Centro storico di Vienna
Austria

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2001 - SITO PATRIMONIO IN PERICOLO
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SITO PATRIMONIO IN PERICOLO DAL 2017 - COSTRUZIONE DI UN GRATTACIELO LA CUI ALTEZZA MODIFICHERA' IL CONTESTO ARCHITETTONICO DI VALORE DEL SITO.

Vienna, il cui centro storico è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, è la capitale e allo stesso tempo uno stato federato dell'Austria.

Vienna è nota anche come la Città dei Musicisti o Città dei Sogni per avere ospitato molti tra i maggiori compositori del XVIII e del XIX secolo: Antonio Vivaldi, Christoph Willibald Gluck, Wolfgang Amadeus Mozart, Franz Joseph Haydn, Antonio Salieri, Ludwig Van Beethoven, Gioachino Rossini, Franz Schubert, gli Strauss, Johannes Brahms, Franz Liszt, Gustav Mahler, Arnold Schönberg e altri ancora.

Quando i Romani, ansiosi di estendere le frontiere dell'impero fino all'Elba, nella loro marcia espansionistica verso nord, giunsero nei luoghi dove sorge oggi la città di Vienna, vi trovarono le popolazioni celtiche che dominavano già da quattro o cinque secoli questa regione, dove si erano sostituiti ad una più antica popolazione veneto-illirica.

Scavi recenti nella zona hanno portato alla luce oggetti di epoca neolitica che provano come questa regione fosse popolata già 3000 anni prima della nascita di Cristo. Non appena i Romani compresero l'importanza strategica di quell'insediamento celtico, vi edificarono un accampamento fortificato. Per tre secoli, a partire dalla metà del I secolo d.C., la potente X legione stazionò qui. Il nome del campo, Vindobona, derivò forse dalla parola celtica Vindomina, o Vindo, che significa "bianco" e che allude probabilmente all'antico splendore avuto in passato dalla città. Questo campo aveva il compito di difendere la provincia della Pannonia dalle invasioni della bellicosa tribù nomade dei Quadi. L'accampamento era situato nell'angolo a nord-ovest dell'attuale quartiere che comprende il Graben, il Tiefen Graben, la Naglergasse, la Rotgasse e la Kraemergasse.

Qui, nel 180 d.C., morì l'imperatore Marco Aurelio: egli non aveva solamente portato la guerra contro i Marcomanni, ma aveva anche trovato il tempo e l'ispirazione per scrivere buona parte dei "Pensieri". Con la sua morte, poterono dilagare in tutta la regione quei barbari che l'imperatore aveva cercato di tenere lontani: tra il V e il VII secolo, tutta la pianura del Danubio fu teatro delle scorrerie barbariche. Ostrogoti, Vandali, Unni, Slavi, Avari si riversarono ad ondate successive sulla Pannonia. Il destino della regione e quello della città cambiarono nel 791, allorché Carlo Magno fondò l'Impero d'Occidente e creò la Ostmark, la Marca Orientale che avrebbe costituito il nucleo principale dell'Ostarrichi, futuro Ósterreich, cioè Regno di Oriente. 

Anche il nuovo nome della città, Venia, appare per la prima volta in un documento di Salisburgo dell'881. La Ostmark fu ceduta, nel 976, dall'imperatore Ottone II al conte Leopoldo I della dinastia Babenberg, che divenne così il primo margravio ereditario dell'Austria, sotto al quale la regione diventò indipendente. Con questa dinastia Vienna conobbe uno sviluppo eccezionale, favorito in gran parte dalla sua felice posizione lungo il fiume Danubio. Infatti essa divenne subito un importante porto fluviale e un grande centro commerciale, situata com'era sulla strada dell'ambra, che i mercanti trasportavano verso il sud dell'Europa, già fin da prima della nascita di Cristo. Fu sotto Enrico II detto Jasomirgott (che trasformò la marca austriaca in ducato ereditario), che la città ottenne per la prima volta dignità residenziale, in quanto il duca vi trasferì la residenza da Klosterneuburg. 

La dinastia dei Babenberg si estinse con Federico II e Vienna, dopo un periodo di anarchia e di lotta, passò nel 1282 sotto il dominio di Rodolfo I, capostipite della famiglia degli Asburgo, che manterrà il suo dominio sull'Austria per quasi sei secoli. Cominciò così l'espansione della città, che andava di pari passo con il suo continuo abbellirsi: il Duomo di S. Stefano dominava dall'alto la città ed era sorta la prima università. 

Nel 1438, sotto Alberto V, Vienna diventò la capitale del Sacro Romano Impero e la dinastia degli Asburgo ottenne quella dignità imperiale che le rimarrà, tranne un'unica breve interruzione, fino al 1806, quando Napoleone abolì il Sacro Romano Impero dopo mille anni di vita. 

Solo nel 1485 Mattia Corvino, a capo dell'esercito ungherese, entrò nella città e la occupò fino al 1490. In questo periodo Vienna non ha più nulla dell'ormai antico insediamento fortificato: è una città con dignità imperiale e perciò sottoposta solamente all'imperatore, ricca di chiese, con una cultura viva e vivificante. 

Nuovo e maggiore splendore lo conobbe quando salì al trono Massimiliano I: egli iniziò la spregiudicata politica dei matrimoni per acquistare nuove terre e nuovi privilegi. Egli stesso, sposando Maria di Borgogna nel 1477, aggiunse all'Impero la Borgogna e i Paesi Bassi.

Nel 1496 suo figlio Filippo il Bello sposava Giovanna la Pazza, che gli portava in dote la Castiglia e l'Aragona, così che, alla morte del vecchio Massimiliano, il nipote Carlo si trovò ad ereditare tutto e a diventare re di Spagna con il nome di Carlo I e imperatore del Sacro Romano Impero come Carlo V. Il celebre motto "Bella gerani alii, tu, felix Austria, nube" ("Gli altri portino le guerre, tu, Austria felice, porta i matrimoni"), non poteva essere meglio realizzato. Vienna era così la capitale di quell'impero "sul quale non tramontava mai il sole", e come tale cominciò a giocare un ruolo importantissimo nella storia europea. Divenne addirittura l'ultimo baluardo della civiltà occidentale, quando l'impero turco, sempre più minaccioso, cominciò a premere alle porte dell'Europa. I Turchi, che nel 1453 avevano fatto cadere Costantinopoli, avevano invaso nel 1526 l'Ungheria e solo l'Austria, adesso, si poneva, come estrema difesa, fra loro e il mondo occidentale. Le guerre contro i Turchi sfiancarono la città, che si trovò ad essere assediata per due volte, nel 1529 e nel 1683. 

Nel 1533 la sede del potere venne spostata nell'edificio dell'Hofburg, il tradizionale palazzo imperiale di Vienna. Non cessarono tuttavia per Vienna le invasioni straniere: dal 1485 al 1493 la città fu sotto la dominazione di Mattia Corvino, re degli ungheresi, scacciato dalla città da Massimiliano, e nei primi anni del Cinquecento iniziò a farsi temere la minaccia turca. Vienna fu per tutto il XVI secolo funestata dalle guerre di religione, divisa tra il protestantesimo (circa l'80% sotto Massimiliano II, di fatto protestante) e il cattolicesimo, uscito vincente dopo le persecuzioni dei successivi sovrani e la violenta Controriforma dei gesuiti. Gli scontri tra le due religioni provocarono lo scoppio nell'Impero e in tutta Europa della Guerra dei Trent'Anni, durante la quale la città fu devastata dalla peste (circa 30.000 morti) e dagli assedi stranieri.

Vienna rifiorì in tutto il suo splendore dopo la definitiva sconfitta dei turchi, che nel 1683 sotto Kara Mustafa erano giunti alle porte della capitale imperiale minacciando l'intero mondo cristiano. Il principe Eugenio di Savoia li batté ripetutamente, salvando la città che nel tardo Seicento e nei primi del Settecento conobbe un grande risveglio urbanistico: sotto Carlo VI fu costruita la Karlskirche, i sontuosi palazzi del Belvedere, le residenze dei nobili intorno all'Hofburg. Nel 1738 vi fu firmata la Pace di Vienna, con la quale le potenze belligeranti (Francia da una parte, Impero Austriaco dall'altra, ed i rispettivi alleati) posero fine alla Guerra di successione polacca. 

Nel 1740 salì al trono austriaco Maria Teresa d'Austria, prima imperatrice dopo che con la Prammatica sanzione Carlo VI aveva permesso la successione in linea femminile. Maria Teresa, che governò per quarant'anni, spostò la residenza imperiale nel palazzo di Schönbrunn da lei fatto costruire alla periferia di Vienna, contribuendo a rendere la città una capitale artistica di primo piano favorendo la musica (sotto il suo regno iniziò a brillare l'astro di Mozart). 

