Complesso episcopale della Basilica Eufrasiana
nel centro storico di Parenzo (Porec)
Croazia

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1997

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Fu un segmento relativamente breve della lunga storia parentina a mutare definitivamente il destino di questa città. Il piccolo centro della provincia, collocato ai margini del morente Impero Romano, nel VI sec. subì una prodigiosa metamorfosi. Nell'intento di riunire un impero ormai disgregato, l'imperatore Giustiniano ristabilì un'effimera sembianza di unità e non soltanto territoriale e politica, poiché egli cercò di riportare anche l'arte al suo antico splendore. All'apice della riconquista giustiniana il vescovo parentino Eufrasius eresse, sul sito dell'antica basilica cittadina, la sua cattedrale inserendola in un insieme di edifici che formarono uno dei maggiori complessi architettonici di quell'epoca. Qui, sul lato settentrionale della penisola, dove alcuni secoli prima era sorta Parentium, un modello di città romana, il gusto, lo splendore e l'opulenza stilistica dell'Oriente entrarono a far parte del nuovo complesso, destinato a dare un'impronta caratteristica a quell'epoca. 

Il gusto del vescovo Eufrasio, avvezzo alla sontuosità dell'Oriente, non poteva soddisfarsi in alcun modo del letargo provinciale che caratterizzava Parenzo, l'Istria e la maggior parte del corroso Impero Romano. Le grandi opere urbanistiche da egli intraprese non recepirono che in parte il preesistente sostrato antico e introdussero delle innovazioni architettoniche e, più in generale, artistiche che sino ad allora l'Occidente non aveva mai conosciuto. 

Esse riguardarono tanto l'organizzazione dello spazio all'interno della basilica, in particolar modo dell'ala est, quanto la parte iconografica che il vescovo, grazie agli artisti di spicco giunti al suo seguito, fece nei mosaici parietali all'interno dell'edificio votivo. 

Il grande vescovo parentino subordinò totalmente la chiesa a sé stesso: fece iscrivere le proprie iniziali in vari punti strategici, mentre nei mosaici dell'abside si fece raffigurare nello spazio dedicato esclusivamente ai santi e ai martiri, alla Madonna e al Cristo, palesando in modo inequivocabile la posizione in cui egli stesso si collocava. In tali gesti, autoritari prima ancora che narcisistici, si celano numerosi significati, riconducibili anche al rapporto del presule con il papa, che lo esecro e lo dichiaro apostata. 

Giungendo a Parenzo alla meta del VI sec., Eufrasio trovò una città con un lungo passato. Il suo strato visibile rispondeva appieno ai caratteri della tipica città provinciale tardo antica, logorata dalle avversità del tempo o, più propriamente, dalle orde dei Barbari che proprio in quell'epoca posero fine ad una ricca tradizione. L'agonia di Roma avvenne in quest'area con dei ritmi più dilatati. 

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Assumendo la guida della diocesi, Eufrasio si mise a capo di una comunità cristiana ben organizzata, che nel corso della sua lunga storia diede alla Chiesa alcuni santi e martiri, tra i quali San Eleuterio e San Mauro (Maurus). Figura eminente, quest'ultimo fu vittima a Parenzo delle grandi persecuzioni assieme a tutto il clero e a numerosi laici. 

Il periodo compreso tra le ultime persecuzioni dei cristiani, all'inizio del IV sec., e la metà del VI sec., fu l'epoca in cui Parenzo, con il vescovo Eufrasio, raggiunse l'apogeo del suo sviluppo, caratterizzata dal continuo consolidamento del potere ecclesiastico. Testimoni dello status della chiesa furono i numerosi edifici sacrali che sorsero in tutta l'Istria, tra i quali le basiliche parentine assunsero una particolare rilevanza. La seconda meta del V sec. fu segnata dalle orde dei Barbari, che attaccarono perfino Roma e altri punti strategici dell'Impero. Le impetuose trasformazioni portate dall'esterno da personaggi come Alarico, Attila re degli Unni e Odoacre, che - nel 476 - divenne re d'Italia (il cui posto verrà preso nel da 493 Teodorico), non interessano l'Istria che marginalmente. Alla fine del V sec. la regione e parte dello stato ostrogoto; nel 539, con Giustiniano, essa entra a far parte dell'Impero Romano d'Oriente, ovvero di Bisanzio.

