Copre
quasi 600 km dell'intera frontiera danubiana dell'Impero romano. La
proprietà faceva parte della frontiera molto più ampia dell'Impero
romano che circondava il Mar Mediterraneo. Il Limes del Danubio
(segmento occidentale) riflette le specificità di questa parte della
frontiera romana attraverso la selezione di siti che rappresentano
elementi chiave, dalle strade, fortezze legionarie e i loro insediamenti
associati a piccoli forti e accampamenti temporanei, e il modo in cui
queste strutture si relazionano alla topografia locale.
Per limes
danubiano si intendeva il sistema di fortificazioni fluviali a
difesa di tutti i territori a sud del corso del Danubio, oltre al "saliente" dacico contenuto nell'arco
montuoso carpatico.
Tre
erano i principali settori del limes romano
danubiano:
-
quello dell'alto-medio corso fluviale che comprendeva sia settore
retico (creato dopo le campagne di Augusto in Vindelicia e Rezia
nel 15 a.C., sviluppato
ulteriormente con l'acquisizione degli Agri
Decumates ad
occidente a partire da Domiziano), sia quello norico (creato a partire
dalla dinastia giulio-claudia, tra il 15 a.C. ed i 50 d.C.) sia quello
pannonico (creato a partire dalle campagne di Tiberio degli anni 13-9 a.C.).
-
quello del basso corso fluviale ovvero il limes
moesicus (creato a
partire dalle campagne del 30-29 a.C., condotte da un generale di epoca augustea).
-
ed infine il "saliente" della Dacia
romana (sviluppato con la sua conquista, voluta da Traiano, fino al suo abbandono, avvenuto con Aureliano nel 271 circa).
Storia
del limes danubiano dell'Impero Romano
Il
settore danubiano risulta
essere più complesso da difendere, rispetto a quello renano, considerata anche la lunghezza dei due fiumi: il primo di 2.888 km,
il secondo di 1.326 km, pari a poco meno della metà. Non a caso da Domiziano-Traiano in poi, il settore renano fu ridotto da 8 a 4 legioni,
mentre quello danubiano fu aumentato da 6 a 12 (compresa la
provincia della Dacia).
EVOLUZIONE
DELL'ALTO E MEDIO LIMES DANUBIANO |
Prima
della
conquista romana
|
Rezia (Reti e Vindelici)
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Illiria (Illiri e Dalmati) |
Pannonia (Pannoni) |
dal 167/155
a.C.
|
Rezia (Reti e Vindelici)
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Illyricum
|
Pannonia
|
dal 15
a.C.
|
Retia
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Illyricum
|
Pannonia
|
dal 9
a.C.
|
Retia
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Illyricum
(ampliato)
|
dal 9
d.C.
|
Retia
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Illyricum
Superior
(distretto militare?)
|
Illyricum
Inferior
(distretto militare?)
|
dal 14/20
d.C.
|
Retia
|
Norico (Norici, Taurisci e Boi)
|
Dalmazia
|
Pannonia
|
dal 50
|
Retia
|
Norico
|
Dalmazia
|
Pannonia
|
dal 103
|
Retia
|
Norico
|
Dalmazia
|
Pannonia
superiore
|
Pannonia
inferiore
|
dal 293
|
Retia
|
Noricum
ripense
|
Noricum
mediterraneum
|
Dalmazia
|
Pannonia
superiore
|
Pannonia
Savia
|
Pannonia
Valeria
|
Pannonia
inferiore
|
dal 324-337 |
Raetia
prima |
Raetia
secunda |
Noricum
ripense |
Noricum
mediterraneum |
Dalmazia |
Pannonia
prima |
Pannonia
Savia |
Pannonia
Valeria |
Pannonia
secunda |
Sotto
Augusto (17 a.C.-14 d.C.) - Se
la repubblica romana ai tempi di Cesare si era fermata alle Alpi, alla costa illirica ed
alla Macedonia, a
partire dal secondo decennio del principato di Augusto, i Romani raggiunsero
ed occuparono stabilmente alcune aree lungo la riva destra del Danubio:
-
Nel 15 a.C. i figliastri dell'imperatore, Druso e Tiberio occuparono
stabilmente i territori di Reti e Vindelici, lungo l'alto
corso del fiume.
