Monasteri delle Meteore
Grecia

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1988

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Meteora (letteralmente "in mezzo all'aria", "sospeso in aria" o "in alto nei cieli") è una famosa località ubicata nel nord della Grecia, al bordo nord occidentale della pianura della Tessaglia, nei pressi della cittadina di Kalambaka. Si tratta di un importante centro della chiesa ortodossa, secondo per importanza solo al monte Athos, nonché di una rinomata meta turistica, dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1988. Dei ventiquattro monasteri edificati con enormi sacrifici in cima a spettacolari falesie di arenaria, attualmente solo sei sono ancora abitati, in parte recuperati dopo anni di abbandono.  

Comprese tra la catena del Pindo, nella regione occidentale della Tessaglia, queste uniche ed enormi colonne di roccia si ergono maestose rispetto al terreno collinare circostante. Una forma così insolita si deve a molteplici fattori non facilmente spiegabili a livello geologico. Va precisato subito che non si tratta di colli vulcanici di roccia ignea dura tipici di altre località, ma di pietre composte da una miscela di arenaria e conglomerato.

Il conglomerato si è formato, nel corso di milioni di anni, grazie a depositi di pietre, sabbia e fango provenienti da torrenti che sfociano in un delta ai margini di un lago. Circa 60 milioni di anni fa, durante il cretaceo inferiore, una serie di movimenti della terra spinse il fondale marino verso l'alto, creando un elevato altopiano e causando molte linee di faglia verticali nello spesso strato di arenaria. Gli enormi pilastri di roccia sono stati poi levigati lungo le loro sezioni esterne da agenti atmosferici quali acqua, vento e temperature estreme. È insolito che simili formazioni di conglomerato e tale tipo di erosione avvengano in un'area relativamente circoscritta all'interno di una formazione montuosa circostante. Il complesso può essere collegato a un residuato continentale risalente ai tempi dell'atavica Pangea.

Questo tipo di formazione rocciosa e di processo di erosione è avvenuto in molti altri luoghi a livello locale e in tutto il mondo, ma ciò che rende speciale l'aspetto di Meteora risulta l'uniformità dei costituenti di roccia sedimentaria depositati in milioni di anni lasciando pochi segni di stratificazione verticale, e un'erosione verticale brusca localizzata.

La grotta di Theopetra si trova a 4 km da Kalambaka. La sua singolarità dal punto di vista archeologico si deve al fatto che si presenta come una culla di due transizioni culturali molto significative: il declino dei neanderthaliani in favore del sapiens sapiens e, più tardi, il passaggio dalla caccia e dalla raccolta all'agricoltura dopo la fine dell'ultima era glaciale. La grotta consiste in un'immensa camera rettangolare vasta 500 m² ai piedi di una collina calcarea, che sorge a nord-est sopra il villaggio di Theopetra, con un ingresso largo 17 m e alto 3. Si trova ai piedi della catena montuosa di Chasia, che origina il confine naturale tra le prefetture della Tessaglia e della Macedonia, mentre il fiume Lithaios, un affluente del Peneo, scorre davanti alla caverna. Grazie al piccolo fiume Lithaios, che scorre letteralmente alle porte della grotta, gli occupanti della stessa hanno sempre avuto facile accesso all'acqua fresca e pulita senza la necessità di percorrere quotidianamente lunghe distanze per trovarla.

Gli scavi e le varie operazioni di ricerca hanno permesso di scoprire diatomee pietrificate, circostanza che ha contribuito alla comprensione del paleoclima e dei cambiamenti climatici in generale. La datazione al radiocarbonio evidenzia la presenza umana risalente a 50.000 anni fa. La grotta era aperta al pubblico, ma è attualmente chiusa a tempo indeterminato per questioni di sicurezza.

La vegetazione cresce lussureggiante dalle pareti rocciose verticali molte grazie all'acqua che si riesce a trovare nelle fessure e crepe che affiorano dagli immensi blocchi. Nel corso delle ultime centinaia di anni, i resoconti secondo cui Meteora era facilmente accessibile a piedi sono mutati perché ora alcuni punti sono diventati letteralmente impenetrabili.

