L'Ennedì è
una
regione
Sahariana
del
Ciad
ed
ospita
l'omonimo
massiccio
montuoso
formato
prevalentemente
da
arenarie
che
costituiscono
grandi
cattedrali
di
roccia,
pinnacoli,
canyon
e
grotte
dove
è
possibile
trovare
numerosi
graffiti
e
pitture
rupestri.
La
regione
dell'Ennedì
contiene
alcuni
tra
i
paesaggi
più
spettacolari
e
pittoreschi
di
tutto
il
Deserto
del
Sahara.
L'Ennedì si
trova
nel
Ciad
nord-orientale
a
poco
più
di
3
giorni
di
auto
dalla
capitale
N'Djamena.
La
strada
asfaltata
è
solo
un
lontano
ricordo
e
le
piste
che
dal
Sahel
si
addentrano
nel
Deserto
del
Sahara
non
sono
altro
che
strette
strisce
appena
visibili,
mentre
alberi
e
cespugli
affollano
i
numerosi
letti
di
fiumi
stagionali.
A volte capita
che
la
falda
acquifera
sia
particolarmente
superficiale,
oppure
che letti di antichi fiumi contengano occasionalmente un po'
di
acqua
grazie
a
stagioni
delle
piogge
particolarmente
favorevoli.
In
questi
casi
la
vegetazione
ne
approfitta
e
nel
letto
del
fiume
si
crea
un
vero
e
proprio
ecosistema
totalmente
diverso
e
fortemente
più
rigoglioso
rispetto
a
quello
presente
a
poche
decine
di
metri
di
distanza,
con
alberi,
arbusti
e
perfino
piante
erbacee
in
fiore,
come
questa
Compositacea
parente
delle
margherite.
Anche la zucca del deserto (Citrullus colocinthis) approfitta
delle
condizioni
più
favorevoli
presenti
nei
letti
dei
fiumi,
con
esemplari
che
mostrano
foglie
molto
verdi,
fiori
e
frutti
a
diversi
stati
di
maturazione.
Queste
zucche
vengono
di
solito
consumate
solo
in
caso
di
forte
carestia,
solo
dopo
averle
ben
cotte
per
ridurne
notevolmente
la
tossicità.
I dromedari invece
trovano
nei
letti
dei
fiumi
un
ambiente
ideale
ricco
di
vegetazione
commestibile
ed
anche
di
un
po'
di
ombra
offerta
da
alberi
ed
arbusti.
Allontanandosi
dal
letto
del
fiume,
il
paesaggio
diventa
rapidamente
più
brullo,
ma
non
privo
di
vita,
con
alberelli
ed
arbusti
che
punteggiano
il
deserto.
In
lontananza
iniziano
a
comparire montagne di arenaria che ospitano
alcuni
tra
i
luoghi
più
belli
e
pittoreschi
di
tutto
il
Ciad
e
dell'intero
Deserto
del
Sahara.

Le colline e
le
montagne
sono
costituite
da arenaria, una
roccia
sedimentaria
formata
da
granuli
aventi
varie
composizioni
mineralogiche
e
varie
dimensioni
a
seconda
degli
eventi
che
ne
hanno
determinato
l'accumulo
durante
i
millenni
(inondazioni,
siccità,
venti
predominanti,
cambiamenti
climatici,
ecc.).
Venendo
a
mancare
un
vero
e
proprio
suolo
ed
essendo
la
vegetazione
estremamente
scarsa,
non
solo
queste
rocce
vengono
continuamente
lavorate
da
acqua
e
vento,
ma
sono
messe
totalmente
a
nudo:
un
vero
paradiso
per
i
geologi
e
per
i
fotografi
che
possono
sbizzarrirsi
nel
catturare
le
infinite
forme
quasi
surreali.
Per la sua
struttura
e
per
la
sua
composizione,
l'arenaria
è
una
roccia
piuttosto
"delicata"
e
fortemente
soggetta
ad
erosione
da
parte
dell'acqua
e
del
vento.
Gli
agenti
atmosferici
possono
talvolta
creare
curiosi
disegni,
come
questi
strani
fori.
La roccia di
arenaria
è
spesso
ricca
di
piccole grotte,
ottimo
rifugio
naturale
utilizzato
dalle
popolazioni
preistoriche
che
vivevano
nel
Sahara,
quando
il
clima
era
molto
diverso
da
quello
attuale
e
molto
più
favorevole
alla
vita,
con
tanta
acqua,
foreste
ed
animali.