ATTRAVERSO I SECOLI

Mantenere una cattedrale così grande e di così elevato valore artistico non fu certo facile. La basilica e gli edifici nelle sue immediate vicinanze hanno naturalmente subito dei danni, dovuti sia all'usura del tempo, sia ad altri fattori. Tuttavia, se consideriamo la storia dell'Eufrasiana possiamo distinguere agevolmente un filo conduttore costituito dalla serie ininterrotta di restauri e di adeguamenti ai gusti e alle esigenze di ciascuna epoca. I documenti riportano i dati sulla riparazione del tetto della basilica, avvenuto nel '300 e sugli interventi edili di più ampie proporzioni compiuti a seguito del terremoto che colpì la città nel '400. Nel corso dello stesso secolo fu eretto il nuovo edificio della sacrestia, furono murate le ultime tre campate al fine di collocarvi i sedili del coro e vennero aperte le finestre delle absidi laterali, danneggiandone cosi i mosaici. 

L'atrio e il battistero subirono pesanti lesioni nel '500 quando, durante la pestilenza, l'atrio fu adibito a cimitero. Nel '600, il vescovo Tommasini descrive le parti del complesso eufrasiano come dei ruderi, con il tetto della cattedrale seriamente danneggiato, mentre all'inizio del '700 quest’ultima rischiò di crollare. Tuttavia, i documenti narrano anche dell'impegno dei cittadini volto alla preservazione del più prezioso retaggio dei loro antenati.  La chiesa fu restaurata nel 1711 e dopo un certo periodo in essa si poterono di nuovo celebrare le funzioni religiose. La ristrutturazione del tetto del XVIII sec. ebbe gravi conseguenze sul mosaico dell'arco trionfale; vennero murate le finestre della navata centrale e ne furono aperte delle nuove secondo il gusto barocco. Nel XIX sec. si iniziò a correggere alcuni errori di costruzione commessi nei periodi precedenti e ad eseguire gli interventi di restauro continuati nel corso di questo secolo. Tali restauri e gli interventi sui mosaici, spesso eccessivi, mutarono profondamente l'aspetto originario della chiesa. 

L'ERA PRE-EUFRASIANA

Quando il vescovo Eufrasio inizio a mettere in atto i suoi grandi interventi, non soltanto di natura costruttiva, non parti da nulla. Sul terreno su cui sorse la sua maestosa basilica e una serie di edifici annessi, esistevano gia altre costruzioni sacrali databili al IV sec., probabilmente agli anni immediatamente successivi al 313. Le prime comunità cristiane, finché questa religione non fu ancora riconosciuta, adattarono anche qui qualche edificio preesistente per il culto. Il pavimento del primo oratorio, i cui resti furono rinvenuti nelle immediate adiacenze della stessa Eufrasiana, fu ricoperto da mosaici in cui figurano i motivi del viticcio, del meandro e delle figure di pesci dall'inequivocabile significato simbolico. 

Nella parte superiore del mosaico quadrato con il cantaro si trovano le iscrizioni con i nomi dei donatori, che commissionarono questo meraviglioso pavimento musivo, e le sue dimensioni espresse in piedi. Negli scavi nella navata settentrionale dell'Eufrasiana vennero alla luce numerosi esempi di mosaici analoghi recanti i nomi dei donatori e proprio grazie a questi mosaici e le iscrizioni conservatesi si possono interpretare con precisione le fasi della costruzione, le ristrutturazioni, le ricostruzioni: in altre parole, la dinamica dell'esistenza della comunità cristiana a Parenzo dell'epoca pre-eufrasiana. Dall'iscrizione di una lapide apprendiamo della traslazione delle spoglie del vescovo Mauro, santo e martire parentino, dal cimitero situato al di fuori della città in luogo "dove egli fu vescovo". Tale luogo fu una nuova sala costruita a fianco del precedente oratorio e ad esso identica, che formo cosi una basilica gemella, detta basilicae geminae. 

LE CONDIZIONI TROVATE

La nuova basilica di vaste dimensioni, costruita nel V sec., si inserì nelle preesistenti costruzioni sacrali. Si trattò di una sala a tre navate di pianta rettangolare regolare priva di abside, con un muretto semicircolare adibito a subsellia. La basilica, analogamente ad altre chiese istriane del V sec., sorse sotto l'influsso dell'architettura caratteristica della costa adriatica orientale e di quella del Vicino Oriente. I costruttori locali inserirono tali elementi nel loro patrimonio, retaggio dell'architettura paleocristiana e di quella romana profana. I muri vennero costruiti con pietre di cava sbozzate che richiesero spessi strati di intonaco e vennero rinforzati da lesene. Questo fu l'inventario elementare che Eufrasio trovò quando giunse nella sua nuova diocesi alla meta del VI sec. 

