Teatro romano e Arco trionfale di Orange
Francia 

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1981

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Situata sulla collina di Saint-Eutrope, non lontano dal fiume Aigues, a dominare una vasta pianura che si estende fino al Rodano, quella che oggi è la città di Orange fu fondata da una popolazione di origine celtica. 

Nel II e nel I secolo a.C. fu capitale della confederazione della tribù gallica dei Cavari che dominava la regione da Valence ad Arles. Ebbe nome di Aurosia (dal nome di un dio celtico delle acque) quindi di Aurasio o Aurasium. L'insediamento celtico era localizzato sulla collina di Sant'Eutropia, che domina la città odierna, presso il Rodano e il suo affluente Aygues (Meyne). La confederazione commerciava con i marsigliesi e con i Romani. A causa della minaccia determinata dalle invasioni dei Cimbri e dei Teutoni, provenienti da nord, un accampamento militare romano fu creato sulla stessa collina di Sant'Eutropia, per controllare la via costituita dalla valle del Rodano.

La colonia romana, con il nome di Colonia Iulia Firma Secundanorum Aurasio fu fondata da Ottaviano nel 36-35 a.C., avendo ottenuto il territorio da assegnare ai coloni dalla tribù dei Tricastini. La colonia fu occupata da veterani della Legio II Gallica e si ebbe un'ulteriore deduzione di coloni all'epoca di Vespasiano, che fece redigere nel 77 d.C. un catasto inciso su marmo (les Cadastres), attualmente conservato al Museo Municipale. Vi passava la strada costruita da Agrippa tra Arles e Lione; un'altra strada romana conduceva a Vaison. La cinta muraria circondava un'estensione di circa 70 ettari e comprendeva gran parte della collina di Sant'Eutropia, estendendosi verso nord per circa un chilometro. La città appartenne alla provincia romana della Gallia Narbonense.

All'epoca delle invasioni fu saccheggiata dagli Alamanni e dai Visigoti (nel 412). Nel IV secolo divenne sede episcopale e vi si tennero due sinodi: il primo nel 441 si svolse nella ecclesia justinianesis e fu presieduto dal vescovo Sant'Ilario di Arles; nel 529 un secondo sinodo fu tenuto nella città contro l'eresia pelagiana.

Nel 793 la città fu liberata dai Saraceni ad opera di Guglielmo au Cornet, compagno di Carlo Magno, che divenne il primo conte di Orange. Abdicò per entrare in monastero (St-Guilhem-le-Désert). Il suo successore, conte Raimbaud II, partecipò alla prima crociata nel 1096.

Passò quindi nel 1150 ai signori di Baux, che avevano formato uno stato feudale semi-indipendente nell'ambito del Sacro Romano Impero, staccandosi dal regno di Arles dopo il 1033. 

Nel 1163 l'imperatore Federico I Barbarossa elevò Orange al rango di principato e nel 1184 vi si iniziò a battere moneta. Nel 1208 vi fu consacrata la cattedrale di Notre-Dame de Nazareth e nel 1365 vi fu creata un'università: Nel 1348 la popolazione venne quasi dimezzata dall'epidemia di peste nera.

Nel 1393 il principato passò alla casata di Châlon e nel 1431 vi fu istituito un parlamento. Nel 1530 alla morte di Filiberto di Châlon, che non lasciava eredi, il principato passò al nipote Renato di Nassau, la cui casata aveva ampi possedimenti in Germania e nei Paesi Bassi. Si creò il principato di Orange-Nassau e la casata prese il nome di casa d'Orange. 

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Guglielmo I di Nassau, detto il Taciturno, principe di Orange, divenne nel 1544 Stathouder di Olanda e combatté contro la Spagna rivendicando l'indipendenza per i Paesi Bassi, che sono tuttora governati dalla casa di Orange-Nassau. Nel 1584 Guglielmo I fu assassinato a Delft.

Durante le Guerre di Religione la città era stata dalla parte dei protestanti e subì le conseguenze del conflitto. Nel 1571 durante un massacro durato 11 giorni (Notre-Dame la Massacreuse) furono uccisi 140 ugonotti.

