Centro storico di Vienna
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Belvedere, di nome e di fatto

Fra i più straordinari complessi barocchi d'Europa, il Belvedere di Vienna gode di un fascino che nasce non solo dalla grandiosità, ma soprattutto dall'armonia dell'insieme, con i due palazzi, l'Oberes (Superiore) e l'Unteres (Inferiore), che si fronteggiano a livelli diversi, uniti da un elegante giardino, formato da terrazze, parterres fioriti, cascate, bacini e sculture. Diventato nel 1903 un museo, ora sede della più importante collezione d'arte austriaca, il Belvedere, con i suoi fastosi interni, rimane indissolubilmente legato alla figura del primo proprietario, il Principe Eugenio di Savoia (1663-1736), che lo volle come residenza estiva. 

Definito "nobile cavaliere" in una popolare canzone dell'epoca, questo uomo d'armi, filosofo, amante dell'arte, nato a Parigi, figlio di un Savoia-Carignano e di Olimpia Mancini, nipote del Cardinale Mazarino (e, pare, amante di Luigi XIV), fu una figura di eccezionale rilievo anche per doti politiche e diplomatiche. Il Trionfo marmoreo di Balthasar Permoser (realizzato nel 1718-21), esposto al Belvedere Inferiore nella Goldenes Zimmer (Camera dorata) - i cui pannelli a grottesche di Jonas Drentwett erano in origine nel palazzo di città del principe -, lo ritrae con l'armatura e le insegne di cavaliere del Toson d'Oro, conferendogli una dimensione mitologica grazie agli attributi di Èrcole e al personaggio della Fama, che gli sta accanto. Sotto i suoi piedi, la figura di un vecchio Turco ne simboleggia le imprese militari.

Eugenio, che Napoleone Bonaparte collocava fra i sette più grandi condottieri della storia, respinto dall'esercito francese, offre i suoi servigi all'imperatore Leopoldo I d'Austria. Il momento non può essere più opportuno perché Vienna, nel 1683, stava subendo la minaccia dell'esercito ottomano: la vittoriosa battaglia di Kahlenberg è l'inizio della brillante carriera del giovane Savoia, che lo porta al vertice dell'esercito imperiale. 

Fra le tappe fondamentali della fulminea ascesa troviamo, nel 1697, il successo nella battaglia di Zenta ancora contro i Turchi, a cui segue la pace di Carlowitz (1699), che sancisce la fine dell'espansionismo ottomano. Comandante supremo, nel 1703, delle truppe austriache in Italia durante la guerra di Successione Spagnola, tre anni dopo Eugenio aiuta il cugino Vittorio Amedeo II di Savoia a sconfiggere i Francesi nella battaglia di Superga, assicurando agli Asburgo la Lombardia, di cui egli diviene primo governatore austriaco. 

Il principe partecipa ai negoziati per la Pace di Rastatt (1714), fra Luigi XIV e Carlo VI d'Asburgo, e diventa poi governatore dei Paesi Bassi austriaci, fra le cariche meglio remunerate della monarchia; due anni dopo consegue, a Petervaradino, la grande vittoria contro i Turchi, evocata nella decorazione della Marmorsaal nel Belvedere Inferiore; nel 1717 conquista Belgrado e, l'anno successivo, costringe Ottomani e Veneziani alla pace di Passarowitz. 

Ormai anziano, Eugenio di Savoia si occupa del riordinamento amministrativo e militare negli ex territori turchi, prima di morire a Vienna nel 1736, nella sua sontuosa residenza di città, sulla Hillelpfortgasse, oggi sede del Ministero delle Finanze. Voltaire, nel lodare il condottiero "che scosse la grandezza di Luigi XIV e della potenza ottomana", lo descriveva come sdegnoso "delle tentazioni sia del fasto sia della ricchezza", ma in realtà questo personaggio - detto anche l'"abatino", perché spesso indossava una semplice tunica scura (nei ritratti ufficiali compare, però, in sfarzosa uniforme) - amava circondarsi di oggetti d'arte e, vista la sua posizione, aveva bisogno di adeguate residenze in tutto l'impero.

