
demolizione di un muro che
correva lungo la via, la aprì
al pubblico. Nel 1807, con
l'erezione della sua statua
equestre - opera di Franz
Anton Zauner - la piazza prese
il nome attuale. Bella ed
omogenea, la Josefsplatz è
cinta da edifici
settecenteschi. Il più
importante è l'antica
Biblioteca di Corte, oggi
Biblioteca Nazionale,
progettata
dall'onnipresente Johann
Bernhard Fischer von Erlach e
compiuta dal
figlio Joseph Emanuel fra il
1723 e il 1735. Il gruppo
statuario del coronamento è
opera di L. Mattielli.
All'interno,
particolarmente suggestiva, la
grandiosa Prunksaal che
occupa, su due piani, tutta la
lunghezza del palazzo.
L'ambiente, articolato su una
rotonda centrale da cui si
dipartono due lunghi bracci,
è riccamente decorato con
allegorie che celebrano la
gloria della casa Asburgo. Al
centro della rotonda, sotto la
cupola affrescata da Daniel
Gran con l'Apoteosi di Carlo
VI, si trova una statua dello
stesso imperatore
in vesti romane; altre sedici
statue di imperatori, opera di
Paul e Peter Strudel sono visibili sotto gli
intercolumni che scandiscono
l'ambiente. La
raccolta della Biblioteca di
Corte, iniziata da
Massimiliano I, conta un numero
impressionante di incunaboli,
manoscritti, carte
geografiche, partiture
musicali, papiri e mappamondi.
Di
fronte alla biblioteca, al n°5, si trova il bel
Palazzo Pallavicini, costruito
da Johann Ferdinand von
Hohenberg nel 1783 su un'area
occupata anticamente da altri
ambienti conventuali degli
Agostiniani. Il portale
sorretto da cariatidi è opera
di Franz A. Zauner.

31
Maggio 2015
Pag.
2
|