Secondo
la tradizione tramandata dagli storici latini la fondazione di Roma
sarebbe avvenuta a opera di Romolo nel
753 a
.C, data che oggi è ritenuta attendibile.
Il
primo nucleo della città si sviluppò sul Palatino, uno dei sette colli
della Roma classica. La zona paludosa che si estendeva fra il Palatino e
il Campidoglio venne bonificata e qui ebbe sede il Foro Romano,
inizialmente luogo di attività commerciali e in seguito centro
nevralgico della vita cittadina.
Già
a partire dall'età repubblicana Roma Caput Mundi aveva acquistato una
tale importanza che l'antica piazza principale, il Foro Romano, non
rispondeva più alle esigenze dettate dalla intensa vita pubblica che
qui aveva luogo. Da allora, dall'età di Giulio Cesare fino a quella di
Traiano, in un arco di circa centocinquanta anni, il centro direzionale
dello stato romano conobbe numerosi e progressivi interventi urbanistici
che ne allargarono i confini sino a occupare un'area di circa
novantamila metri quadrati.
I
Fori costituivano il luogo principale della vita cittadina; oltre che
funzioni giudiziarie e finanziarie, vi si svolgevano anche quelle
commerciali, almeno le più prestigiose. Giulio Cesare, infatti, per
dare maggior respiro al Foro, decise di allontanare le attività
commerciali più umili, ossia quelle che riguardavano i generi
alimentari, mantenendo le transazioni di una certa importanza (si pensi
che era consuetudine tra i senatori custodire qui le casseforti
private).
 
All'interno
dei Fori sorgevano anche i principali templi della città che
significavano il luogo di una forte valenza religiosa. L'area cittadina
era anche sede di funzioni onorarie se si considerano l'abbondante
numero di statue e iscrizioni destinate a rendere omaggio alle figure
rappresentative dello stato. I Fori Imperiali facevano talvolta da
cornice anche ad avvenimenti di carattere ludico-culturale, quali
spettacoli, ed educativo, come testimonia la presenza di scuole, musei e
biblioteche. La funzione principale era tuttavia quella di trasmettere
ai cittadini e ai sudditi, in occasione di manifestazioni ufficiali, un
chiaro messaggio politico: l'esaltazione della grandezza e della
maestosità dello stato romano.
L’antica
Roma – Panem et circenses.
Letteralmente, pane e giochi. Così, nell'81 d.C, dalle pagine delle sue
Satire Giovenale sintetizzava la formula che permetteva di mantenere il
controllo sulle masse romane: distribuzione di generi alimentari, bagni
pubblici e terme da un lato, gladiatori, animali esotici, competizioni
sportive e rappresentazioni teatrali dall'altro. 
Questi
erano gli strumenti degli imperatori per sedare i malumori popolari.
Roma è stata, d'altra parte, la prima metropoli che il mondo abbia
conosciuto. Con un milione, forse un milione e mezzo di abitanti, un
assetto urbanistico complesso e una realtà morfologica che imponeva
severi limiti a una pianificazione razionale, la città già soffriva di
problemi di traffico e di sovraffollamento analoghi a quelli che
incontriamo nelle metropoli odierne, con in più pericoli relativi
all'igiene, al rischio di incendi, alle questioni di ordine pubblico.
Perciò non c'è da stupirsi che gli imperatori tentassero di distrarre
i cittadini dai loro guai quotidiani. E quando Giovenale scriveva le sue
caustiche sentenze era appena stato inaugurato il più celebre dei
monumenti romani dedicati ai giochi.
Voluto
da Vespasiano e inaugurato da Tito nell'80 d.C, il Colosseo, o
Anfiteatro Flavio, raggiungeva i
48 metri
di altezza, distribuiti su quattro piani, con un diametro di
188 metri
. Poteva ospitare 50.000 spettatori, e per costruirlo furono impiegati
100.000 metri cubi
di travertino e 300 tonnellate di ferro. Il primo piano era alto 10,5
metri ed era ornato da semicolonne doriche; il secondo era alto
11,85 metri
con colonne ioniche, mentre il terzo era di
11,60 metri
con colonne corinzie; il quarto, infine, era in muratura, con un sistema
di pali per fissare il velarium, un tendone che serviva a riparare gli
spettatori dal sole.
Fondata
nel
753 a
.C. nell'area del colle Palatino e circondata da numerosi villaggi, già
alla fine dell'VIII secolo a.C. Roma era uno dei più importanti
insediamenti del Mediterraneo. Ma fu con Tarquinio Prisco e Servio
Tullio che si realizzarono le prime opere pubbliche: strade, piazze,
sistemi idrici e fognari, e persino i primi interventi di pavimentazione
urbana (
625 a
.C), ancora oggi riconoscibili nell'area dei fori imperiali. A partire
dal
509 a
.C la città si dota di un sistema di governo repubblicano, e nell'arco
di pochi secoli diviene capitale di un impero. Tra il III e il II secolo
a.C, con il trionfo nelle guerre puniche, Roma domina incontrastata il
Mediterraneo.
Ma
è con l'età imperiale che l'Urbs si arricchisce di quasi tutti i
monumenti conservatisi fino ai giorni nostri. Cuore della Roma imperiale
sono i fori. Costruiti per celebrare la grandezza della città e
destinati a funzioni amministrative, sorsero in un'area che era stata
teatro di combattimenti tra gladiatori. Essi sono composti da cinque
complessi - il foro di Cesare, il foro di Augusto, il foro della Pace,
il foro di Nerva e il foro di Traiano - e la loro nascita segna il
passaggio dalla repubblica all'impero: seguendo le tracce di Giulio
Cesare, che costruì il primo foro nel
46 a
.C, tutti i più importanti imperatori hanno voluto lasciarvi il loro
segno. E una delle più ricche e suggestive aree archeologiche al mondo.
Esteso su un'area di
160 metri
per 78, il foro di Cesare era costituito da una piazza rettangolare ai
cui lati sorgevano portici colonnati a due navate. Sul fondo si trovava
il tempio di Venere Genitrice, che Cesare volle innalzare per celebrare
la vittoria nella battaglia di Farsalo. Costruito per dare maggior
respiro al Foro Romano, il complesso fu uno dei più eclatanti monumenti
di autocelebrazione del potere politico.
