Città storica di Traù (Trogir)
Croazia

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1997

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Traù è considerata una delle città veneziane più belle e meglio conservate dell'intera Dalmazia. Secondo l'autorevole critico Bernard Berenson poche città al mondo annoverano tante opere d'arte in così poco spazio.

La città fu fondata dai greci della stirpe ellenica dei Dori di Siracusa col nome di Tragurion. L'imperatore Claudio vi installò i suoi onorevoli veterani. Fu sede vescovile dall'XI secolo. Dopo vari secoli di alterne vicende, comprendenti anche la conquista da parte dei saraceni e la distruzione della città nel 1123, nel 1420 inizia un lungo periodo di prosperità sotto il controllo della Repubblica di Venezia che ebbe termine solo nel 1797.

Si susseguirono quindi alcuni passaggi di sovranità fra la Francia napoleonica (dal 1806 al 1809 Traù fece parte del napoleonico Regno d'Italia e dal 1809 al 1813 delle Provincie Illiriche) e l'Impero d'Austria, poi la città venne stabilmente incorporata in quest'ultimo assieme al resto della Dalmazia. Nel 1828 la diocesi di Traù fu soppressa. Questo secondo periodo della storia di Traù durò fino al termine della prima guerra mondiale nel 1918.

Durante il periodo della dominazione austroungarica, Traù divenne uno dei teatri dello scontro che opponeva gli autonomisti dalmati agli unionisti, che reclamavano l'unione della Dalmazia alla Croazia. I primi - fra i quali gli esponenti delle famiglie cittadine italiane e italofile - governarono Traù fino al 1887, favoriti prima del 1850 dal fatto che la maggioranza dei cittadini di Trau erano italiani. Successivamente al 1860 il partito autonomista dei Dalmati italiani rimase al potere anche grazie ad un meccanismo elettorale che privilegiava la rappresentanza delle classi più abbienti ed istruite (in prevalenza italiane) alla massa popolare (diventata quasi totalmente croata a seguito di notevoli immigrazioni dalle campagne circostanti nella seconda metà del secolo XIX).

Secondo i censimenti austriaci nel 1880 si contavano 1960 Italiani su 3129 abitanti, che negli anni successivi diminuirono bruscamente quando il Podestà del "Partito autonomista" italiano della città fu sostituito da quello "unionista" croato (gli Italiani erano solo 171 nel censimento del 1890 e 170 in quello del 1900).

Al termine del primo conflitto mondiale, Traù entrò a far parte dello Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, divenuto successivamente Regno di Jugoslavia, fino alla seconda guerra mondiale. Durante questo conflitto la città venne occupata da truppe italiane ed annessa al Regno d'Italia, come buona parte della Dalmazia. La città venne liberata dai partigiani di Tito nel 1944. Dopo aver fatto parte della Repubblica Socialista di Croazia all'interno della nuova Jugoslavia per oltre 40 anni, dal 1991 fa parte della Repubblica di Croazia.

Traù fu teatro, dopo la prima guerra mondiale, di un tentativo irredentista simile a quello dannunziano a Fiume.

Il 23 settembre 1919, sotto la suggestione dei contemporanei eventi della Impresa di Fiume, un vero e proprio atto in stile dannunziano fu organizzato in città dal conte Nino Fanfogna, trentaduenne appartenente ad una delle più importanti ed antiche famiglie di Traù nonché discendente dell'ultimo podestà italiano della città.

Siccome le truppe italiane avevano occupato le aree della Dalmazia assegnate all'Italia dal Trattato di Londra del 1915, ma Traù non era inclusa in queste aree distanti una quindicina di chilometri, Nino Fanfogna tentò di forzare la situazione come aveva fatto D'Annunzio a Fiume.

Infatti il conte Fanfogna convinse il tenente Emanuele Torri-Mariani, che comandava alcuni ufficiali italiani di stanza a Prapatnica (Pianamerlina), al confine fra il territorio dalmata occupato dall'Italia e la regione controllata dagli Jugoslavi, ad organizzare una spedizione che occupasse la sua città nativa.

La notte del 23 settembre un centinaio di soldati italiani e il Fanfogna, con 4 autocarri, oltrepassarono i posti di frontiera jugoslavi e di sorpresa e senza spargimento di sangue occuparono Traù. Il reparto italiano assunse il comando della città nominando Fanfogna "Dittatore". La spedizione avrebbe potuto provocare lo scoppio di un conflitto militare fra Regno d'Italia e Regno di Jugoslavia, ma questa eventualità venne scongiurata dal pronto intervento degli ufficiali italiani della nave Puglia e dei militari americani di stanza a Spalato.