Essendo dei pilastri di roccia così massicci e intrinsecamente imprevedibili, le cadute di massi rappresentano una minaccia costante per i pellegrini e i turisti di Meteora. Un forte terremoto di magnitudo 7 della scala Richter scosse le rocce nel 1954, lasciando i sottili pilastri miracolosamente intatti. Nel 2005, da una delle conformazioni precipitò un masso così grande da aver ostacolato per giorni la strada di accesso che conduce a Meteora.

STORIA ANTICA - Le grotte nelle vicinanze di Meteora furono abitate con frequenza ininterrotta tra 50.000 e 5.000 anni fa. Il più antico esempio conosciuto di una struttura costruita, un muro di pietra che bloccava due terzi dell'ingresso della grotta di Theopetra, fu realizzato 23.000 anni fa, probabilmente allo scopo di allestire una barriera contro i venti freddi (la Terra stava vivendo un periodo freddo a quel tempo), al fianco di molti manufatti del Paleolitico e del Neolitico rinvenuti all'interno delle grotte.

Le Meteore non sono menzionate nella mitologia greca classica né nella letteratura greca antica.  

EREMITI - Secondo la leggenda, i primi eremiti scalarono queste rocce impervie e inaccessibili per isolarsi dal mondo già prima del X secolo, in piena epoca bizantina. Un altro filone sostiene che solo nel XI secolo i monaci si lasciarono attrarre dall'idea di isolarsi sulla cima dei grossi conglomerati della Tessaglia nord-occidentale, considerando il sito come un perfetto punto dove recarsi per essere più vicini a Dio. Dapprima recatisi in grotte e depressioni rocciose, nelle vicinanze delle stesse fondarono piccoli luoghi di raccoglimento, i cosiddetti "luoghi di preghiera", per pregare insieme e studiare i testi spirituali. Tuttavia, per partecipare alle funzioni e ai sacramenti della chiesa (soprattutto la comunione) gli eremiti dovevano discendere nella vecchia chiesa degli Arcangeli, a Stagi, e, successivamente, nella chiesa della Vergine di nuova costruzione.

Secondo la maggioranza dei ricercatori, il primo eremita fu un certo Barnaba, che nel 950-970 costruì il più antico monastero dello Spirito Santo. Seguì poi l'edificazione dell'eremo della Trasfigurazione (1020) da parte del monaco cretese Andronico, e nel 1162 fu costruito lo skita Stagi o Dupiani. La fondazione di quest'eremo segnò l'inizio di uno 'stato' monastico organizzato (comunità), ovvero quello di Meteora, e della vita monastica comunitaria.  

FORMAZIONE DEL COMPLESSO MONASTICO - Per due o tre secoli Meteora visse in un'atmosfera di pace e tranquillità, ma nel XIII secolo iniziarono le invasioni di crociati, serbi, albanesi e ottomani, che cercavano di catturare la Tessaglia. Nel 1334 arrivò a Meteora il monaco Atanasio, costretto a sfuggire dal monte Athos per via di un'invasione di alcuni razziatori, accompagnato dal suo pastore spirituale Gregorio. Si stabilirono dunque sul pilastro Stagi e vi risiedettero per circa 10 anni. Atanasio, in futuro Sant'Atanasio delle Meteore, aveva un solo obiettivo: la creazione di un monastero ben organizzato su immagine e somiglianza dell'Athos. A tal fine, nel 1334, radunò 14 monaci della zona circostante e scalò Platis Lithos (roccia larga), una sontuosa roccia alta 613 m s.l.m., 413 sopra il livello della città di Kalambaka, dando luogo a un'attività davvero titanica per quell'epoca, ovvero la costruzione delle prime strutture del futuro famoso monastero di Gran Meteora o della Trasfigurazione. Anastasio fu il primo a stabilire le regole di condotta che i monaci dovevano seguire nella loro carriera religiosa a Meteora. Inoltre, si ritiene che sia stato proprio Atanasio a riservare a queste rocce il nome di "Meteora". 

Nel 1371, giunse in Epiro Giovanni Uroš Paleologo, che aveva da poco assunto il trono dopo la morte del padre Simeon Uroš. Dopo aver incontrato Atanasio delle Meteore, Giovanni decise di rinunciare alla sua carica di imperatore dei romei e dei serbi e prese i voti monastici sotto il nome di Ioasaf; nel 1390, dopo la morte di Atanasio, assunse il ruolo di guida del monastero della Trasfigurazione. Dal 1490, l'abate di quest'ultima località fu posto a capo dell'intera comunità monastica di Litopolis (città rocciosa) di Stagi.

