Centro storico di Roma, 
le proprietà extraterritoriali della Santa Sede nella città e 
la Basilica di San Paolo fuori le mura 
Città del Vaticano - Italia

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1980-1990

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Secondo la tradizione tramandata dagli storici latini la fondazione di Roma sarebbe avvenuta a opera di Romolo nel 753 a .C, data che oggi è ritenuta attendibile. 

Il primo nucleo della città si sviluppò sul Palatino, uno dei sette colli della Roma classica. La zona paludosa che si estendeva fra il Palatino e il Campidoglio venne bonificata e qui ebbe sede il Foro Romano, inizialmente luogo di attività commerciali e in seguito centro nevralgico della vita cittadina. 

Già a partire dall'età repubblicana Roma Caput Mundi aveva acquistato una tale importanza che l'antica piazza principale, il Foro Romano, non rispondeva più alle esigenze dettate dalla intensa vita pubblica che qui aveva luogo. Da allora, dall'età di Giulio Cesare fino a quella di Traiano, in un arco di circa centocinquanta anni, il centro direzionale dello stato romano conobbe numerosi e progressivi interventi urbanistici che ne allargarono i confini sino a occupare un'area di circa novantamila metri quadrati.

I Fori costituivano il luogo principale della vita cittadina; oltre che funzioni giudiziarie e finanziarie, vi si svolgevano anche quelle commerciali, almeno le più prestigiose. Giulio Cesare, infatti, per dare maggior respiro al Foro, decise di allontanare le attività commerciali più umili, ossia quelle che riguardavano i generi alimentari, mantenendo le transazioni di una certa importanza (si pensi che era consuetudine tra i senatori custodire qui le casseforti private). 

All'interno dei Fori sorgevano anche i principali templi della città che significavano il luogo di una forte valenza religiosa. L'area cittadina era anche sede di funzioni onorarie se si considerano l'abbondante numero di statue e iscrizioni destinate a rendere omaggio alle figure rappresentative dello stato. I Fori Imperiali facevano talvolta da cornice anche ad avvenimenti di carattere ludico-culturale, quali spettacoli, ed educativo, come testimonia la presenza di scuole, musei e biblioteche. La funzione principale era tuttavia quella di trasmettere ai cittadini e ai sudditi, in occasione di manifestazioni ufficiali, un chiaro messaggio politico: l'esaltazione della grandezza e della maestosità dello stato romano.

L’antica Roma – Panem et circenses. Letteralmente, pane e giochi. Così, nell'81 d.C, dalle pagine delle sue Satire Giovenale sintetizzava la formula che permetteva di mantenere il controllo sulle masse romane: distribuzione di generi alimentari, bagni pubblici e terme da un lato, gladiatori, animali esotici, competizioni sportive e rappresentazioni teatrali dall'altro.

Questi erano gli strumenti degli imperatori per sedare i malumori popolari. Roma è stata, d'altra parte, la prima metropoli che il mondo abbia conosciuto. Con un milione, forse un milione e mezzo di abitanti, un assetto urbanistico complesso e una realtà morfologica che imponeva severi limiti a una pianificazione razionale, la città già soffriva di problemi di traffico e di sovraffollamento analoghi a quelli che incontriamo nelle metropoli odierne, con in più pericoli relativi all'igiene, al rischio di incendi, alle questioni di ordine pubblico. Perciò non c'è da stupirsi che gli imperatori tentassero di distrarre i cittadini dai loro guai quotidiani. E quando Giovenale scriveva le sue caustiche sentenze era appena stato inaugurato il più celebre dei monumenti romani dedicati ai giochi. 

Voluto da Vespasiano e inaugurato da Tito nell'80 d.C, il Colosseo, o Anfiteatro Flavio, raggiungeva i 48 metri di altezza, distribuiti su quattro piani, con un diametro di 188 metri . Poteva ospitare 50.000 spettatori, e per costruirlo furono impiegati 100.000 metri cubi di travertino e 300 tonnellate di ferro. Il primo piano era alto 10,5 metri ed era ornato da semicolonne doriche; il secondo era alto 11,85 metri con colonne ioniche, mentre il terzo era di 11,60 metri con colonne corinzie; il quarto, infine, era in muratura, con un sistema di pali per fissare il velarium, un tendone che serviva a riparare gli spettatori dal sole. 

Fondata nel 753 a .C. nell'area del colle Palatino e circondata da numerosi villaggi, già alla fine dell'VIII secolo a.C. Roma era uno dei più importanti insediamenti del Mediterraneo. Ma fu con Tarquinio Prisco e Servio Tullio che si realizzarono le prime opere pubbliche: strade, piazze, sistemi idrici e fognari, e persino i primi interventi di pavimentazione urbana ( 625 a .C), ancora oggi riconoscibili nell'area dei fori imperiali. A partire dal 509 a .C la città si dota di un sistema di governo repubblicano, e nell'arco di pochi secoli diviene capitale di un impero. Tra il III e il II secolo a.C, con il trionfo nelle guerre puniche, Roma domina incontrastata il Mediterraneo.

Ma è con l'età imperiale che l'Urbs si arricchisce di quasi tutti i monumenti conservatisi fino ai giorni nostri. Cuore della Roma imperiale sono i fori. Costruiti per celebrare la grandezza della città e destinati a funzioni amministrative, sorsero in un'area che era stata teatro di combattimenti tra gladiatori. Essi sono composti da cinque complessi - il foro di Cesare, il foro di Augusto, il foro della Pace, il foro di Nerva e il foro di Traiano - e la loro nascita segna il passaggio dalla repubblica all'impero: seguendo le tracce di Giulio Cesare, che costruì il primo foro nel 46 a .C, tutti i più importanti imperatori hanno voluto lasciarvi il loro segno. E una delle più ricche e suggestive aree archeologiche al mondo. Esteso su un'area di 160 metri per 78, il foro di Cesare era costituito da una piazza rettangolare ai cui lati sorgevano portici colonnati a due navate. Sul fondo si trovava il tempio di Venere Genitrice, che Cesare volle innalzare per celebrare la vittoria nella battaglia di Farsalo. Costruito per dare maggior respiro al Foro Romano, il complesso fu uno dei più eclatanti monumenti di autocelebrazione del potere politico. 