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Giunta a Spalato nella prima mattinata la notizia dell'occupazione di Traù, alle ore 10 del 24 settembre il capitano di corvetta Paolo Maroni - comandante in seconda della "Puglia" - e l'ufficiale americano Field partirono per Traù con il compito di persuadere i soldati sconfinati a rientrare nelle linee italiane. Convinti i comandi serbi a non lanciare per il momento nessun attacco, Maroni e Field giunsero a Traù ed iniziarono a negoziare con gli occupanti e Fanfogna il ritiro dalla città. Fanfogna, descritto nei documenti italiani come uomo "incosciente" e privo di capacità politica, enormemente preoccupato per quanto gli poteva capitare all'allontanarsi degli Italiani, insistette perché le truppe italiane non partissero, ma poi si lasciò convincere.

Nel frattempo a Traù arrivarono alcune navi americane al comando dell'ammiraglio Van Hook. A quella vista la popolazione croata della città, ripreso animo, cominciò sulla riva e in piazza una violenta dimostrazione contro i soldati italiani, alcuni dei quali vennero anche aggrediti e disarmati. Alcune fucilate sparate qua e là sortirono l'effetto di far dileguare rapidamente la folla e di affrettare lo sbarco della compagnia americana che era sul "Cowell".

Nel momento del trambusto il conte Fanfogna si ritirò in casa sua (il celebre palazzo Garagnin-Fanfogna), vi si rinchiuse e non si fece più vedere. Solo un vecchio, Achille De Michelis, si avvicinò al comandante Maroni, e dichiarandosi il più anziano del "Fascio Italiano", dopo aver protestato contro l'incredibile leggerezza del conte Fanfogna, si mise a disposizione del Maroni per facilitargli il compito e per tutto quello che potesse occorrergli dagli Italiani di Traù. Frattanto, disordinatamente, la compagnia italiana coi tenenti De Toni, Manfredi e Mantica evacuava Traù e fra le ore 14 e le 15 rientrava nelle linee.

La sciagurata spedizione di Traù ebbe pesanti ripercussioni sulle comunità italiane di Traù e Spalato. Il governatore jugoslavo, colonnello Plesnicar, procedette all'arresto di numerosi esponenti italiani della cittadina. Finirono arrestati Nino, Simeone e Umberto Fanfogna, Vincenzo Santich, Achille De Michelis, Giorgio De Rossignoli, Lorenzo Lubin, Giacomo Vosilla, Antonio Strojan, Marino, Michele e Spiridione Marini e altri, anche se molti di questi erano estranei alla vicenda. Molti furono quelli che scamparono all'arresto fuggendo nella Dalmazia italiana.

Per alcuni giorni gruppi di teppisti, aizzati dalle autorità governative jugoslave, si diedero ad atti vandalici contro abitazioni e proprietà degli Italiani di Traù e della regione dei Castelli. La conseguenza della spedizione fu la distruzione politica del Fascio Nazionale Italiano di Traù e un deciso peggioramento delle condizioni di vita dei traurini di lingua italiana, la maggior parte dei quali successivamente emigrò in Italia.

Fra gli emigrati, la neonata Maria Carmen Nutrizio, figlia del farmacista di Traù e di una Luxardo della nota famiglia produttrice del Maraschino di Zara, che diverrà celebre come creatrice di moda col nome di Mila Schön. Assieme a lei il fratello decenne Nino Nutrizio, anni dopo fondatore del quotidiano La Notte.

La città sorge su due isole collegate alla terraferma da due ponti ed è unita alla vicina isola di Bua per mezzo di un ponte girevole. Detta anche la piccola Venezia, è un piccolo gioiello che conserva numerosi edifici medievali di impronta veneziana.

Traù, con il suo centro storico risalente quasi interamente al XIII secolo e comprendente più di 10 chiese diverse, ha nella cattedrale romanica di San Lorenzo (1180-1250) il suo punto di maggiore interesse.

Altri monumenti sono la Loggia pubblica (1308), il Castello del Camerlengo (1420-1437), il Maschio di San Marco, la Torre dell'orologio, palazzo Cippico, la chiesa di san Domenico, la chiesa di san Nicola con annesso il convento delle benedettine, la porta di terraferma, la porta Marina e, a fianco, la loggia della Pescheria del 1527.