Per
far spazio al suo foro - situato poco più a nord - Augusto dovette
comprare molte case private della vicina Suburra. Inaugurato nel
2 a
.C, era popolato di statue giganti, tra cui una che raffigurava
l'imperatore, alta
17 metri
e addossata a un muro costruito per proteggere il foro dal pericolo di
incendi. Sul fondo della piazza, il gigantesco tempio dedicato a Marte
Ultore, dio della guerra, era un'ulteriore imitazione del foro di
Cesare. Potenti colonne scanalate sorreggevano un timpano triangolare
con ai lati immagini di Marte, Venere, Enea e Romolo. Meno spettacolari
sono il foro di Vespasiano, o foro della Pace, e quello di Nerva. Il
primo era una piazza monumentale ai cui margini Vespasiano fece
costruire, tra il 71 e il 75, il Templum Pacis, per celebrare la pace
dopo le guerre civili. Il foro di Nerva - detto anche Transitorio, in
quanto posto nell'esiguo spazio tra il foro di Augusto, quello di
Cesare, quello repubblicano e il foro della Pace, mettendoli in
comunicazione fra loro - era stato iniziato da Domiziano, ma fu
inaugurato solo nel 98 d.C. da Nerva, dal quale prese il nome.
Il
più maestoso è invece il foro di Traiano, costruito per celebrare la
vittoria in Dacia nel 105 d.C. Per realizzarlo non si esitò a sbancare
parzialmente il Quirinale, dove furono costruiti i Mercati Traianei, che
si allungavano sul terreno scosceso del colle.
All'interno
del foro è collocata la colonna di Traiano, inaugurata il 18 maggio
113. E costruita in colossali blocchi di marmo, scavati all'interno per
ricavare la tomba dell'imperatore nella base e una scala a chiocciola
che sale fino alla sommità. Un lungo fregio, sul quale sono scolpite più
di 2500 figure, si dipana intorno al fusto narrando gli episodi delle
due campagne di Dacia. Ma tutta la Roma antica era costellata di colonne
innalzate per celebrare le imprese belliche.
Anche
Marco Aurelio, nel 176 d.C., iniziò a erigere un monumento, per
commemorare le sue vittorie contro i Germani, terminato soltanto nel
193. Alta
100 piedi
- l'unità di misura in uso all'epoca, pari a quasi 30 metri, che
diventano 42 se si considera anche la statua di San Paolo che vi fu
fatta porre alla sommità nel 1589 da papa Sisto V è composta da 28
tamburi di marmo sovrapposti e la spirale scolpita a bassorilievo si
avvolge 21 volte su se stessa. All'interno ospita una scala a chiocciola
di 203 gradini che sale fino alla statua.
Tra
gli altri monumenti protetti dall'Unesco come Patrimonio Mondiale
dell'Umanità, uno dei più maestosi e meglio conservati è il Pantheon,
Eretto da Marco Vipsanio Agrippa nel
27 a
.C. e ricostruito da Adriano tra il 118 e il 125 d.C., è il risultato
dell'accostamento di un edificio rotondo, coperto da una cupola
emisferica, e di un pronao rettangolare colonnato. Un muro circolare
sorregge il tamburo, alto più di 30 metri. La cupola si apre con un
occhio centrale, del diametro di
9 metri
, che illumina il vano interno. Nel 609, papa Bonifacio IV lo trasformò
in chiesa cristiana, e oggi ospita le tombe di Raffaello, di Vittorio
Emanuele II, di Umberto I e di Margherita di Savoia. Da non trascurare
sono anche le monumentali costruzioni funerarie. Imponente è il
mausoleo di Augusto, che diede inizio alla sua costruzione nel
28 a
.C, dopo aver sottomesso Antonio e Cleopatra. Con un diametro di circa
87 metri
e un'altezza di 44, si componeva di un corpo cilindrico rivestito in
blocchi di travertino, al centro del quale si apriva una porta preceduta
da una breve scalinata e fiancheggiata da due pilastri sui quali erano
collocate le tavole bronzee con incise le Res Gestae, l'autobiografia
dell'imperatore. Dal dromos d'accesso si giungeva a due corridoi anulari
che circondavano la cella sepolcrale. Al centro di essa, un nucleo
cilindrico rivestito da blocchi di travertino era la spina centrale
dell'edificio.
Altrettanto
notevole è il mausoleo di Adriano, costruito a partire dal 121 d.C. e
oggi diventato Castel Sant'Angelo. In origine era costituito da un
basamento quadrato su cui si innalzava la mole cilindrica che si vede
tuttora, alta 21 metri e con un diametro di 64. Dal centro sorgeva un
secondo cilindro, più piccolo, nel quale erano custodite le ceneri di
Adriano. Ancora più su, dove ora svetta l'angelo con la spada, un carro
trainato da quattro cavalli di bronzo trasportava in cielo l'effigie
dell'imperatore.
Fin
qui è stata fornita una sommaria descrizione dei monumenti
esplicitamente indicati dall'Unesco nella motivazione per l'iscrizione
di Roma al Patrimonio Mondiale, ma l'incredibile eredità lasciata
dall'età imperiale alla Città Eterna richiederebbe molto più spazio
per essere esaminata approfonditamente, a cominciare dallo straordinario
complesso delle terme di Caracalla, per continuare con il gigantesco
anello del Circo Massimo, che dopo la ristrutturazione voluta da Traiano
nel II secolo d.C.
contava 350.000 posti a sedere; per non parlare poi di alcuni
straordinari luoghi riscoperti di recente, come
la Domus Aurea
, fastosa residenza di Nerone, o le tombe sull'Appia antica. Gli scavi
archeologici continuano: Roma non ha ancora finito di restituirci le
meraviglie della sua antica grandezza
I
sette colli
Secondo la tradizione,
Roma fu costruita sopra sette colli.
I sette colli di Roma,
tutti ad est del Tevere, sono dunque il cuore di Roma. Essi hanno un
ruolo estremamente importante nella mitologia, nella religione e nella
politica degli Antichi Romani. Sempre secondo la tradizione la città fu
fondata da Romolo sul Palatino (Mons Palatinus). Ed in effetti
l'archeologia ha restituito importanti reperti molto antichi sia sul
colle che sulle sue pendici verso il Tevere (zona del Velabro) relativi
ai primi insediamenti di tipo urbano.