-
Nel 12-9 a.C., dopo una serie
di campagne convergenti su Sirmio, da Siscia (ad
occidente) e da Naissus (ad oriente), Tiberio occupava
l'intera valle della Sava, fino a lambire il Danubio in zona Singidunum (l'attuale Belgrado).
Pochi
anni più tardi, al termine della rivolta dalmato-pannonica del 6-9, i confini imperiali erano spinti fino
alla Drava, senza dimenticare che pochi anni prima:
-
nel 6 il futuro
imperatore Tiberio, si era spinto con un esercito di 4/5 legioni fino
oltre il Danubio, costruendo il primo campo a Carnuntum e
proseguendo fino a Mušov (nell'attuale Repubblica
Ceca) per prepararsi ad occupare la Boemia di Maroboduo,
re dei Marcomanni.
-
negli anni 3 a.C.–1 d.C. un certo Marco Vinicio (console 19 a.C.), come proconsole dell'Illirico, conduceva una campagna a nord della Drava, spingendosi fino alla zona di Aquincum e venendo a contatto con nuove popolazioni come i Cotini, gli Anartii, gli Osii e forse gli stessi Boii.
Le
fortezze legionarie, al termine della rivolta dalmato-pannonica del 6-9, furono posizionate:
-
lungo il fiume Drava, ora nuova linea di confine, a Siscia (la legio
IX Hispana), a Poetovio (la legio
XV Apollinaris),
ed a Sirmio (la legio
VIII Augusta);
mentre la zona compresa tra la Drava ed il Danubio,
costituiva una "cintura" di Stati clienti di Roma (tra
i quali figuravano i Cotini, gli Anartii, i Boi, gli Osii, ecc.),
a protezione dei confini imperiali.
-
nell'interno, in prossimità delle coste della Dalmazia, a Burnum (la legio
XI Claudia) ed a Tilurium nei
pressi di Salona (la legio
VII Claudia).
Da
Tiberio a Claudio (14-54) - L'occupazione
dell'intera area a sud del Danubio, dalla Rezia alla Pannonia, avveniva, però,
gradualmente durante i regni di Tiberio e Claudio, con la creazione di due nuove province: quella di Rezia e quella del Norico, in seguito all'annessione degli ultimi territori compresi tra le Alpi ed il Danubio.
È
possibile che il figlio dell'imperatore Tiberio, Druso
minore, abbia provveduto nel corso degli anni 14-18 a creare una prima serie di avamposti sul Danubio lungo il tratto pannonico (a Carnuntum, Brigetio e Aquincum);
e lungo la cosiddetta "Via dell'ambra",
che da Emona congiungeva Carnuntum,
(a Savaria,
a Scarbantia ed
a Sala).
E
sempre in questo periodo un ambizioso progetto di costruzioni fu
iniziato in Dalmazia dal legato Publio Cornelio Dolabella (il console del 10),
quando i legionari furono impiegati nella costruzione di almeno quattro
strade, alcune delle quali penetravano nell'interno, nel territorio dei Ditoni e dei Desiziati,
contribuendo ad affrettare la pacificazione di queste regioni turbolente
ed a collegarle con la vicina Mesia.
Nel 42 Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano,
legato di Dalmazia, istigato da alcuni senatori alla ribellione, ebbe il
sostegno delle sue legioni (la VII ed XI) solo per
quattro giorni e la rivolta non si estese. L'imperatore Claudio premiò
la lealtà di queste legioni con i titoli di Claudia Pia Fidelis.
Attorno
al 50 la prima fortezza legionaria, quella di Carnuntum,
era posizionata sul Danubio, come ci racconta lo stesso Cornelio
Tacito. Era l'inizio
di un nuovo processo di costruzione di opere militari lungo la riva
destra del Danubio: dal forte di Eining,
a quello di Lentia e Lauriacum, fino ad Arrabona.
È
noto che sotto Claudio o
più probabilmente sotto Nerone (attorno al 56-57) le forze
legionarie dell'entroterra della provincia di Dalmazia furono
ridotte ad una sola legione (l'XI Claudia).