ELENCO DEI MONASTERI - Il periodo d'oro della comunità monastica risale al XVI secolo: la posizione delle strutture, la quale offriva una protezione naturale dalle invasioni di briganti e rapinatori, permise lo sviluppo nel tempo di una grande associazione di chierici dislocata in vari monasteri. 

Essa crebbe e si rafforzò anche grazie alle numerose offerte e donazioni assegnate da governanti e arconti.Come risultato di ciò, molti uomini di chiesa già di una certa fama oppure assolutamente sconosciuti fino a quel momento fondarono i seguenti monasteri (quelli attualmente attivi sono evidenziati in corsivo):

"Arcangelo"
"San Pietro Apostolo" (inizio XV secolo)
"Onnipotente"
"Giovanni di Bunila"
"Giovanni Battista" (metà del XVII secolo)
"Ipsilotera o dei Calligrafi" (metà del XV secolo)
"Callistrato"
"Vergine di Mecani" (seconda metà del XIV secolo)
"Trasfigurazione"
"Roussanou o Arsani"
"Sant'Antonio" (XIV secolo)
"Barlaam o Tutti i Santi"
"San Giorgio di Mandila"
"San Gregorio" (XIV secolo)
"San Demetrio"
"San Modesto" (XII secolo)
"Santa Solitudine" (seconda metà del XV secolo)
"San Nicola di Bantova" (circa 1400)
"San Nicola Anapafsa"
"Santo Stefano"
"Santa Trinità"
"Santi Apostoli" (inizio XVI secolo)
"Santi Teodori"
"Presentazione al Tempio"

Questi 24 monasteri esistettero durante il periodo di massimo splendore dello stato monastico, ma gradualmente declinarono nel totale. 

Fino agli anni '20 del Novecento, quando furono costruite le strade di accesso ai monasteri e furono fatti dei gradini di pietra per salire, i monaci e i visitatori potevano accedere agli edifici religiosi solo tramite scale di legno mobili o con l'ausilio di persone che li sollevavano in apposite reti (nei primi secoli dell'esistenza del complesso, si impiegava un complicato sistema di travi e contrappesi sfruttando la conformazione delle rocce). La salita durava più di mezz'ora; le reti a volte si strappavano e il monaco-innografo era tenuto ad avvertire del pericolo: «La rete dice al monaco: Sii vigile; non solo ti sto sollevando dalla terra alla cima, ma ti sto portando in cielo.»

Lo stesso meccanismo veniva adoperato per ricevere tutti i materiali da costruzione per l'erezione degli edifici monastici, le vettovaglie e le altre necessità. Ancora oggi sono visibili meccanismi che ripetono fedelmente quelli di epoca tardo-medievale.

Durante la seconda guerra mondiale, i monasteri furono saccheggiati dai nazisti e dagli italiani e riportarono danni durante la guerra civile. Tuttavia, già nei primi anni del dopoguerra, si tornò pian piano alla normalità della vita monastica, con Meteora che stava diventando una popolare meta turistica.

MONASTERI ATTIVI - Ad oggi sono attivi solo sei monasteri:

- Maschili - "Trasfigurazione", "Barlaam", "San Nicola Bantova", "Santa Trinità";

- Femminili - "Roussanou o monastero di Santa Barbara", "Santo Stefano".

I monasteri sono aperti alla visita di fedeli e turisti in giorni e orari prestabiliti.

Monastero della Trasfigurazione (Gran Meteora)

La roccia del monastero della Trasfigurazione è la più grande delle Meteore, con un'altezza di 613 m sul livello del mare e 475 m sopra il letto del fiume Peneo. Il suo primo fondatore, il monaco agiorita Athanasios, lo chiamo Metéoros, cioè «sospeso», a causa dell'impressione di vertigine che si prova dalla sommità.

Sulla roccia ci sono quattro chiese, costruite in epoche diverse: di S. Athanasios, dei SS. Costantino ed Elena (1789), della Trasfigurazione del Salvatore, la più grande e antica tra le chiese delle Meteore.

La cattedrale principale del monastero (catholicon), detta della Trasfigurazione, fu costruita nel 1388 sulla scia dei templi del monte Athos, a 3 conchiglie e a doppio esonartece, oltre che a forma di croce con absidi sui lati e una cupola dodecaedrica alta 24 metri e lunga 32 metri. È sostenuta da quattro colonne, tutti i lati delle quali, così come il soffitto, sono coperti da affreschi dedicati a scene religiose ed episodi di martirio dei santi. 