L'area del
Palatino cominciò ad essere abitata già all'inizio del I millennio
a.C.: si trattava di un villaggio di pochi ettari, circondato da paludi,
dal quale era possibile controllare il corso del Tevere. Questo primo
agglomerato urbano, rimasto quasi inalterato per un paio di secoli, è
la "Roma quadrata", così chiamata dalla forma
approssimativamente romboidale della sommità del colle su cui si
trovava.
L'espansione, nell'VIII
secolo a.C., del nucleo originario e la fusione con le tribù stanziate
nei dintorni ha originato quella città dei sette colli, che però
non erano i sette tradizionalmente noti, bensì solo delle alture
secondarie:
- le due del Palatino (il Palatinus
vero e proprio e il Cermalus)
- il Velia, che
collegava il Palatino con le pendici dell'Esquilino e che fu sbancata
nel XX secolo per l'apertura di via dei Fori Imperiali
- le tre occidentali
dell'Esquilino (l'Oppius, il Cispius e il Fagutal).
Solo più tardi le mura
serviane, erette nel IV secolo a.C., racchiusero una città che si era
ormai espansa e comprendeva anche altre alture, i
"tradizionali" sette colli:
- Aventino (Mons
Aventinus).
- Palatino (Mons
Palatinus), compreso il Germalo (Cermalus).
- Quirinale (Collis
Quirinalis), comprese le alture secondarie dei colles Latiaris,
Mucialis e Salutaris.
- Viminale (Collis
Viminalis).
- Celio (Mons
Caelius). La sua propaggine orientale aveva forse il nome di Celiolo
(Caeliolus).
- Esquilino (Mons
Esquilinus), comprese le propaggini dell'Oppio (Oppius), del
Cispio (Cispius) e del Fagutale (Fagutal).
- Campidoglio (Mons
Capitolinus), con la sommità settentrionale (Arx) e quella
meridionale (Capitolium propriamente detto, separate da una sella
(Asylum).
Il colle Velia
viene stranamente escluso dall'elenco "ufficiale".
Un'altra sella montuosa
collegava le pendici del Campidoglio con quelle del Quirinale e venne
asportata nel II secolo per poter edificare il complesso del Foro di
Traiano: il mons che compare nell'iscrizione della Colonna di
Traiano e di cui questa mostrerebbe l'altezza originaria, è stato
interpretato come un riferimento a questa altura.
Oltre il Tevere e
dunque al di fuori dell'elenco dei sette colli, si trovavano il Vaticano
(montes Vaticani) e il Gianicolo (Ianiculus, che sembra
però comprendesse anche l'odierno Monte Mario).
Quirinale

E’
il più settentrionale dei colli di Roma e con questo
nome viene anche indicata la residenza ufficiale del Presidente della
Repubblica che ha sede nel palazzo omonimo.
Si presenta alla visione dei turisti e degli stessi cittadini come una
stretta striscia di terra lunga più di due chilometri, le cui estremità
sono costituite dalla porta Collina e dal Collis Latiaris.
L’aspetto
del Quirinale ha subito nel corso dei secoli notevoli trasformazioni sin
dall’epoca antica. Celebri furono i lavori di sterramento della
collinetta che univa il Quirinale stesso al Campidoglio e compiuti per
far posto ai mercati e al foro di Traiano, opera documentata sulla base
della colonna traianea.
Dei
nomi delle quattro cime che componevano il colle (latiaris, mucialis,
salutaris, quirinalis) si è conservato solo quello del Quirinalis, la
cui etimologia viene fatta risalire alla venerazione per il Dio Quirino,
divinità guerriera venerata dai Sabini, che per primi abitarono
l'altura, dando vita, dopo l'incontro e la fusione con i Latini che
occuparono il Palatino, ai primi agglomerati sorti fuori dalle mura
della Roma Quadrata. Il dio ebbe sotto Numa Pompilio un tempio a lui
dedicato, che andò ad affiancare un altro di più antica fondazione,
sorto laddove oggi si trova la chiesa di San Silvestro al Quirinale e
intitolato a Semo Sancus, anch'essa divinità di origine sabina.
In
seguito sorsero in gran numero altri edifici sacri: il Tempio della
Salute, quello della Pudicizia Plebea, della Fortuna Primigenia, di
Venere Ericina e, in età imperiale, uno dedicato alla stirpe Flavia,
voluto da Domiziano, e il colossale Tempio di Serapide, fatto costruire
da Caracalla. Il colle era per il resto occupato da edifici di
prestigio, alcuni dei quali residenze di famiglie patrizie. Dopo la
demolizione di una parte di essi, Costantino fece edificare nel 326 d.C.
un enorme complesso termale, le cui rovine troneggiarono sul colle per
tutto il Medioevo ed oltre; almeno sino al 1603, quando furono rimosse
per far posto a Palazzo Pallavicini-Rospigliosi.
Fra
questi suggestivi ruderi c'erano anche le due colossali statue dei
Dioscuri coi propri destrieri, che adornano oggi la piazza del Quirinale
e che valsero al colle il nome di Monte Cavallo. Tutto intorno sorgevano
solo ville suburbane circondate da campi e vigne. Una di esse,
possedimento del cardinale Ippolito d'Este, attrasse l'attenzione di
papa Gregorio XIII, che nel
1574 ne ampliò la struttura dando inizio alla costruzione del Palazzo
del Quirinale, sorto come residenza estiva del pontefice in alternativa
al Vaticano, posto in una zona pianeggiante e meno ventilata.
L'area
che si distendeva a ridosso delle pendici del colle era invece
densamente popolata. Le abitazioni erano sorte, a partire dal Medioevo,
intorno a due nodi principali: la chiesa dei Santi Apostoli e le tre vie
che conducevano alla fontana dell'Acqua Vergine, dove, nel XVIII secolo, sarebbe stata costruita la Fontana di Trevi.