Costruire e arredare palazzi era anche una sorta d'investimento e dava la possibilità di ricevere ospiti di alto rango. Così nel 1697 egli acquista un terreno a sudest della città, occupato da un ampio vigneto che, essendo su vari livelli, risultava ideale per un palazzo nobiliare "fuori porta". 

Dall'alto, si godeva una magnifica vista su Vienna e sul Wienerwald (Bosco Viennese), mentre a valle l'accesso avveniva dal Rennweg, sin dall'epoca dei Romani arteria principale verso l'Ungheria.

A progettare la residenza estiva, chiamata Belvedere solo nel 1752, quando l'imperatrice Maria Teresa l'acquistò dall'unica erede di Eugenio, la nipote Vittoria di Savoia, il principe vuole il giovane, ma già affermato Johann Lucas von Hildebrandt (1668-1745). I lavori di costruzione durano oltre 25 anni: l'architetto comincia dal terrazzamento del giardino e, nel 1714, si accinge alla costruzione del Belvedere Inferiore.

L’insieme generale del palazzo, molto lungo ma a un solo piano, è alleggerito da alte finestre incorniciate da colonne, che contribuiscono a dare slancio alla facciata. Un ingresso centrale, aggettante e su due piani, conferisce rigore alla struttura.

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Il tetto è diviso in tre parti, cosa che enfatizza la zona centrale mettendo in risalto la balaustra adorna di statue, che funge da elegante collegamento tra le diverse aree. La sobrietà dell’esterno, in forte contrasto con la magnificenza dell’interno, prelude allo stile del Belvedere Superiore.

I 500 metri di giardino che separano il Belvedere Inferiore da quello Alto aumentano questa sensazione. Il paesaggista francese Dominique Girard, l’architetto che realizzò le vaste aree verdi di Versailles, creò un parco barocco con specchi d’acqua, scalinate, cascate artificiali, sculture di putti e personaggi mitologici – figure molto amate dal principe, come si evince anche dai fregi e dalle decorazioni dei due edifici.  

Sfortunatamente solo parte di questo progetto è sopravvissuto sino ad oggi. Tuttavia, almeno la prospettiva, creata dalla salita attraverso il giardino in direzione del Belvedere Superiore, continua a esercitare tutto il suo fascino: la gradualità degli scalini e delle cascate sottolinea l’effetto ascensionale e, alla sommità dell’altura, il palazzo – che si specchia nella piscina di fronte – è il suggello di tanta magnificenza. Da qui, la vista sulla città è straordinaria.

Intanto il principe Eugenio aveva deciso di costruire sulla cresta della collina un altro palazzo, più adatto al cerimoniale di corte. I lavori del Belvedere Superiore iniziano nel 1721 e il nuovo edificio si rivela ben più grandioso del primo, sottraendogli il ruolo ufficiale di Residenza di Stato e di cornice per i ricevimenti. 

L'abilità di Hildebrandt di combinare armoniosamente spazio e proporzioni appare nella magnifica facciata dove, specularmente al Belvedere Inferiore, il padiglione centrale ha una struttura articolata ed è ornato di statue. Due altri padiglioni e due ali più basse lo collegano con le torri d'angolo ottagonali. Dal lato sud dove, in origine, era posto l'accesso, il palazzo si riflette nello stagno, secondo il modello di Versailles: nel grande specchio d'acqua del cortile d'onore le passeggiate in gondola creavano un'atmosfera magica ed esotica durante le sontuose feste del principe.  

L’interno è ricco di affreschi a soggetto mitologico. Carlo Carlone dipinse le pareti e il soffitto della Camera del Giardino, al piano terra, con scene della vicenda di Apollo ed Aurora. Il Gabinetto Dorato, nel padiglione a nord-ovest, risplende di bianco e oro ed è arricchito da una statua equestre del principe Eugenio, datata 1862 e opera di Antonio Dominik Fernkorn.

A proposito di ricevimenti, dopo la scomparsa di Eugenio di Savoia e la vendita dei palazzi agli Asburgo, il Belvedere sembra rivivere una nuova, grande stagione nel 1770, grazie alla festa in maschera con 16.000 invitati, data in occasione delle nozze per procura di Maria Antonietta con il delfino di Francia: il futuro Luigi XVI. 

