Massiccio Dell'Ennedi: paesaggio naturale e culturale
Ciad
  
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2016

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L'Ennedì è una regione Sahariana del Ciad ed ospita l'omonimo massiccio montuoso formato prevalentemente da arenarie che costituiscono grandi cattedrali di roccia, pinnacoli, canyon e grotte dove è possibile trovare numerosi graffiti e pitture rupestri. La regione dell'Ennedì contiene alcuni tra i paesaggi più spettacolari e pittoreschi di tutto il Deserto del Sahara.

L'Ennedì si trova nel Ciad nord-orientale a poco più di 3 giorni di auto dalla capitale N'Djamena. La strada asfaltata è solo un lontano ricordo e le piste che dal Sahel si addentrano nel Deserto del Sahara non sono altro che strette strisce appena visibili, mentre alberi e cespugli affollano i numerosi letti di fiumi stagionali.

A volte capita che la falda acquifera sia particolarmente superficiale, oppure che letti di antichi fiumi contengano occasionalmente un po' di acqua grazie a stagioni delle piogge particolarmente favorevoli. In questi casi la vegetazione ne approfitta e nel letto del fiume si crea un vero e proprio ecosistema totalmente diverso e fortemente più rigoglioso rispetto a quello presente a poche decine di metri di distanza, con alberi, arbusti e perfino piante erbacee in fiore, come questa Compositacea parente delle margherite.

Anche la zucca del deserto (Citrullus colocinthis) approfitta delle condizioni più favorevoli presenti nei letti dei fiumi, con esemplari che mostrano foglie molto verdi, fiori e frutti a diversi stati di maturazione. Queste zucche vengono di solito consumate solo in caso di forte carestia, solo dopo averle ben cotte per ridurne notevolmente la tossicità.


dromedari invece trovano nei letti dei fiumi un ambiente ideale ricco di vegetazione commestibile ed anche di un po' di ombra offerta da alberi ed arbusti.

Allontanandosi dal letto del fiume, il paesaggio diventa rapidamente più brullo, ma non privo di vita, con alberelli ed arbusti che punteggiano il deserto. In lontananza iniziano a comparire montagne di arenaria che ospitano alcuni tra i luoghi più belli e pittoreschi di tutto il Ciad e dell'intero Deserto del Sahara.

Le colline e le montagne sono costituite da arenaria, una roccia sedimentaria formata da granuli aventi varie composizioni mineralogiche e varie dimensioni a seconda degli eventi che ne hanno determinato l'accumulo durante i millenni (inondazioni, siccità, venti predominanti, cambiamenti climatici, ecc.). Venendo a mancare un vero e proprio suolo ed essendo la vegetazione estremamente scarsa, non solo queste rocce vengono continuamente lavorate da acqua e vento, ma sono messe totalmente a nudo: un vero paradiso per i geologi e per i fotografi che possono sbizzarrirsi nel catturare le infinite forme quasi surreali.

Per la sua struttura e per la sua composizione, l'arenaria è una roccia piuttosto "delicata" e fortemente soggetta ad erosione da parte dell'acqua e del vento. Gli agenti atmosferici possono talvolta creare curiosi disegni, come questi strani fori.

La roccia di arenaria è spesso ricca di piccole grotte, ottimo rifugio naturale utilizzato dalle popolazioni preistoriche che vivevano nel Sahara, quando il clima era molto diverso da quello attuale e molto più favorevole alla vita, con tanta acqua, foreste ed animali. La presenza e l'attività dell'uomo preistorico sono testimoniate da splendide pitture rupestri, graffiti e manufatti in pietra che si possono tutt'ora trovare nei luoghi che un tempo furono abitati.

Come vedremo successivamente in modo più approfondito, le pitture rupestri, risalenti fino all'età della pietra (indicativamente fino a 9000 anni fa) mostrano animali ormai scomparsi dalla scena sahariana, come bufali, elefanti, giraffe, gazzelle, sovente contornati da figure umane più o meno stilizzate.

Tra le rocce di arenaria, non mancano archi e portali naturali.

La particolare superficie dell'arenaria, dove l'azione combinata di acqua e vento nell'arco di millenni, produce curiosi motivi.

L'Ennedì è un deserto decisamente più vivo rispetto alle altre zone del Sahara e di tanto in tanto non è difficile imbattersi in grandi mandrie di dromedari portate al pascolo ed all'abbeveraggio dai Tubu, un gruppo etnico che vive nel nord del Ciad ed in altre regioni sahariane.

dromedari hanno la particolarità di avere la pianta della zampa unica, che funziona da vera e propria impronta digitale. I mandriani infatti sanno riconoscere tutti i loro dromedari, proprio dall'impronta che essi lasciano sulla sabbia.