Il successore di Maria Teresa, Giuseppe II, liberale e riformatore, dovette scontrarsi contro l'aristocrazia conservatrice e la Chiesa nel suo processo di rinnovamento politico, noto come giuseppinismo. Il cosiddetto Codice penale giuseppino modernizzò la legislazione austriaca secondo i principi dell'Illuminismo, ma la sua linea antireligiosa portò addirittura papa Pio VI a Vienna nel 1782 per tentare di bloccare le riforme, dopo che l'anno precedente l'imperatore aveva emanato l'Editto di Tolleranza che metteva fine ai contrasti tra cattolici, protestanti, ebrei e ortodossi. Vicino al popolo, Giuseppe II aprì ai cittadini i parchi riservati agli aristocratici del Prater e dell'Augarten.

Negli ultimi anni del Settecento e nel primo decennio dell'Ottocento Vienna e l'Austria dovettero subire gli effetti devastanti di Napoleone Bonaparte. Nel 1806 Francesco II fu costretto dall'imperatore dei francesi a cedere il titolo di sovrano del Sacro Romano Impero, eliminando così definitivamente l'antica istituzione che risaliva a Carlo Magno, mentre il sovrano assunse il titolo di Francesco I, imperatore d'Austria. Ripetutamente battuta da Napoleone, l'Austria dovette subire la sua occupazione: Bonaparte nel 1809 s'installò a Schönbrunn sposando la figlia di Francesco I, Maria Luisa. 

L'abile diplomazia del principe Metternich portò tuttavia l'Austria ad aderire nel 1813 alla coalizione contro la Francia che portò alla disfatta di Napoleone e alla fine del suo dominio. Proprio a Vienna sotto la regia di Metternich si tenne il Congresso che sancì la nuova divisione dell'Europa post-napoleonica. I sovrani europei si trattennero nella capitale austriaca per circa un anno, rendendola in pratica il centro del mondo occidentale. S'imposero in questo periodo - detto periodo Biedermeier - la sinfonie di Schubert e i valzer di Strauss, ma la bella vita aristocratica non durò a lungo poiché nel 1848 i moti rivoluzionari borghesi e liberali portarono la definitiva caduta del regime reazionario di Metternich - che fuggì in esilio - e di Ferdinando I, che abdicò in favore del nipote Francesco Giuseppe, appena diciottenne.

L'ultimo imperatore d'Austria, sicuramente il più grande, governò per 68 anni. A Vienna il sovrano operò una rivoluzione urbanistica, demolendo le mura già in parte distrutte da Napoleone ed edificando al loro posto la monumentale Ringstrasse, il viale che circonda la città ad anello ed ancora oggi arteria principale della città. Qui nel 1879 si tenne una grandiosa parata per celebrare le nozze d'argento dell'imperatore con la moglie Elisabetta (la famosa Sissi). Nella capitale s'imposero le musiche di Brahms e Johann Strauss, mentre nel 1869 venne inaugurata l'Opera di Vienna. Nei primi del Novecento la città fu scossa da nuovi fermenti artistici: la Secessione viennese di artisti quali Gustav Klimt e Koloman Moser, lo Jugendstil architettonico che portò all'edificazione di molti edifici in stile Art Noveau, mentre la grande Vienna concludeva il suo ciclo storico con la morte di Francesco Giuseppe nel 1916, la disfatta della Prima guerra mondiale e la conseguente scomparsa dell'Impero, dopo l'abdicazione di Carlo I e la proclamazione della Repubblica nel 1918.

L'influenza mise in ginocchio la capitale del nuovo stato, ridotto a una piccolissima porzione dell'antico dominio, portando a fermenti rivoluzionari socialisti per tutto il decennio 1920 e buona parte degli anni '30. Nel 1933 il cancelliere della repubblica Engelbert Dollfuß sciolse il Parlamento proclamando con una risposta reazionaria ai socialisti un regime di stampo fascista. Non durò a lungo: l'anno successivo rivolte di sinistra fecero vacillare il governo, che venne colpito al cuore dagli invasori nazisti che tentarono un colpo di stato uccidendo Dollfuß ma fallendo il tentativo di conquista dell'Austria a causa dell'opposizione di Mussolini. Il successore di Dollfuß, Kurt Schuschnigg, non riuscì a impedire la pressione di Hitler, che nel 1938 penetrò nel paese dopo che Arthur Seyß-Inquart - successore del dimissionario Schuschnigg - aprì le frontiere portando all'Anschluss con la Germania. Dopo aver drammaticamente condiviso il destino del terzo Reich, l'Austria fu occupata dagli Alleati e Vienna venne divisa tra i vincitori della guerra fino al 1955.

Il rapido ritorno della democrazia, sancito anche dall'installazione nella città delle sedi delle principali organizzazioni internazionali, permise a Vienna e all'Austria un rapido risveglio economico e politico. Nel 1995 il Paese ha aderito all'Unione europea e oggi Vienna è una delle capitali più visitate dal turismo internazionale.

Complesso della Hofburg

C'è, nella Hofburg, una meravigliosa continuità di tempo: essa, infatti, ha conservato ancor oggi la stessa importanza storica e politica che aveva fin dal lontano XIII secolo, epoca a cui risale il nucleo centrale, cioè l'attuale Schweizertrakt. Più che un singolo monumento, la Hofburg è un complesso di edifici, di piazze, di corti e di giardini.

Residenza ufficiale degli Asburgo per sette secoli, ha subito in tutto questo tempo varie modifiche, apportate negli stili delle diverse epoche. Il vasto complesso architettonico, d’impianto asimmetrico, ha un’estensione di 240.000 m2 ed è formato da 18 ali, 19 cortili e 2600 stanze, nelle quali tuttora vivono e lavorano circa 5000 persone. I vari cambiamenti (soprattutto ampliamenti delle ali e dei locali già esistenti) coprono un arco di tempo che va dal XVI al XIX secolo. Nonostante ciò la Hofburg mantiene inalterata una stupefacente unità, se non architettonica, almeno storica. Forse il modo migliore per entrare nella Hofburg è quello di avvicinarvisi dalla Michaelerplatz, su cui da la facciata principale dell'edificio, il Michaelertrakt. Fu l'imperatore Francesco Giuseppe I che, per ultimare l'esterno del palazzo rimasto praticamente incompiuto dopo la costruzione dell'Ala della Cancelleria, ordinò a Ferdinando Kirschner di realizzare una nuova facciata. Questi rielaborò un vecchio progetto di J. E. Fischer von Erlach e portò a termine l'edificio fra il 1889 e il 1893.

A forma di emiciclo, con alto zoccolo a bugnato e lesene binate, il Michaelertrakt è ornato alle estremità da due grandiose e movimentate fontane. Quella di sinistra, che rappresenta il Dominio dell'Austria sul Mare, è opera di Rudolf Weyr (1895), mentre quella di destra, il Dominio dell'Austria sulla Terra, fu realizzata nel 1897 da Edmund Hellmer.

Il corpo centrale della facciata, leggermente aggettante, è completamente impegnato da un grande atrio coperto da una cupola in rame; a scandire i tre accessi, si trovano i gruppi in marmo dello scultore Lorenzo Mattielli, che rappresentano le Fatiche di Ercole, mentre il portale centrale è ornato da un'imponente transenna in ferro battuto. 

Attraversato questo ingresso si entra nella corte interna, detta In der Burg, di forma rettangolare, chiusa tutt'intorno da edifici rinascimentali e barocchi, che fanno parte del Vecchio Palazzo, e al centro della quale si innalza il monumento all'imperatore Francesco I, eretto dal milanese Pompeo Marchesi fra il 1842 e il 1846. Sullo zoccolo del monumento si trovano lo statue della Pace, della Forza, della Fede e della Giustizia.  

Di fronte al portone d'ingresso, verso sud, si trova il Leopoldinischertrakt: esso deve il suo nome all'imperatore Leopoldo I, che lo fece costruire fra il 1660 e il 1670. Le sue sale, oggi residenza ufficiale del Presidente della Repubblica - e per questo non visitabili - devono gran parte del loro fascino a Maria Teresa. Una di esse ospitava la camera da letto della grande imperatrice, ed ancora oggi si può notare il gancio appeso al soffitto, in corrispondenza del letto, con una carrucola, attraverso la quale passava la corda a cui la sovrana si aggrappava per mettersi a sedere nel letto. 

Al Leopoldinischertrakt segue, verso nord-ovest, la breve ala detta Amalientrakt, caratterizzata dalla simpatica torretta ottagonale con copertura in rame. Il nome le deriva dall'imperatrice Amalia, moglie di Giuseppe I, che vi abitò durante il periodo della sua lunga vedovanza (1711-1742). 

L'ala a settentrione, di fronte al Leopoldinischertrakt, è il cosiddetto Koichskanzleitrakt, opera di J. E. Fischer von Erlach, che lo eresse fra il 1726 e il 1730 per incarico dell'imperatore Carlo VI, mentre il corpo della stessa costruzione che guarda sulla Schauflergasse, è di Lukas von Hildebrandt (1723). Adibito a residenza delle autorità o di illustri ospiti dell'Impero, a partire dal 1806 vi ebbe sede la Cancelleria di Stato da cui trae il nome.

La visita della Hofburg inizia con i Kaiserappartements, ossia gli appartamenti imperiali. Sono aperti al pubblico il salone delle udienze, la sala delle conferenze, gli appartamenti privati di Francesco Giuseppe e di Sissi, nonché la sua palestra privata ed il bagno, che destò scandalo per la frequenza con la quale l’imperatrice si immergeva nella vasca (cioè una volta al giorno). 