Del resto, il nome del rione, così come quello della celebre fontana,
alludeva proprio a questo trivio intorno al quale aveva preso avvio
l'urbanizzazione medievale della zona. Essa proseguì nell'Evo Moderno
soprattutto ad opera di due pontefici, Pio IV e Sisto V,
che dettero vita a una serie d'interventi viari,
idraulici e urbanistici culminati, rispettivamente, con la costruzione,
intorno al 1563, della strada Pia, asse di collegamento col Vaticano e,
nel 1589, del condotto dell'Acqua Felice, le cui diramazioni
alimentarono numerose fontane sul Quirinale e sul vicino colle
Esquilino. Parallelamente, a fianco delle case e delle botteghe,
cominciarono a sorgere chiese di grande valore artistico e le nuove
ricche dimore di famiglie nobiliari come gli Odescalchi e i Colonna; da
tempi remoti esse risiedevano nei pressi del Quirinale, il cui omonimo
palazzo, ingrandito nel corso del XVII e del XVIII secolo, era ormai divenuto il fulcro dell'intero rione.
Nel 1870, gli interventi per l'urbanizzazione di Roma capitale
determinarono tutta una serie di cambiamenti con notevoli ripercussioni
sull'assetto della zona, la quale, tuttavia, trova pressoché immutato
il suo antico aspetto nella parte intorno alla Fontana di Trevi, a buon
diritto, uno dei simboli della città.
Il
colle ospita molti monumenti importanti:
Palazzo
del Quirinale: Fatto iniziare
da Gregorio XIII nel 1574 al posto di una villa del cardinale Ippolito
d’Este come residenza estiva dei pontefici, vi lavorarono in seguito
il Mascherino, P. Fontana, F. Ponzio, il Maderno, il Bernini e il Fuga e
fu completato sotto Clemente XII tra il 1730 ed il 1740. L’ampia
facciata rinascimentale ha un grande portale opera del Maderno;
nell’interno esiste un vasto cortile portificato dal Fontana, con la
torre dell’orologio, ove sventola la bandiera del Presidente della
repubblica, del Mascherino (autore anche della scala a chiocciola); la
cappella Paolina, invece, è del Maderno, con stucchi del Ferebosco e la
cappella dell’Annunciata con affreschi del Reni. Nelle sale ci sono
fastosi arredamenti, arazzi, dipinti e oggetti molto preziosi. Fino al
1870 fu residenza dei papi, poi di Casa Savoia. Oggi è la Casa degli
Italiani e del Presidente della Repubblica in carica.
La
Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale,
che venne progettata da Gian Lorenzo Bernini (1658-1671), chiamato dal
Cardinale Camillo Pamphili (nipote di Papa Innocenzo X), che è uno dei
più eleganti esempi di barocco di Roma, con la famosa pianta ovale e i
suoi splendidi interni (marmi, stucchi, e decorazioni dorate).
Le
Quattro Fontane e la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane
del Borromini (o San Carlino - originariamente Chiesa della
Santissima Trinità e di San Carlo Borromeo), il primo ed ultimo
lavoro di questo architetto: la facciata venne completata dopo la sua
morte.
Palazzo
Volpi di Misurata, di fronte a
San Carlino.
Palazzo
del Drago.
Palazzo
Baracchini (ora sede del
Ministero della Difesa).
La
Chiesa di San Silvestro al Quirinale,
che venne descritta per la prima volta attorno all'anno 1000,
ricostruita nel XVI secolo e ristrutturata (la facciata) nel XIX.
Villa
Colonna (XVII secolo), di
fronte a Palazzo Rospigliosi, contiene alcuni resti del Tempio di
Serapide di Caracalla
Palazzo
della Consulta che ospita oggi
la Corte Costituzionale, organo supremo della magistratura italiana, e
venne eretto da Ferdinando Fuga per Papa Clemente XII, proprio di fronte
al Palazzo del Quirinale.
Aventino

Inizialmente
posto al di fuori del recinto serviano, il colle, con le sue due alture,
il Grande e Piccolo Aventino, fu inserito nel pomerio cittadino solo
più tardi, finendo di diritto intra moenia solo dopo la costruzione
della cinta muraria aureliana, a testimonianza della quale resta, a
valle, Porta San Paolo. All'epoca ormai il quartiere aveva mutato la
propria fisionomia originaria, passando da quartiere popolare, abitato
prevalentemente dalla plebe, a uno dei quartieri residenziali più
esclusivi della città, ricco di ville fra cui una appartenuta a
Traiano. La più antica legge romana, la Lex Acilia (456 a.C), aveva
infatti dato possibilità alla plebe, in origine costituita dalle
popolazioni latine qui condotte da Anco Marzio, di costruire le proprie
case sull'Aventino.
Sull'etimologia
del nome del colle esistono molteplici ipotesi: la prima lo vuole
derivato dall'avena coltivata lungo le sue pendici e di cui veniva fatto
commercio nella valle sottostante, un'altra lo collega invece al tempio
di Giove Inventar, innalzato secondo la leggenda da Ercole per
ringraziare il dio di avergli fatto ritrovare le proprie mandrie
rubategli dal gigante Caco che qui aveva la sua grotta; la terza
ipotesi, la più accreditata, lo farebbe invece derivare dalla parola
latina aves, cioè dagli uccelli che presso il Saxum Sacrum avevano
fornito gli auguri a Remo, il quale aveva scelto l'altura come punto di
avvistamento e sulla quale venne poi sepolto. Da qui il nome di Remurio
con cui era anche noto il colle.
Altro
nome attribuito all'Aventino era quello di collis Dianae, colle di
Diana, in riferimento al grandioso tempio dedicato a questa divinità,
qui eretto da Servio Tullio come luogo di culto comune alle città
latine e ampliato con la costruzione di sontuosi portici da Augusto. Nei
pressi del Tempio di Diana sorgeva il Tempio di Minerva, dove sin dal
III secolo a.C. ebbe sede il Collegio degli Scrittori e degli Attori,
cui spettava il compito di organizzare i Ludi Scaenici, rappresentazioni
pubbliche di carattere sacrale nelle quali venivano cantati inni agli
dei. Altro importante tempio sull'Aventino era quello di Giunone Regina,
fatto erigere da Furio Camillo nel 392 a.C. per accogliere l'effigie
della dea condotta a Roma dalla vinta città etrusca di Veio.