Per far spazio al suo foro - situato poco più a nord - Augusto dovette comprare molte case private della vicina Suburra. Inaugurato nel 2 a .C, era popolato di statue giganti, tra cui una che raffigurava l'imperatore, alta 17 metri e addossata a un muro costruito per proteggere il foro dal pericolo di incendi. Sul fondo della piazza, il gigantesco tempio dedicato a Marte Ultore, dio della guerra, era un'ulteriore imitazione del foro di Cesare. Potenti colonne scanalate sorreggevano un timpano triangolare con ai lati immagini di Marte, Venere, Enea e Romolo. Meno spettacolari sono il foro di Vespasiano, o foro della Pace, e quello di Nerva. Il primo era una piazza monumentale ai cui margini Vespasiano fece costruire, tra il 71 e il 75, il Templum Pacis, per celebrare la pace dopo le guerre civili. Il foro di Nerva - detto anche Transitorio, in quanto posto nell'esiguo spazio tra il foro di Augusto, quello di Cesare, quello repubblicano e il foro della Pace, mettendoli in comunicazione fra loro - era stato iniziato da Domiziano, ma fu inaugurato solo nel 98 d.C. da Nerva, dal quale prese il nome.

Il più maestoso è invece il foro di Traiano, costruito per celebrare la vittoria in Dacia nel 105 d.C. Per realizzarlo non si esitò a sbancare parzialmente il Quirinale, dove furono costruiti i Mercati Traianei, che si allungavano sul terreno scosceso del colle. 

All'interno del foro è collocata la colonna di Traiano, inaugurata il 18 maggio 113. E costruita in colossali blocchi di marmo, scavati all'interno per ricavare la tomba dell'imperatore nella base e una scala a chiocciola che sale fino alla sommità. Un lungo fregio, sul quale sono scolpite più di 2500 figure, si dipana intorno al fusto narrando gli episodi delle due campagne di Dacia. Ma tutta la Roma antica era costellata di colonne innalzate per celebrare le imprese belliche. 

Anche Marco Aurelio, nel 176 d.C., iniziò a erigere un monumento, per commemorare le sue vittorie contro i Germani, terminato soltanto nel 193. Alta 100 piedi - l'unità di misura in uso all'epoca, pari a quasi 30 metri, che diventano 42 se si considera anche la statua di San Paolo che vi fu fatta porre alla sommità nel 1589 da papa Sisto V è composta da 28 tamburi di marmo sovrapposti e la spirale scolpita a bassorilievo si avvolge 21 volte su se stessa. All'interno ospita una scala a chiocciola di 203 gradini che sale fino alla statua. 

Tra gli altri monumenti protetti dall'Unesco come Patrimonio Mondiale dell'Umanità, uno dei più maestosi e meglio conservati è il Pantheon, Eretto da Marco Vipsanio Agrippa nel 27 a .C. e ricostruito da Adriano tra il 118 e il 125 d.C., è il risultato dell'accostamento di un edificio rotondo, coperto da una cupola emisferica, e di un pronao rettangolare colonnato. Un muro circolare sorregge il tamburo, alto più di 30 metri. La cupola si apre con un occhio centrale, del diametro di 9 metri , che illumina il vano interno. Nel 609, papa Bonifacio IV lo trasformò in chiesa cristiana, e oggi ospita le tombe di Raffaello, di Vittorio Emanuele II, di Umberto I e di Margherita di Savoia. Da non trascurare sono anche le monumentali costruzioni funerarie. Imponente è il mausoleo di Augusto, che diede inizio alla sua costruzione nel 28 a .C, dopo aver sottomesso Antonio e Cleopatra. Con un diametro di circa 87 metri e un'altezza di 44, si componeva di un corpo cilindrico rivestito in blocchi di travertino, al centro del quale si apriva una porta preceduta da una breve scalinata e fiancheggiata da due pilastri sui quali erano collocate le tavole bronzee con incise le Res Gestae, l'autobiografia dell'imperatore. Dal dromos d'accesso si giungeva a due corridoi anulari che circondavano la cella sepolcrale. Al centro di essa, un nucleo cilindrico rivestito da blocchi di travertino era la spina centrale dell'edificio.

Altrettanto notevole è il mausoleo di Adriano, costruito a partire dal 121 d.C. e oggi diventato Castel Sant'Angelo. In origine era costituito da un basamento quadrato su cui si innalzava la mole cilindrica che si vede tuttora, alta 21 metri e con un diametro di 64. Dal centro sorgeva un secondo cilindro, più piccolo, nel quale erano custodite le ceneri di Adriano. Ancora più su, dove ora svetta l'angelo con la spada, un carro trainato da quattro cavalli di bronzo trasportava in cielo l'effigie dell'imperatore. 

Fin qui è stata fornita una sommaria descrizione dei monumenti esplicitamente indicati dall'Unesco nella motivazione per l'iscrizione di Roma al Patrimonio Mondiale, ma l'incredibile eredità lasciata dall'età imperiale alla Città Eterna richiederebbe molto più spazio per essere esaminata approfonditamente, a cominciare dallo straordinario complesso delle terme di Caracalla, per continuare con il gigantesco anello del Circo Massimo, che dopo la ristrutturazione voluta da Traiano nel II secolo d.C. contava 350.000 posti a sedere; per non parlare poi di alcuni straordinari luoghi riscoperti di recente, come la Domus Aurea , fastosa residenza di Nerone, o le tombe sull'Appia antica. Gli scavi archeologici continuano: Roma non ha ancora finito di restituirci le meraviglie della sua antica grandezza

I sette colli

Secondo la tradizione, Roma fu costruita sopra sette colli.