Dalla stanza da bagno si può accedere alle stanze di Bergl, finora praticamente sconosciute ai visitatori. Queste stanze, decorate da Bergl nel 1766, sono particolarmente variopinte, con paesaggi esotici e lussureggianti. Venivano probabilmente usate come spogliatoio. E' stato molto difficile recuperare tutti gli oggetti originari che facevano parte dell'arredamento delle stanze da bagno, in quanto molti erano proprietà dell'imperatrice e alla sua morte sono stati ereditati dai familiari. Sono stati comunque ritrovati il lavabo originale e il lettino da massaggio e le stanze sono state ricostruite con la massima fedeltà. Bellissima la sala da pranzo con la tavola imbandita. Questa parte della residenza ospita anche gli appartamenti di Maria Teresa e del figlio Giuseppe II, oggi residenza del Presidente della Repubblica. Nel cortile interno si erge la statua di Francesco II. 

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Ancora da segnalare la cosiddetta sala rossa, completamente arredata in siile rococò (gli arazzi Gobelins, dono di Maria Antonietta, sono realizzati su disegni di Francois Boucher), che servì da sala di ricevimento per lo zar Alessandro I nel periodo del Congresso di Vienna. Infine la sala da pranzo, tuttora apparecchiata per una "colazione di famiglia", secondo i canoni dell'etichetta spagnola, che Francesco Giuseppe I volle sempre rigidamente rispettata. 

Dopo la visita agli appartamenti imperiali si può accedere alla Silberkammer, il museo che ospita l'argenteria e i gioielli di corte. Meravigliosi servizi da tavola, piatti e bicchieri pregiati in cui venivano serviti i pasti degli imperatori. Sono esposti anche piatti panoramici, maioliche di Faenza, oggetti in oro e porcellane di Sèvres, Meissen e dell'Asia, infine il servizio francese di Vermeil per 140 persone ed uno inglese donato dalla regina Vittoria. Nella Camera del Tesoro Profano e Sacro si trovano gli oggetti più importanti della Silberkammer, come la corona del Sacro Romano Impero (962 ca.), la corona dell'imperatore austriaco (1602), il tesoro dei Burgundi (XV sec.), il tesoro dell'ordine del Vello d'Oro ed una serie paramenti sacri usati alla corte asburgica e di reliquie tra le quali spicca un crocifisso del Giambologna, il chiodo della croce che trafisse la mano destra di Gesù e un tempietto con un dente di San Pietro. 

La perla finale della visita alla Hofburg è il Sisi Museum, aperto nel 2004 come omaggio all'imperatrice Elisabetta d'Austria, la mitica Sissi. Fra gli oltre 300 oggetti esposti si segnalano la maschera mortuaria, la lima utilizzata dall'anarchico Luigi Lucheni per ucciderla, la ricostruzione dell’abito che Elisabetta indossava quando fu incoronata regina d’Ungheria, il mantello nero con cui venne coperta dopo l’attentato, il set da toilette e tante altre curiosità come documenti, quadri e oggetti personali.

L'imponente presenza dell'ultimo grande imperatore austriaco si avverte chiaramente ancor oggi in tanti luoghi e in tante espressioni della vita viennese. Il poeta austriaco Alexander Lernet Holenia raccontò una volta che, quando alla fine del Duecento, il primo sovrano della dinastia Asburgo entrò nella capitale austriaca, i viennesi esclamarono "Non durerà". Ma, conclude il poeta, essa finirà nel 1918. Gli Asburgo rimasero affacciati alla ribalta della storia europea per 693 anni. Il regno di Francesco Giuseppe I è uno dei più lunghi della storia, per la precisione il secondo dopo quello di Luigi XIV: l'imperatore austriaco regnò infatti per ben 68 anni, dal 1848 al 1916. 

Eppure, il lungo regno di Francesco Giuseppe I coincise con il lento ma inesorabile declino della dinastia, di cui egli stesso vide approssimarsi la fine. Non solo: gravi sconfitte, come quella del 1859 contro il Piemonte alleato della Francia, o quella del 1866 contro la Prussia (per non parlare della prima guerra mondiale, di cui tuttavia l'ormai vecchio imperatore non vide il termine anche se ne presagì la conclusione), costellarono il suo governo. Inoltre, il fratello dell'imperatore, Ferdinando Massimiliano, morirà fucilato in Messico; il figlio Rodolfo, l'erede al trono, si suiciderà a Mayerling con Maria Vetsera in drammatiche circostanze; l'altro erede, l'arciduca Francesco Ferdinando, sarà assassinato a Sarajevo, con la moglie Sofia Chotek, e la sua morte scatenerà la prima guerra mondiale.  

Chiude infine il cortile In der Burg, verso levante, la facciata dell'ala detta Corte degli Svizzeri (Schweizerhof): essa prende il nome dalle truppe svizzere di Maria Teresa, che presidiavano questa parte della Hofburg. Questo blocco di costruzioni, conosciuto anche come Alte Burg, costituisce il nucleo più antico della Hofburg e vi sono tracce della sua realizzazione in alcuni documenti del 1279. Esso corrispondeva infatti al castello medievale, difeso da quattro poderose torri angolari, che conservò fino al XVIII secolo. Federico III, intorno al 1479, cominciò a trasformarlo e ad abbellirlo, e Ferdinando I (verso 1530) vi trasferì la sua residenza. Da allora, e fino al secolo scorso, si sono succeduti continui rimaneggiamenti.

Alla Corte degli Svizzeri si accede tramite un meraviglioso portale rinascimentale (Schweizertor) - probabile opera dell'architetto Pietro Ferrabosco - con stemmi policromi, iscrizioni e affreschi nel sottarco e nel corridoio. L'iscrizione del 1552, sopra il portale, ricorda l'imperatore Ferdinando che, appunto, iniziò il rinnovamento del castello.

Anche questa parte della Hofburg è stata, fino al secolo XIX, residenza di personaggi della famiglia imperiale. Ultimo abitante fu Rodolfo, che occupò l'ala cui si accede attraverso lo Scalone delle Colonne. Sulla facciata, a sinistra della Schweizertor, è posta una bella lapide policroma (1536) con due grifoni che reggono le insegne di Leopoldo I.  

La Cappella imperiale è forse la parte più antica della Hofburg. Vi si accede dalla Corte degli Svizzeri. L'attuale costruzione risale al 1447-1449. Sul tabernacolo dell'altare maggiore si trova un crocifisso ligneo. Pare che l'imperatore Ferdinando II, in lotta per la libertà di religione, abbia udito Cristo sussurrare da questa croce "Ferdinando, io non ti abbandonerò!" Da allora un esemplare di questa croce adorna ogni cappella asburgica.

In questa cappella si esibisce ogni domenica durante la celebrazione della Messa il coro dei Piccoli Cantori di Vienna. Questa formazione di voci bianche è la più antica del mondo essendo stata fondata nel 1498 dall'imperatore Massimiliano I.

Alla Camera del Tesoro Imperiale degli Asburgo (Schatzkammer) si accede dallo Schweizerhof, attraverso un ingresso che si trova sotto la scala che sale alla Burgkapelle. La collezione comprende pezzi di inestimabile valore artistico e storico, fra cui tutte le insegne del Sacro Romano Impero e dell'Impero Austro-Ungarico, ed è rimasta fortunatamente inalterata a partire dall'epoca medievale. 

Vi sono raccolti i gioielli dell'Ordine del Toson d'Oro, o dei Duchi di Borgogna, passati poi agli Asburgo grazie al matrimonio fra Massimiliano d'Austria e Maria di Borgogna; vi è esposta la culla del Re di Roma, il figlio di Napoleone; vi sono gelosamente custoditi la brocca e il bacino usati per i battesimi imperiali, pregevoli opere italiane del 1571 in oro massiccio.  

Fra i molti oggetti preziosi si può vedere il manto ricamato d'oro che l'imperatore Francesco I portò nel 1830 per la cerimonia dell'incoronazione del figlio Ferdinando, Re di Ungheria. Questo manto faceva parte della dotazione dei simboli preziosi dell'Impero d'Austria, proclamato nel 1804 da Francesco II - che per l'occasione mutò il proprio nome in Francesco I - per salvare l'ideale dell'istituzione, mentre il Sacro Romano Impero Germanico scompariva sotto i colpi delle armate napoleoniche.

La maggior gloria del Tesoro Imperiale è data dalla corona del Sacro Romano Impero, che per mille anni significò ai popoli dell'Europa il potere e la sovranità assoluta dei principi tedeschi. D'oro, con smalti e pietre preziose, fu eseguita nel 962 a Reichenau, per l'incoronazione di Ottone I a Roma. Da questa data, essa fu posta sulla testa di tutti gli imperatori del Sacro Romano Impero fino al 1602, quando Rodolfo II fece costruire dai suoi artigiani di Praga un'altra corona imperiale, riservando la più antica solo per la cerimonia dell'incoronazione. Tempestata di diamanti, rubini, perle e con uno zaffiro alla sommità, questa corona richiama per la sua forma modelli del Medioevo, spesso riprodotti in dipinti e affreschi. I quattro bassorilievi in oro sbalzato mostrano Rodolfo in veste di generale e le sue tre incoronazioni a Francoforte, Bratislava e Praga. Non va infatti dimenticato che i sovrani austriaci erano, a quel tempo, imperatori del Sacro Romano Impero, Re di Boemia e Re di Ungheria.