Dai
Flavi agli Antonini (69-192) - Dai Flavi in
poi, il settore strategico dell'alto-medio corso del Danubio fu costantemente rafforzato e diventò il settore più importante
dell'intero sistema strategico imperiale. A partire, infatti, dalla
prima crisi suebo-sarmatica dell'89, lungo questo tratto di Limes, furono costruiti nei 7-8 anni successivi nuovi forti ausiliari (ad
es. a Arrabona di fronte ai Quadi, o di fronte al Tullnerfeld dove
si trovavano i Marcomanni, e lungo il tratto che da Aquincum conduce fino a Mursa di fronte agli Iazigi) e 4 nuove basi legionarie, oltre a quelle preesistenti di Canuntum
e Sirmio: a Vindobona, a Brigetio, ad Aquincum ed
a Mursa (lungo la Drava).
Restarono per i secoli successivi solo truppe ausiliarie a
difesa dei suoi confini: nel 94 ce n'erano solo due, la cohors III Alpinorum e VIII
Voluntariorum, a cui fu aggiunta la cohors I Belgarum attorno
al 100.
E
sempre con Domiziano, in seguito alla crisi dacica dell'86 e
suebo-sarmatica del 92, l'intera guarnigione legionaria della Dalmazia fu ritirata completamente. In questo
caso si trattava della IIII Flavia
Felix che aveva rimpiazzato la XI Claudia a
partire dal 71-72.
La Pannonia divenne,
infatti, teatro di nuovi scontri con le popolazioni a nord e ad est del
medio tratto danubiano, contro Marcomanni, Quadi, Naristi (di
stirpe sueba) e Iazigi (questi
ultimi di stirpe sarmata), sia sotto Domiziano sia Nerva (tra
l'89 ed il 97).
Al
termine delle guerre contro i Daci del 101-106 ed
a seguito dell'annessione della nuova provincia di Dacia,
l'intero assetto danubiano mutò ed una provincia così importante come
quella pannonica fu
divisa in due nuove: quelle di Pannonia superior e di inferior. Adriano, una volta
divenuto imperatore nel 117,
fu costretto a guerreggiare contro i vicini Iazigi,
concludendo al termine delle ostilità un trattato di pace (nel 118),
che permettesse loro di insediarsi ad est di Aquincum,
e abbandonando i territori appena acquisiti del Banato.
Negli
anni che seguirono si ebbero nuovi scontri alla fine del regno di Adriano, tra il 135 ed il 137 (sul
fronte suebo), e durante quello di Antonino
Pio negli
anni 140-142.
Con
lo scoppio delle guerre
marcomanniche nel 166-167,
i progetti mutarono per un quindicennio, poiché Marco
Aurelio era
intenzionato ad annettere i territori a nord della Pannonia,
inglobandone i relativi popoli: dai Marcomanni,
a Quadi e Naristi,
e formando la nuova provincia di Marcomannia.
Il progetto richiese anche la formazione di due nuove legioni: la II
Italica e
la III
Italica,
posizionate a partire dagli anni 172-174 lungo
il fronte dell'alto-medio Danubio, nel Norico la
prima (a Lauriacum)
e nella Rezia la seconda (a Castra
Regina).
Contemporaneamente in Dalmazia l'intera guarnigione fu ravvorzata con
vexillationes delle due nuove legioni appena formate (la II e
la III Italica),
con distaccamenti anche nella capitale Salona e
due nuove unità ausiliarie (la I e II
milliaria Delmatarum).
Il
figlio Commodo,
alla morte del padre 180, ritirava, però, tutte le truppe dai nuovi territori appena occupati, e
riportava definitivamente il Limes all'alto-medio corso
del Danubio,
rafforzandone e moltiplicando i presidi lungo il grande fiume.
Le
grandi invasioni del III e IV secolo
-
In
seguito alle prime grandi invasioni del III secolo fu istituito a Sirmio, un comando militare generale dell'intera area
danubiana,
dall'imperatore Marco Giulio Filippo, detto Filippo
l'Arabo, attorno
al 247-248.
Pochi anni più tardi, tra il 258-260 nuove
invasioni di Marcomanni, Quadi e Iazigi devastarono
le province pannoniche, mentre
un'invasione di Alemanni e Juti in Rezia non
lasciò indenne il vicino Norico nel 270.