Nella sezione settentrionale della navata si trova il luogo di sepoltura dei fondatori del monastero, i monaci Atanasio e Ioasaf, e accanto ad essa sono raffigurati i due che tengono in mano il monastero.[Ioasaf, grazie al suo passato di governatore, rese possibile l'ampliamento della Cattedrale della Trasfigurazione, la decorò con icone e la dotò dei vasi sacri necessari. Egli aiutò anche gli altri monasteri di Meteora proteggendo i loro diritti grazie all'emissione di lettere reali.

Nel 1484 la cattedrale fu ricostruita e ridipinta, come testimonia l'iscrizione sul lato meridionale dell'altare. Una nuova tappa nella ricostruzione della cattedrale ebbe luogo a metà del XVI secolo, quando, dopo la visita del patriarca Geremia I a Meteora, il complesso monastico raggiunse il suo apice.

La chiesa custodisce un gran numero di pregevoli icone dei secoli XIV-XVI, tra le quali una splendida iconostasi di legno cesellato e dorato; il sedile del padre superiore, anch'esso in legno traforato, guarnito di madreperla (1616-17). Gli affreschi, molto accurati, risalgono al XV secolo.

Tra i tesori del monastero spiccano il più antico manoscritto ellenico conosciuto, risalente all'861, la doppia icona della Madre di Dio, realizzata con il contributo di Maria Paleologa, sorella di uno dei fondatori del monastero, una parte di una Crisobolla firmata dall'imperatore Andronico II Paleologo, un sudario completamente ricamato del XIV secolo e quattro icone del XVI secolo (la Natività di Cristo, la Crocifissione, la Passione, l'Addolorata).

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Nella sacrestia del convento vi sono molti oggetti preziosi: reliquiari d'argento con le teste dei due fondatori Athanasios e Ioasaph; reliquie di altri Santi, una mitra incrostata d'oro del primo superiore del convento, una stola ricamata d'oro e perle appartenente a Paleologo Ioasaph, una coppa d'oro appartenente a Katakuzino, una meravigliosa croce di legno intagliato, ornata con scene dell'Antico e Nuovo Testamento, insigne opera di miniatura del monaco Daniele il Meteorita, che ha richiesto 12 anni di lavoro ed è visibile solo con l'aiuto della lente, vari oggetti d'argento e inoltre una importante biblioteca, che comprende più di 500 volumi antichi.  

All'ingresso al monastero v'è il fatiscente eremo di Sant'Atanasio. Si tratta di un piccolo edificio perso nella roccia: il fondatore del monastero vi abitava in una grotta, e dietro l'ingresso si scorgevano una piccola cappella e una cripta. Il monastero fu ripetutamente saccheggiato dagli ottomani (ad esempio, nel 1609 e nel 1616), sopravvivendo nel 1633 a un grave incendio. Per una più sicura ascesa al monastero nel 1922 furono realizzati dei gradini nella roccia, ma la rete metallica è ancora utilizzata per sollevare provviste e altri oggetti necessari alla vita del monastero. Ai danni subiti nella seconda guerra mondiale seguì il restauro degli edifici del monastero e, ancor più tardi, l'apertura di un albergo, benché in seguito il monastero tornò pienamente operativo.

La sacrestia del convento possiede molti oggetti preziosi: reliquiari d'argento con le teste dei due fondatori Athanasios e loasaph; reliquie di altri Santi, una mitra incrostata d'oro del primo superiore del convento, una stola ricamata d'oro e perle appartenente a Paleologo loasaph, una coppa d'oro appartenente a Katakuzino, una meravigliosa croce di legno intagliato, ornata con scene dell'Antico e Nuovo Testamento, insigne opera di miniatura del monaco Daniele il Meteorita, che ha richiesto 12 anni di lavoro ed è visibile solo con l'aiuto della lente, vari oggetti d'argento e inoltre una importante biblioteca, che comprende più di 500 volumi antichi.

La salita al convento un tempo avveniva con una serie di scale di corda e con una rete. 

Nel 1923 furono scavati nella roccia scuri corridoi e rampe di scale, in modo che oggi il visitatore può accedere al monastero con estrema facilità.