 

Francesco Giuseppe I e Elisabetta d'Asburgo

Francesco Giuseppe I fu imperatore d'Austria per 68 anni, dal 1848 al 1916. Fu uno dei protagonisti più importanti della storia europea nella seconda metà dell'800.

Francesco Giuseppe (nome tedesco: Franz Josef) nacque il 18 agosto 1830 nel castello di Schönbrunn a Vienna. Già all'età di 5 anni fu designato come futuro imperatore dell'Austria, pur non essendo il primo in linea di successione. L'imperatore Ferdinando I, salito al trono nel 1835, era debole e rivelò crescenti sintomi di essere malato di mente, e così suo fratello Francesco Carlo (padre di Francesco Giuseppe) che sarebbe succeduto al trono rinunciò in anticipo al trono a favore di suo figlio. Il piccolo Francesco ricevette, di conseguenza, fin dall'inizio una rigidissima educazione, com'era previsto dalle regole della corte per chi doveva succedere al trono degli Asburgo.

Il 1848 fu un anno di rivoluzioni in tutta l'Europa e anche nei centri dell'impero asburgico, in Boemia, in Ungheria e a Vienna il popolo si rivoltò contro la monarchia chiedendo riforme, una costituzione democratica e la fine della censura.

Per i crescenti disordini popolari a Vienna, il cancelliere Metternich, simbolo odiato del periodo della restaurazione, fuggì in Inghilterra e poco dopo anche l'imperatore Ferdinando fu costretto a ritirarsi a Innsbruck. Alla fine del 1848 abdicò definitivamente (già prima aveva lasciato la gestione degli affari di stato a un gruppo di consiglieri) e di conseguenza Francesco Giuseppe divenne, come deciso dalla famiglia, il nuovo imperatore, a soli 18 anni. 

L'imperatore Francesco Giuseppe regnò per sessantotto anni. Cominciò come monarca assoluto ultra-conservatore che disprezzava i moti democratici del 1848 e che si vantava di "aver gettato a mare la paccottiglia costituzionale". Con gli anni diventò più tollerante e liberale, fino ad accettare alcuni elementi della democrazia parlamentare - ma più per rassegnazione che per convinzione. Per tutta la vita fu convinto di essere il un monarca legittimato da Dio e i valori tradizionali della monarchia furono sempre le linee guida della sua vita e del suo agire come imperatore.

Si alzava presto alla mattina, lavorando sodo e sempre conscio del suo ruolo e dei suoi doveri. Rappresentava la versione austriaca del motto "Il re è il primo servitore dello stato", stabilito da Federico il Grande, re della Prussia. Fu un burocrate modello, interessato anche ai dettagli più insignificanti degli affari di stato, ma con poca sensibilità per i grandi problemi dell'epoca. 

Delle questioni economiche, sempre più importanti nella seconda metà dell'800, non capì nulla, non fu né un grande stratega militare, né un abile diplomatico. Il suo governare consisté, per decenni, sostanzialmente nel rimandare, nel cedere, nel rassegnarsi. Ma tutti sapevano che era un uomo modesto e parsimonioso che viveva spartanamente, lavorando dalla mattina alla sera e non concedendosi nessun lusso privato. E su queste virtù si basava la sua popolarità, specialmente in età avanzata. L'unico piacere privato che si concedeva era la caccia la sua grande passione.

Durante il suo regno avvenne il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale con una crescente influenza della borghesia liberale vista con diffidenza dall'aristocrazia. Ma Francesco Giuseppe, un po' alla volta, cedette alle loro pretese e permise così, pur rimanendo sempre un convinto conservatore, la trasformazione dell'Austria in uno stato più moderno. Inizialmente ristabilì la posizione dominante della chiesa cattolica in molti ambiti dello stato, abolendo praticamente tutte le leggi con cui i suoi predecessori avevano cercato di limitare l'influenza delle gerarchie ecclesiastiche, ma nella seconda metà del suo regno si convertì a una maggiore tolleranza religiosa e culturale che contribuì molto a far diventare Vienna uno dei centri culturali più vivaci dell'Europa.

Ma i quasi settant'anni del suo regno furono caratterizzati soprattutto dai problemi creati dal fragile equilibrio tra le molte nazionalità che si sentivano sempre più costrette alla convivenza in questo stato. Con l'Ungheria, la componente non-tedesca più forte, si riuscì ad arrivare a un compromesso, cedendo a quasi tutte le sue richieste di autonomia, il che però scontentò molto la Boemia, il terzo componente importante dell'impero. E alla fine sarebbero stati proprio i nazionalismi crescenti a far implodere l'impero.

Nella politica estera Francesco Giuseppe collezionò un disastro dopo l'altro, dovuto in gran parte alla sua caratteristica di limitarsi sostanzialmente a reagire e raramente ad agire. La sua fissazione sul valore assoluto dell'onore lo rese incapace alla diplomazia che nell'800 richiedeva una crescente flessibilità. I suoi avversari erano semplicemente più furbi e meno prevedibili di lui e dei suoi consiglieri. Perse le province dell'Italia meridionale e nel rapporto con la Prussia incassò solo sconfitte amare, non solo diplomatiche, ma anche militari (vedi l'apposito paragrafo in basso). 

Francesco ed Elisabetta - Quando Francesco ed Elisabetta di Baviera si sposarono (nel 1854) lui aveva 24 anni, lei 15. Fu un matrimonio combinato - come lo erano all'epoca quasi tutti i matrimoni delle case reali in Europa - e per Elisabetta questo matrimonio si rivelò fin dall'inizio un incubo. Intorno a loro due, specialmente intorno a Elisabetta, si crearono subito miti e cliché che, rafforzati dalla stampa rosa e più tardi soprattutto dal cinema, hanno trasformato Elisabetta in una "regina del cuore", che ancora oggi ne costituisce l'immagine collettiva. 

Francesco amava la moglie, ma non sapeva niente di lei e non la capiva, fu totalmente estraneo al mondo in cui viveva. I due avevano dei caratteri e degli interessi diametralmente opposti. Elisabetta che aveva trascorso un'infanzia spensierata e felice non sopportò il soffocante protocollo di corte di Vienna. Francesco Giuseppe non vide le sofferenze della moglie, era completamente assorbito dagli affari di stato e persino nella loro luna di miele fu molto spesso assente.

Infatti, il loro matrimonio entrò presto in crisi. Francesco Giuseppe, stanco delle eterne liti tra madre e moglie e della crescente chiusura di Elisabetta nei suoi confronti, cominciò a cercare consolazione da altre parti. Alla corte le avventure galanti degli imperatori erano sempre state tacitamente tollerate e visto che la corte non aveva mai amato Elisabetta, le simpatie erano tutte dalla parte di Francesco. Dopo anni di esperienze dolorose, Elisabetta imparò finalmente ad imporsi contro la corte, contro la suocera e anche contro il marito. Ora Francesco Giuseppe cominciò a temerla per le sue stravaganze che scioccavano l'aristocrazia viennese e che rischiavano di offuscare anche la sua immagine di imperatore e marito. La amava, ma la temeva anche per i suoi lunghi viaggi che in realtà erano delle fughe dalla corte e che Elisabetta usava anche come veri e propri ricatti contro di lui.

Per essere più libera dal marito e allo stesso tempo per attenuare i sensi di colpa per il fatto di trascurarlo Elisabetta gli aveva persino procurato un'amante, Katarina Schratt. La Schratt, attrice del teatro di corte, che aveva un carattere diametralmente opposto a quello di Elisabetta accettava volentieri questo ruolo (tra l'altro molto ben retribuito) e fu amica e amante di Francesco Giuseppe per molti decenni, anche dopo la morte di Elisabetta nel 1898.

Nel '700 la Prussia era un "nuovo arrivato" tra le grandi potenze dell'Europa, ancora relativamente piccola, ma con grandi ambizioni e con una notevole aggressività che si rivolse soprattutto contro la vicina Austria. Gli antagonisti erano, all'epoca, l'imperatrice austriaca Maria Teresa e Federico II, re della Prussia e la loro rivalità si scaricò in varie guerre piuttosto dure e sanguinose.

Nella seconda metà dell'800, sotto il regno di Francesco Giuseppe, la rivalità tra le due potenze si riaccese. In Germania era nato un forte movimento per l'unità nazionale e la Prussia cercò con tutti i mezzi di escludere l'Austria da una ipotetica futura Germania unita e di attirare gli altri stati tedeschi sotto la sua influenza. Ora la Prussia era diventata molto più forte e soprattutto sotto il cancelliere Bismarck (vedi la foto sotto) agì con grande spregiudicatezza e sfacciataggine provocando - e vincendo - un'altra guerra contro l'Austria di Francesco Giuseppe che, oltre alle noie con la Prussia, aveva molti altri problemi spinosi da risolvere, soprattutto in Italia e nei Balcani e che, in realtà, non aveva nessuna voglia di sfidare continuamente il vicino prussiano, così bellicoso. Alla fine la Prussia riuscì a tirare dalla sua parte gli altri stati tedeschi per costituire, nel 1871, lo stato unitario "Germania", escludendo l'Austria.