Il figlio di Guglielmo I, Maurizio di Nassau, divenuto principe d'Orange dopo la morte del fratello maggiore nel 1618, continuò la lotta per l'indipendenza olandese. Nel 1665 divenne principe di Orange Guglielmo III, che divenne re di Inghilterra nel 1689. Alla sua morte nel 1702 il principato di Orange passò a Francesco Luigi della casata dei Borbone-Conti, ma l'anno seguente Luigi XIV se ne impadronì, decretando l'espulsione dei protestanti. Nel 1713 con la pace di Utrecht il principato fu annesso alla Francia, ma fu restituito nel 1718 a Luigi Armando di Bornone-Conti, fino al 1731, quando entrò definitivamente a far parte del regno di Francia e venne annesso alla provincia del Delfinato.

Nel 1757 i fratelli Wetter vi aprirono una fabbrica di tessuti di cotone stampato detti "indiani".

Con la Rivoluzione francese la città fu inserita prima nel dipartimento del Drôme, poi in quello delle Bocche del Rodano e infine nella Vaucluse (1793.

Nel 1824 si iniziarono sotto la direzione dell'architetto Auguste Caristie i restauri del teatro, dove a partire dal 1869 si iniziò a tenere il festival musicale delle fêtes romaines divenuto poi delle Chorégies. A partire dal 1850 fu restaurato anche l'arco di Orange.

Nel 1924 la città subì una grande alluvione, nella quale le acque raggiunsero tra 1.50 e 2 m di altezza nel centro cittadino.

Arco di Orange

L'arco di Orange è un arco romano degli inizi del I secolo d.C., situato a Orange, nel dipartimento francese di Vaucluse.

L'arco, a tre fornici, segnava l'ingresso della città romana di Arausio (oggi Orange) dal lato nord e scavalcava una delle vie costruite in Gallia da Agrippa, che dalla capitale provinciale di Lugdunum (Lione) conduceva al Mediterraneo e quindi verso Roma.  

L'arco venne probabilmente eretto negli anni 20-25 d.C. per commemorare le vittorie di Germanico, morto nell'anno 19. L'arco fu in seguito ridedicato a Tiberio nel 26-27 d.C. e in tale occasione fu aggiunta la dedica.

In epoca medievale fu fortificato e inserito in un bastione avanzato di difesa della città. Fu restaurato negli anni 1820 dall'architetto Auguste Caristie, che lo liberò dai contrafforti utilizzati per la sua fortificazione e dalle strutture che gli erano state addossate e rimpiazzò le parti mancanti o troppo danneggiate. Un restauro e pulitura dell'arco si è concluso nel 2009.  

L'arco è edificato in opera quadrata di blocchi di pietra locale. Misura 19,57 m di larghezza e 8,40 m di profondità e raggiunge un'altezza di 19,21 m.

Sui lati maggiori fra i fornici e agli angoli sono presenti semicolonne corinzie rialzate su pinti che sorreggono la trabeazione principale sui quattro lati. Al di sopra di questa si trova un doppio attico, che sporge nella parte centrale, dove lo spazio dell'attico inferiore è occupato da un frontone. L'attico superiore era destinato a fungere da basamento per delle statue monumentali oggi scomparse. I lati corti dell'arco sono decorati con quattro semicolonne (comprese quelle angolari) che sorreggono la trabeazione e un frontone con arco centrale, che occupa lo spazio dell'attico inferiore.

Su molte delle superfici libere dell'arco sono presenti rilievi.

Sulla facciata principale gli spazi sopra i fornici minori e sotto la trabeazione sono decorati da rilievi con cumuli di armi, tra le quali alcuni scudi presentano iscrizioni con nomi, interpretati come i nomi degli scultori, ovvero come nomi di famosi fabbricanti. Sempre in corrispondenza dei fornici laterali, l'attico inferiore è decorato con pannelli raffiguranti delle spoglie navali, come prue di navi, ancore, tridenti.

