Chiesa di Bojana
Bulgaria

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1979

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Caposaldo strategicamente importante per l'accesso alla piana di Sofia, Bojana viene citata per la prima volta nel 1048, ma la sua storia è anteriore: già alla metà del X secolo era stata infatti probabilmente costruita la prima chiesa del borgo, un piccolo edificio di pianta quadrangolare con abside semicircolare, bracci trasversali ridotti e inscritti in spessore di muro, con cupola senza sostegni e tamburo cilindrico su pennacchi. 

Le facciate settentrionale e meridionale sono scandite da tre arcate cieche, aperte al centro da finestre molto strette; nell'abside si apriva una trifora, oggi parzialmente murata. L'edificio, forse parzialmente distrutto insieme alla fortezza dopo la rivolta del 1040 contro l'occupazione bizantina, fu ricostruito poco prima del 1253 e coperto con una nuova cupola; fu dedicato ai santi Pantaleone e Nicola.

Contemporaneamente, sul lato occidentale venne addossato un edificio a due piani, il cui piano terreno è costituito da un ambiente rettangolare, coperto a volta, con due arcosoli lungo le pareti laterali, mentre quello superiore ricorda nell'impianto la chiesa più antica. 

Al piano superiore si accedeva attraverso scale esterne, rimosse durante l'ultima fase di costruzione (1845-1882), quando, sul lato occidentale, venne addossato un ulteriore edificio quadrato a due piani. Il modello della chiesa offerta dal sebastocratore Kalojan - la scena è dipinta nell'atrio al piano terreno - documenta la struttura originaria della cupola (ricostruita nel XIX secolo), del tetto e della facciata occidentale, anch'essa distrutta.

Con grande senso artistico e amore per il bello nel XVII secolo gli affreschi vennero interamente ricoperti (cosa che in realtà ne ha involontariamente aiutato la conservazione). All'inizio del XIX secolo la chiesa venne nuovamente ampliata, con l'aggiunta della parte che adesso funge da ingresso, dopo un altro secolo, agli albori del XX, era completamente decaduta: piccola, buia, malridotta da aperture nel soffitto, praticamente in disuso.

Gli abitanti del luogo non ne erano affatto contenti, ed ignorando completamente il suo valore artistico decisero di demolirla per costruirne un'altra nuova e più bella sullo stesso posto. Per puro caso, e direi per la fortuna degli attuali discendenti di quei lungimiranti amanti dell'arte e delle vecchie chiese, venne a conoscenza della storia la zarina Eleonora di Reuss-Köstritz , che convinse il marito Ferdinando I di Bulgaria a bloccare l'intento distruttore dei villici concedendogli una nuova chiesa nelle vicinanze. Era il 1912, la zarina morì cinque anni dopo, ed espresse il desiderio di essere sepolta nella piccola chiesa che aveva salvato. Lo zar Ferdinando fece allora piantare attorno alla chiesa il bosco di sequoie che le fa ombra tutt'oggi.

La zarina, oltre che protettrice del patrimonio artistico, fu una santa donna dedita ad opere di carità, in particolare formazione delle infermiere e assistenza ospedaliera durante le guerre balcaniche del 1912-13 e la prima guerra mondiale, e fu tanto amata che per molti anni continuarono i pellegrinaggi alla sua tomba da parte di infermiere e soldati. Dal 1944 arrivò il comunismo e cancellò definitivamente la pia usanza. Nel 1960 la tomba venne addirittura profanata e le pietre tombali intarsiate vennero rimosse. Dopo il 1989 la tomba venne ripristinata, ma ancor oggi è abbandonata e nessuno ricorda più l'intervento provvidenziale della zarina Eleonora, né la tanto loquace guida locale né il sito internet ufficiale.

Sulla chiesa ai primi lavori di restauro del 1912 seguirono quelli del 1934, poi ancora nel 1944, e nel 1977-1979, dopo i quali la chiesa entrò nella lista dei siti Unesco patrimonio dell'umanità.

Gli scarsi frammenti degli affreschi che decoravano la prima fase costruttiva dell'edificio non danno validi elementi per una datazione sicura. Tuttavia alcuni arcaismi nello stile, nonché l'iconografia e il programma figurativo possono portare a una datazione intorno alla metà del X secolo e a un sicuro accostamento alla tradizione preiconoclasta dei Balcani occidentali.