In
seguito a quest'ultima invasione si provvedette a sbarrare la strada a
possibili e future invasioni barbariche, fortificando il corridoio che
dalla Pannonia e
dalla Dalmazia immette
in Italia attraverso
le Alpi
Giulie. Questo
tratto che va da Tarsatica e Cividale
del Friuli fu
fortificato con tutta una serie discontinua di mura di pietra, forti e
fortini: si trattava del cosiddetto Claustra
Alpium Iuliarum.
Sembra
che sotto Costantino
I, o forse anche
un secolo e mezzo prima, si provvide alla costruzione di tutta una serie
di terrapieni al di là del Danubio,
nella pianura ungherese,
per allentare la pressione di Goti e Gepidi lungo
i territori degli alleati Iazigi,
"appoggiati" alla vicina frontiera pannonica.
Questo sistema di fortificazioni viene oggi comunemente chiamato: "Diga
del Diavolo"
e partiva di fronte ad Aquincum per
poi seguire parallelamente il fiume Tisza,
alla sua sinistra, e raggiungere la fortezza legionaria di Viminacium.
Da
qui in poi i territori furono conservati fino al termine del IV secolo
con un tentativo di ripercorrere i piani vittoriosi di Marco
Aurelio, da
parte di Valentiniano
I che
attorno al 375 invase i territori dei Quadi, potenziando per l'ultima volta il tratto di limes pannonico. Fu
un'illusione durata pochi anni, poiché i Goti, sconfitto Valente ad Adrianopoli nel 378, si stanziarono definitivamente in Pannonia come foederati dell'impero
romano,
decretando la definitiva "rottura" ed abbandono del Limes
danubiano. Nel 395 la Pannonia era
nuovamente invasa da orde di Goti ed Alani,
mentre nel 433 l'invasione degli Unni sanciva la fine della Pannonia romana.
Da
Augusto a Tiberio (29 a.C.-37)
-
All'inizio
del principato di Augusto, Marco Licinio Crasso (console 30 a.C.),
conduceva due fortunate campagne (nel 29-28
a.C.) contro le
popolazioni della riva destra del Danubio: Traci e Mesi, Daci e Geti,
e Bastarni, pur non occupando la zona in modo permanente. Era l'inizio di un processo
di occupazione graduale dell'area basso danubiana.
Pochi
anni più tardi, un certo Lucio
Calpurnio Pisone (console 15 a.C.),
accompagnato da un paio di legioni, era costretto ad intervenire in Tracia per reprimere una rivolta durata ben tre anni di guerre sanguinose
(dal 12 al 10
a.C.), al termine delle quali si meritò gli ornamenta
triumphalia.
Le operazioni in Tracia costituivano il logico completamento, alle più vaste operazioni per
la conquista di tutta l'area illirico-balcanica.
Tra
l'1 ed il 6, in seguito alle
operazioni di Tiberio nell'area illirica e dei suoi successori, veniva costituito il distretto militare di
Mesia e Macedonia,
presidiato da un paio di legioni (la legio
IV Scythica a Scupi e
la legio
V Macedonica a Naissus),
mentre la Tracia continuava a costituire un regno indipendente, cliente e quindi
alleato del popolo romano.
Da
Claudio a Tito (37-81)
-
In
seguito all'annessione della Tracia da
parte di Claudio nel 46,
furono dislocate le prime basi legionarie sul Danubio in Mesia: a Viminacium,
a Oescus ed
a Novae.
Lo sviluppo del limes lungo il basso Danubio, era necessario a proteggere il fianco orientale dell'Europa romana contro i continui attacchi dei vicini Daci.
Era
dai tempi di Gaio
Giulio Cesare,
quando il re dace Burebista aveva
offerto il suo appoggio a Pompeo durante il periodo della guerra civile, che questo popolo aveva
costituito una costante minaccia alla sicurezza di Roma nei Balcani.
Troppo spesso negli ultimi decenni i Daci,
insieme agli alleati Bastarni e Sarmati Roxolani, avevano oltrepassato il Danubio, portando devastazione a sud del grande fiume. Erano loro, pertanto,
l'unico grande ostacolo all'espansionismo romano di quest'area. Dovevano
essere neutralizzati.
Si
procedette così, durante tutta la dinastia
giulio-claudia,
a costruire attorno a loro una serie di alleanze filo-romane per evitare
che potessero prendere contatti con le vicine genti suebe di Marcomanni e Quadi ed accrescere la loro potenza nell'area carpato-balcanica.
