Antica città di Nesebãr
Bulgaria

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1983

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Nesebăr o Nessebar, conosciuta anticamente col nome di Mesembria e prima ancora col nome di Menebria, è un'antica città della Bulgaria, situata sulle coste del Mar Nero nella regione di Burgas.

Questa città si è trovata più volte nel corso della sua storia vicino al confine di un impero, e questa è la ragione per cui Nesebăr ha una ricchissima storia. La parte più antica della città si trova su di una penisola collegata con la terraferma mediante un istmo costruito dall'uomo.

In origine Nesebăr era un insediamento dei Traci conosciuto col nome di Menebria, fondato nel II millennio a.C.. Nel VI secolo a.C. la città divenne una colonia greca, popolata dai Dori provenienti da Megara; da allora fu un importante centro di commerci, rivale di Apollonia (l'odierna Sozopol). Il nome odierno di Nesebar è in uso fin dall'XI secolo.

Le rovine dell'epoca ellenistica comprendono un'acropoli, un'agorà e un tempio di Apollo. Sul lato nord della penisola si può ancora vedere un muro che faceva parte delle fortificazioni greche. Dal V secolo a.C. nella città vennero coniate monete di bronzo e d'argento, dal III secolo a.C. anche monete d'oro.

Nel 71 a.C. la città venne conquistata dai Romani, anche se mantenne privilegi come quello di coniare le proprie monete. Dal V secolo divenne una delle roccheforti dell'Impero bizantino, conquistata nell'812 dal Khan Krum dopo un assedio durato due settimane. Nell'864 venne ceduta ai Bizantini di Boris I di Bulgaria e poi riconquistata dal figlio Simeone il Grande.  

Durante il Secondo impero bulgaro venne contesa dagli eserciti bulgari e bizantini; godette di una certa prosperità durante il regno dello zar Ivan Alessandro (1331-1371), fino a che venne conquistata dai Crociati guidati da Amedeo VI di Savoia nel 1366, che la restituirono ai Bizantini.

La cattura della città da parte dell'Impero ottomano nel 1453 segnò l'inizio del declino di Nesebăr, anche se il patrimonio architettonico accumulato nei secoli rimese pressoché intatto e venne arricchito durante il XIX secolo dalla costruzione di case in legno tipiche dello stile della Rumelia. Nel 1878 venne liberata dal giogo ottomano e divenne parte della provincia ottomana della Rumelia orientale, fino a che nel 1886 entrò a far parte del Principato di Bulgaria.

Nel XIX secolo Nesebăr era un piccolo centro di pescatori e viticoltori, fino a che nel XX secolo si sviluppò in uno dei principali centri turistici della costa bulgara, con la costruzione di una città nuova e il restauro della città vecchia.

Si dice che Nesebăr è la città col maggior numero di chiese per abitante. Tra le più famose si ricordano:  

la chiesa di Santa Sofia (Stara Mitropolija), del V-VI secolo; 

la basilica della Santa Madre di Dio Eleoussa, del VI secolo; 

la chiesa di San Giovanni Battista, dell'XI secolo; 

la chiesa di Santo Stefano (Nova Mitropolija), dell'XI secolo, ricostruita fra il XVI e il XVIII secolo; 

la chiesa di San Teodoro, del XIII secolo; 

la chiesa di Santa Paraskeva, del XIII-XIV secolo; 

la chiesa dei Santi Arcangeli Michele e Gabriele, del XIII-XIV secolo; 

la chiesa di Cristo Pantocratore, del XIII-XIV secolo; 

la chiesa di San Giovanni Aliturgetos, del XIV secolo; la chiesa del Santo Salvatore, del XVII secolo; 

la chiesa di San Clemente, del XVII secolo

LE ICONE DI NESEBAR

Lo splendore delle chiese medievali di Nesebar è testimoniato non solo dal paramento decorativo esterno ancora visibile nelle rovine, ma soprattutto dai cicli affrescati e dall'iconostasi all'interno della nuova chiesa metropolitana (o chiesa di Santo Stefano). 

La maggior parte delle icone un tempo conservate nelle quaranta chiese della città non si trova più nel posto originario, ma è esposta in istituzioni culturali come il museo archeologico di Nesebar. 

Cristianizzata dal khan Boris I nell'865, la Bulgaria medievale entrò a far parte della chiesa ortodossa, che gravitava attorno al centro spirituale di Costantinopoli. Si diffuse quindi anche la tradizione bizantina delle icone dipinte.

I pittori, per lo più monaci, non potevano però dare libero sfogo alla propria creatività, anzi dovevano seguire scrupolosamente motivi e tecniche pittoriche raccolti e presentati in manuali compilati per questo scopo. Dato che la produzione di icone non era una semplice arte, ma un atto religioso, il pittore lavorava come "artigiano di Dio".

Tuttavia, nonostante queste limitazioni valide ancora oggi, nelle chiese ortodosse dei vari stati si manifestarono particolarità quali la raffigurazione di "santi nazionali". In Bulgaria erano popolari sia Grillo e Metodio sia figure di santi combattenti come san Giorgio: sul territorio bulgaro, infatti, correva il fronte più avanzato della lotta contro gli "infedeli".

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