I sette colli di Roma, tutti ad est del Tevere, sono dunque il cuore di Roma. Essi hanno un ruolo estremamente importante nella mitologia, nella religione e nella politica degli Antichi Romani. Sempre secondo la tradizione la città fu fondata da Romolo sul Palatino (Mons Palatinus). Ed in effetti l'archeologia ha restituito importanti reperti molto antichi sia sul colle che sulle sue pendici verso il Tevere (zona del Velabro) relativi ai primi insediamenti di tipo urbano.

L'area del Palatino cominciò ad essere abitata già all'inizio del I millennio a.C.: si trattava di un villaggio di pochi ettari, circondato da paludi, dal quale era possibile controllare il corso del Tevere. Questo primo agglomerato urbano, rimasto quasi inalterato per un paio di secoli, è la "Roma quadrata", così chiamata dalla forma approssimativamente romboidale della sommità del colle su cui si trovava.

L'espansione, nell'VIII secolo a.C., del nucleo originario e la fusione con le tribù stanziate nei dintorni ha originato quella città dei sette colli, che però non erano i sette tradizionalmente noti, bensì solo delle alture secondarie:

- le due del Palatino (il Palatinus vero e proprio e il Cermalus)

- il Velia, che collegava il Palatino con le pendici dell'Esquilino e che fu sbancata nel XX secolo per l'apertura di via dei Fori Imperiali

- le tre occidentali dell'Esquilino (l'Oppius, il Cispius e il Fagutal).

Solo più tardi le mura serviane, erette nel IV secolo a.C., racchiusero una città che si era ormai espansa e comprendeva anche altre alture, i "tradizionali" sette colli:

- Aventino (Mons Aventinus).

- Palatino (Mons Palatinus), compreso il Germalo (Cermalus).

- Quirinale (Collis Quirinalis), comprese le alture secondarie dei colles Latiaris, Mucialis e Salutaris.

- Viminale (Collis Viminalis).

- Celio (Mons Caelius). La sua propaggine orientale aveva forse il nome di Celiolo (Caeliolus).

- Esquilino (Mons Esquilinus), comprese le propaggini dell'Oppio (Oppius), del Cispio (Cispius) e del Fagutale (Fagutal).

- Campidoglio (Mons Capitolinus), con la sommità settentrionale (Arx) e quella meridionale (Capitolium propriamente detto, separate da una sella (Asylum).

Il colle Velia viene stranamente escluso dall'elenco "ufficiale".

Un'altra sella montuosa collegava le pendici del Campidoglio con quelle del Quirinale e venne asportata nel II secolo per poter edificare il complesso del Foro di Traiano: il mons che compare nell'iscrizione della Colonna di Traiano e di cui questa mostrerebbe l'altezza originaria, è stato interpretato come un riferimento a questa altura.

Oltre il Tevere e dunque al di fuori dell'elenco dei sette colli, si trovavano il Vaticano (montes Vaticani) e il Gianicolo (Ianiculus, che sembra però comprendesse anche l'odierno Monte Mario).

Quirinale

E’ il più settentrionale dei colli di Roma e con questo nome viene anche indicata la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica che ha sede nel palazzo omonimo. Si presenta alla visione dei turisti e degli stessi cittadini come una stretta striscia di terra lunga più di due chilometri, le cui estremità sono costituite dalla porta Collina e dal Collis Latiaris.

L’aspetto del Quirinale ha subito nel corso dei secoli notevoli trasformazioni sin dall’epoca antica. Celebri furono i lavori di sterramento della collinetta che univa il Quirinale stesso al Campidoglio e compiuti per far posto ai mercati e al foro di Traiano, opera documentata sulla base della colonna traianea. 

Dei nomi delle quattro cime che componevano il colle (latiaris, mucialis, salutaris, quirinalis) si è conservato solo quello del Quirinalis, la cui etimologia viene fatta risalire alla venerazione per il Dio Quirino, divinità guerriera venerata dai Sabini, che per primi abitarono l'altura, dando vita, dopo l'incontro e la fusione con i Latini che occuparono il Palatino, ai primi agglomerati sorti fuori dalle mura della Roma Quadrata. Il dio ebbe sotto Numa Pompilio un tempio a lui dedicato, che andò ad affiancare un altro di più antica fondazione, sorto laddove oggi si trova la chiesa di San Silvestro al Quirinale e intitolato a Semo Sancus, anch'essa divinità di origine sabina. 

In seguito sorsero in gran numero altri edifici sacri: il Tempio della Salute, quello della Pudicizia Plebea, della Fortuna Primigenia, di Venere Ericina e, in età imperiale, uno dedicato alla stirpe Flavia, voluto da Domiziano, e il colossale Tempio di Serapide, fatto costruire da Caracalla. Il colle era per il resto occupato da edifici di prestigio, alcuni dei quali residenze di famiglie patrizie. Dopo la demolizione di una parte di essi, Costantino fece edificare nel 326 d.C. un enorme complesso termale, le cui rovine troneggiarono sul colle per tutto il Medioevo ed oltre; almeno sino al 1603, quando furono rimosse per far posto a Palazzo Pallavicini-Rospigliosi. 

Fra questi suggestivi ruderi c'erano anche le due colossali statue dei Dioscuri coi propri destrieri, che adornano oggi la piazza del Quirinale e che valsero al colle il nome di Monte Cavallo. Tutto intorno sorgevano solo ville suburbane circondate da campi e vigne. Una di esse, possedimento del cardinale Ippolito d'Este, attrasse l'attenzione di papa Gregorio XIII, che nel 1574 ne ampliò la struttura dando inizio alla costruzione del Palazzo del Quirinale, sorto come residenza estiva del pontefice in alternativa al Vaticano, posto in una zona pianeggiante e meno ventilata. 