Nell'abside della sua basilica, al di sotto della scena centrale dominata dalla figura della Madonna con Cristo attorniata dalle figure del vescovo Eufrasio, dell'arcidiacono Claudio, del martire Mauro ed alcuni altri personaggi, si trova l'iscrizione latina con cui il vescovo spiega il motivo che lo spinse ad intraprendere questa opera imponente. Il testo tradotto recita: All'inizio questo fu un tempio vacillante e cadente in pericolo di crollo e non fu consolidato con forza sicura, angusto e non fu decorato con oro, mentre il tetto logoro resisteva per pura grazia. 

Quando premuroso e alla fede devoto sacerdote Eufrasio vide che la sua sede fu minacciata dal pericolo di crollo sotto il peso con sacro proposito prevenne il cedimento e per consolidare meglio l'edificio cadente lo smantellò, costruì le fondamenta ed eresse il comignolo del tempio. Questo che tu testé vedi splendere in oro (egli) abbellì terminando l'opera iniziata e regalò grandi doni, evocando il nome di Cristo consacrò la chiesa rallegrandosi dell'opera.

Questa dichiarazione del vescovo non corrisponde del tutto alla realtà, in quanto la basilica che Eufrasio trovò non fu affatto cadente e ornata con decorazioni modeste. Parte dei muri e le basi delle colonne furono riutilizzate nella costruzione della nuova chiesa e per quanto concerne i mosaici essi non mancavano nemmeno nella basilica del V sec. I motivi della riedificazione vanno ricercati innanzitutto nel gusto del nuovo periodo e nell'ambiente in cui Eufrasio visse prima di recarsi a Parenzo. 

Uno di questi grandi elementi innovativi è la porzione orientale della basilica Eufrasiana, che termina con tre absidi: alla navata centrale corrisponde l'abside maggiore la cui parete esterna è poligonale, mentre le absidi delle due navate laterali vennero ottenute tramite due concavità semicircolari ricavate nella massa del muro che all'esterno appare diritta. 

Tale intervento fece si che una basilica a tre navate - la cui parete posteriore si conclude con tre absidi, vale a dire con tre centri visuali e di culto e con tre altari separati - venisse concepita per la prima volta in Occidente in modo tale da formare un'unica unita spaziale. 

II EPISCOPATO

L'Eufrasiana rappresenta soltanto la parte centrale di un complesso più ampio. L'episcopato, che conservò soltanto in parte il suo aspetto originale, è situato a nordest rispetto alla basilica ed è collegato con il suo nartece attraverso uno stretto corridoio. In origine si trattò di una costruzione ad un piano a semplice pianta quadrangolare e con un'unica grande abside. Nella rappresentativa sala centrale al primo piano, salutatorium o segretarium, davanti all'abside si trovava il tribelon, di cui si sono conservati solo dei frammenti: la colonna con il capitello e gli archi recanti resti di stucco e di decorazioni marmoree. In questa sala il vescovo riceveva il clero e i religiosi al di fuori della liturgia. 

GLI SPAZI DELLA BASILICA

L'entrata nella basilica è costituita da un nartece, costruito sopra una via preesistente, mentre lo spazio antistante il nartece appartiene ad un armonioso atrio aperto a pianta quadrata. Di fronte all'entrata nella basilica è situato il battistero ottagonale, che risale all'epoca pre-eufrasiana e riprende la tradizione dell'architettura tardo antica, mentre la struttura del muro e la costruzione lignea del tetto sono opera di costruttori locali. 

In prossimità dell'angolo nord orientale della basilica fu costruita la memoria, la cui pianta si distingue da quelle degli edifici nelle sue dirette adiacenze. Davanti all'entrata della cappella a pianta trilobata, in cui venivano custodite le reliquie, si trova un vestibolo ovale, mentre le tre absidi al suo esterno hanno forma poligonale. Nel XIX sec. l'intero edificio fu sottoposto ad un intervento di restauro. Nell'atrio, nel battistero e anche in una parte dei muri furono inglobate in buona parte delle porzioni di costruzioni che Eufrasio trovò all'inizio della sua impresa. Le ricostruzioni depongono a favore di un concetto preciso che Eufrasio utilizzò per dare forma al suo grande complesso; proprio tale concetto esprime lo spirito dei tempi nuovi e l'audacia visionaria di Eufrasio. 