A tal scopo fu utile l'amicizia che Roma costruì
con il popolo sarmata degli Iazigi, ora migrati dall'Oltenia alla
pianura ungherese e
posizionati tra Danubio e Tisza.
Al
contrario i "cugini" orientali degli Iazigi, i Roxolani,
preferirono allearsi alle genti daciche, compiendo negli anni 67-70 una
serie di pesanti incursioni e devastazioni in territorio romano,
distruggendo intere coorti ausiliarie e
provocando l'uccisione di un governatore provinciale.
Giuseppe
Flavio ricorda
ad esempio che contemporaneamente alla rivolta
batava del 69-70, si verificò un'invasione da parte delle popolazioni sarmatiche dei Roxolani (nel 70).
Essi passarono a sud del Danubio e, giunta inaspettatamente con grande violenza sulla vicina provincia
romana di Mesia,
sterminarono un gran numero dei soldati disposti a difesa del confine.
Lo stesso legatus Augusti pro praetore, Gaio
Fonteio Agrippa,
che si era fatto loro incontro attaccandoli con grande coraggio, venne
ucciso.
Devastarono,
quindi, l'intero territorio che gli si apriva davanti, saccheggiando
ovunque giungessero. Vespasiano allora, informato dell'accaduto e di
quanto fosse stata devastata la Mesia, inviò a punire i Sarmati, Rubrio
Gallo, il quale
poco dopo li affrontò in battaglia ottenendo una vittoria schiacciante
e costringendo i superstiti a ritirarosi nei loro territori. Terminata
l'invasione, Gallo provvide a fortificare nuovamente le frontiere
provinciali, disponendo in quel settore di limes nuove
guarnigioni più numerose e meglio fortificate «sì che passare il
fiume era per i barbari del tutto impossibile».
Da
Domiziano a Traiano (81-117)
-
La
grande crisi del fronte del basso Danubio scoppiò nell'85, quando i Daci, tornati uniti sotto il nuovo re, Decebalo, passarono il grande fiume distruggendo un esercito romano accorrente ed
uccidendo lo stesso governatore di Mesia. La controffensiva romana non si fece attendere, portando lo stesso
imperatore Domiziano lungo
il fronte mesico. La guerra che ne seguì fu difficile e sanguinosa. I Romani subirono un
nuovo rovescio nell'86,
ma nell'88 riuscirono a battere pesantemente Decebalo a Tapae.
Lo scoppio della crisi renana con i Catti dell'88, l'usurpazione di Saturnino dell'89, ed infine le successive guerre suebo-sarmatiche (degli
anni 89-97) sospesero le ostilità tra Roma ed i Daci,
portando Domiziano e Decebalo a trattare ed a siglare un nuovo trattato di pace.
Il
fronte del basso corso del Danubio tornava
tranquillo almeno fino a Traiano,
la provincia di Mesia era divisa in Mesia
superiore e Mesia
inferiore,
mentre nuovi forti furono costruiti lungo l'intero tratto del basso
corso del Danubio. A queste modifiche furono aggiunti: un vallo in terra in Dobrugia (tra Axiopolis e Tomis)
a protezione dell'ultimo tratto del grande fiume; ed una flotta con
base principale a Sexaginta Prista,
mentre non era stata ancora aperta la base di Noviodunum.
L'ascesa
al trono di Traiano portò
alla revoca del vecchio trattato siglato da Domiziano e Decebalo. È evidente che Traiano mirasse all'assorbimento del regno dacico (vedi
oltre). È possibile che tra le due
guerre daciche di Traiano (103-105)
sia stato potenziato il tratto di limes in Dobrugia con l'aggiunta di un
sistema più complesso di fortificazioni anche in pietra oltre al
preesistente vallo in terra.
L'Oltenia e la Moldavia una
volta sottomesse furono annesse alla provincia della Mesia
inferiore con unità ausiliarie posizionate
in forti lungo i fiumi Olt, Ialomița e Siret.
La fortezza legionaria di Oescus chiuse a vantaggio di due nuove fortezze posizionate sempre lungo il Danubio ma
più ad est: a Durostorum (legio
XI Claudia) e a Troesmis (Legio
V Macedonica).