L'area che si distendeva a ridosso delle pendici del colle era invece densamente popolata. Le abitazioni erano sorte, a partire dal Medioevo, intorno a due nodi principali: la chiesa dei Santi Apostoli e le tre vie che conducevano alla fontana dell'Acqua Vergine, dove, nel XVIII secolo, sarebbe stata costruita la Fontana di Trevi. Del resto, il nome del rione, così come quello della celebre fontana, alludeva proprio a questo trivio intorno al quale aveva preso avvio l'urbanizzazione medievale della zona. Essa proseguì nell'Evo Moderno soprattutto ad opera di due pontefici, Pio IV e Sisto V, che dettero vita a una serie d'interventi viari, idraulici e urbanistici culminati, rispettivamente, con la costruzione, intorno al 1563, della strada Pia, asse di collegamento col Vaticano e, nel 1589, del condotto dell'Acqua Felice, le cui diramazioni alimentarono numerose fontane sul Quirinale e sul vicino colle Esquilino. Parallelamente, a fianco delle case e delle botteghe, cominciarono a sorgere chiese di grande valore artistico e le nuove ricche dimore di famiglie nobiliari come gli Odescalchi e i Colonna; da tempi remoti esse risiedevano nei pressi del Quirinale, il cui omonimo palazzo, ingrandito nel corso del XVII e del XVIII secolo, era ormai divenuto il fulcro dell'intero rione. Nel 1870, gli interventi per l'urbanizzazione di Roma capitale determinarono tutta una serie di cambiamenti con notevoli ripercussioni sull'assetto della zona, la quale, tuttavia, trova pressoché immutato il suo antico aspetto nella parte intorno alla Fontana di Trevi, a buon diritto, uno dei simboli della città.

Il colle ospita molti monumenti importanti:

Palazzo del Quirinale: Fatto iniziare da Gregorio XIII nel 1574 al posto di una villa del cardinale Ippolito d’Este come residenza estiva dei pontefici, vi lavorarono in seguito il Mascherino, P. Fontana, F. Ponzio, il Maderno, il Bernini e il Fuga e fu completato sotto Clemente XII tra il 1730 ed il 1740. L’ampia facciata rinascimentale ha un grande portale opera del Maderno; nell’interno esiste un vasto cortile portificato dal Fontana, con la torre dell’orologio, ove sventola la bandiera del Presidente della repubblica, del Mascherino (autore anche della scala a chiocciola); la cappella Paolina, invece, è del Maderno, con stucchi del Ferebosco e la cappella dell’Annunciata con affreschi del Reni. Nelle sale ci sono fastosi arredamenti, arazzi, dipinti e oggetti molto preziosi. Fino al 1870 fu residenza dei papi, poi di Casa Savoia. Oggi è la Casa degli Italiani e del Presidente della Repubblica in carica.

La Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, che venne progettata da Gian Lorenzo Bernini (1658-1671), chiamato dal Cardinale Camillo Pamphili (nipote di Papa Innocenzo X), che è uno dei più eleganti esempi di barocco di Roma, con la famosa pianta ovale e i suoi splendidi interni (marmi, stucchi, e decorazioni dorate).

Le Quattro Fontane e la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane del Borromini (o San Carlino - originariamente Chiesa della Santissima Trinità e di San Carlo Borromeo), il primo ed ultimo lavoro di questo architetto: la facciata venne completata dopo la sua morte.

Palazzo Volpi di Misurata, di fronte a San Carlino.

Palazzo del Drago.

Palazzo Baracchini (ora sede del Ministero della Difesa).

La Chiesa di San Silvestro al Quirinale, che venne descritta per la prima volta attorno all'anno 1000, ricostruita nel XVI secolo e ristrutturata (la facciata) nel XIX.

Villa Colonna (XVII secolo), di fronte a Palazzo Rospigliosi, contiene alcuni resti del Tempio di Serapide di Caracalla

Palazzo della Consulta che ospita oggi la Corte Costituzionale, organo supremo della magistratura italiana, e venne eretto da Ferdinando Fuga per Papa Clemente XII, proprio di fronte al Palazzo del Quirinale.

Aventino

Inizialmente posto al di fuori del recinto serviano, il colle, con le sue due alture, il Grande e Piccolo Aventino, fu in­serito nel pomerio cittadino solo più tardi, finendo di diritto intra moenia solo dopo la costruzione della cinta muraria aureliana, a testimonianza della quale resta, a valle, Porta San Paolo. All'epoca ormai il quartiere aveva mutato la propria fisionomia originaria, passando da quartiere popolare, abitato prevalentemente dalla plebe, a uno dei quartieri residenziali più esclusivi della città, ricco di ville fra cui una appartenuta a Traiano. La più antica legge romana, la Lex Acilia (456 a.C), aveva infatti dato possibilità alla plebe, in origine costituita dalle popolazioni latine qui condotte da Anco Marzio, di costruire le proprie case sull'Aventino. 

Sull'etimologia del nome del colle esistono molteplici ipotesi: la prima lo vuole derivato dall'avena coltivata lungo le sue pendici e di cui veniva fatto commercio nella valle sottostante, un'altra lo collega invece al tempio di Giove Inventar, innalzato secondo la leggenda da Ercole per ringraziare il dio di avergli fatto ritrovare le proprie mandrie rubategli dal gigante Caco che qui aveva la sua grotta; la terza ipotesi, la più accreditata, lo farebbe invece derivare dalla parola latina aves, cioè dagli uccelli che presso il Saxum Sacrum avevano fornito gli auguri a Remo, il quale aveva scelto l'altura come punto di avvistamento e sulla quale venne poi sepolto. Da qui il nome di Remurio con cui era anche noto il colle. 

Altro nome attribuito all'Aventino era quello di collis Dianae, colle di Diana, in riferimento al grandioso tempio dedicato a questa divinità, qui eretto da Servio Tullio come luogo di culto comune alle città latine e ampliato con la costruzione di sontuosi portici da Augusto. Nei pressi del Tempio di Diana sorgeva il Tempio di Minerva, dove sin dal III secolo a.C. ebbe sede il Collegio degli Scrittori e degli Attori, cui spettava il compito di organizzare i Ludi Scaenici, rappresentazioni pubbliche di carattere sacrale nelle quali venivano cantati inni agli dei. Altro importante tempio sull'Aventino era quello di Giunone Regina, fatto erigere da Furio Camillo nel 392 a.C. per accogliere l'effigie della dea condotta a Roma dalla vinta città etrusca di Veio.