Parecchi leoni di San Marco ornavano la città, a memoria dell'antica dominazione veneziana. Negli strascichi della pluridecennale lotta che opponeva i croati ai concittadini italiani ed italianizzati (gli autoctoni dalmatici ed i ricchi croati), nei primi giorni di dicembre del 1932 otto leoni vennero distrutti da un gruppo di Croati, anche con l'ausilio della dinamite. Fra questi un celebre leone andante, bassorilievo di Nicolò Fiorentino e Andrea Alessi del 1471, che ornava l'interno della Loggia Pubblica. Attualmente alcuni leoni mutilati sono esposti al museo cittadino o giacciono nell'ex convento di S. Domenico.

Il lungomare deve il suo fascino alla contrapposizione tra le belle architetture delle abitazioni e le barche (spesso veri e propri yacht di gran lusso) ormeggiati lungo il canali.

Cattedrale di San Lorenzo

La cattedrale è stata costruita sulle fondamenta di cattedrale paleocristiana distrutta dai Saraceni nel 1123, durante il sacco di Traù. I lavori dell'attuale edificio iniziarono nel 1213 e terminarono nel XVII secolo. Come la vecchia cattedrale è dedicata a San Lorenzo, ma è nota per la devozione a San Giovanni. Il vescovo di Traù Giovanni da Traù con il suo stile di vita santa ha attirato il re ungherese Colomanno d'Ungheria che aveva rilevato la Croazia e la Dalmazia. La maggior parte del lavoro ha avuto luogo nel XIII secolo essendo per lo più completo nel 1251. Questo vuol dire che la maggior parte della cattedrale è in stile romanico, mentre l'interno della volta, costruita nel XV secolo, è in stile gotico. 

I lavori del campanile iniziarono alla fine del XIV secolo ed è stata completata alla fine del XVI secolo. Il primo piano è in stile gotico ed è stato edificato dai maestri Stejpan e Matej. Dopo che era stato demolito dai veneziani nel 1420, fu ristrutturato ad opera di Matija Gojkovič. Il secondo piano, anch'esso in stile gotico, è probabilmente opera di maestri veneziani, in quanto le finestre ricordano quelle del Ca' d'Oro. 

Il piano definitivo fu costruito da Trifun Bokanič (1575-1609). In cima al campanile ci sono quattro statue, opera dello scultore veneziano Alessandro Vittoria (1525-1608). Al centro della facciata, all'interno di una piccola apertura circolare, vi è scolpito lo stemma araldico del più potente sovrano ungherese della dinastia angioina, Re Luigi I d'Ungheria.

La Cattedrale di Traù è l'esempio più arcaico in Dalmazia nella costruzione delle arcate interne con pilastri allungati che separano le due navate laterali da quella centrale. Ci sono tre absidi semicircolari e una a volta sopra il quale sorge il campanile. Le volte a crociera e le terrazze precedenti sopra le navate sono di influenza pugliese. 

Un ampio vestibolo è stato aggiunto nel XV secolo e il rosone gotico artisticamente ben eseguito sulla facciata occidentale è della stessa epoca. In fondo alla sala d'ingresso, vi è un battistero in gotico e romanico che è stato aggiunto alla cattedrale nel 1467 da Andrea Alessi (1430-1505), uno scultore di origine albanese allievo di Giorgio di Matteo. La sacrestia gotica è stata aggiunta nel XV secolo. La parete esterna è divisa da pilastri e fori con aperture ad arco.

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L'architetto e maestro croato Radovan ha lavorato sulla porta del portale della cattedrale. La maggior parte del portale è stato scolpito dal maestro stesso, ma sono riconoscibili anche altre mani, come i suoi allievi e i suoi seguaci. 

Il lavoro, finito e firmato nel 1240, è un'opera monumentale e forse unica di questo grande artista croato, infatti l'iscrizione sulla lunetta dice "il migliore di tutti in questo artigianato". In termini di tematica il portale è diviso in due parti: superiore e inferiore. La parte superiore mostra scene del Vangelo e la vita di Cristo. Sulla lunetta vi è la scena della Natività, e dentro l'arco sopra la lunetta vi sono angeli che adorano Cristo nella scena sottostante. La lunetta e questo arco sono opera di Radovan. 

Sugli stipiti interni ci sono scene che mostrano i vari lavori realizzati durante la stagioni dell'anno. Radovan ha anche lavorato sulle due piccole colonne ricoperte dda rilievi. Sugli stipiti esterni sono raffigurati i santi e gli apostoli e all'interno le immagini sono decorate con figure di animali esotici e creature fantastiche come centauri e sirene. A dominare il portale sono però le forme umane di Adamo ed Eva: i nostri antenati peccaminosi sono posti sul dorso di due leoni. Altri artigiani degni di nota che hanno partecipato alla costruzione del portale sono Ivan Budislavić e Gregorio Vidov.