Ma Bismarck, al contrario di Francesco Giuseppe, fu anche un abile diplomatico che, tra il 1871 e il 1890, costruì un sistema di alleanze europee che incluse l'Austria e che la fece diventare un alleato di ferro della Germania. Non proprio alleati a pari livello: la Germania, sotto la guida della Prussia, era uno stato giovane con un forte sviluppo industriale, che fece di tutto per inserirsi anche nella spartizione coloniale dell'Africa e dell'Asia. D'altro canto, l'Austria era uno stato vecchio e anche un po' stanco perché continuamente occupato a difendere - con risultati peraltro scarsi - la sua integrità territoriale contro i nazionalismi in Italia e nei Balcani. E in più di un'occasione il cancelliere Bismarck e gli imperatori tedeschi Guglielmo I e Guglielmo II fecero capire a Francesco Giuseppe chi, secondo loro, era il partner forte di quest'alleanza.

Una leggenda messa al mondo da alcuni storici dice gli stati europei siano stati "trascinati" in questa guerra, senza realmente volerla. Niente di più sbagliato di questo: le preparazioni a questa guerra, sia quelle materiali - una folle corsa agli armamenti - sia quelle psicologiche - il bombardamento di odio nazionalistico contro altri stati e popoli attraverso gran parte della stampa - andarono avanti per anni, in tutti i paesi che vi avrebbero partecipato. Anche in Austria.

Francesco Giuseppe invece era contrario alla guerra: dopo la rovinosa sconfitta inflitta all'Austria a Königgrätz, nel 1866, da parte della Prussia, l'imperatore aveva cercato di evitare le guerre dove poteva (non  sempre con successo). Ma nel 1914 il vero potere decisionale non era più dalla parte del monarca, tra l'altro ormai vecchio (aveva 84 anni) e un po' stanco. I suoi ministri, i militari, gli industriali e gran parte della società civile volevano la guerra e si aspettava solo il momento e il pretesto giusto per poterla scatenare.

Il momento giusto arrivò con l'uccisione dell'arciduca Francesco Ferdinando, l'erede al trono degli Asburgo, da parte di un attentatore serbo. Il governo austriaco mandò un ultimatum alla Serbia che questa accettò, con un'unica piccola eccezione. Bastò per fornire il pretesto per la dichiarazione di guerra alla Serbia che, per il fitto sistema di alleanze in Europa, coinvolse presto quasi l'intero continente.

La guerra andò malissimo per l'Austria, fin dall'inizio, e l'entusiasmo per la guerra di gran parte della popolazione svanì molto presto. Dopo due anni, Francesco Giuseppe disse al suo aiutante di campo: " Le cose ci vanno male, molto peggio di quanto pensiamo. ... La prossima primavera la farò senz'altro finita con la guerra". Ma non ci arrivò. Il 21 novembre 1916 morì per una debolezza cardiaca in seguito a una polmonite.

Da gran parte della popolazione la morte di Francesco Giuseppe fu percepita come primo atto della fine della monarchia e dell'impero austro-ungarico che arrivò definitivamente due anni dopo. Come nessun altro imperatore Francesco Giuseppe aveva impersonificato la monarchia asburgica, nel bene e nel male.

Elisabetta Amalia Eugenia nacque il 24 dicembre 1837 a Monaco di Baviera, quarta dei dieci figli del duca Massimiliano Giuseppe in Baviera e di Ludovica di Baviera, figlia del Grande Elettore Massimiliano di Wittelsbach, divenuto poi re come Massimiliano I Giuseppe di Baviera. Entrambi i genitori appartenevano alla famiglia Wittelsbach, il padre, però, discendeva da un ramo collaterale dei duchi "in Baviera", mentre la madre apparteneva al ramo principale della famiglia reale.

Quello dei genitori non fu un matrimonio felice. Il duca Massimiliano, infatti, non particolarmente interessato alla vita familiare, trascurò la moglie ed ebbe numerose amanti e figli illegittimi. La duchessa Ludovica fu la più "sfortunata" fra le sue sorelle, che avevano sposato principi di case reali: fu l'unica che venne fatta maritare a un partito più modesto. Non partecipava alla vita di corte bavarese, ma preferiva rimanere in disparte e occuparsi personalmente dell'educazione dei figli, cosa piuttosto singolare per quei tempi.

Elisabetta, tuttavia, trascorse la sua infanzia serenamente a Monaco nel palazzo di famiglia, mentre i mesi estivi erano trascorsi nel castello di Possenhofen, una residenza a cui la giovane duchessa, amante della natura, era molto legata. Di animo sensibile, cresciuta con molta semplicità in modo che non sviluppasse un carattere orgogliosamente aristocratico, sin da piccola fu abituata a trascurare i formalismi e a occuparsi dei poveri e degli infermi.

A quattordici anni Elisabetta si innamorò per la prima volta di un certo conte Richard S., scudiero stipendiato del duca Massimiliano, ma dato che il ragazzo non era un buon partito, venne allontanato dal palazzo e inviato altrove con un altro incarico. Quando tornò a Monaco, non molto tempo dopo, era malato e in breve tempo morì. Elisabetta ne fu sconvolta e si chiuse in se stessa, consolandosi scrivendo poesie per il suo amore sfortunato.

Nell'inverno 1853 erano in corso alcune trattative fra la duchessa Ludovica e sua sorella, l'arciduchessa Sofia, per far sposare la figlia della prima, Elena, col figlio della seconda, l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria. La scelta dell'arciduchessa Sofia cadde su Elena, dopo due falliti progetti con principesse prussiane e sassoni, dal momento che desiderava insediare accanto al figlio una tedesca, rafforzando il ruolo dell'Austria nell'area germanica. Benché Elena non fosse membro di una famiglia reale, rappresentava comunque un legame con la Baviera, una delle regioni tedesche più fedeli all'Austria.

Ludovica e Sofia decisero di far incontrare i figli a Ischl, residenza estiva dell'imperatore, durante la festa di compleanno di quest'ultimo e annunciare pubblicamente il loro fidanzamento. Ludovica decise di portare con sé anche Elisabetta, nella speranza di strapparla alla malinconia nella quale era sprofondata e con l'intenzione di vagliare un suo possibile fidanzamento con Carlo Ludovico, fratello minore di Francesco Giuseppe.

La duchessa Ludovica e le figlie arrivarono a Ischl il 16 agosto 1853. Nel pomeriggio ci fu un primo incontro con Sofia, Francesco Giuseppe ed Elisabetta di Prussia, un'altra sorella di Ludovica. Fin da quel primo e formale incontro, fu evidente ai presenti che Francesco Giuseppe si era infatuato non di Elena, ma della più giovane e acerba sorella Elisabetta. L'arciduchessa Sofia scrisse in merito a sua sorella, Maria di Baviera: «Era raggiante, e tu sai come il suo volto si illumina quando è contento di qualcosa. La cara piccina non aveva la minima idea dell'impressione da lei destata in Franzi. Fino all'istante in cui la madre le parlò apertamente, Sissi era solo intimidita e intimorita dalla gente che stava intorno».

Il giorno dopo Francesco Giuseppe disse alla madre che la sua scelta era caduta su Elisabetta, nonostante l'arciduchessa Sofia preferisse Elena. Nel ricevimento dato quella sera, l'imperatore ballò il cotillon con Elisabetta, un chiaro segno per tutti, ma non per la futura sposa. Anche durante la cena del 18 agosto, compleanno di Francesco Giuseppe, Elisabetta fu fatta sedere accanto a lui. Il giorno seguente Ludovica, per conto dell'imperatore, chiese a Elisabetta se era condiscendente alle nozze e ottenuto il consenso, lo comunicò per iscritto alla sorella Sofia. Da quel momento fino al 31 agosto, la coppia di fidanzati trascorse molto tempo insieme e si mostrò pubblicamente.

Intanto iniziarono le trattative con la Santa Sede per ottenere la necessaria dispensa papale, poiché gli sposi erano primi cugini. Questa stretta parentela, come di consueto per quel tempo, non fu tenuta di conto, nonostante diversi membri della famiglia Wittelsbach avessero già mostrato le tare ereditarie della loro dinastia.

Dal fidanzamento fino alle nozze Elisabetta fu sottoposta a un corso di studio intensivo, nella speranza di colmare le numerose lacune della sua scarsa educazione. Dovette imparare al più presto il francese, l'italiano e soprattutto la storia dell'Austria. Nello stesso periodo fu allestito rapidamente il corredo della sposa, pagato quasi del tutto dall'imperatore e non dal padre della sposa, come avrebbe dovuto essere. Nel marzo 1854 fu ufficialmente firmato il contratto nuziale e la dote fu fissata in 50.000 fiorini pagati dal duca Massimiliano e 100.000 fiorini pagati dall'imperatore.