Un secondo ciclo di pitture, la cui datazione è accertata al 1259 da un'iscrizione che ricorda il fondatore, decora la chiesa più antica e l'atrio; eseguito con la tecnica del buon fresco, si è in gran parte conservato. Il ciclo delle Feste occupa la parte alta delle pareti e degli archi portanti al di sotto della cupola, dove la scena centrale con il Pantocratore circondato da angeli domina tutto l'interno; nei pennacchi sono poste le raffigurazioni degli evangelisti, tra i quali sono dipinte le due immagini acheropite, il mandilio e il kerámion, nonché le raffigurazioni dell'Emanuele e dell'Antico dei giorni. 

Nel catino absidale è rappresentata la Madonna in trono tra gli arcangeli, mentre al di sotto si trovano le figure intere dei Padri della Chiesa nell'atto di celebrare. 

Nella parte bassa della chiesa sono invece dipinte figure di santi guerrieri e di martiri, simili alle icone del Cristo Euerghétes benedicente e di s. Nicola, poste sui pilastri ai lati dell'antica iconostasi. Immagini di martiri ed eremiti decorano anche l'atrio, dove nei due arcosoli delle pareti laterali sono raffigurate le scene di Gesù tra i Dottori e della Presentazione di Maria al Tempio (XVI secolo). Ai lati appaiono i ritratti dei donatori, il sebastocratore Kalojan, sua moglie Desislava e la coppia regnante, lo zar Costantino Asen (1257-1277) e la zarina Irene; la parete orientale del timpano reca invece l'immagine della Vergine Odighítria, fiancheggiata da quelle di Gioacchino e Anna. Le figure del Cristo della Chalke e di Cristo sacerdote nel Tempio sono rappresentate ai lati dell'arco, mentre nella fascia superiore e sulla volta sono distribuite diciotto scene della Vita di s. Nicola.

Le pitture del piano superiore, conservatesi in modo molto frammentario e non ancora completamente portate alla luce, sviluppano il tema della morte e della risurrezione, che trova espressione nella Déesis (nel catino absidale), nell'Anastasi e nel Concilio degli arcangeli; completano l'intero programma figurativo l'Annunciazione sull'arco trionfale e la Sepoltura del patrono della chiesa superiore, San Pantaleone, nonché le raffigurazioni di Padri della Chiesa, di martiri, eremiti e di un fondatore non identificato.

Così come il programma iconografico, anche i modelli delle singole scene appaiono fortemente legati alla tradizione artistica della Bulgaria occidentale, spesso caratterizzata da elementi arcaicizzanti dell'Oriente cristiano e dalla persistenza di modelli iconografici di origine paleocristiana. Gli affreschi di Bojana testimoniano tuttavia di una tendenza verso il naturalismo e verso il realismo che è propria dello stile di transizione della contemporanea arte dell'Europa centrale e occidentale.

I TRACI

I traci non hanno lasciato nessun documento scritto, ma la loro memoria ha attraversato ugualmente i secoli soprattutto grazie a pregevoli oggetti di metallo lavorato e affreschi scoperti nelle tombe regali. 

Sono leggendari i ritrovamenti di "tesori" come quelli di Panagyurishte, e mostre come L'oro dei traci hanno fatto il giro del mondo, destando la meraviglia di decine di migliaia di visitatori. 

I greci conoscevano i traci come forti bevitori, musicanti, appassionati d'armi e di cavalli, lo storico Erodoto li riteneva il popolo più numeroso dopo gli indiani. I miti di alcuni importanti dèi greci - tra cui Orfeo, che con il suono della sua lira commuoveva le belve, e Dionisio, il dio del vino e dell'ebbrezza - sono ambientati in Tracia. 

Questo popolo indoeuropeo comunque si diffuse in tutta l'Europa meridionale e in alcune regioni dell'Asia Minore a partire dal II millennio a.C. Ne facevano parte anche i daci, stanziati a nord del basso Danubio, che i romeni di oggi considerano propri antenati. 

Le litigiose tribù tracie, che non vivevano in città, bensì in insediamenti fortificati, raggiunsero l'unità politica solo nel V secolo a.C., all'epoca in cui la cultura tracia era già in piena fioritura. 

Orafi e argentieri producevano raffinatissimi oggetti di lusso, e i traffici commerciali fecero conoscere in Tracia il modo di vivere dei greci. I traci furono successivamente sottomessi da celti, macedoni e infine romani, ma la loro cultura scomparve solo con l'arrivo degli slavi nel VI secolo d.C.