Le sale del Belvedere Inferiore ospitano attualmente il Museo del Barocco Austriaco, dove sono raccolte significative opere del Seicento e del Settecento, che trovano il giusto risalto in un ambiente ad esse congeniale.

Di particolare rilievo la Sala dei Marmi (Marmorsaal), con il pesante rivestimento in marmo rosso scandito da stucchi e affreschi prospettici di Gaetano Fanti, e sul cui soffitto Martino Altomonte realizzò nel 1716 una delle tre Apoteosi del Principe Eugenio presenti nel Belvedere. Nell'affresco il condottiero, vittorioso dopo la battaglia di Petervaradino (1714), è rappresentato nelle vesti di Apollo che guida il carro del Sole. In questa sala sono stati sistemati gli originali in piombo delle statue che formavano la Providentia-Brunnen (Fontana della Provvidenza) in Neuer Markt, realizzate da Georg Raphael Donner nel 1737-1739. 

Altro ambiente di grande interesse è la Camera da letto del principe (attigua alla Marmorsaal), che ha conservato la tappezzeria originale, e dove possiamo ammirare altre due pregevoli opere in marmo del Donner: un rilievo che raffigura Agar nel deserto, il grande gruppo dell'Apoteosi dell'Imperatore Carlo VI, nonché i rilievi in bronzo con il Giudizio di Paride e Venere nella fucina di Vulcano.

Nella Sala delle Grottesche, così chiamata dai motivi della decorazione a fresco realizzata dal pittore Jonas Drentwett, sono conservate alcune delle famose Teste di carattere di Franz Xavier Messerschmidt (1736-1783). Lo scultore ha qui magistralmente realizzato esasperate indagini fisiognomiche ispirandosi agli studi e alle teorie dello svizzero Johann Kaspar Lavater, che mettevano in relazione il carattere dell'uomo con i tratti del suo volto. 

La contigua Galleria dei Marmi (Marmorgalerie), dove il rosso materiale è stato usato come tratto disegnativivo per racchiudere e separare le bianche zone degli stucchi e le masse delle statue, ospita altre due opere del Messerschmidt: le figure in piombo dell'imperatrice Maria Teresa e del consorte Francesco Stefano. 

Da ammirare infine il Salone degli specchi, o Salone dorato (per la preziosa boiserie che ne riveste le pareti, rimaneggiamento in stile rococò effettuato sotto Maria Teresa), dove è esposta un'altra Apoteosi del Principe Eugenio: quella realizzata in marmo da Balthasar Permoser fra il 1718 e il 1721, considerata da tutti come il culmine del barocco austriaco. In questa scultura l'autore si è raffigurato nel turco soggiogato dal principe. 

Anche il Belvedere Superiore fu sontuosamente decorato all'interno: Gaetano Fanti, Carlo Carlone, Martino Altomonte e Giacomo del Po ne affrescarono le pareti, mentre Santino Bussi realizzò ricercati stucchi purtroppo modificati nel XIX secolo. Bellissima è la cosiddetta Sala Terrena adornata da quattro potenti Atlanti che, come pilastri, sorreggono la volta. Questa soluzione architettonica, che Hildebrandt mutuò dallo scalone del palazzo di città del principe Eugenio, dove J. B. Fischer von Erlach aveva realizzato pilastri del tutto simili, risale alla fine del 1732, quando si rese necessario sostituire il debole soffitto a tavole di quercia che, marcito, minacciava di crollare. È una testimonianza indiretta della relativa fretta con cui lo Hildebrandt fu costretto a lavorare.

Altro ambiente di grande interesse è la grande Sala dei Marmi al primo piano - anch'essa denominata Marmorsaal - sul cui soffitto Carlo Carlone affrescò l'ennesima Apoteosi del Principe, il che ci conferma che il primo compito degli artisti del tempo era la glorificazione del committente, al di là di ogni ragionevole limite. 

In questa sala, il 15 maggio 1955, venne firmato l'"Ùsterreichische Staatsvertrag" (Trattato di Stato), che metteva fine alla ormai decennale occupazione dell'Austria da parte degli alleati russi, francesi, inglesi e americani. 