Il 20 aprile 1854 Elisabetta lasciò la sua casa paterna di Monaco. Il viaggio durò tre giorni e il 23 aprile la futura imperatrice fece il suo ingresso ufficiale a Vienna, dove ricevette una calorosa accoglienza. Le nozze furono celebrate con grande sfarzo la sera del 24 aprile nella Chiesa degli Agostiniani. Dopo i numerosi festeggiamenti, la coppia fu condotta nella camera da letto soltanto dalle rispettive madri, contrariamente alle usanze del tempo che prevedevano la presenza di numerose persone. Le nozze furono consumate la terza notte.

Fin dal suo primo ingresso a corte, Elisabetta dovette accorgersi delle difficoltà che l'attendevano. Nata e cresciuta in una famiglia di costumi semplici sebbene nobile, si trovò al centro della rigida corte di Vienna, ancora legata a un severo "cerimoniale spagnolo", cui inizialmente la giovane imperatrice dovette sottostare. Privata dei suoi affetti e delle sue abitudini, Elisabetta cadde presto malata, accusando per molti mesi una tosse continua e stati di ansia, dovuti a turbamenti di origine psichica.

L'arciduchessa Sofia si prese l'onere di trasformare la nuora in una perfetta imperatrice, ma nell'agire in tal senso e restando fermamente attaccata all'etichetta, finì per inimicarsi Elisabetta e ad apparire ai suoi occhi una donna malvagia. Solo successivamente Elisabetta si rese conto che la suocera aveva agito sempre a fin di bene, ma in maniera imperiosa e imponendo sacrifici. A differenza di Sofia, che era rispettata da tutta la corte, Elisabetta veniva criticata per la sua scarsa educazione e per la sua inesistente attitudine alla vita di società.

Non molto tempo dopo le nozze, Elisabetta rimase incinta e il 5 marzo 1855 partorì la sua prima figlia, chiamata Sofia come la nonna. L'arciduchessa Sofia si occupò personalmente della bimba, alla quale fu legatissima. Le stanze della bambina furono allestite accanto alle sue e fu lei a scegliere l'Aia (educatrice) e la bambinaia. Già poco più di un anno dopo, il 12 luglio 1856, Elisabetta partorì un'altra bambina, Gisella, parimenti allevata dalla nonna. In seguito Elisabetta espresse il proprio rammarico per non essersi potuta occupare dei figli. Nel settembre di quell'anno Elisabetta iniziò a far valere i suoi diritti di madre e durante un viaggio in Stiria e in Carinzia si riavvicinò molto al marito, solitamente compiacente con l'arciduchessa Sofia. L'imperatrice capì che i viaggi di Stato erano un'occasione preziosa per stare da sola col marito e far valere la sua posizione di sposa e madre.

Elisabetta riuscì a ottenere che la figlia Sofia accompagnasse lei e il marito durante il loro viaggio in Italia nell'inverno tra il 1856 e il 1857. Per la prima volta, l'imperatrice, sempre acclamata da folle festanti austriache, si rese conto che l'impero non aveva il consenso di tutte le sue popolazioni. Il regime militaristico austriaco aveva portato come conseguenza il disprezzo e l'odio degli italiani nei confronti degli Asburgo. Elisabetta, solitamente pronta ad assentarsi dagli impegni ufficiali a Vienna, rimase tuttavia accanto al marito in difficoltà per l'intero programma di viaggio nel Lombardo-Veneto. A Venezia Elisabetta, Francesco Giuseppe e la piccola Sofia attraversarono Piazza San Marco acclamati soltanto dai soldati austriaci, mentre la folla di italiani rimase in silenzio. Il console inglese lì presente riferì a Londra: «Il popolo era animato da un unico sentimento, dalla curiosità di vedere l'imperatrice la cui fama di donna meravigliosamente bella è arrivata anche qui».

Poche settimane dopo il rientro dall'Italia, si prospettava un altro viaggio di Stato in un'altra inquieta provincia, l'Ungheria. Tra i magiari era già risaputo che la giovane imperatrice nutriva un profondo interesse per la loro cultura, grazie alle lezioni datele dal conte Mailáth, e speravano che influenzasse positivamente il marito. Anche stavolta Elisabetta si scontrò con la suocera, riuscendo a ottenere la presenza delle sue bambine per il viaggio. Come nel Lombardo-Veneto, anche in Ungheria la coppia imperiale fu accolta con freddezza, sebbene la bellezza dell'imperatrice avesse avuto il suo solito successo. Durante il viaggio nelle province ungheresi, la piccola Sofia si ammalò. La diciannovenne imperatrice vegliò per undici ore sulla figlia, che spirò il 19 maggio 1857. Quando tornarono a Vienna, Elisabetta si chiuse in sé stessa e nella propria solitudine, rifiutando di mangiare e di apparire in pubblico. L'imperatrice, che aveva insistito per ottenere la presenza delle bambine durante il viaggio, rinunciò al suo ruolo di madre, ritenendosi colpevole della morte della figlia, e affidò Gisella all'educazione della nonna.

Nel dicembre del 1857 Elisabetta manifestò i sintomi di una nuova gravidanza. Il 21 agosto 1858 nacque l'arciduca Rodolfo, principe ereditario dell'Impero d'Austria. Il parto risultò piuttosto difficoltoso: Elisabetta si ammalò e la febbre le tornava a distanza di brevi periodi; dal momento che tra l'autunno e l'inverno le sue condizioni di salute non erano ancora migliorate, furono convocati la duchessa Ludovica e il medico di famiglia dei Wittelsbach. La diagnosi di quest'ultimo rimane sconosciuta e nei diari dell'arciduchessa Sofia ci sono solo accenni a dei sintomi: febbre, debolezza, mancanza di appetito. Elisabetta sembrava migliorare soltanto quando stava con qualcuno della sua famiglia bavarese e nel gennaio 1859 poté godere della compagnia di una delle sue sorelle minori, Maria Sofia. La giovane aveva già sposato per procura il principe ereditario di Napoli, il futuro Francesco II delle Due Sicilie. Elisabetta, nonostante la salute cagionevole, accompagnò Maria Sofia sino a Trieste, dove si sarebbe imbarcata alla volta del Regno delle Due Sicilie.

Il 1859 fu un anno particolarmente difficile per l'Austria. Napoleone III e Cavour, già accordatisi segretamente a Plombières, riuscirono a far dichiarare guerra al Regno del Piemonte da parte dell'Austria. Nel giro di pochi giorni le ultime monarchie asburgiche autonome italiane caddero e a Vienna confluirono i deposti Leopoldo II di Toscana e Francesco V di Modena, con tutti i loro familiari. Le truppe austriache subirono una grave sconfitta nella battaglia di Magenta (4 giugno 1859), a seguito della quale Francesco Giuseppe decise di lasciare Vienna e di comandare personalmente l'esercito. Elisabetta accompagnò il marito sino a Mürzzuschlag e al momento del commiato si appellò al conte Grünne, generale austriaco: «Lei manterrà certamente ciò che ha promesso e starà molto attento all'imperatore; la mia unica consolazione in questi tempi terribili è che lei lo farà sempre e in ogni circostanza. Se non ne fossi convinta, morirei per l'angoscia».

Elisabetta cadde in un profondo stato di disperazione, piangendo in continuazione, al punto da chiedere all'imperatore di poterlo raggiungere in Italia, ottenendo però un rifiuto. L'imperatrice allora si dedicò a drastiche cure dimagranti e a sfiancanti cavalcate; disertò tutti gli impegni sociali organizzati dall'arciduchessa Sofia, attirandosi le critiche della corte. Francesco Giuseppe le scrisse chiedendole di mostrarsi a Vienna e di visitare gli istituti, per sollevare il morale della popolazione e ottenere l'appoggio dell'opinione pubblica. Il 24 giugno ci fu la decisiva Battaglia di Solferino, che risultò vincente per i franco-piemontesi. Le conseguenze della disfatta ricaddero sull'imperatore Francesco Giuseppe, che mai era stato mal visto dal popolo come in quei mesi: la critica si spinse al punto da chiedere l'abdicazione del sovrano in favore di suo fratello Massimiliano. Intanto un gran numero di feriti fu portato in Austria e l'imperatrice stessa organizzò un ospedale militare nel castello di Laxenburg, poiché i normali ospedali non avevano posti a sufficienza. La guerra fu ufficialmente conclusa con l'armistizio di Villafranca, che costringeva l'Austria a rinunciare alla Lombardia, una delle più ricche province dell'impero.

Parimenti alla crisi politica del 1859-60, si sviluppò anche una crisi privata della coppia imperiale, dovuta ai soliti contrasti con l'arciduchessa Sofia e al dilagare, per la prima volta in sei anni di matrimonio, di notizie riguardanti le infedeltà di Francesco Giuseppe, che rappresentava per lei l'unico legame con una corte che non amava e tale vincolo sembrava allora vacillare. Elisabetta, memore dell'infelicità della madre, temeva forse di subire lo stesso destino di donna tradita e messa da parte. L'imperatrice reagì allora con un atteggiamento di sfida, insultando la corte: organizzò, infatti, numerosi balli a cui erano invitati i rampolli dell'alta società viennese, ma non i loro genitori (una cosa contraria all'usanza e all'etichetta).

