Principali case cittadine dell'architetto Victor Horta: Hotel Tassel, Hotel Solvay, Hotel van Eetvelde, Maison e Atelier Horta 
Belgio

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2000

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Precursore dell'Art Nouveau, Horta ha rivoluzionato il modo di concepire gli edifici di abitazione, allargando il compito dell'architetto dalla progettazione degli spazi, interni ed esterni, a una concezione che comprendeva anche lo studio e la realizzazione delle luci, degli arredi, della decorazione delle pareti, perfino dell'oggettistica.
Secondo la definizione di uno dei suoi ammiratori, l'architetto francese Hector Guimard, Horta è stato un «architetto artista» che concepiva la casa come opera d'arte "totale", come una "conchiglia" costruita attorno al suo proprietario.

Studiò a Parigi; tornato in Belgio, completò gli studi presso l'accademia di Belle Arti di Bruxelles e presso lo studio dell'architetto Alphonse Balat.

Horta progettò numerosi edifici destinati a destare scalpore, quali: la Casa Tassel, Bruxelles 1893; la Casa Solvay, Bruxelles 1895-1900; la Casa Horta, Bruxelles 1898.

Viene giustamente considerato l'architetto che per primo definì i canoni architettonici dell'Art Nouveau, attraverso il progetto della casa Tassel. È soprattutto nell'interno della casa Tassel, considerata come il primo edificio promotore del nuovo stile, che Horta manifesta e dà rilievo alla nuova tendenza artistica; infatti, la scalinata, che si sviluppa nell'ingresso della casa, non è modellata secondo forme classiche ma si compone di agili colonnine di ferro che, come steli di una rigogliosa vegetazione, si protendono verso l'alto in forme sinuose e ritorte. Il tutto in una incredibile armonia con gli affreschi delle pareti e della volta e con i mosaici del pavimento.

Tuttavia l'opera considerata il suo capolavoro è la Maison du Peuple (1896-1899) a Bruxelles: l’edificio costruito per il partito operaio belga, distrutto nel 1964 sempre per decisione del partito, doveva svolgere, in conformità allo spirito socialista riformatore di fine secolo, tre principali funzioni: politico-sindacale, commerciale, ricreativa.

In età più avanzata, Horta tornò su posizioni più tradizionali, realizzando opere come il Palais des Beaux-Arts a Bruxelles (1922-1928).

Gli edifici realizzati a Bruxelles dall'architetto Victor Horta, uno degli iniziatori dell'Art Nouveau, sono testimonianza di una rivoluzione stilistica che segnò profondamente la storia dell'arte europea del primo Novecento. Le sue architetture si caratterizzano per l'uso di grandi aperture e di piante aperte (libere cioè da forme geometriche regolari e commisurate alle diverse funzioni cui la costruzione risponde) e per il perfetto connubio tra la struttura dell'edificio e la sua decorazione, realizzata in buona parte con il materiale più innovativo del tempo: il ferro. Nella città belga, che fu centro principale della sua attività, si conservano fra l'altro quattro celebri case, che costituiscono i maggiori documenti del suo stile dopo che altri importanti edifici furono malauguratamente distrutti: gli Hotel Tassel, Solvay e van Eetvelde e la Maison-atelier Horta.

La prima architettura in cui Horta dispiegò il proprio innovativo linguaggio, dopo alcune modeste prove giovanili, fu l'Hotel Tassel (1892-1893), elegante casa d'abitazione realizzata in rue de Turin: in questa strada, allora appena iniziata, l'edificio doveva sorgere su un lotto molto profondo ma con un affaccio ridotto (7,20 metri), rispettando l'altezza degli edifici adiacenti tra i quali era incastonato. Servendosi di elementi architettonici tradizionali (colonnette, mensole, cornici e architravi) disposti su un impianto simmetrico, Horta realizzò nella facciata un continuum plastico mosso da contrasti e tensioni e impreziosito dall'accostamento della pietra (in due colori, ocra e blu) e del ferro.  

Il fronte della casa è costituito da due ali laterali in pietra che corrono come unico elemento pieno lungo i quattro piani dell'edificio, estroflettendosi leggermente in modo da frenare lo scatto dinamico del corpo centrale. Qui, al di sopra della potente cornice posta alla quota del primo solaio, la curva eccentrica dei due elementi laterali si sviluppa in una controcurva concentrica, lungo la quale sono disposte le finestre del mezzanino, l'importante bovindo loggiato del piano principale e il balcone dell'ultimo piano, internamente risolto in una trifora. 