Monastero di Varlaam

La storia del monastero di Varlaam (greco Μονή Βαρλαάμ) o di Tutti i Santi (Αγίων Πάντων) inizia a metà del XIV secolo, quando l'archimandrita Varlaam si arrampicò sulla roccia alta 370 m ed eresse diverse celle e una piccola chiesa, che dedicò ai Tre Sacri Gerarchi. Lì visse in completa solitudine fino alla fine dei suoi giorni e, dopo la sua morte, tutti i locali rimasero disabitati per molti anni.

Nel 1518, due fratelli, i monaci Nectario e Teofane, provenienti da una nobile famiglia di Apsaradi della città di Ioannina, che aveva vissuto per sette anni sulla Colonna del Precursore nel Monastero della Trasfigurazione (Gran Meteora), si arrampicarono su una roccia con il solo scopo di restaurare la Chiesa dei Tre Santi, che era diventata un rudere, costruita da Varlaam. Tuttavia, dopo l'espletamento dei lavori necessari, i frati rimasero sulla roccia e, a poco a poco, si unirono a loro altri monaci, il cui numero raggiunse quota 30 entro la metà del XVI secolo.

Nel 1542, i fratelli costruirono una nuova chiesa spaziosa con due cupole, costruita a somiglianza delle chiese athonite, dedicandola a Tutti i Santi, che poi divenne il catholicon del monastero. Dopo la morte dei fratelli (Teofane nel 1544 e Nectario nel 1550), il monastero continuò a prosperare, ricevendo dai fedeli terreni, vigneti, oliveti e abitazioni.

Nel 1922 furono scavati dei gradini nella roccia per una più comoda salita alla costruzione.  

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La Chiesa dei Tre Santi, una basilica ad una navata, quando fu restaurata l'ultima volta nel 1627, fu affrescata dal grande schema Efrem il Siro, uno dei più famosi abitanti del monastero e prolifico artista di chiese. Negli anni 1550-1560, la Chiesa di Tutti i Santi fu dipinta dal pittore Franco Catelano di Tebe, ma i lavori si trascinarono fino al 1566 nella sezione principale. Vi sono altresì diversi mosaici in avorio e madreperla nella chiesa. Nell'angolo sud-orientale del nartece si trova il simulacro dei fondatori del monastero, Nectario e Teofane. Nel refettorio vi è un museo che ospita una vasta collezione di manoscritti rari, un sudario ricamato in oro e croci in legno intagliato di ottima fattura. Una menzione speciale meritano le icone portatili del periodo post-bizantino, così come il Vangelo dell'imperatore Costantino VII Porfirogenito.[17]

La chiesa dei Tre lerarchi fu ricostruita nel 1627 e decorata dieci anni più tardi dai monaci Cirillo e Sergio. Il tesoro del monastero contiene reliquie di Santi, vesti sacerdotali, diversi oggetti sacri, una cintura di ferro che apparteneva ai superiori del convento, un «epitafio» (cioè una sacra sindone usata nelle cerimonie del Venerdì Santo) splendidamente ricamato in oro, diversi vangeli e manoscritti su pergamena e altri oggetti preziosi, oltre ad una ricca biblioteca.

Monastero di Roussanou (o di Santa Barbara)

Il monastero di Roussanou (o monastero di Santa Barbara) sorge su una roccia isolata e scoscesa tra i conventi di Varlaam e della S. Trinità. Originariamente si poteva raggiungere la sua sommità soltanto dal versante Nord, per mezzo di scale di corda. Nel 1897 la roccia e il versante opposto furono collegati con due ponti di legno mobili; attualmente si accede al monastero con estrema comodità attraverso un ponte fisso costruito nel 1930, ma le tre facce vertiginose della roccia su cui sorge il convento danno ancora un profondo senso di apprensione a chi le guardi dal basso.

Non si conoscono con certezza né l'epoca della creazione del monastero di Roussanou o di Arsani né l'origine del suo nome. Secondo una ricostruzione, il fondatore del monastero sarebbe stato un certo Rusanos, originario della terra di Rosana. Secondo altre fonti non confermate, il monastero fu fondato nel 1288 dagli ieromonaci Nicodemo e Benedetto. Si sa per certo che nel 1545, con il permesso del metropolita della città di Larissa Vissarion e dell'abate del monastero di Gran Meteora, i fratelli ieromonaci Giuseppe e Massimo, nativi dell'Epiro, costruirono un catholicon in stile bizantino sul sito della distrutta chiesa della Trasfigurazione e restaurarono il monastero, il quale operò poi regolarmente in veste di cenobio.