I segni visibili delle presenza di Eufrasio, ma anche dello spirito d'Oriente, si possono scorgere nella ricca decorazione dell'interno della basilica. Le navate sono separate da due serie di nove arcate che alla loro estremità occidentale e quella orientale si appoggiano ai pilastri addossati al muro. Le arcate sono formate da colonne di marmo grigio che si ergono sopra le basi abilmente scolpite, mentre la loro parte superiore termina con dei capitelli sovrastati da imposte con i medaglioni circolari recanti il monogramma inciso di Eufrasio. I capitelli stanno ad indicare in modo inequivocabile l'origine dei principi estetici del vescovo costruttore. Da essi traspare le raffinatezza dell'elevata arte bizantina sia che i capitelli corinzi compositi vengano variati in modo singolare, sia che le superfici della piramide mozza capovolta si aprano con ricche perforazioni che formano degli ornamenti simili all'intreccio o alla vegetazione stilizzata. 

All'inventario scultoreo dell'Eufrasiana va aggiunta anche una serie di plutei marmorei decorati con bassorilievi poco profondi raffiguranti i simboli (croci, monogrammi, uccelli, cervi, cantaro, corna stilizzate). Nelle arcate sul lato settentrionale si sono conservate le stuccature originariamente dipinte. A questo splendore visuale si debbono aggiungere anche le incrostazioni della porzione inferiore dell'abside dove il rivestimento di marmi policromi e di madreperla formano fantasiosi ornamenti. Nell'abside sono collocati sedili marmorei per i sacerdoti che ai lati vengono delimitati da lastre di marmo con i bassorilievi raffiguranti i delfini, mentre al centro del semicerchio si erge la cattedra episcopale. 

I MURI

Passando dallo spazio alle superfici dei muri dell'Eufrasiana, tra lo splendore dei mosaici, si scorgono altrettante opere d'arte tra cui anche un'innovazione iconografica introdotta per la prima volta in Occidente. A Parenzo, infatti, la posizione centrale nell'abside e occupata dalla Madonna, che sino a quel momento apparteneva esclusivamente a Cristo. La Madonna e raffigurata seduta sul trono con Gesù bambino sulle ginocchia che indossa vesti romane solenni e tiene la mano destra innalzata nel gesto della benedizione. Accanto alla Madonna si trovano due angeli, uno per parte, che guidano gruppi di persone che vengono a porgerle il saluto. Da sinistra ad essa si avvicinano tre martiri senza nome con delle ghirlande in mano e cinti da aureole; anch'essi, come gli angeli, indossano delle vesti romane solenni. 

Dall'altra parte, dietro gli angeli, incede San Mauro, raffigurato allo stesso modo dei tre martiri ma, a differenza di questi ultimi, con l’iscrizione del nome accanto all'aureola. Questo vescovo e santo parentino guida un gruppo particolarmente interessante, composto da tre persone vissute in quel periodo: il vescovo Eufrasio, che nelle mani tiene il modello della sua basilica, l'arcidiacono Claudio, fratello di Eufrasio. Tra i due un bimbo che, stando all’iscrizione, sarebbe stato il figlio dell'arcidiacono, chiamato anch'egli con il nome di Eufrasio. Era necessaria una notevole audacia perché il donatore e due suoi contemporanei, per di più parenti, invadessero lo spazio riservato alle più alte gerarchie celesti. Eufrasio evidentemente non fu un semplice mortale e sedizioso che oso sovvertire le rigide norme ecclesiastiche. Le facce e i gesti degli angeli e dei santi martiri del corteo che circondano la Madonna sul trono, nonostante le belle vesti romane, sono in un certo qual modo tipizzati, mentre i personaggi viventi di fronte ad essi, che si avvicinano al trono celeste, sono raffigurati senza le aureole e in modo individualizzato, come se davvero si trattasse di ritratti. 