Nel piano nobile, la struttura del corpo centrale diventa completamente in ferro, trasformando il serramento in un elemento portante della casa: in questo reticolo strutturale, reso esplicito come nell'architettura gotica e nei precetti di Viollet-le-Duc, si inseriscono gli elementi decorativi, realizzati con ferro piatto forgiato e piegato a formare ricci eleganti e slanciati. La facciata si conclude riprendendo il proprio piano di giacitura normale, marcato da un alto cornicione; a sottolineare l'interruzione del movimento centrifugo del corpo centrale sono posti due ricci in pietra, che sporgono dalle ali laterali all'altezza della balaustra del secondo piano. 

Tutti gli elementi della facciata, strutturali e decorativi, rispondono a un unico linguaggio formale di assoluta unità stilistica, utilizzato anche nel trattamento degli interni, che però negli anni sono stati piuttosto rimaneggiati. Qui la parte più significativa è quella della scala, che si svolge su un ottagono allungato seguendo un andamento leggermente elicoidale; i gradini in mogano si innestano su una struttura in ferro, trasformata essa stessa in motivo ornamentale con ricci e volute. La decorazione pittorica progettata da Horta per le pareti della scalinata prevedeva ariosi motivi di linee curve, simili a quelli della balaustra in ferro e intrecciati e sfumati a ripeterne le ondulazioni. Questo motivo lineare, detto "a schiocco di frusta", segue gli stessi andamenti sinuosi, avvitati e spiraliformi che informano l'intera costruzione (dalle strutture alle decorazioni fino ai minimi dettagli) e sarà tra gli elementi distintivi del linguaggio di Horta, a cominciare dalla sua successiva costruzione importante, l'Hotel Solvay (1894-1900).

Commissionata dall'industriale chimico Armand Solvay, questa casa fu probabilmente la più sontuosa tra quelle realizzate dal maestro e conserva tuttora il suo arredamento originario, anch'esso disegnato da Horta. La lunga facciata simmetrica, che ha nel bovindo centrale il proprio elemento distintivo e che si raccorda al marciapiede con una curva assai accentuata e senza soluzione di continuità, è costruita in due diverse qualità di pietra grigia, accostate con raffinati esiti coloristici. 

Nell'interno i vasti ambienti di rappresentanza si caratterizzano per l'esibizione delle strutture metalliche (cosa che lo stesso architetto considerava una "profanazione") e per la totale diffusione della luce, che proviene dal tetto a lucernario e scende attraverso la scala, passando per le vetrate pieghevoli che consentono la suggestiva sovrapposizione delle prospettive lungo le diverse stanze.  

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L'Hotel van Eetvelde  fu progettato nel 1898 come abitazione privata. Per la costruzione dell'abitazione commissionatagli da Edmond van Eetvelde, l'architetto disegnò una struttura in ferro ed una disposizione spaziale inusuale: cinque parti strutturali ed un tracciato diagonale, che conferisce quindi al movimento il ruolo di protagonista. Moltissimi sono gli elementi decorativi, vero e proprio catalogo del virtuosismo con cui Horta tratta gli interni, evidenziando sempre a vista le strutture. L'utilizzo di materiali industriali come l'acciaio e il vetro fu al tempo una grande innovazione alla costruzione di abitazioni private di pregio.

Dopo la realizzazione dell'edificio, vennero acquistati due terreni adiacenti e ad Horta viene affidato anche l'ampliamento della casa, tra il 1898 e il 1901, la cui nuova facciata in pietra arenaria (preferita dalla moglie di van Eetvelde, che aveva gusti meno innovativi di quelli del marito) assimila in sé la bow-window dell'edificio preesistente, relazionandosi con il nuovo ingresso. Fu progettata per ospitare un garage, un ufficio per van Eetvelde e come dependence, quindi aveva un ingresso separato (2 Avenue Palmerston).

All'interno, un uso di marmi, legni, bronzi assieme alla consistenza delle forme realizzano un insieme di grande armonia.
L'abilità di Horta è rintracciabile nella sua capacità di traslare i suoi disegni domestici in luoghi angusti. Gli interni hanno grande importanza come centri di luce che penetra attraverso le cupole in vetro colorato e gli skylights a filigrana, solitamente al centro della costruzione. In evidenza, la scala imponente, che porta dalla hall alle stanze.

Insieme ad altre tre abitazioni progettate da Victor Horta - Hôtel Tassel, Hôtel Solvay e Maison & Atelier Horta - l'Hôtel van Eetvelde è ritenuta una delle opere d'avanguardia di architettura della fine del XIX secolo, nella cui rivoluzione stilistica prevalgono  la diffusione della luce e la brillante combinazione delle linee curve di decorazione con la struttura del palazzo. 