Per il giardino retrostante, su cui prospetta la facciata orientale, l'Hildebrandt studiò una soluzione particolare costruendo un'enorme vasca, in modo che la prospettiva del palazzo, da questo lato, risultasse più bassa e slanciata. Alla morte del principe Eugenio, il Belvedere fu ereditato da Vittoria di Savoia, che vendette la proprietà alla corte asburgica. Nel 1777 l'imperatore Giuseppe II vi fece collocare la quadreria imperiale, che confluirà nel 1890 nel Kunsthistorisches Museum. Vi abitò poi l'erede al trono, l'arciduca Francesco Ferdinando, che morirà assassinato a Sarajevo.

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Oggi le belle sale del Belvedere Superiore ospitano la Galleria Austriaca del XIX e XX secolo, che raccoglie esempi di arte austriaca dalle prime opere neoclassiche fino alle espressioni artistiche dei nostri giorni. L'esposizione documenta la pittura del periodo Biedermeier e della Secessione austriaca. 

L'epoca Biedermeier è ottimamente rappresentata da Ferdinand Georg Waldmuller (1793-1865), Jakob von Alt (1789-1872), Rudolf von Alt (1812-1905), Friedrich von Amerling (1803-1887), Friedrich Gauermann (1807-1862), Moritz Michael Daffinger (1790-1849). Si prosegue con un gruppo di opere che documentano la pittura "storica idealizzante", il cui massimo esponente, Hans Makart (1840-1884), interpreta perfettamente la tendenza al fastoso e al monumentale propria del ceto borghese in ascesa al tempo della Ringstrasse. 

Contemporaneo di Makart, ma completamente avulso dallo stile ufficiale, Anton Romako (1832-1889), evidenziando con particolare abilità i ritratti psicologici dei suoi personaggi, si fa precursore del rinnovamento che verrà introdotto dalla Secessione. Degli artisti di questo movimento la Galleria possiede una ricca raccolta in cui primeggiano le opere di Klimt (1862-1918). La sezione dedicata alla pittura contemporanea vanta opere di Egon Schiele (1890-1918), di Oskar Kokoschka (1886-1980) e di Herbert Boeckl (1894-1966). 

Il Bacio di Gustav Klimt è per il Belvedere quello che la Gioconda rappresenta per il Louvre. Klimt ha dato il via alla Secessione Viennese, un movimento artistico che ruppe con le rigide tradizioni artistiche avendo una vasta eco soprattutto nelle classi borghesi. Erano i primi anni del 1900 e Klimt dipinse opere destinate ad entrare nell'immaginario collettivo: Il Bacio è una di queste. L'abbandono dell'amante tra le braccia dell'uomo, il suo volto estasiato, il senso di protezione e tenerezza che trasmettono la figura e le mani dell'uomo, conferiscono al quadro un'atmosfera di grande dolcezza e sensualità. La bellezza di questo quadro sta nella forza ipnotica dei visi dei due amanti; né il prato fiorito con la sua vivace policromia, né le sontuose vesti degli amanti, riescono a catturare lo sguardo come i due visi. Il Bacio rappresenta una sorta di eccezione nella visione femminile di Klimt; la donna del Bacio è abbandonata, quasi succube, anche se con voluttà, dell'uomo. La donna di Klimt, invece, è quasi sempre Femme Fatale come in Giuditta I, esposto poco distante dal Bacio. Racchiusa in una cornice di rame realizzata dal fratello di Klimt, l'eroina biblica è da sempre il segno del potere seduttivo delle donne, in grado di vincere, con i sensi, anche la forza bruta di Oloferne. Il volto sensualissimo della Giuditta di Klimt è quelle di Adele Bloch-Bauer, esponente dell'alta società viennese. La testa di Oloferne è secondaria, appena visibile nell'angolo.

Anche nell'antica Orangerie del Belvedere è stato sistemato un museo, il Museo d'Arte Medioevale, che raccoglie opere di pittura e scultura soprattutto quattrocentesche. Si possono ammirare, tra l'altro, opere di Roland Frueauf il Vecchio, di Michael Pacher, del Maestro dell'altare di Albrecht e dell'altare della Creazione di Vienna.

31 Maggio 2015

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