Il colle dominava verso meridione l'Emporium, importante scalo fluviale sul Tevere dotato di portici e di magazzini, i cosiddetti Horrea, nei quali si trovavano stoccate le merci, soprattutto l'olio, che veniva conservato in apposite anfore. I cocci delle anfore, raccolti tutti in un preciso punto non lontano dal porto, dettero luogo col tempo ad un rilievo, il cosiddetto Monte Testacelo, attorno al quale si sviluppò nel Novecento un quartiere popolare. La zona costituiva l'estrema periferia della città antica, tanto che vi si trova una delle più singolari costruzioni sepolcrali romane: la Piramide di Caio Cestìo inglobata due secoli dopo la sua edificazione nella cerchia muraria aureliana. 

Il colle subì terribili devastazioni durante le invasioni barbariche e finì praticamente ridotto a campagna, quasi per niente popolato, se si eccettuano i membri delle comunità monastiche che si erano insediati sulle sue alture. Il Grande e il Piccolo Aventino furono infatti sede di alcuni fra i più prestigiosi tituli medievali: Santa Sabina, Santa Prisca, Santi Bonifacio e Alessio, San Saba. Per il resto il colle, vista la sua posizione eminente a ridosso del Tevere, fu occupato da fortilizi, fra cui spiccava la Rocca dei Savelli, i cui spalti, trasformati in giardino pubblico, offrono tutt'oggi uno stupendo panorama sulla città. 

La fisionomia della zona, scarsissimamente urbanizzata sino al Novecento, restò immutata per secoli, eccezion fatta per l'intervento settecentesco del Piranesi, che realizzò sull'impianto di un precedente monastero benedettino, passato in seguito ai Templari quindi ai Gerosolimitani, il Priorato dei Cavalieri di Malta e la chiesa di Santa Maria del Priorato. 

Da Porta San Paolo si diparte la via Ostiense che in breve conduce ad una delle quattro basiliche giubilari maggiori, San Paolo fuori le Mura, a poca distanza dalla quale, sorge l'Abbazia delle Tre Fontane, luogo del martirio del santo cui è dedicata la vicina basilica.

Nel 1924, dal 27 giugno in poi, l’Aventino riprese la sua qualifica leggendaria radunando i secessionisti della Camera all’indomani dell’omicidio del deputato socialista Matteotti da parte delle autorità fasciste. Nell’ottobre del 1924 i comunisti ripresero il loro posto in aula, fino a quando iniziò la dittatura con le leggi speciali del 1925. Con la sospensione della carica di parlamentare nel 1926 anche la protesta dell’Aventino lasciò il posto ad un lungo periodo di inattività di tutte le forze politiche nazionali.

Palatino

Il colle Palatino è una delle parti più antiche della città. E' alto 70 metri e guarda da un lato sul Foro Romano e dall'altro sul Circo Massimo. 

L'origine del nome Palatino è incerta: molto probabilmente essa è le­gata alla radice indoeuropea pala, cioè altura, anche se è molto ac­creditata l'ipotesi che lo fa derivare da Pales, dea della pastorizia tra­dizionalmente legata alla fondazione di Roma.

La leggenda vuole che Roma ebbe le sue origini sul Palatino. In effetti, scavi recenti hanno mostrato che delle popolazioni vi abitavano già nel 1000 a.C. circa. Il Palatino comprendeva un tempo tre alture: il Palatinium, il Germalus e la Velia, delle quali le prime due, riunite, formarono la Roma Quadrata. Le prime tracce di vita risalgono all’età del ferro, invasa da capanne a forma ellittica; del periodo antico rimangono invece anche i resti delle mura del secolo VI e del secolo IV e una tholos. I templi pre-augustei presenti nella zona sono quelli di Giove vincitore del 245 a.C. , della Vittoria del 292 ac e della Magna Mater del 204 ac.

Secondo la mitologia romana, il Palatino (più precisamente il pendio paludoso che collegava il Palatino al Campidoglio, chiamato Velabro) fu il luogo dove Romolo e Remo vennero trovati dalla Lupa che li tenne in vita allattandoli nella "Grotta del Lupercale", solo recentemente localizzata. Secondo questa leggenda, il pastore Faustolo trovò gli infanti e, assieme a sua moglie Acca Larentia, allevò i bambini. Quando Romolo, ormai adulto, decise di fondare una nuova città, scelse questo luogo. 

Alcune ricche abitazioni sorgevano un tempo nella valletta tra il Germalus e il Palatinium, colmata poi da Nerone. La più importante di esse è la casa dei Grifi, con pitture e mosaici di qualità. Augusto eresse sul Palatino un tempio a Vesta e uno grandioso ad Apollo. La sua domus sembra si possa identificare con la cosiddetta “Casa di Livia”, sita presso la Magna Mater. La casa di Livia è adornata da pitture del secondo stile pompeiano. Molto più lussuoso, sempre sul colle, era il Palazzo di Tiberio, sulla terrazza attualmente occupata dagli Orti Farnesiani. Il Palatino fu abitato anche da Caligola e Nerone, la cui dimora fu danneggiata dall’incendio del 64.

Un Piano regolatore dei palazzi imperiali fu progettato da Domiziano e architettato da Rabinio, il quale costruì un palazzo composto da quattro corpi collegati: la domus Flavia, cominciata da Vespasiano con sale di ricevimento, trono, basilica, triclinio; la domus Augustana, posta su due piani; lo stadio e le terme, realizzati nell’angolo verso il Celio con grandiose costruzioni riprese poi da Settimio Severo, che vi inserì un palco per assistere alle esibizioni del circo. Opera di Settimio Severo è anche il Settizorio, eretto come una facciata monumentale del palatino verso l’Appia. Il Palazzo Presidenziale era annesso al Pedagogio, abitazione e scuola dei servi imperiali. I restauri dei vari palazzi furono fatti, naturalmente in periodi ed epoche diverse, dal Valente, Valentiniano e Graziano.