Tra le case realizzate dall'architetto belga si deve infine ricordare la sua propria (1898-1901), che ora con l'adiacente studio è sede del Museo Horta: qui, secondo la sua stessa interpretazione, egli raggiunse l'apice della carriera.

Imperdibile per i suoi giochi di curve, luci e decorazioni interne, la Maison Horta in rue Américaine 23-25, dove tutto, dalla struttura architettonica al minimo elemento di arredo, è 100%  Art Nouveau. Costruita nel 1899 dallo stesso Horta per farne residenza e studio insieme, la casa – museo dell'artista è stata inclusa nell'elenco dell'UNESCO dei siti Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Edificio di grande bellezza e raffinatezza, la Maison è l'espressione più completa dello stile personalissimo di Horta, la cui caratteristica principale è, da un lato, l'impiego armonioso della linea curva  sia nel profilo generale della facciata sia nei dettagli degli interni..

Dall'altro, la ricerca accurata di unità di stile tra la decorazione dei muri esterni, delle pareti interne, dei pavimenti, del mobilio; il tutto avvolto dalla calda luce filtrata dalla vetrate che immerge ogni cosa in un'atmosfera irreale, al limite del sogno.

La sua opera di maggior prestigio, però, è certo da considerare la perduta Maison du Peuple.  L’edificio per la società Cooperativa operaia di Bruxelles, commissionato dal Partito Operaio Belga, è stato costruito per il Partito Socialista belga e rappresenta il momento più originale di tutta la produzione dell’architetto. In essa Horta sviluppa con pienezza i principi di Viollet Le Duc portandoli fino alla loro logica conclusione. L’architettura esibisce con la massima franchezza la sua struttura che è creata con l’uso congiunto di pietra, mattone, ferro e vetro, tutti chiaramente  esibiti e modellati per interagire in modo organico tra loro.

La particolarità dell’edificio è anche posta nello sviluppo della pianta e, di conseguenza, degli alzati, essendo questi realizzati da una sequenza di convessità e concavità alternate che si adattavano al contesto curvilineo della viabilità della piazza, di forma ovale, e dalla forma del lotto dove doveva inserirsi. L’ingresso era decentrato e posto su una delle protuberanze convesse. La novità di questo linguaggio “radicale” aveva i suoi riferimenti negli edifici di Sullivan e della Scuola di Chicago, ma anche nelle strutture ingegneristiche del XIX secolo come le stazioni ferroviarie e le costruzioni fieristiche delle esposizioni universali. 

Tra i vari ambienti di servizio e di riunione che occupavano i quattro ampi piani, Vauditorium, che si trovava all'ultimo piano e che ospitava 1500 posti a sedere, costituiva un vero e proprio prodigio ingegneristico. La sala, costituita da una struttura reticolare in ferro appena percepibile nella vastità dell'ambiente, era posta a sbalzo e sostenuta da una capriata con una catena di circa 15 metri di luce; sulle pareti correvano due gallerie in ferro, una con posti a sedere e l'altra con funzioni tecniche.  

Un’attenzione all’acustica dello spazio dell’Auditorium ha determinato il modellamento dei soffitti  per controllare gli effetti di riverbero e una galleria doppia venne sospesa alle travature del tetto per essere usata per ospitare l’impianto di riscaldamento.

Nell’auditorium, con 1500 posti a sedere, l’integrazione tra materiale, struttura e finalità espressive risulta ancora più efficace dove la struttura metallica è tutta in vista e il tetto è realizzato da un sistema di travature reticolari in acciaio. Anche le pareti si adeguano a questo approccio stilistico con le grandi finestrature che diventano sottili schermi di tamponatura.

La Maison du Peuple, nel realizzare quell’ideale di onestà espressiva già promosso da Le Duc, si caratterizza per alcune variazioni lessicali rispetto ai precedenti edifici residenziali di Horta.

Si nota una diminuzione degli apparati più propriamente decorativi ed una enfatizzazione dei caratteri “strutturali”, evidenziati, in particolare, dall’uso del ferro. Tali innovazioni emergono con maggiore forza e chiarezza proprio perché non sono più solo le strutture in vista e i materiali decorativi a sottostare alle nuove regole organiche, ma è l’intero edificio che, nella sua fluidità di pianta e di alzati, determina una straordinaria continuità espressiva

Dalla raffinatezza della superficie dei materiali pregiati si passa alla fluidità dello spazio e delle strutture, interamente coinvolte nel nuovo processo compositivo.

Nonostante l'attività di Horta continuasse per altri trent'anni, egli non riuscì più a raggiungere quella freschezza dimostrata nelle prime opere.