I MOSAICI  

La Madonna , collocata nella parte superiore dell'abside, rappresenta il punto centrale della basilica Eufrasiana e nel suo grembo e seduto Gesù bambino. Questi due personaggi sono anche le figure centrali del cristianesimo. Esiste nell'iconografia cristiana un episodio in cui la Madonna e il Cristo, figlio suo e di Dio, si avvicinano maggiormente quasi a raggiungere una compenetrazione completa. Si tratta della scena dell'Annunciazione, il momento in cui Dio entra in un corpo umano, in quello di Maria. L'annunciazione nell'iconografia compare in base al Vangelo secondo Luca e viene integrata dal protovangelo apocrifo di Giacomo, dallo pseudo-vangelo apocrifo di Matteo, e più tardi dai motivi presenti nella letteratura predicatoria e mistica. La scena dell'annunciazione compare molto presto nell'iconografia e può essere trovata già nel IV sec. nelle catacombe romane, per svilupparsi poi a partire dal V sec. in una tipologia presente in modo generalizzato con posizioni, gesti, espressioni ecc. che seguono delle norme ben definite.

La Madonna viene raffigurata seduta sul trono, generalmente con la rocca e il filato nelle mani, mentre l'angelo cammina avvolto in splendenti vesti antiche. La raffigurazione della Madonna a Parenzo corrisponde perfettamente a questi canoni. Trattandosi tuttavia dell'anno 540, del periodo giustiniano e dello spirito bizantino, essa indossa vestiti di foggia bizantina e la sua testa e parzialmente coperta dal velo chiamato maforion. Tale velo ha un significato: esso simboleggia la verginità e proviene probabilmente dall'arte siriana. La Madonna è seduta sul trono, le cui colonne si fondono con quelle vere della basilica. 

Questa rappresentazione trae le sue origini dai commenti di S. Ambrosio, che parlando dell'Annunciazione nel Vangelo secondo Luca ribadì il nesso ovvero l'identificazione della Madonna con la Chiesa. Più esattamente: come Maria, nell'atto dell'annunciazione, sia colma di Spirito Santo, allo stesso modo della Chiesa. L'Annunziata regge nella mano sinistra il filato purpureo poiché l'angelo l'ha colta al lavoro e questo fattore di sorpresa qui è rappresentato dal gesto della mano destra, che la Madonna avvicina alla propria testa leggermente chinata. La vistosa figura dell'angelo posto di semiprofilo, la posizione che in quell'epoca fu una regola, saluta con la mano destra mentre nella sinistra tiene un lungo bastone da messaggero. Egli indossa delle splendenti vesti antiche, le cui pieghe seguono il rapido movimento del corpo, che viene rappresentato dai piedi divaricati, con il piede destro che poggia a terra soltanto con le dita. 

Nell'abside dell'Eufrasiana, di fronte all'Annunciazione, è raffigurata la scena della Visitazione. Due corpi femminili snelli, quello di Maria, avvolto nelle vesti purpuree, e quello di Elisabetta, in vesti gialle, mostrano evidenti segni di gravidanza. Dietro quest'ultima è raffigurata la facciata dell'edificio, alla cui porta si affaccia una figura di ragazza con la mano accostata alle labbra. Questo gesto, colmo di graziosa curiosità, conferisce ai due personaggi principali un'aria ancor più dignitosa e solenne. Maria ed Elisabetta appartengono ad un'altra gerarchia di personaggi: esse sono le elette che portano nei loro grembi i grandi protagonisti che avrebbero mutato il destino del mondo e del tempo. 

Nella parte centrale dell'abside, tra queste due scene principali tratte dalla vita di Maria, in campi separati delimitati da finestre, sono collocate le figure di S. Zaccaria, di un angelo e di S. Giovanni Battista. Nella porzione inferiore dell'arco trionfale si trovano tredici medaglioni di forma circolare; in quello centrale è raffigurato il Cristo come Agnus Dei, mentre quelli laterali, sei per lato, recano le immagini delle sante con i loro nomi. Nella parte conclusiva del mosaico, sulla parete frontale dell'abside, è collocato un fregio composto da immagini degli apostoli, quasi identiche, con al centro il Cristo raffigurato come un giovane sovrano che, seduto sul globo, governa l'Universo. Gli apostoli invece, con ritmo monotono e in modo simmetrico, ad entrambi i lati, circondano la figura del sovrano divino. Essi tengono nelle mani, coperti dal manto, gli attributi mentre tra le aureole circolari compaiono le scritte con i loro nomi. 