Da
Adriano ad Aureliano (117-271)
-
La
nuova riorganizzazione della Dacia comportò,
oltre all'abbandono dei territori della riva destra del Danubio lungo la pianura moldava e valacca,
con l'arretramento del Limes al fiume Olt (al cosiddetto Limes
Alutanus), anche la trasformazione di parte della Mesia
superiore ed inferiore,
da frontiera esterna in interna.
Le
conseguenze furono: il potenziamento delle difese lungo il basso corso
del Danubio, con la costruzione di nuovi forti ausiliari negli
anni che seguirono; ed un mantenimento, seppur a ranghi ridotti, di
parte dei vecchi forti compresi tra Viminacium e Novae,
malgrado costituissero un tratto di frontiera ormai
"cancellata" dalla recente acquisizione della provincia
dacica.
Nel
corso degli anni 240-250 i Goti, che si erano ormai affacciati sulle sponde del Mar
Nero, compivano le loro prime incursioni in territorio romano, devastando le
province di Tracia e Mesia
inferiore,
provocando la morte dell'imperatore Decio ad Abritto nel 251.
Da
Diocleziano alla caduta dell'impero romano d'Occidente (284-476)
-
L'abbandono
definitivo della Dacia da
parte di Aureliano nel 271-273 cambiò
nuovamente i progetti di questo tratto di limes, spostando ancora una
volta la frontiera al Danubio e ripotenziando nuovamente il fronte che da Viminacium congiunge Novae.
Con
la salita al trono di Diocleziano nel 284 l'esercito e le frontiere subirono un forte e rinnovato programma di
riforma strategico-militare, per interrompere un processo, ormai avviato
da almeno un cinquantennio, di disgregazione degli equilibri interni ed
esterni all'impero
romano. I forti
esistenti furono rimodellati con torri aggettanti, porte strette, mentre
se ne costruivano di nuovi infittendo le linee difensive. Teste di ponte
erano, infine, costruite o ricostruite lungo la riva sinistra del Danubio.
Il
successore, Costantino
I, provvide
anche alla costruzione di tutta una serie di terrapieni al di là del Danubio, in Oltenia e
nella pianura valacca, per allentare la pressione sulla frontiera stessa. Questo sistema di
fortificazioni, lungo 300 km e costruito tra il 330 ed il 340,
viene oggi comunemente chiamato: "Brazda
lui Novac du Nord".
La Mesia
inferiore subì
nuovi e ripetuti attacchi ad opera degli Unni di Attila nel 447,
e poi nel VI secolo ad opera di Slavi, Bulgari ed Avari, ma la sua vicinanza alla capitale dell'impero
romano d'Oriente, Costantinopoli,
ne preservò ancora per qualche secolo le sue frontiere.
Oltre
il Danubio: in Dacia
EVOLUZIONE
DELLE PROVINCE DACICHE |
prima
della
conquista romana
|
Sarmati Iazigi
|
Regno
dei Daci
|
dal 102 al 105
|
Banato
inglobato nella Mesia
superiore
|
Regno
dei Daci
|
Valacchia
inglobato nella
Mesia
inferiore
|
dal 106/107 al 119
|
Dacia
romana
|
dal 119 al 127?
|
Banato ai
sarmati Iazigi romano
|
Dacia
romana
|
Valacchia ai
sarmati Rosolani
|
dal 127?
al 156?
|
Banato ai
sarmati Iazigi romano
|
Dacia
superior
|
Dacia
inferior
|
Valacchia ai
sarmati Rosolani
|
dal 156?
al 256?
|
Banato ai
sarmati Iazigi romano
|
Dacia
Apulensis
|
Dacia
Porolissensis
|
Dacia
Malvenis
|
Valacchia ai
sarmati Rosolani
|
dal 256?
al 271?
|
Banato ai
sarmati Iazigi romano
|
Dacia
Apulensis
|
Tervingi?
|
Dacia
Malvenis
|
Valacchia ai
sarmati Rosolani
|
Le
guerre di Domiziano e la conquista della Dacia di Traiano (101-117)
-
Le
campagne di Traiano del 101-102 e del 105-106
sancirono
la fine del regno di Decebalo e la definitiva sottomissione e riduzione in provincia della Dacia.
La provincia dacica comprendeva i territori compresi all'interno della
catena di monti dei Carpazi.