Il fregio della trabeazione principale mostra sui quattro lati del monumento un fregio con combattimenti tra Galli e Romani, rappresentati come una serie di duelli. I Galli dai lunghi capelli combattono nudi e armati di scudi, mentre i Romani indossano la tunica e talvolta la corazza. I personaggi sono di fattura grossolana, con mani e piedi sproporzionati.

Nella parte centrale dell'attico superiore, che doveva sorreggere un grande gruppo scultoreo equestre, si trovano dei pannelli con scene di battaglia, alla quale partecipava la II legione Gallica, riconoscibile dal suo emblema con il capricorno, presente sullo scudo di un ufficiale. Intorno al rilievo, privo di incorniciatura, i blocchi della muratura presentano numerosi fori disposti irregolarmente, che dovevano servire a fissare elementi decorativi in bronzo oggi scomparsi.

Tra le colonne dei lati corti sono presenti altorilievi con trofei, ai piedi dei quali sono mostrati due prigionieri barbari incatenati. Gli altorilievi sul lato ovest sono in gran parte frutto della ricostruzione ottocentesca.

Sui lati lunghi dell'arco la fascia inferiore dell'architrave della trabeazione principale recava un'iscrizione con lettere in bronzo, applicate per mezzo di grappe di cui restano visibili i fori, in particolare sul lato nord.

Dallo studio delle cavità per grappe fu proposta nel 1862 da Pierre Herbert una prima lettura dell'iscrizione: 

IMP CAIO I CÆ AVGVSTI DUVI I FIL ÆGYPT TRP XI COMAT TRIBVT GERMANIA VICTA
COH XXXIII VOLVNT COLONIA ARAUS I SECVNDAN HVNC ARC DED PVBLICE

"Imp(eratori) Caio I(ulio) Cæ(sari) Augusto divi I(ulii) fil(io) Ægypt(o) Tr(ibunicia) P(otestate) XI comat(a) tribut(aria) Germania victa
Coh(ors) XXXIII volunt(ariorum) (et) colonia Araus(io) I(iulia) Secundan(orum) hunc arc(um) ded(icavit) publice"

All'imperatore Gaio Giulio Cesare Augusto, figlio del divo Giulio, che ha esercitato per l'XI volta la potestà tribunizia, la XXXIII coorte dei volontari e la colonia di Arausio Giulia dei Secundani, in ricordo dell'Egitto, della Gallia comata sottoposta a tributo e della Germania vinta, dedica a nome di tutti quest'arco.

Secondo Pierre Herbert l'iscrizione avrebbe dunque indicato chiaramente l'erezione dell'arco nel 12 a.C.. La città è indicata come una colonia romana fondata dai veterani della legione cesariana. Le vittorie a cui l'iscrizione si riferisce sarebbero la battaglia di Azio nel 31 a.C. (Egitto) e le vittorie di Druso sui Germani nel 12 a.C.

In seguito a studi più recenti la lettura dell'iscrzione della trabeazione principale è stata modificata:

TI CAESAR DIVI AVGUSTI F DIVI IVLI NEPOTI AVGVSTO PONTIFICI MAXI
POTESTATE XXVIII IMPERATORI IIX COS IIII RESTITVIT R P COLONIAE (ovvero alla fine RESTITVTORI COLONIAE)

"Ti(berio) Caesar(i), divi Augusti f(ilio), divi Iuli nepoti Augusto, pontifici max(imo)
(tribunicia) potestate XXVIII, imperatori IIX, co(n)suli IIII restituit R(es) p(ublica) coloniae (ovvero restitutori coloniae)"

A Tiberio Cesare, figlio del divo Augusto, nipote del divo Giulio, Augusto, pontefice massimo, che ha esercitato per la XVIII volta la potestà tribunicia, imperatore per l'ottava volta, console per la quarta volta restituì la colonia (ovvero restitutore della colonia)

La datazione appare essere spostata al 26 -27 d.C., in occasione di una restituzione di terre da parte di Tiberio o per una strana "restituzione" dell'arco a questo imperatore. L'iscrizione sarebbe stata collocata in epoca successiva alla prima costruzione dell'arco, su una zona non normalmente destinata a quest'uso. L'arco sarebbe stato iniziato intorno al 20 e completato intorno al 25 e inizialmente sarebbe stato dedicato a Germanico, figlio adottivo di Tiberio e comandante della II legione, morto nel 19.