In aggiunta alla delicata situazione, nel maggio 1860 giunse anche la notizia dell'imminente crollo del Regno delle Due Sicilie, assediato dai garibaldini. Sebbene Francesco Giuseppe e l'arciduchessa Sofia fossero favorevoli ad aiutare i Borbone, le condizioni economiche dell'Austria non lo permettevano; la preoccupazione per l'amata sorella Maria Sofia ebbe su Elisabetta un'influenza negativa, inficiando anche i suoi rapporti col marito. A luglio Elisabetta prese con sé Gisella, lasciò improvvisamente la corte di Vienna e si diresse a Possenhofen. Tuttavia, per evitare uno scandalo, dovette tornare a Vienna per il compleanno del marito, il 18 agosto.

Nell'ottobre del 1860 la salute dell'imperatrice subì un tracollo, dovuto a numerose crisi nervose e cure dimagranti. Il dottor Skoda, specialista in malattie polmonari, consigliò una cura presso un paese dal clima caldo: a suo parere la sovrana non sarebbe riuscita a superare l'inverno a Vienna. Fu consigliata Madeira, forse su desiderio della stessa Elisabetta: l'arcipelago portoghese, infatti, non era un luogo rinomato per la cura di malattie polmonari, come lo era ad esempio Merano. Molto probabilmente l'imperatrice scelse un luogo così lontano per evitare troppi contatti con Vienna e l'imperatore. Sebbene la diagnosi ufficiale di Skoda fosse quella di una gravissima malattia polmonare, esistono ancora molti dubbi sulla vera natura del male di Elisabetta. Sanissima in gioventù, cominciò a star male a contatto con l'ambiente della corte imperiale e per sopperire alle sue numerose crisi di nervi, si sottoponeva a diete drastiche e intensi esercizi di ginnastica. Nei diari dell'arciduchessa Sofia non ci sono indizi sulla malattia misteriosa della nuora, così come nelle lettere della duchessa Ludovica. La corte viennese si indignò per la partenza della sovrana tanto quanto nel resto del mondo ci fu una generale preoccupazione per l'imperatrice "in fin di vita" (la regina Vittoria mise a disposizione per Elisabetta il suo panfilo privato Victoria and Albert). Con tutta probabilità i disturbi fisici di Elisabetta erano dovuti a un disturbo psichico: la storica Brigitte Hamann ipotizza che l'imperatrice d'Austria soffrisse di una forma di anoressia nervosa, la quale comporta irrequietezza, rifiuto del cibo e del sesso. Ciò potrebbe anche spiegare il fatto che Elisabetta sembrava riprendersi subito non appena si allontanava da Vienna e dall'imperatore. In quegli anni ebbe una lunga amicizia con il cugino Ludwig II di Baviera, che quando salì al trono convinse a fidanzarsi con la sorella minore Sofia.

L'ultima figlia, Maria Valeria, la prediletta da Elisabetta, nacque nel 1868. Fu volutamente fatta nascere a Budapest, un omaggio della regina d'Ungheria ai suoi sudditi favoriti. Inoltre, Elisabetta si occupò personalmente della sua educazione, cosa che non aveva fatto con gli altri tre figli.

A Mayerling, nel 1889, il figlio Rodolfo, l'erede al trono (Kronprinz), morì forse suicida insieme all'amante, la baronessa Maria Vetsera. Appassionata della cultura greca, fece costruire a Corfù l'Achilleion, palazzo residenziale (poi diventato un museo) eretto in stile neoclassico sul tema dell'eroe mitologico Achille.

Nel settembre 1898, l'imperatrice si recò in incognito a Ginevra prendendo alloggio all'Hotel Beau-Rivage, sul lungolago ginevrino, dove già aveva soggiornato l'anno precedente.

Il 10 settembre 1898 l'Imperatrice, sempre vestita di nero dopo il suicidio del figlio Rodolfo, celava il viso dietro una veletta - o un ombrellino - ed era difficile da riconoscere. Doveva prendere il battello per Montreux alle ore 13:35 di quel giorno accompagnata dalla contessa Irma Sztáray, quando l'anarchico italiano Luigi Lucheni, informato sull'indirizzo dell'Imperatrice e sulle sue sembianze da Giuseppe della Clara, si appostò sul quai du Mont-Blanc, dietro un ippocastano, armato della sua lima nascosta in un mazzo di fiori; al passaggio dell'imperatrice la pugnalò al petto, con un unico colpo preciso, tentando poi di fuggire. Fu arrestato da quattro passanti, non lontano dal luogo dell'attentato. Al commissario che lo interrogava chiedendogli il motivo del suo gesto, pare abbia risposto: «Perché sono anarchico. Perché sono povero. Perché amo gli operai e voglio la morte dei ricchi».

L'imperatrice che correva verso il battello (la sirena della partenza aveva già suonato) si accasciò per effetto dell'urto, ma si rialzò e riprese la corsa, non sentendo apparentemente nessun dolore. Fu solo arrivata sul battello che impallidì e svenne nelle braccia della contessa Stáray. Il battello fece retromarcia e l'Imperatrice fu riportata nella sua camera d'albergo; spirò un'ora dopo, senza aver ripreso conoscenza. L'autopsia effettuata dal dottor Mégevand, mostrò che la lima aveva trafitto il ventricolo sinistro, e che Elisabetta era morta d'emorragia interna.

La sua tomba si trova a Vienna, nella Cripta Imperiale accanto al marito e al figlio.

Nel 1998 è stato pubblicato il diario poetico dell'Imperatrice, dal quale è emerso che Elisabetta non amasse affatto la sua condizione aristocratica né condividesse la politica degli Asburgo, tanto da augurarsi di morire "improvvisamente, rapidamente e se possibile all'estero"; in un certo senso dunque si può dire che il suo intimo desiderio di abbandonare la vita sia stato esaudito.

D'altro canto, dai suoi scritti emerge chiaramente la non condivisione delle condizioni sociali in cui versava la popolazione austriaca e ungherese, tanto da considerare i giovani a lei contemporanei come "oppressi dall'ordine stabilito"; a disagio e rattristata per la disparità socio-economica fra lei e la gente comune, detestando le ricchezze e i viaggi di piacere per l'Europa, Elisabetta arriva anche a maledire, nelle sue poesie, la dinastia asburgica.

Nella biografia dedicata all'Imperatrice, Brigitte Hamann descrive Elisabetta come una forte anti-clericale, libertaria e pre-comunista, insofferente alla vita di corte e all'etichetta di corte, tanto da desiderare che Francesco Giuseppe abdicasse e andasse a vivere con lei sulle rive del Lemano.

Il culto della bellezza - Ossessionata dal culto della propria bellezza, Elisabetta concentrava tutte le proprie energie nel tentativo di conservarsi giovane, bella e magra. Negli anni settanta e ottanta gli impegni di corte non trovavano spazio nella giornata dell'Imperatrice.

Secondo le cronache, Elisabetta era alta 1 metro e 72 e pesava 50 kg, aveva capelli castani folti e lunghissimi, che sciolti le arrivavano alle caviglie. Quasi tre ore occorrevano quotidianamente per vestirsi, poiché gli abiti le venivano quasi sempre cuciti addosso per far risaltare al massimo la snellezza del corpo. La sola allacciatura del busto, utile a ottenere il suo famoso vitino da vespa, richiedeva spesso un'ora di sforzi. Il lavaggio dei capelli era eseguito ogni tre settimane con una mistura di cognac e uova e richiedeva un'intera giornata, durante la quale l'Imperatrice non tollerava di essere disturbata. Altre tre ore erano dedicate ai capelli, che venivano intrecciati da Fanny Angerer, ex parrucchiera del Burgtheater di Vienna. Una delle sue creazioni più famose fu l'acconciatura a "corona", con grandi trecce raccolte sopra la nuca, divenuta il simbolo di riconoscimento dell'imperatrice, che fu imitata da molte donne aristocratiche del tempo.

Elisabetta era impegnata per il resto della giornata con la scherma, l'equitazione e la ginnastica (a tal scopo, aveva fatto allestire in tutti i palazzi in cui soggiornava delle palestre attrezzate con pesi, sbarra e anelli, e per un certo periodo aveva mantenuto una scuderia di prima grandezza). Costringeva inoltre la propria dama di corte a seguirla durante interminabili e forsennate passeggiate quotidiane.

Per preservare la giovinezza della pelle, Elisabetta faceva uso di maschere notturne (a base di carne di vitello cruda o di fragole) e ricorreva a bagni caldi nell'olio d'oliva. Per conservare la snellezza, oltre a rispettare il rigoroso regime alimentare, dormiva con i fianchi avvolti in panni bagnati e beveva misture di albume d'uovo e sale. Mascherava la propria anoressia con l'ossessione per un'alimentazione sana.