Il
colle dominava verso meridione l'Emporium, importante scalo fluviale sul
Tevere dotato di portici e di magazzini, i cosiddetti Horrea, nei quali
si trovavano stoccate le merci, soprattutto l'olio, che veniva
conservato in apposite anfore. I
cocci
delle anfore, raccolti tutti in un preciso punto non lontano dal porto,
dettero luogo col tempo ad un rilievo, il cosiddetto Monte Testacelo,
attorno al quale si sviluppò nel Novecento un quartiere popolare. La
zona costituiva l'estrema periferia della città antica, tanto che vi si
trova una delle più singolari costruzioni sepolcrali romane: la
Piramide di Caio Cestìo inglobata due secoli dopo la sua edificazione
nella cerchia muraria aureliana.
Il
colle subì terribili devastazioni durante le invasioni barbariche e finì
praticamente ridotto a campagna, quasi per niente popolato, se si
eccettuano i membri delle comunità monastiche che si erano insediati
sulle sue alture. Il Grande e il Piccolo Aventino furono infatti sede di
alcuni fra i più prestigiosi tituli medievali: Santa Sabina, Santa
Prisca, Santi Bonifacio e Alessio, San Saba. Per il resto il colle,
vista la sua posizione eminente a ridosso del Tevere, fu occupato da
fortilizi, fra cui spiccava la Rocca dei Savelli, i cui spalti,
trasformati in giardino pubblico, offrono tutt'oggi uno stupendo
panorama sulla città.
La
fisionomia della zona, scarsissimamente urbanizzata sino al Novecento,
restò immutata per secoli, eccezion fatta per l'intervento
settecentesco del Piranesi, che realizzò sull'impianto di un precedente
monastero benedettino, passato in seguito ai Templari quindi ai
Gerosolimitani, il Priorato dei Cavalieri di Malta e la chiesa di Santa
Maria del Priorato.
Da
Porta San Paolo si diparte la via Ostiense che in breve conduce ad una
delle quattro basiliche giubilari maggiori, San Paolo fuori le Mura, a
poca distanza dalla quale, sorge l'Abbazia delle Tre Fontane, luogo del
martirio del santo cui è dedicata la vicina basilica.
Nel
1924, dal 27 giugno in poi, l’Aventino riprese la sua qualifica
leggendaria radunando i secessionisti della Camera all’indomani
dell’omicidio del deputato socialista Matteotti da parte delle autorità
fasciste. Nell’ottobre del 1924 i comunisti ripresero il loro posto in
aula, fino a quando iniziò la dittatura con le leggi speciali del 1925.
Con la sospensione della carica di parlamentare nel 1926 anche la
protesta dell’Aventino lasciò il posto ad un lungo periodo di
inattività di tutte le forze politiche nazionali.
Palatino

Il
colle Palatino è una delle parti più antiche della città. E' alto 70
metri e guarda da un lato sul Foro Romano e dall'altro sul Circo
Massimo.
L'origine
del nome Palatino è incerta: molto probabilmente essa è legata alla
radice indoeuropea pala, cioè altura, anche se è molto accreditata
l'ipotesi che lo fa derivare da Pales, dea della pastorizia tradizionalmente
legata alla fondazione di Roma.
La
leggenda vuole che Roma ebbe le sue origini sul Palatino. In effetti,
scavi recenti hanno mostrato che delle popolazioni vi abitavano già nel
1000 a.C. circa. Il Palatino comprendeva un
tempo tre alture: il Palatinium, il Germalus e la Velia, delle quali le
prime due, riunite, formarono la Roma Quadrata. Le prime tracce di vita
risalgono all’età del ferro, invasa da capanne a forma ellittica; del
periodo antico rimangono invece anche i resti delle mura del secolo VI e
del secolo IV e una tholos. I templi pre-augustei presenti nella zona
sono quelli di Giove vincitore del 245 a.C. , della Vittoria del 292 ac
e della Magna Mater del 204 ac.
Secondo
la mitologia romana, il Palatino (più precisamente il pendio paludoso
che collegava il Palatino al Campidoglio, chiamato Velabro) fu il luogo
dove Romolo e Remo vennero trovati dalla Lupa che li tenne in vita
allattandoli nella "Grotta del Lupercale", solo recentemente
localizzata. Secondo questa leggenda, il pastore Faustolo trovò gli
infanti e, assieme a sua moglie Acca Larentia, allevò i bambini. Quando
Romolo, ormai adulto, decise di fondare una nuova città, scelse questo
luogo.

Alcune
ricche abitazioni sorgevano un tempo nella valletta tra il Germalus e il
Palatinium, colmata poi da Nerone. La più importante di esse è la casa
dei Grifi, con pitture e mosaici di qualità. Augusto eresse sul
Palatino un tempio a Vesta e uno grandioso ad Apollo. La sua domus
sembra si possa identificare con la cosiddetta “Casa di Livia”, sita
presso la Magna Mater. La casa di Livia è adornata da pitture del
secondo stile pompeiano. Molto più lussuoso, sempre sul colle, era il
Palazzo di Tiberio, sulla terrazza attualmente occupata dagli Orti
Farnesiani. Il Palatino fu abitato anche da Caligola e Nerone, la cui
dimora fu danneggiata dall’incendio del 64.
Un
Piano regolatore dei palazzi imperiali fu progettato da Domiziano e
architettato da Rabinio, il quale costruì un palazzo composto da
quattro corpi collegati: la domus Flavia, cominciata da Vespasiano con
sale di ricevimento, trono, basilica, triclinio; la domus Augustana,
posta su due piani; lo stadio e le terme, realizzati nell’angolo verso
il Celio con grandiose costruzioni riprese poi da Settimio Severo, che
vi inserì un palco per assistere alle esibizioni del circo. Opera di
Settimio Severo è anche il Settizorio, eretto come una facciata
monumentale del palatino verso l’Appia. Il Palazzo Presidenziale era
annesso al Pedagogio, abitazione e scuola dei servi imperiali. I
restauri dei vari palazzi furono fatti, naturalmente in periodi ed
epoche diverse, dal Valente, Valentiniano e Graziano.