Teatro romano

Edificato in epoca augustea, tra il I sec. a.c. e il I sec. d.c., deve la sua fama all'ottima conservazione della scena e del muro retrostante, che raggiunge un'altezza di 37 m e una lunghezza di 103 m.

La decorazione della scena e le statue appartengono ad un rifacimento dell'epoca di Antonino Pio. I blocchi sporgenti in cima al muro, sulla facciata esterna, erano utilizzati per fissare il velario che proteggeva gli spettatori dal sole.

Questo teatro, ornato da statue, poteva ospitare 9000 spettatori divisi in tre ordini e ha una scena chiusa da un imponente e suggestivo muro alto 38 metri e lungo 103, che ne costituisce anche la facciata rivolta verso l’esterno. Dato che il pubblico provinciale non era quello della raffinata Roma, per lungo tempo esso ospitò spettacoli di carattere popolare, dalle comiche fabulae atellanae ai giochi di acrobati e di mimi, fino alle commedie di Plauto.  

La sua acustica notevole, dovuta alla conservazione della scena, consente di adoperarlo tuttora per il festival musicale delle Chorégies.

Teatro3.jpg (279527 byte) Teatro5.jpg (294541 byte) Teatro6.jpg (172317 byte) Teatro7.jpg (338692 byte) Teatro8.jpg (303247 byte) Orange5.jpg (182685 byte) Orange4.jpg (264836 byte)

La ricostruzione nel disegno dell'architetto francese August Caristie ricostruisce la bellezza e la grandezza del gigantesco teatro costruito durante il regno di Augusto nel I secolo a.c. dai veterani della II Legione di Giulio Cesare, a dimostrare quanto fossero eclettici i famosi legionari.

Poi, nel IV secolo d.C, con il declino dell'impero e il diffondersi del cristianesimo, l'interesse per gli spettacoli scemò e nel 391 il vescovo di Arausio, che deplorava il teatro come un'empietà pagana, ne ordinò la chiusura. Con l'arrivo dei barbari, quel luogo deputato agli svaghi venne trasformato in un deposito di armi e, nel corso dei secoli, addossate all'imponente facciata crebbero povere e disordinate abitazioni di legno. 

Arco4.jpg (255092 byte)Teatro2.jpg (178115 byte)Ormai fatiscente, il teatro sopravvisse alla guerra tra le truppe di Luigi XIV contro Guglielmo III di Nassau: il Re Sole, che aveva ordinato di radere al suolo la fortezza del principe ribelle, decise di risparmiare quello che considerava "il più bel muro del reame". Fu nel 1860, grazie allo scrittore Prosper Mérimée - allora direttore dei Monuments Historiques di Francia - che iniziarono i lavori di restauro. 

Il teatro, che venne restaurato dall'architetto Caristie, figlio di italiani, è uno dei teatri romani meglio conservati al mondo. Oggi il teatro di Orange ospita un festival estivo e il suo palcoscenico è tornato a vivere, calcato da attori di prestigio internazionale, come ai tempi d'oro dell'antica Roma. Soltanto una volta - in quell'abbandono durato più di un millennio - un grande "attore" vi aveva fatto la sua fugace comparsa: si trattava di Napoleone. Una notte, in viaggio verso Parigi dopo la fuga dall'esilio sull'isola d'Elba, chiese al suo cocchiere di fermarsi a Orange. Entrò, da solo, nel teatro. E su quel palcoscenico magnifico e spettrale assaporò l’idea di quello che sarebbe stato il suo ultimo ed effimero trionfo.    

Dal 2018, il Teatro offre ai visitatori un tour virtuale: un dispositivo in realtà virtuale permette di immergersi in una ricostruzione digitale del monumento come sarebbe stato nel 36 a.c.. Al momento della fondazione della città di Arausio dai Romani. Un film immersivo proiettato sullo schermo di un casco di realtà virtuale è proposto sul sito dal responsabile del sito, Culturespaces.