Nelle zone superiori delle absidi laterali si sono conservati i frammenti del mosaico raffigurante delle scene quasi identiche: la grande immagine di Cristo emerge dalle nuvole stilizzate e cinge con l'alloro le teste di due martiri. I mosaici non coprirono solo l'interno della chiesa: li troviamo infatti anche al suo esterno sulla facciata sovrastante il nartece. Dalle parti conservate non è facile risalire all'aspetto originario, considerato che i mosaici nella parte superiore sono quasi completamente scomparsi, mentre in quella inferiore furono modificati durante il restauro effettuato nel XIX sec. I mosaici del frontone, andati distrutti, raffiguravano Cristo seduto sul globo sotto il quale scorrevano i quattro fiumi del paradiso mentre sul lato sinistro c'erano quattro apostoli. Nella parte inferiore, negli spazi laterali, sono rappresentati due apostoli e in quelli centrali, separati da una finestra, si trovano i sette candelieri apocalittici. 

IL CIBORIO

Nel XIII sec., la città di Parenzo cominciò a riprendersi dopo un lungo periodo di crisi e di stanchezza e ciò lasciò il segno nella cattedrale. Sette secoli dopo Eufrasio, nella basilica da egli edificata, venne collocato un nuovo capolavoro. Nel 1277 fu costruito infatti un imponente ciborio marmoreo commissionato dal vescovo Ottone. Il suo alto baldacchino è sorretto da quattro sottili colonne che appartennero al ciborio precedente e anche il nuovo baldacchino e ricoperto da mosaici. 

Sul lato frontale riporta la stessa scena iconografica già raffigurata sulla parete dell'abside - l'Annunciazione. I tempi diversi naturalmente, comportarono una serie di mutamenti. La collocazione delle figure di Maria e dell'Arcangelo Gabriele in spazi diversi, ossia nei segmenti triangolari sopra l'arco, impose sicuramente anche diversi processi di composizione. Sul lato sinistro si trova l'angelo con le mani sollevate in segno di saluto e il bastone da messaggero sulla spalla. Il suo passo adesso è più vigoroso, come lo indicano anche le numerose pieghe della veste e le ali discostate. 

Lo spazio tra l'angelo e Maria, su entrambi i lati, è occupato da un albero curvato. Maria adesso sta in piedi davanti al trono dietro al quale, anche in questa raffigurazione, sono presenti degli edifici. La sua espressione, con il capo completamente chinato in segno di confusione, è accompagnata dal gesto della mano: il palmo interamente aperto è sollevato verso l'alto. I nuovi tempi cercarono di rappresentare i stati d'animo con molta più retorica. Il vescovo Ottone, in qualche modo, riuscì a ripercorrere il processo che molto prima di lui fu messo in atto dal suo predecessore: un processo di compenetrazione reciproca delle tracce culturali. Anche in quell'epoca, come nel IV sec., vennero ripresi degli elementi dei periodi precedenti e inseriti nelle nuove opere. 

Le colonne e i capitelli alto bizantini sorreggono la costruzione del nuovo  baldacchino gotico ricoperto di mosaici che annunciano in modo chiaro come una tradizione sia terminata e le subentri un'altra, in cui le tracce di Bisanzio vanno sempre più atrofizzandosi per scomparire del tutto in tempi piuttosto brevi. 

I mosaici e gli archi acuti infatti, svelano la loro origine veneziana. Questi elementi, tuttavia, in un certo senso furono molto più innovativi dei gusti che in quegli anni fecero da padroni a Venezia. Essi furono più progrediti poiché da essi traspiravano anche delle referenze caratteristiche del rinnovamento paleologico della pittura di Costantinopoli.

L'INFLUENZA VATICANA 

In tal modo, nel presbiterio della cattedrale parentina l'Oriente e l'Occidente entrarono nuovamente in contatto, con la differenza che la presenza di Venezia fu più incisiva. Venezia e Parenzo uscirono insieme dall'area dominante bizantina e si orientarono verso l'Occidente. Questo orientamento traspare anche negli affreschi quattrocenteschi alquanto naif, che ci sono pervenuti sotto forma di pochi frammenti, e nell'acquisto del polittico rinascimentale di Antonio Vivarini, ma anche in tutta una serie di altre opere create a Parenzo o qui importate permanentemente.