Il monastero fu saccheggiato più volte: le reliquie non depredate e sfuggite agli aggressori sono ora conservate nel monastero della Trasfigurazione. 

Durante la persecuzione turca del 1757 e la guerra greco-turca del 1897, gli abitanti dei villaggi circostanti si rifugiarono all'interno delle mura del monastero. 

Nel 1897 si realizzarono due ponti di legno che rimpiazzarono le scale di corda usate in precedenza dai monaci (nel 1930 questi ponti furono sostituiti da quelli moderni). 

Nel 1940, il monastero cadde in rovina e perse i suoi occupanti. 

Dal 1950, la starica Eusebia del vicino villaggio di Kastraki mantenne la sola struttura a tre piani del monastero; dopo la morte della donna, nel 1971, il monastero fu chiuso perché inagibile. 

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Negli anni '80, gli edifici del monastero furono restaurati grazie ai finanziamenti e alla supervisione del Servizio Archeologico Greco, i quali hanno permesso la presenza di un convento di suore attualmente dedicato a Santa Barbara.

Il catholicon del monastero, la Chiesa della Trasfigurazione, con un altare atipico rivolto a nord, è una struttura a doppia cupola con volta a crociera e un nartece. La chiesa fu affrescata nel 1560 da ignoti pittori di icone della scuola cretese. Non si ha notizia di lavori di restauro nei secoli successivi, ma nonostante questo gli originali si presentano in buone condizioni. 

Di eccezionale valore sono gli affreschi del vestibolo dedicati alla Resurrezione e alla Trasfigurazione: quest'ultima è una composizione poliedrica con angeli, anime dei defunti e il fiume infuocato dell'inferno. Di grande pregio risulta altresì l'intaglio ligneo con doratura dell'iconostasi.

Monastero della Santissima Trinità  

Senza dubbio la veduta più caratteristica e più bella delle Meteore è quella del monastero della S. Trinità. Al visitatore si presenta un quadro incomparabile, con la roccia maestosa su cui è arrampicato il convento in primo piano e le vette del Pindo, coperte di boschi, che si scagliano sullo sfondo contro l'azzurro del cielo, mentre in basso si apre la valle del fiume Peneo.

Dalla cima della roccia la vista è unica: il visitatore può giungere con lo sguardo fino al limite della pianura tessalica, che si perde a Sud nell'orizzonte luminoso. A Sud-Ovest si sviluppa la catena dei monti Agrafa, che giunge fino al picco del Koziakas. Ci si sente veramente sospesi nel vuoto se si getta lo sguardo verso il basso dove, 400 m più sotto, si distinguono i tetti di Kalabaka. È uno spettacolo esaltante, che ispira timore e venerazione.

Non si hanno informazioni esatte sulla fondazione del monastero; costruito da qualche parte tra il 1458 e il 1476, non è nemmeno noto con certezza se il monaco Dometius menzionato nelle cronache monastiche sia il suo fondatore.

Nel 1925, sotto l'abate Nikandra, furono scavati nella roccia 140 gradini che, seguendo il sentiero ai piedi della roccia, conducono al monastero. In salita, all'ingresso del monastero, si trova una piccola chiesa dedicata a San Giovanni Battista, scavata nella roccia. 

A curare i lavori nel 1682 fu un frate di nome Nicodemo, come testimonia l'iscrizione sopra l'ingresso dall'interno dell'edificio, letta per la prima volta nel XIX secolo dall'archeologo francese L. Jose. È verosimile che, prima che i gradini venissero realizzati, vi fosse un sito atto a ospitare monaci eremiti solitari.

Nella parte nord-occidentale del monastero si rintraccia un catholicon dedicato alla Santissima Trinità. È una piccola cattedrale in stile bizantino cruciforme, con due colonne, una cupola bassa e una parte centrale, oltre a un nartece e una sagrestia. Fondata nella seconda metà del XV secolo, secondo le iscrizioni nella cattedrale, gli affreschi interni videro la luce nel 1741 grazie al sacerdote Anatoli e a suo fratello Nicodemo. 