La
presenza
e
l'attività
dell'uomo
preistorico
sono
testimoniate
da
splendide pitture rupestri, graffiti e manufatti in
pietra
che
si
possono
tutt'ora
trovare
nei
luoghi
che
un
tempo
furono
abitati.
Come vedremo
successivamente
in
modo
più
approfondito,
le pitture
rupestri,
risalenti
fino
all'età
della
pietra
(indicativamente
fino
a
9000
anni
fa)
mostrano
animali
ormai
scomparsi
dalla
scena
sahariana,
come
bufali,
elefanti,
giraffe,
gazzelle,
sovente
contornati
da
figure
umane
più
o
meno
stilizzate.
Tra le rocce
di
arenaria,
non
mancano
archi
e
portali
naturali.
La particolare
superficie
dell'arenaria,
dove
l'azione
combinata
di
acqua
e
vento
nell'arco
di
millenni,
produce
curiosi
motivi.
L'Ennedì è
un
deserto
decisamente
più
vivo
rispetto
alle
altre
zone
del
Sahara
e
di
tanto
in
tanto
non
è
difficile
imbattersi
in
grandi mandrie di dromedari portate al
pascolo
ed
all'abbeveraggio
dai
Tubu,
un
gruppo
etnico
che
vive
nel
nord
del
Ciad
ed
in
altre
regioni
sahariane.
I dromedari hanno
la
particolarità
di
avere
la
pianta
della
zampa
unica,
che
funziona
da
vera
e
propria
impronta
digitale.
I
mandriani
infatti
sanno
riconoscere
tutti
i
loro
dromedari,
proprio
dall'impronta
che
essi
lasciano
sulla
sabbia.
Il traffico di
migliaia
di formiche lascia
invece
sulla
sabbia
una
traccia
continua,
che
ne
segna
molto
chiaramente
il
lunghissimo
percorso.
La monachella testabianca (Oenanthe leucopyga) è un uccello
passeriforme
diffuso
in
Africa
e
nel
Deserto
del
Sahara
in
Ciad.
Il
maschio
si
distingue
dalla
femmina,
in
quanto,
diversamente
da
quest'ultima,
ha
la
parte
superiore
della
testa
completamente
bianca.
Questi
uccellini
dalle
dimensioni
di
un
passerotto,
hanno
invece
il
colore
del
piumaggio
molto
simile
a
quello
dell'arenaria
con
la
quale
si
confondono
molto
bene.
Nel deserto
dell'Ennedì
non
è
raro
trovare
alberi
ed
arbusti
in
fiore:
questa
regione
infatti
è
molto
più ricca di vita se paragonata al resto
del
deserto
del
Sahara,
in
quanto
la
particolare
conformazione
del
massiccio
montuoso
abbinata
alla
posizione
geografica,
permette
di
avere
qualche
precipitazione
piovosa
in
più.
L'Ennedì è
in
realtà
un
vasto
altipiano,
dove
la
massima
erosione
si
ha
lungo
i
bordi
del
massiccio
montuoso
che
ne
costituisce
il
cuore.
Nelle
zone
periferiche
si
formano
quindi
grandi cattedrali di roccia, con pinnacoli dalle forme bizzarre.
Cattedrali di
roccia,
pinnacoli
dalle
forme
bizzarre,
dune
di
sabbia:
il
margine
meridionale
del massiccio dell'Ennedì è un vero
paradiso
dove
fare
splendide
passeggiate
a
piedi.
Oltre alle
pitture
rupestri,
nell'Ennedì
si
trovano
numerosi graffiti di
dimensioni
spesso
considerevoli.
Queste
tracce
di
vita
umana
sono
spesso
molto
antiche
e
con
i
millenni
hanno
perso
la
loro
originale
evidenza,
a
causa
dell'erosione
e
del
materiale
che
si
accumula
nei
solchi
di
incisione.
Un bellissimo conglomerato, roccia sedimentaria
costituita
da
ciottoli
(probabilmente
trasportati
da
una
antica
inondazione),
cementati
insieme
da
un
collante
a
matrice
sabbiosa.
Gli studiosi e
gli
appassionati
di
arte
rupestre
preistorica
hanno
avuto
la
gradita
sorpresa
di
trovare
come
strenna
sotto
l’albero
di
Natale
2017
un
dono
assai
prezioso
e
imprescindibile,
vale
a
dire
un
ponderoso
e
al
momento
completo
compendio
sull’arte
rupestre
presente
sulle
pareti
di
arenaria,
nelle
grotte
e
nei
ripari
sotto
roccia
del
massiccio
montuoso
dell’Ennedi,
nel
nord-est
del
Ciad,
Sahara
centro-orientale.