Tra
il 375 ed il 379 d.C. fu fondata la Chiesa di Cesario e nel secolo IX un
monastero greco. I Frangipane fortificarono la Velia e il Palatinium
erigendo una turris chartularia presso l’arco di Tito.
Nel
1550 il cardinale Farnese comprò il Germalo sistemandolo a giardino.
Nel secolo XVI e XVII gli stessi Farnese promossero delle riuscite
campagne di scavo che presero una regolarità solo nel secolo XVIII con
il Bianchini, con il Rancoureil e con il Tournon sotto Napoleone. Unita
l’Italia, l’esplorazione della zona fu opera di G. Boni, A. Bartali
e P. Romanelli.
Celio

Il
Celio è posizionato tra l’Esquilino e il Palatino. Escluso dalla
cerchia della città romulea e da quella regia, solo più tardi entrò a
far parte del complesso urbanistico.
In
origine il nome del Celio era Colle Querquetulano, per via dei grandi
boschi di querce (in latino quercusj che ne ricoprivano anticamente le
pendici. Assunse il nome con cui è ancora oggi noto solo in un secondo
tempo, quando cioè - prima che vi si trasferissero gli abitanti di
Albalonga, qui tradotti da Tullio Ostilio dopo la distruzione della città
- l'altura era abitata dagli Etruschi, il cui capo, Celio Vebenna, aveva
aiutato Romolo nella guerra contro i Sabini. A ricordo del primitivo
nome del colle esisteva nel recinto delle Mura Serviane, in cui esso
rientrava, la Porta Querquetulana, dalla quale si dipartiva l'antica via
Tuscolana.
Le
altre porte che si aprivano sul colle erano la Celimontana, sui resti
della quale fu innalzato l'Arco di Dolabella, e la Capena, punto
d'inizio della via Appia antica.
La
zona era sede di alcune ricche dimore patrizie andate distrutte da un
incendio sotto Tiberio. L'imperatore, assecondando la sua proverbiale
generosità, indennizzò i proprietari delle case con tanto di quel
denaro che essi vi poterono ricostruire ville ancor più sontuose, tanto
da far guadagnare al Celio il nome di Mons Augustus.
Inoltre
il colle ospitava alcuni edifici sacri di rilievo, fra cui il Tempio di
Ercole Vincitore e quello di Minerva Capta. Il più importante era però
il Tempio del Divo Claudio, eretto da Agrippina in memoria del marito.
Si trattava di una struttura che univa alle colossali dimensioni (il suo
perimetro era di circa 800 metri) una ricchezza e un fasto impensabili
nella decorazione e nei materiali utilizzati per la sua realizzazione.
Del suo enorme podio e delle sostruzioni che ne reggevano la colossale
mole restano alcune tracce presso la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.
Il
successore di Claudio, Nerone, fece invece costruire sul colle un grande
mercato, il Macellum Magnum, caratterizzato da un edificio a pianta
circolare dotato di cupola che, secondo alcuni storici, avrebbe fornito
il modello per la chiesa paleocristiana di Santo Stefano Rotondo,
erettavi a poca distanza intorno al V
secolo.
Qui,
in epoca imperiale, sorgevano i Castra Peregrina dove alloggiavano le
forze di polizia addette all'arresto e alla sorveglianza dei detenuti. E
proprio a due militari della guardia imperiale, residenti in una casa
sul colle, e martirizzati sotto Giuliano l'Apostata nel 362 perché si
erano rifiutati di sacrificare a Giove, fu dedicata la chiesa dei Santi
Giovanni e Paolo, sorta proprio in corrispondenza della loro dimora.
Sempre da una casa, appartenuta però a papa Gregorio I,
trasse origine nel VI secolo un'altra importante chiesa del Celio
intitolata al canonizzato pontefice, San Gregorio Magno appunto, dal cui
annesso convento, nel 506, il monaco Agostino partì per
l'evangelizzazione dell'Inghilterra.
All'epoca
di Pasquale I risale
invece la fondazione di Santa Maria in Domnica, presso la quale esiste
un bel portale sormontato da edicola firmato dal maestro lacopo e da suo
figlio Cosma, iniziatori, tra il XII
e il XIII secolo,
della famosa Scuola cosmatesca, che per due secoli operò a Roma creando
raffinati capolavori di tarsia marmorea.
Per
il resto, durante tutto il Medioevo e il Rinascimento, il colle mantenne
il suo carattere agreste restando scarsamente popolato, e tale rimase
anche in seguito, nonostante nell'Ottocento alcune speculazioni edilizie
iniziassero a minacciarne l'armoniosa fisionomia campestre. La
costituzione a parco pubblico dell'enorme giardino della Villa
Celimontana bloccò tali tentativi, anche se gli interventi del 1937 per
l'allargamento di via della Navicella, ove sorge appunto la Fontana
della Navicella, ne mutarono parzialmente la natura.
Campidoglio

Svettante
cuore civile e religioso della Roma antica coi suoi templi dedicati alle
massime divinità protettrici dell'Urbe, il Campidoglio conserva ancora
una valenza simbolica quale sede del potere municipale, ospitato sin dal
Medioevo nelle sale del Palazzo Senatorio.
Verso
nord, sulla propaggine più elevata e scoscesa del colle, laddove sorge
la chiesa di Santa Maria in Aracoeli, si trovavano l'Arce, la cittadella
fortificata, estremo baluardo cittadino, e il Tempio di Giunone Moneta,
ovvero Ammonitrice, il quale, costruito a monito per tutti i nemici di
Roma da Furio Camillo dopo la sconfitta da lui inferta ai Galli, fu
anche sede della prima zecca romana.
Unita
all'Arce da un declivio, il cosiddetto Asylum Romuli - il luogo dove il
primo re di Roma aveva dato ospitalità ai popoli vicini - la porzione
del Campidoglio rivolta a mezzogiorno accoglieva invece il colossale
Tempio di Giove Ottimo Massimo, fondato da Tarquinio Prisco nel VI
secolo e più volte ricostruito, e altri significativi luoghi di culto,
come il Tempio della Fides Publica e quello di Giove Feretrio, primo
tempio dell'Urbe fondato dallo stesso Romolo.