Tra il 375 ed il 379 d.C. fu fondata la Chiesa di Cesario e nel secolo IX un monastero greco. I Frangipane fortificarono la Velia e il Palatinium erigendo una turris chartularia presso l’arco di Tito.

Nel 1550 il cardinale Farnese comprò il Germalo sistemandolo a giardino. Nel secolo XVI e XVII gli stessi Farnese promossero delle riuscite campagne di scavo che presero una regolarità solo nel secolo XVIII con il Bianchini, con il Rancoureil e con il Tournon sotto Napoleone. Unita l’Italia, l’esplorazione della zona fu opera di G. Boni, A. Bartali e P. Romanelli.

Celio

Il Celio è posizionato tra l’Esquilino e il Palatino. Escluso dalla cerchia della città romulea e da quella regia, solo più tardi entrò a far parte del complesso urbanistico. 

In origine il nome del Celio era Colle Querquetulano, per via dei grandi boschi di querce (in latino quercusj che ne ricoprivano anticamente le pendici. Assunse il nome con cui è ancora oggi noto solo in un secondo tempo, quando cioè - prima che vi si trasferissero gli abitanti di Albalonga, qui tradotti da Tullio Ostilio dopo la distruzione della città - l'altura era abitata dagli Etruschi, il cui capo, Celio Vebenna, aveva aiutato Romolo nella guerra contro i Sabini. A ricordo del primitivo nome del colle esisteva nel recinto delle Mura Serviane, in cui esso rientrava, la Porta Querquetulana, dalla quale si dipartiva l'antica via Tuscolana.

Le altre porte che si aprivano sul colle erano la Celimontana, sui resti della quale fu innalzato l'Arco di Dolabella, e la Capena, punto d'inizio della via Appia antica.

La zona era sede di alcune ricche dimore patrizie andate distrutte da un incendio sotto Tiberio. L'imperatore, assecondando la sua proverbiale generosità, indennizzò i proprietari delle case con tanto di quel denaro che essi vi poterono ricostruire ville ancor più sontuose, tanto da far guadagnare al Celio il nome di Mons Augustus.

Inoltre il colle ospitava alcuni edifici sacri di rilievo, fra cui il Tempio di Ercole Vincitore e quello di Minerva Capta. Il più importante era però il Tempio del Divo Claudio, eretto da Agrippina in memoria del marito. Si trattava di una struttura che univa alle colossali dimensioni (il suo perimetro era di circa 800 metri) una ricchezza e un fasto impensabili nella decorazione e nei materiali utilizzati per la sua realizzazione. Del suo enorme podio e delle sostruzioni che ne reggevano la colossale mole restano alcune tracce presso la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.

Il successore di Claudio, Nerone, fece invece costruire sul colle un grande mercato, il Macellum Magnum, caratterizzato da un edificio a pianta circolare dotato di cupola che, secondo alcuni storici, avrebbe fornito il modello per la chiesa paleocristiana di Santo Stefano Rotondo, erettavi a poca distanza intorno al V secolo.

Qui, in epoca imperiale, sorgevano i Castra Peregrina dove alloggiavano le forze di polizia addette all'arresto e alla sorveglianza dei detenuti. E proprio a due militari della guardia imperiale, residenti in una casa sul colle, e martirizzati sotto Giuliano l'Apostata nel 362 perché si erano rifiutati di sacrificare a Giove, fu dedicata la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, sorta proprio in corrispondenza della loro dimora. Sempre da una casa, appartenuta però a papa Gregorio I, trasse origine nel VI secolo un'altra importante chiesa del Celio intitolata al canonizzato pontefice, San Gregorio Magno appunto, dal cui annesso convento, nel 506, il monaco Agostino partì per l'evangelizzazione dell'Inghilterra.

All'epoca di Pasquale I risale invece la fondazione di Santa Maria in Domnica, presso la quale esiste un bel portale sormontato da edicola firmato dal maestro lacopo e da suo figlio Cosma, iniziatori, tra il XII e il XIII secolo, della famosa Scuola cosmatesca, che per due secoli operò a Roma creando raffinati capolavori di tarsia marmorea.

Per il resto, durante tutto il Medioevo e il Rinascimento, il colle mantenne il suo carattere agreste restando scarsamente popolato, e tale rimase anche in seguito, nonostante nell'Ottocento alcune speculazioni edilizie ini­ziassero a minacciarne l'armoniosa fisionomia campestre. La costituzione a parco pubblico dell'enorme giardino della Villa Celimontana bloccò tali tentativi, anche se gli interventi del 1937 per l'allargamento di via della Navicella, ove sorge appunto la Fontana della Navicella, ne mutarono parzialmente la natura.

Campidoglio

Svettante cuore civile e religioso della Roma antica coi suoi templi dedicati alle massime divinità protettrici dell'Urbe, il Campidoglio conserva ancora una valenza simbolica quale sede del potere municipale, ospitato sin dal Medioevo nelle sale del Palazzo Senatorio.

Verso nord, sulla propaggine più elevata e scoscesa del colle, laddove sorge la chiesa di Santa Maria in Aracoeli, si trovavano l'Arce, la cittadella fortificata, estremo baluardo cittadino, e il Tempio di Giunone Moneta, ovvero Ammonitrice, il quale, costruito a monito per tutti i nemici di Roma da Furio Camillo dopo la sconfitta da lui inferta ai Galli, fu anche sede della prima zecca romana.

Unita all'Arce da un declivio, il cosiddetto Asylum Romuli - il luogo dove il primo re di Roma aveva dato ospitalità ai popoli vicini - la porzione del Campidoglio rivolta a mezzogiorno accoglieva invece il colossale Tempio di Giove Ottimo Massimo, fondato da Tarquinio Prisco nel VI secolo e più volte ricostruito, e altri significativi luoghi di culto, come il Tempio della Fides Publica e quello di Giove Feretrio, primo tempio dell'Urbe fondato dallo stesso Romolo.