Come
è
noto,
nel
suo
lungo
percorso
di
civilizzazione,
prima
dell’acquisizione
in
epoca
protostorica
della
scrittura
–
della
quale
è
stata
premessa
e
anticipazione
–
l’uomo
ha
sentito
l’impellente
necessità
di
testimoniare
la
propria
presenza
lasciando
dei
disegni
incisi
con
scalpelli
e
bulini
di
pietra,
oppure
dipinti
con
colori
naturali
su
pareti
di
roccia.
E’
quello
che
noi
oggi
definiamo
l’arte
rupestre
preistorica
–
presente
in
ogni
continente
e
in
epoche
diverse
–
fino
ad
evolversi
poi
in
scrittura
vera
e
propria
con
le
prime
civiltà.
Sono
immagini
di
fauna
selvatica
e
di
animali
domestici,
elementi
ambientali,
figure
umane
singole
o
in
gruppo,
simboli
astratti
come
spirali,
figure
geometriche
o
impronte
di
mani
di
dubbia
interpretazione,
con
cui
i
nostri
lontani
predecessori
hanno
voluto
tramandarci
una
visione
quasi
fotografica
della
loro
esistenza
quotidiana,
sia
materiale
che
immaginifica.
Elementi
fondamentali,
assieme
ai
resti
archeologici,
per
tentare
di
conoscere
le
modalità
di
vita
e
di
evoluzione
del
pensiero
e
del
comportamento
umano
in
tempi
assai
lontani,
per
i
quali
non
possediamo
altri
tipi
di
testimonianze.
Pur possedendo
alcuni
denominatori
comuni,
l’antica
arte
rupestre
presenta
caratteristiche
peculiari
da
luogo
a
luogo
e
da
epoca
ad
epoca,
essendo
prodotta
da
popolazioni
con
culture
diverse
in
tempi
e
in
luoghi
diversi,
in
contesti
ambientali
e
con
economie
differenti.
Per
ragioni
geografiche
ed
ecologiche,
uno
dei
luoghi
più
ricchi
di
simili
manifestazioni
è
costituito
dal
Sahara,
il
deserto
grande
quanto
l’intera
Europa
esteso
ad
occupare
tutto
il
settore
settentrionale
del
continente
africano,
dall’Atlantico
fino
al
Mar
Rosso.
Osservando
oggi
quest’ambiente
iperarido,
dove
non
piove
quasi
mai,
caratterizzato
da
spogli
rilievi
montuosi,
immense
pianure
sassose
e
sterminati
campi
di
dune,
risulta
piuttosto
difficile
anche
soltanto
immaginare
come,
appena
10
mila
anni
or
sono,
questo
ambiente
fosse
decisamente
piovoso
e
verde,
pieno
di
fiumi,
laghi
e
vegetazione
tipica
delle
odierne
savane
alberate
dell’Africa
equatoriale,
abitato
da
una
ricca
fauna
selvatica
oggetto
di
caccia
da
parte
dell’uomo.
Queste
favorevoli
condizioni
climatiche
ed
ambientali
produssero
poco
dopo
uno
dei
più
determinanti
balzi
sulla
strada
della
più
recente
evoluzione
umana,
la
cosiddetta
“rivoluzione
neolitica”,
dove
l’essere
umano
da
cacciatore
e
raccoglitore
passivo
arrivò
a
scoprire
la
versatilità
della
ceramica,
l’addomesticamento
della
fauna
e
delle
piante
selvatiche,
diventando
allevatore
prima
e
coltivatore
poi,
artefice
cioè
della
propria
economia
e
del
proprio
sostentamento.
Gli
stessi
presupposti
che
troviamo
alla
base
anche
della
nostra
civiltà.
Poi
un’ennesima
trasformazione
climatica,
avvenuta
all’incirca
5.000
anni
fa,
ha
di
nuovo
trasformato
il
Sahara
verde
nell’arido
e
spopolato
deserto
attuale.

Il Ciad,
caratterizzato
a
sud-ovest
da
piane
sabbiose
ed
a
nord-est
da
imponenti
massicci
montuosi,
occupa
la
porzione
meridionale
e
centro-orientale
del
Sahara,
al
confine
con
il
Sahel.