Il traffico di migliaia di formiche lascia invece sulla sabbia una traccia continua, che ne segna molto chiaramente il lunghissimo percorso.

La monachella testabianca (Oenanthe leucopyga) è un uccello passeriforme diffuso in Africa e nel Deserto del Sahara in Ciad. Il maschio si distingue dalla femmina, in quanto, diversamente da quest'ultima, ha la parte superiore della testa completamente bianca.

Questi uccellini dalle dimensioni di un passerotto, hanno invece il colore del piumaggio molto simile a quello dell'arenaria con la quale si confondono molto bene.

Nel deserto dell'Ennedì non è raro trovare alberi ed arbusti in fiore: questa regione infatti è molto più ricca di vita se paragonata al resto del deserto del Sahara, in quanto la particolare conformazione del massiccio montuoso abbinata alla posizione geografica, permette di avere qualche precipitazione piovosa in più.

L'Ennedì è in realtà un vasto altipiano, dove la massima erosione si ha lungo i bordi del massiccio montuoso che ne costituisce il cuore. Nelle zone periferiche si formano quindi grandi cattedrali di roccia, con pinnacoli dalle forme bizzarre.

Cattedrali di roccia, pinnacoli dalle forme bizzarre, dune di sabbia: il margine meridionale del massiccio dell'Ennedì è un vero paradiso dove fare splendide passeggiate a piedi.

Oltre alle pitture rupestri, nell'Ennedì si trovano numerosi graffiti di dimensioni spesso considerevoli. Queste tracce di vita umana sono spesso molto antiche e con i millenni hanno perso la loro originale evidenza, a causa dell'erosione e del materiale che si accumula nei solchi di incisione.

Un bellissimo conglomerato, roccia sedimentaria costituita da ciottoli (probabilmente trasportati da una antica inondazione), cementati insieme da un collante a matrice sabbiosa.

Gli studiosi e gli appassionati di arte rupestre preistorica hanno avuto la gradita sorpresa di trovare come strenna sotto l’albero di Natale 2017 un dono assai prezioso e imprescindibile, vale a dire un ponderoso e al momento completo compendio sull’arte rupestre presente sulle pareti di arenaria, nelle grotte e nei ripari sotto roccia del massiccio montuoso dell’Ennedi, nel nord-est del Ciad,  Sahara centro-orientale. Come è noto, nel suo lungo percorso di civilizzazione, prima dell’acquisizione in epoca protostorica della scrittura – della quale è stata premessa e anticipazione – l’uomo ha sentito l’impellente necessità di testimoniare la propria presenza lasciando dei disegni incisi con scalpelli e bulini di pietra, oppure dipinti con colori naturali su pareti di roccia. E’ quello che noi oggi definiamo l’arte rupestre preistorica – presente in ogni continente e in epoche diverse – fino ad evolversi poi in scrittura vera e propria con le prime civiltà.  Sono immagini di fauna selvatica e di animali domestici, elementi ambientali, figure umane singole o in gruppo, simboli astratti come spirali, figure geometriche o impronte di mani di dubbia interpretazione, con cui i nostri lontani predecessori hanno voluto tramandarci una visione quasi fotografica della loro esistenza quotidiana, sia materiale che immaginifica.  Elementi fondamentali, assieme ai resti archeologici, per tentare di conoscere le modalità di vita e di evoluzione del pensiero e del comportamento umano in tempi assai lontani, per i quali non possediamo altri tipi di testimonianze.

Pur possedendo alcuni denominatori comuni, l’antica arte rupestre presenta caratteristiche peculiari da luogo a luogo e da epoca ad epoca, essendo prodotta da popolazioni con culture diverse in tempi e in luoghi diversi, in contesti ambientali e con economie differenti. Per ragioni geografiche ed ecologiche, uno dei luoghi più ricchi di simili manifestazioni è costituito dal Sahara, il deserto grande quanto l’intera Europa esteso ad occupare tutto il settore settentrionale del continente africano, dall’Atlantico fino al Mar Rosso.  Osservando oggi quest’ambiente iperarido, dove non piove quasi mai, caratterizzato da spogli rilievi montuosi, immense pianure sassose e sterminati campi di dune, risulta piuttosto difficile anche soltanto immaginare come, appena 10 mila anni or sono, questo ambiente fosse decisamente piovoso e verde, pieno di fiumi, laghi e vegetazione tipica delle odierne savane alberate dell’Africa equatoriale, abitato da una ricca fauna selvatica oggetto di caccia da parte dell’uomo. Queste favorevoli condizioni climatiche ed ambientali produssero poco dopo uno dei più determinanti balzi sulla strada della più recente evoluzione umana, la cosiddetta “rivoluzione neolitica”, dove l’essere umano da cacciatore e raccoglitore passivo arrivò a scoprire la versatilità della ceramica, l’addomesticamento della fauna e delle piante selvatiche, diventando allevatore prima e coltivatore poi, artefice cioè della propria economia e del proprio sostentamento. Gli stessi presupposti che troviamo alla base anche della nostra civiltà.  Poi un’ennesima trasformazione climatica, avvenuta all’incirca 5.000 anni fa, ha di nuovo trasformato il Sahara verde nell’arido e spopolato deserto attuale.