Ai piedi del fianco meridionale del colle, la cosiddetta Rupe Tarpea, dalla quale venivano gettati i traditori della patria, si estendeva anticamente il Foro Boario, luogo riservato ai mercanti di bestiame che proseguiva in un'area sacra che giungeva sino al Porto Tiberino, importantissimo scalo commerciale lungo il Tevere. Il Foro Boario è oggi una zona ricca di suggestive vestigia del passato e di emblematici luoghi di culto. Nella parte a ridosso del Campidoglio, nell'area adesso occupata dalla chiesa di Sant'Omobono, rimangono i resti di due antichissimi templi fondati da Servio Tullio e rispettivamente dedicati alla Fortuna e alla Mater Matuta.

Giunti sino a noi praticamente intatti sono invece i Templi della Fortuna Virile e di Vesta, edificati nella zona del Foro Boario a ridosso del porto sul Tevere, e il quadrifronte Arco di Giano, sotto il quale i mercanti che anticamente frequentavano il foro erano soliti ripararsi dalle intemperie.

La storia del Campidoglio è ricca di episodi realmente verificatisi e di leggende. Tra le vicende più note svettano la temporanea occupazione da parte dei sabini nel 460 a.C. e il famoso assedio dei Galli con conseguente leggenda delle Oche (390 a.C.), che si dice abbiano avvertito le guardie del Campidoglio dell’imminente incursione nemica con il loro starnazzare.

Coi secoli le monumentali costruzioni romane andarono in rovina e il colle fu lentamente ridotto a pascolo tanto da ricevere il nome di "Monte Caprino". Nel Medioevo un piccolo complesso di edifici pubblici prese il posto delle rovine, finché nel XVI secolo Michelangelo non gli dette una nuova, definitiva sistemazione.

Oggi il Campidoglio è sede del Consiglio Comunale della città di Roma. La piazza sulla quale dà la facciata è stata disegnata da Michelangelo, al cui centro si erge la copia della Statua di Marco Aurelio, l’unica, di epoca romana, ancora intatta. L’originale del bronzo è conservato, restaurato, dentro al Museo dei Conservatori.

Gianicolo

La verdeggiante altura del Gianicolo deriva il suo nome da Giano, che qui aveva nell'antichità un suo importante luogo di culto. Il colle, per la natura del suo terreno, prevalentemente costituito da marna gialla, era detto anche Mons Aureus (Monte d'Oro), da cui il toponimo Montorio conservatosi nel nome della chiesa di San Pietro, che sorge sul luogo dove, secondo un'antica quanto infondata tradizione, sarebbe stato martirizzato il primo pontefice della Chiesa.

Scarsamente popolato anche in epoca romana, eccezion fatta per alcune ville dotate di giardini che giungevano sino al Tevere - fra cui quella del poeta Marziale e quella di Cesare, i cui meravigliosi Horti furono per volontà testamentaria dello stesso lasciati al popolo romano, il colle fu inserito entro il pomerio cittadino solo con l'erezione delle Mura Aureliane, che s'interrompevano all'altezza dell'attuale Porta San Pancrazio, per far passare la via Aurelia, una delle più trafficate vie consolari romane.

A valle invece, bordando le pendici del colle, un altro im­portante asse stradale costeggiava il fiume uscendo da Porta Portuense (attuale Porta Portese) e raggiungendo gli scali di Claudio e Traiano. Parte del percorso di questa strada, detta anche via sub Janiculo, servì da traccia per la costruzione della via Santa, iniziata da Sisto IV per il giubileo del 1475, asse stradale che collegava al Vaticano la cosiddetta Ripa Romea o Ripa Grande, il porto fluviale sul Tevere, presso il quale scendevano i pellegrini in visita alla tomba di San Pietro. La via si collegava anche al Ponte Santa Maria o Senatorio, l'attuale Ponte Rotto, che invece permetteva un rapido collegamento rettilineo col Foro Boario e da qui con le basiliche giubilari del Laterano e di Santa Maria Maggiore.

Agli inizi del Cinquecento, sfruttando in parte il tracciato stradale sistino, Giulio II fece mettere a punto dal Bramante un circuito che correva parallelamente sulle due rive del Tevere con via Giulia sulla sponda sinistra e via della Lungara sulla destra. La congiunzione fra i due rami del percorso doveva essere costituita dal Ponte Sisto e dal Ponte Giulio, quest'ultimo progettato ma mai realizzato.

Da via della Lungara, che, rettificando il percorso della precedente via Santa sino a Porta Settimiana, metteva in comunicazione Trastevere col rione Borgo, si dipartirono in seguito, risalendo i fianchi del colle, alcune strette viuzze ortogonali, lungo le quali sorsero rare casette. Per il resto la zona continuò a mantenere il suo carattere suburbano, definito da vaste aree verdi in mezzo alle quali, tra Quattro e Cinquecento, sorsero fastosi edifici, come la Villa Farnesina, il Palazzo Corsi ni alla Lungara e Palazzo Salviati.

Nello stesso periodo, sulla cima del colle, in posizione panoramica, venivano innalzate Villa Lante e Villa Aurelia e le chiese di San Pietro in Montorio col famoso Tempietto del Bramante e di Sant'Onofrio. Nel Seicento, lungo i versanti occidentale e meridionale del colle, Urbano VIII munì il versante occidentale del Gianicolo rivelatosi punto debole della difesa cittadina durante il sacco di Roma del 1527, rinsaldando così la linea difensiva compresa tra la testa di ponte vaticana costituita dalla Città Leonina e da Castel Sant'Angelo e le Mura Aureliane che delimitavano il rione Trastevere.

Rimasto invariato nella sua fisionomia nel secolo successivo, tanto che vi venne insediato l'Orto Botanico di Roma, il colle subì notevoli modifiche nell'Ottocento, prima sotto Pio IX, con l'apertura dell'attuale via Garibaldi, che lo mise più direttamente in comunicazione con Trastevere, quindi, dopo la proclamazione di Roma capitale, con la costruzione della Passeggiata e della Terrazza del Gianicolo, che fornisce uno dei più emozionanti panorami della città. Nel 1849 il colle fu teatro degli scontri tra le truppe francesi, accorse in aiuto del pontefice, e quelle della Repubblica Romana, comandate da Garibaldi, cui è dedicato il Monumento sulla Terrazza.