L’Ennedi
costituisce
il
rilievo
montuoso
più
a
sud-est
di
tutto
il
Sahara,
ragione
per
cui
presenta
una
pluviometria
nettamente
superiore
a
tutto
il
resto
del
grande
deserto,
rappresentando
la
prima
barriera
posta
all’arrivo
degli
alisei
di
sud-ovest
carichi
di
umidità.
Grazie
all’azione
combinata
nel
tempo
di
acqua
e
vento,
questo
rilievo
si
presenta
come
un
massiccio
tassiliano
di
arenaria
a
forma
triangolare,
piatto
alla
sommità,
esteso
per
40
mila
kmq
(quanto
la
Svizzera),
fortemente
eroso
a
formare
un’incredibile
e
fantasmagorico
labirinto
di
profondi
canyon,
gole,
falesie
precipiti,
pinnacoli
e
guglie,
castelli
merlettati
ed
archi,
in
un
vero
tripudio
di
erosione.
Alla
spettacolare
e
grandiosa
gola
di
Archei,
con
la
relativa
guelta,
si
abbeverano
ogni
giorno
migliaia
di
cammelli,
in
una
scena
biblica
estremamente
suggestiva,
mentre
poco
lontano
si
riscalda
incredibilmente
al
sole
l’ultima
colonia
residua
di
coccodrilli
sahariani
(Crocodylus
suchus),
veri
fossili
viventi
e
ultimo
retaggio
di
quel
lontano
Sahara
verde.
Le pareti di
questo
tormentato
massiccio
si
presentano
letteralmente
disseminate
da
migliaia
e
migliaia
di
pitture,
le
più
antiche
vecchie
di
8.000
anni
or
sono,
attestanti
un’intensa
e
prolungata
frequentazione
in
epoca
preistorica,
con
non
poche
sovrapposizioni
di
immagini
più
recenti
su
disegni
più
antichi
e
alcune
antiche
immagini
invisibili
ad
occhio
ma
avvistabili
con
la
moderna
tecnologia
DStretch,
le
quali
rivelano
un’evoluzione
stilistica
nel
tempo.
L’arte
dell’Ennedi
si
caratterizza,
rispetto
a
quella
di
altre
aree
sahariane,
per
una
netta
prevalenza
di
pitture
bicrome
bianche
e
rosse,
in
qualche
caso
addirittura
monocromatiche,
e
quindi
assenza
di
policromia,
con
immagini
realistiche
di
uomini
e
di
animali
addomesticati
ritratti
in
scene
di
vita
quotidiana,
con
ampio
corollario
di
oggetti
come
recipienti,
probabili
armi,
granai,
recinti,
ecc.,
segni
di
un’economia
mista
agropastorale
ma
con
prevalenza
della
seconda;
non
mancano
inoltre
soggetti
fantastici
con
creature
antropomorfe,
figure
mitiche
irreali,
spirali
e
labirinti
di
enigmatica
interpretazione.
Spiccano come
peculiarità
figure
umane
viste
di
fronte,
le
cosiddette
“sentinelle”
con
scudi
e
lance
e,
soprattutto,
suggestive
immagini
di
cavalli
e
di
cammelli
montati
da
cavalieri
lanciati
al
galoppo
volante,
dotati
di
uno
spiccato
senso
di
movimento.
Dal
punto
di
vista
cronologico
si
tratta
di
manifestazioni
più
tarde
rispetto
ad
altre
zone
(la
classica
fase
iniziale
naturalistica
della
grande
fauna
selvatica
di
epoca
mesolitica,
nonché
quella
successiva
delle
teste
rotonde
risultano
contenute
ai
minimi
termini),
spaziando
dal
tardo
neolitico
bovidiano
fino
alla
comparsa
del
cavallo
e
del
cammello,
già
in
epoca
storica,
il
che
attesta
un
attardamento
temporale
e
culturale.
Con
molta
probabilità,
per
le
sue
più
favorevoli
condizioni
climatiche,
la
vita
delle
popolazioni
pastorali
sahariane
proseguì
nell’Ennedi
anche
quando
il
ritorno
all’aridità
spopolò
il
Sahara
centrale,
costringendo
gli
abitanti
a
migrare
altrove
con
le
loro
mandrie.
Nell’insieme
un’arte
che
rivela
una
notevole
creatività
e
varietà
di
soggetti,
anche
con
caratteri
unici
peculiari
senza
equivalenti,
come
nel
caso
della
scena
di
caccia
al
leopardo,
a
formare
uno
dei
maggiori
complessi
sahariani,
un
ennesimo
suggestivo
museo
all’aria
aperta.

|