Ai
piedi del fianco meridionale del colle, la cosiddetta Rupe Tarpea, dalla
quale venivano gettati i traditori della patria, si estendeva
anticamente il Foro Boario, luogo riservato ai mercanti di bestiame che
proseguiva in un'area sacra che giungeva sino al Porto Tiberino,
importantissimo scalo commerciale lungo il Tevere. Il Foro Boario è
oggi una zona ricca di suggestive vestigia del passato e di emblematici
luoghi di culto. Nella parte a ridosso del Campidoglio, nell'area adesso
occupata dalla chiesa di Sant'Omobono, rimangono i resti di due
antichissimi templi fondati da Servio Tullio e rispettivamente dedicati
alla Fortuna e alla Mater Matuta.
Giunti
sino a noi praticamente intatti sono invece i Templi della Fortuna
Virile e di Vesta, edificati nella zona del Foro Boario a ridosso del
porto sul Tevere, e il quadrifronte Arco di Giano, sotto il quale i
mercanti che anticamente frequentavano il foro erano soliti ripararsi
dalle intemperie.
La
storia del Campidoglio è ricca di episodi realmente verificatisi e di
leggende. Tra le vicende più note svettano la temporanea occupazione da
parte dei sabini nel 460 a.C. e il famoso assedio dei Galli con
conseguente leggenda delle Oche (390 a.C.), che si dice abbiano
avvertito le guardie del Campidoglio dell’imminente incursione nemica
con il loro starnazzare.
Coi
secoli le monumentali costruzioni romane andarono in rovina e il colle
fu lentamente ridotto a pascolo tanto da ricevere il nome di "Monte
Caprino". Nel Medioevo un piccolo complesso di edifici pubblici
prese il posto delle rovine, finché nel XVI
secolo Michelangelo non gli dette una nuova, definitiva
sistemazione.
Oggi
il Campidoglio è sede del Consiglio Comunale della città di Roma. La
piazza sulla quale dà la facciata è stata disegnata da Michelangelo,
al cui centro si erge la copia della Statua di Marco Aurelio, l’unica,
di epoca romana, ancora intatta. L’originale del bronzo è conservato,
restaurato, dentro al Museo dei Conservatori.
Gianicolo

La
verdeggiante altura del Gianicolo deriva il suo nome da Giano, che qui
aveva nell'antichità un suo importante luogo di culto. Il colle, per la
natura del suo terreno, prevalentemente costituito da marna gialla, era
detto anche Mons Aureus (Monte d'Oro), da cui il toponimo Montorio
conservatosi nel nome della chiesa di San Pietro, che sorge sul luogo
dove, secondo un'antica quanto infondata tradizione, sarebbe stato
martirizzato il primo pontefice della Chiesa.
Scarsamente
popolato anche in epoca romana, eccezion fatta per alcune ville dotate
di giardini che giungevano sino al Tevere - fra cui quella del poeta
Marziale e quella di Cesare, i cui meravigliosi Horti furono per volontà
testamentaria dello stesso lasciati al popolo romano, il colle fu
inserito entro il pomerio cittadino solo con l'erezione delle Mura
Aureliane, che s'interrompevano all'altezza dell'attuale Porta San
Pancrazio, per far passare la via Aurelia, una delle più trafficate vie
consolari romane.
A
valle invece, bordando le pendici del colle, un altro importante asse
stradale costeggiava il fiume uscendo da Porta Portuense (attuale Porta
Portese) e raggiungendo gli scali di Claudio e Traiano. Parte del
percorso di questa strada, detta anche via sub Janiculo, servì da
traccia per la costruzione della via Santa, iniziata da Sisto IV
per il giubileo del 1475, asse stradale che collegava al Vaticano
la cosiddetta Ripa Romea o Ripa Grande, il porto fluviale sul Tevere,
presso il quale scendevano i pellegrini in visita alla tomba di San
Pietro. La via si collegava anche al Ponte Santa Maria o Senatorio,
l'attuale Ponte Rotto, che invece permetteva un rapido collegamento
rettilineo col Foro Boario e da qui con le basiliche giubilari del
Laterano e di Santa Maria Maggiore.
Agli
inizi del Cinquecento, sfruttando in parte il tracciato stradale
sistino, Giulio II fece mettere a punto dal Bramante un circuito che
correva parallelamente sulle due rive del Tevere con via Giulia sulla
sponda sinistra e via della Lungara sulla destra. La congiunzione fra i
due rami del percorso doveva essere costituita dal Ponte Sisto e dal
Ponte Giulio, quest'ultimo progettato ma mai realizzato.
Da
via della Lungara, che, rettificando il percorso della precedente via
Santa sino a Porta Settimiana, metteva in comunicazione Trastevere col
rione Borgo, si dipartirono in seguito, risalendo i fianchi del colle,
alcune strette viuzze ortogonali, lungo le quali sorsero rare casette.
Per il resto la zona continuò a mantenere il suo carattere suburbano,
definito da vaste aree verdi in mezzo alle quali, tra Quattro e
Cinquecento, sorsero fastosi edifici, come la Villa Farnesina, il
Palazzo Corsi ni alla Lungara e Palazzo Salviati.
Nello
stesso periodo, sulla cima del colle, in posizione panoramica, venivano
innalzate Villa Lante e Villa Aurelia e le chiese di San Pietro in
Montorio col famoso Tempietto del Bramante e di Sant'Onofrio. Nel
Seicento, lungo i versanti occidentale e meridionale del colle, Urbano
VIII munì il versante occidentale del Gianicolo rivelatosi punto debole
della difesa cittadina durante il sacco di Roma del 1527, rinsaldando
così la linea difensiva compresa tra la testa di ponte vaticana
costituita dalla Città Leonina e da Castel Sant'Angelo e le Mura
Aureliane che delimitavano il rione Trastevere.
Rimasto
invariato nella sua fisionomia nel secolo successivo, tanto che vi venne
insediato l'Orto Botanico di Roma, il colle subì notevoli modifiche
nell'Ottocento, prima sotto Pio IX,
con
l'apertura dell'attuale via Garibaldi, che lo mise più direttamente in
comunicazione con Trastevere, quindi, dopo la proclamazione di Roma
capitale, con la costruzione della Passeggiata e della Terrazza del
Gianicolo, che fornisce uno dei più emozionanti panorami della città.