Il Ciad, caratterizzato a sud-ovest da piane sabbiose ed a nord-est da imponenti massicci montuosi, occupa la porzione meridionale e centro-orientale del Sahara, al confine con il Sahel. L’Ennedi costituisce il rilievo montuoso più a sud-est di tutto il Sahara, ragione per cui presenta una pluviometria nettamente superiore a tutto il resto del grande deserto, rappresentando la prima barriera posta all’arrivo degli alisei di sud-ovest carichi di umidità. Grazie all’azione combinata nel tempo di acqua e vento, questo rilievo si presenta come un massiccio tassiliano di arenaria a forma triangolare, piatto alla sommità, esteso per 40 mila kmq (quanto la Svizzera), fortemente eroso a formare un’incredibile e fantasmagorico labirinto di profondi canyon, gole, falesie precipiti, pinnacoli e guglie, castelli merlettati ed archi, in un vero tripudio di erosione.  Alla spettacolare e grandiosa gola di Archei, con la relativa guelta, si abbeverano ogni giorno migliaia di cammelli, in una scena biblica estremamente suggestiva, mentre poco lontano si riscalda incredibilmente al sole l’ultima colonia residua di coccodrilli sahariani (Crocodylus suchus), veri fossili viventi e ultimo retaggio di quel lontano Sahara verde.

Le pareti di questo tormentato massiccio si presentano letteralmente disseminate da migliaia e migliaia di pitture, le più antiche vecchie di 8.000 anni or sono, attestanti un’intensa e prolungata frequentazione in epoca preistorica, con non poche sovrapposizioni di immagini più recenti su disegni più antichi e alcune antiche immagini invisibili ad occhio ma avvistabili con la moderna tecnologia DStretch, le quali rivelano un’evoluzione stilistica nel tempo.  L’arte dell’Ennedi si caratterizza, rispetto a quella di altre aree sahariane, per una netta prevalenza di pitture bicrome bianche e rosse, in qualche caso addirittura monocromatiche, e quindi assenza di policromia, con immagini realistiche di uomini e di animali addomesticati ritratti in scene di vita quotidiana, con ampio corollario di oggetti come recipienti, probabili armi, granai, recinti, ecc., segni di un’economia mista agropastorale ma con prevalenza della seconda; non mancano inoltre soggetti fantastici con creature antropomorfe, figure mitiche irreali, spirali e labirinti di enigmatica interpretazione.

Spiccano come peculiarità figure umane viste di fronte, le cosiddette “sentinelle” con scudi e lance e, soprattutto, suggestive immagini di cavalli e di cammelli montati da cavalieri lanciati al galoppo volante, dotati di uno spiccato senso di movimento.  Dal punto di vista cronologico si tratta di manifestazioni più tarde rispetto ad altre zone (la classica fase iniziale naturalistica della grande fauna selvatica di epoca mesolitica, nonché quella successiva delle teste rotonde risultano contenute ai minimi termini), spaziando dal tardo neolitico bovidiano fino alla comparsa del cavallo e del cammello, già in epoca storica,  il che attesta un attardamento temporale e culturale.  Con molta probabilità, per le sue più favorevoli condizioni climatiche, la vita delle popolazioni pastorali sahariane proseguì nell’Ennedi anche quando il ritorno all’aridità spopolò il Sahara centrale, costringendo gli abitanti a migrare altrove con le loro mandrie. Nell’insieme un’arte che rivela una notevole creatività e varietà di soggetti, anche con caratteri unici peculiari senza equivalenti, come nel caso della scena di caccia al leopardo, a formare uno dei maggiori complessi sahariani, un ennesimo suggestivo museo all’aria aperta.