Viminale

Il nome deriverebbe dalla selva di ceste di vimini da cui sarebbe stato ricoperto in passato. 

In origine, pur facendo parte dal punto di vista etnico e politico al nucleo sabino del Quirinale, non era compreso nella città latino-sabina. Solo in seguito fu sempre unito al Quirinale sia nell’ordinamento serviano che in quello augusteo. Percorso dal vicus longus e dal vicus patricius, fu sempre quartiere con abitazioni signorili. 

Gli scavi hanno fatto riemergere del materiale molto interessante, tra cui un’area destinata al culto del Dio Vermino, sacelli e larari di epoca imperiale e il palazzo di Decio. 

Al tempo di Diocleziano, tra il 298 e il 305 d.C. vi furono erette le Terme, nella zona al temine del Vicus Longus, fra il Viminale e il Quirinale.

Nel Rinascimento il tepidarium delle Terme fu trasformato da Michelangelo che vi realizzo la chiesa di Santa Maria degli Angeli (1561).

Nel 1902 è stato realizzato il palazzo che attualmente ospita il Ministro degli Interni della Repubblica Italiana. 

Esquilino

L'Esquilino, il più alto ed il più esteso dell'Urbe, era formato da tre alture: l'Oppio nel settore meridionale, il Fagutal in quello occidentale confinante con la Velia ed il Cispio nella parte settentrionale, dove si trova attualmente la basilica di Santa Maria Maggiore.

Il nucleo abitato dell'Esquilino ha origini risalenti al secolo VIII a.C., quando gli abitanti costituivano una sorta di sobborgo della città palatina. 

In origine era un corpo unico con gli altri sei colli, formando un unico altopiano che, successivamente, in seguito all'erosione prodotta dai vari corsi d'acqua e dopo il sollevamento dei sedimenti fluviali del Tevere che ha inciso il tufo solido e gli altri tufi antichi, si è diviso in valli ed alture dando alla zona l'aspetto attuale. Il sottosuolo presenta grandi quantità di tufi litoidi e di tufi antichi misti a strati di argilla gialla e di sedimenti lavici che testimoniano un'attività eruttiva piuttosto notevole dovuta ai vicini vulcani, ora in genere trasformatisi in laghi. La vastità e la consistenza di questi giacimenti tufacei spiega il grande successo di questo materiale di facile lavorazione che fu presente in tutte le attività costruttive dei romani.

L'attuale rione Esquilino, creato nel 1870 all'epoca della proclamazione di Roma capitale, occupa le pendici orientali dell'omonimo colle, il cui nome, derivato dal latino excolere, ossia "abitare fuori", indicava il suo stato di sobborgo esterno alla cerchia muraria serviana, adibito ad uso prettamente cimiteriale. Tale utilizzo proseguì almeno sino all'età augustea, quando la zona venne annessa alla città e trasformata in quartiere residenziale abitato dai ricchi esponenti della corte imperiale. Qui aveva la propria abitazione il famoso Mecenate, consigliere personale di Augusto e soprattutto animatore del più importante circolo culturale dell'antichità, amico dei poeti Orazio e Virgilio (che qui aveva, anch'egli, la propria dimora) e proprietario di quell'immenso parco ricco di meravigliose e preziosissime opere d'arte noto col nome di Horti Mecenatiani.

Con la decadenza di Roma i verdeggianti declivi del colle s'inselvatichirono, le ville patrizie sparirono e la zona cadde in un lungo e silenzioso oblio. Il luogo si rivelò tuttavia propizio per la fondazione di chiese e monasteri che sorsero su alcuni dei più antichi titilli romani, come quello di Santa Prassede, eretto in corrispondenza del pozzo dove la santa aveva piamente raccolto i resti di ben duemila martiri, e quello di Santa Pudenziana, costruito sulla casa che aveva ospitato anche san Pietro e appartenente a Pudente, padre delle due martiri cui sono intitolate le due chiese citate, entrambi risalenti al IV-V secolo.

Sorse qui anche una delle quattro basiliche giubilari maggio­ri, Santa Maria Maggiore, edificata sulla cima dell'Esquilino in corrispondenza della zona che una nevicata miracolosa, verificatasi nell'agosto del 356 e predetta in sogno dalla Vergi­ne a papa Liberio, aveva contrassegnato. Per tutto il Medioevo il quartiere mantenne la sua fisionomia di spazio verdeggiante costellato da chiese, conventi e dalle istituzioni assistenziali che si erano via via venute a formare presso questi ultimi.

Con la seconda metà del XVI secolo l'Esquilino conobbe una sorta di rinascita dal punto di vista urbanistico con la creazione, sotto Sisto V, di una fitta rete viaria che aveva uno dei suoi fulcri proprio in Santa Maria Maggiore, verso la quale confluivano da una parte la strada Felice, che la congiungeva con Trinità dei Monti, dall'altra via Merulana (iniziata da Gregorio XIII per il giubileo del 1575), che invece la col legava alla vicina basilica di San Giovanni in Laterano. Sull'esempio della villa fatta costruire a ridosso del colle dallo stesso Sisto V, sorsero in seguito altre ville dotate di grandi giardini che sino all'Ottocento costituirono un'ininterrotta fascia a ridosso delle Mura Aureliane, che il piano regolatore per Roma capitale demolì una ad una costruendo al loro posto, secondo una pianta a scacchiera, i nuovi isolati costituiti da palazzi in stile eclettico e classicista tipici dell'architettura dell'epoca.

Il rimodellamento del tessuto urbano proseguì nel Novecento estendendosi al Viminale, il colle prospiciente l'Esquilino, dove fu eretto il monumentale Palazzo del Viminale, sede del Ministero dell'Interno.

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Centro storico di Roma - I sette colli
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