Nel 1849 il colle fu teatro degli scontri tra le truppe francesi,
accorse in aiuto del pontefice, e quelle della Repubblica Romana,
comandate da Garibaldi, cui è dedicato il Monumento sulla Terrazza.
Viminale

Il
nome deriverebbe dalla selva di ceste di vimini da cui sarebbe stato
ricoperto in passato.
In
origine, pur facendo parte dal punto di vista etnico e politico al
nucleo sabino del Quirinale, non era compreso nella città
latino-sabina. Solo in seguito fu sempre unito al Quirinale sia
nell’ordinamento serviano che in quello augusteo. Percorso dal vicus
longus e dal vicus patricius, fu sempre quartiere con abitazioni
signorili.
Gli
scavi hanno fatto riemergere del materiale molto interessante, tra cui
un’area destinata al culto del Dio Vermino, sacelli e larari di epoca
imperiale e il palazzo di Decio.
Al
tempo di Diocleziano, tra il 298 e il 305 d.C. vi furono erette le
Terme, nella zona al temine del Vicus Longus, fra il Viminale e il
Quirinale.
Nel
Rinascimento il tepidarium delle Terme fu trasformato da Michelangelo
che vi realizzo la chiesa di Santa Maria degli Angeli (1561).
Nel
1902 è stato realizzato il palazzo che attualmente ospita il Ministro
degli Interni della Repubblica Italiana.
Esquilino

L'Esquilino,
il più alto ed il più esteso dell'Urbe, era formato da tre alture:
l'Oppio nel settore meridionale, il Fagutal in quello occidentale
confinante con la Velia ed il Cispio nella parte settentrionale, dove si
trova attualmente la basilica di Santa Maria Maggiore.
Il
nucleo abitato dell'Esquilino ha origini risalenti al secolo VIII a.C.,
quando gli abitanti costituivano una sorta di sobborgo della città
palatina.
In
origine era un corpo unico con gli altri sei colli, formando un unico
altopiano che, successivamente, in seguito all'erosione prodotta dai
vari corsi d'acqua e dopo il sollevamento dei sedimenti fluviali del
Tevere che ha inciso il tufo solido e gli altri tufi antichi, si è
diviso in valli ed alture dando alla zona l'aspetto attuale. Il
sottosuolo presenta grandi quantità di tufi litoidi e di tufi antichi
misti a strati di argilla gialla e di sedimenti lavici che testimoniano
un'attività eruttiva piuttosto notevole dovuta ai vicini vulcani, ora
in genere trasformatisi in laghi. La vastità e la consistenza di questi
giacimenti tufacei spiega il grande successo di questo materiale di
facile lavorazione che fu presente in tutte le attività costruttive dei
romani.
L'attuale rione Esquilino, creato nel 1870 all'epoca della proclamazione
di Roma capitale, occupa le pendici orientali dell'omonimo colle, il cui
nome, derivato dal latino excolere, ossia "abitare fuori",
indicava il suo stato di sobborgo esterno alla cerchia muraria serviana,
adibito ad uso prettamente cimiteriale. Tale utilizzo proseguì almeno
sino all'età augustea, quando la zona venne annessa alla città e
trasformata in quartiere residenziale abitato dai ricchi esponenti della
corte imperiale. Qui aveva la propria abitazione il famoso Mecenate,
consigliere personale di Augusto e soprattutto animatore del più
importante circolo culturale dell'antichità, amico dei poeti Orazio e
Virgilio (che qui aveva, anch'egli, la propria dimora) e proprietario di
quell'immenso parco ricco di meravigliose e preziosissime opere d'arte
noto col nome di Horti Mecenatiani.
Con
la decadenza di Roma i verdeggianti declivi del colle
s'inselvatichirono, le ville patrizie sparirono e la zona cadde in un
lungo e silenzioso oblio. Il luogo si rivelò tuttavia propizio per la
fondazione di chiese e monasteri che sorsero su alcuni dei più antichi
titilli romani, come quello di Santa Prassede, eretto in corrispondenza
del pozzo dove la santa aveva piamente raccolto i resti di ben duemila
martiri, e quello di Santa Pudenziana, costruito sulla casa che aveva
ospitato anche san Pietro e appartenente a Pudente, padre delle due
martiri cui sono intitolate le due chiese citate, entrambi risalenti al
IV-V secolo.
Sorse
qui anche una delle quattro basiliche giubilari maggiori, Santa Maria
Maggiore, edificata sulla cima dell'Esquilino in corrispondenza della
zona che una nevicata miracolosa, verificatasi nell'agosto del 356 e
predetta in sogno dalla Vergine a papa Liberio, aveva contrassegnato.
Per tutto il Medioevo il quartiere mantenne la sua fisionomia di spazio
verdeggiante costellato da chiese, conventi e dalle istituzioni
assistenziali che si erano via via venute a formare presso questi
ultimi.
Con
la seconda metà del XVI
secolo l'Esquilino conobbe una sorta di rinascita dal punto di
vista urbanistico con la creazione, sotto Sisto V,
di una fitta rete viaria che aveva uno dei suoi fulcri proprio in
Santa Maria Maggiore, verso la quale confluivano da una parte la strada
Felice, che la congiungeva con Trinità dei Monti, dall'altra via
Merulana (iniziata da Gregorio XIII
per il giubileo del 1575), che invece la col legava alla vicina
basilica di San Giovanni in Laterano. Sull'esempio della villa fatta
costruire a ridosso del colle dallo stesso Sisto V,
sorsero in seguito altre ville dotate di grandi giardini che sino
all'Ottocento costituirono un'ininterrotta fascia a ridosso delle Mura
Aureliane, che il piano regolatore per Roma capitale demolì una ad una
costruendo al loro posto, secondo una pianta a scacchiera, i nuovi
isolati costituiti da palazzi in stile eclettico e classicista tipici
dell'architettura dell'epoca.
Il
rimodellamento del tessuto urbano proseguì nel Novecento estendendosi
al Viminale, il colle prospiciente l'Esquilino, dove fu eretto il
monumentale Palazzo del Viminale, sede del Ministero dell'Interno.
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