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La cappella laterale è coperta da un soffitto emisferico, con un'iscrizione la quale informa che questa andò costruita nel 1689 e affrescata per la prima volta nel 1692. A destra dell'altare ha sede la sagrestia, la maggior parte dei cui tesori venne depredata durante le conquiste straniere da razziatori sconosciuti insieme alle campane del monastero. Al tempo si riuscì a salvare 26 icone antiche, attualmente conservate nel monastero di Varlaam, e 40 manoscritti poi trasferiti al monastero di Santo Stefano. 

Nel 1979 fu trafugata l'antica iconostasi lignea della cattedrale insieme alle icone; al suo posto si installò una nuova iconostasi dorata con le icone di Cristo (1662) e della Madre di Dio (1718). Uno dei principali tesori del monastero è il Vangelo in cornice d'argento, pubblicato nel 1539 a Venezia.  

Anche qui l'ascesa al monastero avveniva anticamente per mezzo di scale di corda. Nel 1888 fu scavato un passaggio nella roccia, completato nel 1925 da una serie di 140 gradini. Cosi l'ascesa al convento può avvenire senza difficoltà.

Lontano dalle tentazioni del mondo, sopra queste rocce scoscese che più tardi servirono come celle di isolamento per i monaci che avevano peccato, gli eremiti che avevano rinunciato al mondo pregavano Dio notte e giorno per ottenere la pace eterna dopo la morte. Soli loro compagni il vuoto vertiginoso e le aquile che volteggiavano intorno a loro.

Monastero di Santo Stefano 

Nella parte più meridionale delle Meteore si innalza la roccia del convento di Santo Stefano. Essa è collegata al versante opposto del colle da un ponte lungo 8 m, che una volta era mobile.

Qui la roccia non è particolarmente scoscesa e quindi potè essere abitata probabilmente già prima del 1200. Sull'arco in pietra sopra l'ingresso, nel 1927, fu scoperta una lastra precedentemente murata con la scritta "6770. Geremia", il che significa che un eremita di nome Geremia viveva sulla roccia già nell'anno 6770 dalla fondazione del mondo, cioè nel 1192 d.C. Presumibilmente, questo eremita e altri monaci ultimarono in loco diverse celle, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana e una piccola cappella dedicata a Santo Stefano.

La fondazione del monastero stesso risale alla fine del XIV secolo, quando lo fece costruire Antonio Cantacuzeno (nipote di Simeon Uroš) e Filoteo da Siatena, le cui sembianze sono immortalate in una piccola chiesa nei dintorni del monastero in esame. 

Nel 1545 il patriarca Geremia I di Costantinopoli proclamò il monastero stauropegale (cioè sottoposto direttamente all'autorità del patriarca e non di un vescovo), rimuovendolo dalla giurisdizione della diocesi di Stagi. Per molti anni le case regnanti della Romania sostennero con ingente donazioni il monastero. Durante la dominazione ottomana, esso svolse attività educative; i fondi monastici furono utilizzati per costruire una scuola nella vicina città di Kalambaka.

La piccola chiesa è buia, con il tetto ed il nartece in legno. Possiede degli splendidi affreschi, di cui però numerose figure sono state rovinate dalle lance dei vandali invasori.  

Nel 1798 vide la luce la chiesa di San Caralampo, il catholicon del monastero. Il grosso della chiesa non presenta dipinti; l'iconostasi è realizzata con la tecnica dell'intaglio del legno ed è decorata con una croce dorata.

Alla fine del XIX secolo nella struttura vivevano 31 monaci, ma nel 1960 essa era quasi vuota e, nel 1961, fu convertita in un convento femminile, ancora oggi attivo.

Il refettorio monastico, costruito nel 1857, è utilizzato per l'esposizione delle reliquie monastiche, le più pregiate delle quali sono: un disco con calice (1631); molte icone portatili dei secoli XVII-XVIII; un manoscritto della Divina Liturgia del 1404, redatto da uno dei fondatori del monastero. L'interno di quella centrale, la più grande, è decorato con affreschi (Il Pantocrator con i quattro Evangelisti). L'iconostasi e il ciborio che ricopre l'altare sono in legno splendidamcute traforato.

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Il monastero è considerato fondazione Reale e Patriarcale da quando vi soggiornò brevemente nel 1333 l'imperatore bizantino Andronikos III Paleologo. Il risultato fu che il convento da allora fu fatto segno di doni generosi, sia di soldi che di terreni, divenendo cosi il più ricco delle Meteore.