Per
questi successi Traiano si
meritò il Trionfo, la costruzione di un Foro
imperiale e
di una Colonna che
commemorasse le sue gesta di grande stratega.
Le
forze lasciate nella nuova provincia, che però non comprendeva Banato, Oltenia e Moldavia (annesse alla Mesia
inferiore),
erano ingenti: si calcola infatti che vi fossero nella nuova provincia
ben 4 Alae di cavalleria e
18 Coorti di fanteria ausiliaria, oltre a 2
intere legioni, posizionate ad Apulum (la legio
XIII Gemina) ed
a Berzobis (la Legio
IIII Flavia Felix),
entrambe poco distanti dalla capitale Sarmizegethusa.
La
nuova organizzazione a provincia operata da Adriano (117-138)
-
Una
volta conclusa la pace con le genti sarmatiche degli Iazigi ad ovest, e dei Roxolani ad est, Adriano divise
la nuova provincia dacica in Superior ed Inferior,
ponendo a guardia delle stesse un contingente di ben 6 Alae di cavalleria,
21 Coorti di fanteria ausiliaria, ma solo una legione,
la legio
XIII Gemina,
posizionata ancora ad Apulum.
La legio
IIII Flavia Felix tornava
in Mesia
superiore a Singidunum.
Furono
costruiti nuovi forti: sia lungo il fronte occidentale della provincia,
una volta abbandonato il Banato,
a Micia ed
a Tibiscum entrambi
capaci di contenere più unità ausiliarie;
sia sul fronte nord-occidentale del cosiddetto Limes
porolissensis, lungo un percorso di un'ottantina di km, dove furono
posizionate circa 60 di torri di avvistamento, 6 fortini, 7 forti
ausiliari (di cui i principali erano quelli di Porolissum di
Pomet e Citera, capaci di contenere insieme, un contingente pari a mezza legione),
e protetto da una seconda linea di forti a Gilău, Gherla ed Ilisua;
sia lungo il fronte orientale, dopo l'abbandono delle pianure di Moldavia e Valacchia,
con l'arretramento del limes al fiume Olt, ad Acidava, Rusidava, Castra Traiana, Feldioara, Sighișoara, Cristești,
ecc.
Da
Antonino Pio ad Aureliano (158-273)
-
Fu
infatti così che Antonino
Pio operò
nel 158 circa, l'ultima divisione della provincia dacica, prima del definitivo abbandono dei suoi territori da parte di Aureliano attorno
agli anni 271-273.
Le nuove province si chiamavano ora "le Tre
Dacie" ovvero Dacia Apulensis, Malvensis e Porolissensis,
mentre un contingente complessivo di ben 9 Alae di cavalleria e
31 Coorti di fanteria ausiliaria ne presidiava i territori.
A
partire dal 167-168 la legio
V Macedonica abbandonava
la vecchia fortezza legionaria di Troesmis in Mesia
inferiore per
trasferirsi in Dacia nella
città di Potaissa, l'attuale Turda,
dove rimarrà fino all'abbandono della provincia stessa.
Il
saliente dacico era
definitivamente abbandonato in seguito ai continui e martellanti
attacchi da parte dei Goti (degli anni 267-270), da Aureliano negli
anni 271-273. Aureliano non
solo doveva fare fronte alla secessione di Gallia e Hispania dall'impero dal 260, ma anche all'avanzata dei Parti in Asia e
la devastazione che i Carpi e
i Goti avevano lasciato in Mesia e Illyricum.
Tutti questi motivi determinarono l'abbandono definitivo della Dacia,
fissando la nuova frontiera dell'impero sul Danubio.
Qui venne riorganizzata una nuova provincia della Dacia
Aureliana, con capitale Serdica (oggi Sofia, capitale della Bulgaria). Le conseguenze dell'abbandono romano del bacino carpatico generò,
non solo nuove tensioni tra Goti e Gepidi (ad
oriente), e sarmati Iazigi (ad occidente), venendo le une a contatto con le altre, ma permise di
rafforzare le frontiere del medio-basso corso del Danubio con il ritiro di due intere legioni (legio
V Macedonica e legio
XIII Gemina,
posizionate ora a Ratiaria ed Oescus)
ed un consistente numero di unità ausiliarie, per un totale complessivo di oltre 45 000 armati.
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