Chiesa di San Michele (Michaelerkirche)

L'imponente Hofburg fa da sfondo alla piccola e raccolta Michaelerplatz. Vienna è ricca di questi contrasti, in cui le più maestose espressioni dello stile imperiale si affiancano sovente alle più timide manifestazioni di uno stile borghese e cittadino. 

Su questa piazza discreta, dunque, sorge la Chiesa di San Michele (Michaelerkirche), il più antico edificio sulla Michaelerplatz. Costruita nel XII secolo in stile tardo romanico, fu  rimaneggiata tra il XIV e il XV secolo in stile gotico. Essa sorge dove un tempo c'era una chiesa parrocchiale della corte e dei barnabiti ed  è stata la cappella della famiglia imperiale Asburgica.

La facciata settecentesca è preceduta da un piccolo portico con il gruppo di San Michele eseguito nel 1725 da Lorenzo Mattielli.

L'interno, nonostante mantenga l'originaria struttura gotica nelle tre navate che poggiano su pilastri polistili e nelle alte volte a spessi costoloni, è stato audacemente trasformato da interventi successivi, specie nel coro dove la decorazione plastica giunge a trasfigurare le stesse strutture architettoniche della chiesa. Le trasformazioni del coro risalgono alla seconda metà del XVIII secolo, quando M. Unterberger realizzò il gruppo con la Caduta degli angeli ribelli, in un rutilante groviglio di nuvole e corpi in stucco e alabastro.

L'altare maggiore, che può essere considerato l'ultima opera del barocco viennese, fu costruito nel 1781 da J. B. d'Avrange che utilizzò, per la decorazione, evangelisti ed angeli reggicandelabro scolpiti da J. M. Fischer. 

Sul fianco destro della chiesa, cui si accede tramite un passaggio coperto nell'antica casa detta Michaelerdurchhaus, si trova un grande calvario a rilievo policromo del periodo tardo-gotico, donato alla chiesa nel 1494 dal notaio e cancelliere Hans Hueber. La raffigurazione mostra, in primo piano, Cristo in preghiera nell'Orto degli Ulivi e sullo sfondo altre scene della Passione che culminano con la Crocifissione. Composizione suggestiva e drammatica, richiama alla mente i grandi Calvari tedeschi del Dùrer e in generale della pittura germanica del XV secolo.

La chiesa ospita un museo in cui sono custodite molte collezioni di dipinti religiosi, ritratti, statue e oreficeria religiosa. L'organo barocco, minuziosamente scolpito risalente al 1714 ed opera di Johann David Sieber, è il più grande d'Austria.

Oggi la chiesa viene visitata soprattutto per le sue catacombe nelle quali, date le particolari condizioni climatiche, i cadaveri non vanno in putrefazione. Tra il 1631 e il 1784, circa 4000 persone furono sepolte in queste catacombe ed ancora oggi si possono vedere moltissime bare dipinte e cadaveri mummificati con finanziera barocca e parrucca. Le spoglie del defunto più celebre, custodite nella cripta, sono quelle di Pietro Metastasio, autore dei libretti per le opere di Mozart.

Molto interessanti sono anche gli scavi che si trovano nella piazza davanti alla chiesa, dove fra il 1990 e il 1991 furono portati alla luce i resti di una colonia romana.

Nella chiesa di Michaelerkirche ebbe svolgimento la prima mondiale del "Requiem", l'ultima opera di Mozart, subito dopo la morte del compositore.

Stallburg

Proprio di fronte alla celebre Scuola Spagnola di Equitazione, nella Reitschulgasse, si trova la Scuderia imperiale (Stallburg), uno dei più significativi esempi di architettura rinascimentale a Vienna. L'edificio, voluto da Leopoldo VI per il successore al trono e futuro imperatore Massimiliano II, sorse tra il 1558 ed il 1565, nel luogo dell'antica Babenbergerplatz. Originariamente separato dal resto della reggia, presenta una pianta pressoché quadrata, con le facciate esterne di classico sapore rinascimentale, sobrie e prive di decorazioni.

La corte interna invece riserva una piacevole sorpresa: tre ordini di magnifici loggiati con archi a tutta luce, molto vicini ai migliori esempi architettonici del Quattrocento italiano. Dopo la sua incoronazione, Massimiliano II si trasferì nella Hofburg; la sua ex residenza venne adibita a scuderia di corte e tale rimase fino al 1725 quando a tal fine venne adibito il nuovo edificio sulla Museumsplatz, che la ospitò per alcuni anni.

Nella Stallburg rimasero solo i migliori cavalli usati nella Scuola Spagnola di Equitazione. Oggi nella Stallburg si può ammirare il Museo dei Cavalli Lipizzani.

Quanto gli Asburgo amassero i cavalli è cosa ormai risaputa: quando il sovrano inglese Edoardo VII si recò da Francesco Giuseppe I nel 1909, orgoglioso della propria automobile, l'imperatore austriaco non si lasciò affatto convincere dal nuovo mezzo di locomozione e continuò a preferire il proprio cavallo Florian. Già nel 1580 l'arciduca Carlo di Stiria aveva avuto l'idea di fondare una scuderia di corte, con sede a Lipizza, un villaggio della regione carsica, che impiegasse cavalli nati dall'incrocio fra stalloni arabi e berberi con cavalle andaluse.

Con la prima guerra mondiale e il crollo della monarchia austro-ungarica, Lipizza venne ceduta all'Italia e la scuderia trasferita a Piber, vicino a Graz. Qui fu continuato, e continua ancor oggi, l'allevamento dei cavalli detti "lipizzani" di colore prevalentemente bianco, dalle ossa pesanti, dai tendini d'acciaio e dal temperamento vivace. 

L'idea di una scuola di equitazione a Vienna risale al 1572, quando per questo scopo fu costruito un edificio in legno, chiamato "Spanische Reitschule", cioè Scuola Spagnola di Equitazione, perché a quell'epoca vi erano impiegati solo cavalli di discendenza spagnola, così come oggi vi sono impiegati solo quelli di discendenza lipizzana. Un ordine imperiale del 1681 decretò la costruzione di un maneggio stabile e così, nel cuore di Vienna, la Hofburg, fu iniziato nel 1729 il Maneggio d'inverno (Winterreitschule), che fu completato il 14 settembre 1735.

Il progetto dell'edificio si deve a Joseph Emanuel Fischer von Erlach: egli ideò un'ampia sala bianca piena di luce, con due gallerie divise da quarantasei colonne corinzie e con la volta decorata a stucco. La sala fu concepita come ambiente polivalente ed infatti vi si tennero tornei, celebrazioni, feste e banchetti. Si possono ricordare il banchetto in occasione del matrimonio per procura fra Napoleone e Maria Luisa ed i balli dati durante il Congresso di Vienna. 

Alla parete opposta all'ingresso, campeggia un grande ritratto di Carlo VI a cavallo di uno stallone lipizzano. In questo ambiente suggestivo, i cavalli sono veramente gli unici protagonisti: al suono della musica, i lipizzani eseguono difficilissimi e sorprendenti esercizi, quali la "poggiata" e la "capriola", guidati e montati dai loro altrettanto sorprendenti cavalieri.  

Josefsplatz

Nel corso dei secoli l'area di questa piazza è stata variamente occupata: prima dal cimitero degli Agostiniani, poi da una scuola di equitazione, quindi da un parco voluto da Ferdinando I. L'imperatore Carlo VI, nell'ambito del programma di completamento della Hofburg, vi fece costruire la Biblioteca di Corte e il luogo prese il nome di Bibliotheksplatz. 

Giuseppe II,  ordinando la demolizione di un muro che correva lungo la via, la aprì al pubblico. Nel 1807, con l'erezione della sua statua equestre - opera di Franz Anton Zauner - la piazza prese il nome attuale. Bella ed omogenea, la Josefsplatz è cinta da edifici settecenteschi. Il più importante è l'antica Biblioteca di Corte, oggi Biblioteca Nazionale,  progettata dall'onnipresente Johann Bernhard Fischer von Erlach e compiuta dal figlio Joseph Emanuel fra il 1723 e il 1735. Il gruppo statuario del coronamento è opera di L. Mattielli. 

All'interno, particolarmente suggestiva, la grandiosa Prunksaal che occupa, su due piani, tutta la lunghezza del palazzo. L'ambiente, articolato su una rotonda centrale da cui si dipartono due lunghi bracci, è riccamente decorato con allegorie che celebrano la gloria della casa Asburgo. Al centro della rotonda, sotto la cupola affrescata da Daniel Gran con l'Apoteosi di Carlo VI, si trova una statua dello stesso imperatore in vesti romane; altre sedici statue di imperatori, opera di Paul e Peter Strudel sono visibili sotto gli intercolumni che scandiscono l'ambiente. La raccolta della Biblioteca di Corte, iniziata da Massimiliano I, conta un numero impressionante di incunaboli, manoscritti, carte geografiche, partiture musicali, papiri e mappamondi.

Di fronte alla biblioteca, al n°5, si trova il bel Palazzo Pallavicini, costruito da Johann Ferdinand von Hohenberg nel 1783 su un'area occupata anticamente da altri ambienti conventuali degli Agostiniani. Il portale sorretto da cariatidi è opera di Franz A. Zauner. 

31 Maggio 2015

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