Il suo tesoro comprende ancora parecchi oggetti preziosi: reliquie di numerosi Santi, conservate in eleganti reliquiari d'argento, un codice con miniature, soprammaniche ricamate in oro di Gabriele, vescovo di Demetriade, una cintura ornata d'oro del 1778, e altri oggetti preziosi di inestimabile valore.  

Il monastero ha conservato la sua natura di luogo d'istruzione nel campo della rinascita della musica bizantina, sopperendo ad attività di formazione nel campo dell'iconografia.

Monastero di San Nicola 

Ad Ovest dei conventi della Trasfigurazione e di Varlaam, su una gigantesca roccia battuta dai venti, è arrampicato il monastero di San Nicola Anapafsa.

È il primo sperone roccioso che si incontra salendo alla città santa dei monasteri e questo primo contatto lascia un'impressione indelebile.

Del monastero di San Nicola Anapavsas, chiamato anche del Gioioso, non è noto il momento della fondazione: si ipotizza che i primi monaci giunsero in situ nel XIV secolo. La fondazione del monastero è attribuita al monaco Nicanore, detto Anapavsas (Αναπαυσάς), una testimonianza questa sopravvissuta nel nome del monastero. La prima menzione scritta di tale centro religioso risale al 1392.

La piccola area su cui sorge l'edificio costrinse i monaci a collocare luoghi di preghiera, celle e stanze di vario genere su più livelli, dando l'impressione di un labirinto. All'ingresso del monastero, nella gola della roccia, sorge una piccola chiesa dedicata a San Simeone. Al primo livello si trova una piccola chiesa realizzata in onore di Sant'Antonio: l'altare, di soli 4 m², può ospitare un solo sacerdote.

Al secondo livello si trova la Cattedrale di San Nicola, il catholicon del monastero. Di forma rettangolare e senza finestre, sopra si scorge una bassa cupola, mentre il nartece della cattedrale è così ampio che sembra che fosse originariamente costruito come cortile di un monastero. L'altare volge il suo sguardo a nord e le pareti della cattedrale sono decorate con affreschi ultimati da Teofane Strelitzas, un rinomato pittore di icone della scuola cretese. 

La Cattedrale di San Nicola andò costruita intorno al 1527 a spese del metropolita di Larissa Dionisio e dello ieromonaco ed esarca di Stagia Nicanore, come testimonia l'iscrizione sopra l'ingresso alla cattedrale.

Al terzo livello si trovano le celle, un antico refettorio utilizzato come sala di ricevimento per gli ospiti di onore, una piccola chiesa di San Giovanni Battista e una cripta con i teschi dei monaci. All'inizio del Novecento, il monastero di San Nicola si svuotò, i suoi edifici caddero gradualmente in disuso e i preziosi manoscritti in esso conservati passarono al monastero della Santissima Trinità; negli anni '60, il monastero fu restaurato dal Ministero dell'Archeologia della Grecia ed è divenuto da allora di nuovo funzionante.

Villaggio di Kastraki 

Kastraki è l'unico villaggio costruito coraggiosamente in mezzo alle rocce delle Meteore. Lo spettacolo dei poderosi colossi di pietra che sovrastano i tetti delle case fa nascere nello spettatore un senso di angoscia e di dubbio, quasi a domandarsi se queste immani rocce proteggono o minacciano le abitazioni. Quando la scarsa vegetazione viene rischiarata dai primi raggi del sole, l'aspetto selvaggio delle enormi rocce sembra farsi meno cupo. È l'ora in cui riecheggia nella vallata il suono della campana che chiama i monaci al mattutino, mentre il villaggio si risveglia e gli abitanti si preparano al lavoro dei campi: atmosfera piena di rispettosa devozione e di misteriosa poesia.

Città di Kalabaka  

Sotto le imponenti rocce delle Meteore, al limite della pianura tessalica, si stende la città di Kalabaka. La vecchia chiesa episcopale di Kalabaka, dedicata alla Dormizione della Vergine, è stata costruita nell'XI secolo. L'edificio si trova tuttora in ottime condizioni, benché la pianta originale sia stata modificata da riparazioni e cambiamenti fatti a più riprese. È da notare la singolare posizione dell'ambone di pietra, che sorge al centro della chiesa.