Meteora (letteralmente
"in mezzo
all'aria",
"sospeso in
aria" o
"in alto nei
cieli") è
una famosa località
ubicata nel nord
della Grecia,
al bordo nord
occidentale della
pianura della Tessaglia,
nei pressi della
cittadina di Kalambaka.
Si tratta di un
importante centro
della chiesa
ortodossa, secondo
per importanza
solo al monte
Athos, nonché di
una rinomata meta
turistica,
dichiarata patrimonio
dell'umanità dall'UNESCO nel
1988. Dei
ventiquattro
monasteri
edificati con
enormi sacrifici
in cima a
spettacolari falesie di arenaria,
attualmente solo
sei sono ancora
abitati, in parte
recuperati dopo
anni di
abbandono.
Comprese
tra la catena del Pindo,
nella regione
occidentale della Tessaglia,
queste uniche ed
enormi colonne di
roccia si ergono
maestose rispetto
al terreno
collinare
circostante. Una
forma così
insolita si deve a
molteplici fattori
non facilmente
spiegabili a
livello geologico.
Va precisato
subito che non si
tratta di colli
vulcanici di
roccia ignea dura
tipici di altre
località, ma di
pietre composte da
una miscela di arenaria e
conglomerato.
Il
conglomerato si è
formato, nel corso
di milioni di
anni, grazie a
depositi di
pietre, sabbia e
fango provenienti
da torrenti che
sfociano in un
delta ai margini
di un lago. Circa
60 milioni di anni
fa, durante il cretaceo
inferiore, una
serie di movimenti
della terra spinse
il fondale
marino verso
l'alto, creando un
elevato altopiano e
causando molte linee
di faglia verticali
nello spesso
strato di
arenaria. Gli
enormi pilastri di
roccia sono stati
poi levigati lungo
le loro sezioni
esterne da agenti
atmosferici quali
acqua, vento e
temperature
estreme. È
insolito che
simili formazioni
di conglomerato e
tale tipo di
erosione avvengano
in un'area
relativamente
circoscritta
all'interno di una
formazione
montuosa
circostante. Il
complesso può
essere collegato a
un residuato
continentale
risalente ai tempi
dell'atavica Pangea.
Questo
tipo di formazione
rocciosa e di
processo di
erosione è
avvenuto in molti
altri luoghi a
livello locale e
in tutto il mondo,
ma ciò che rende
speciale l'aspetto
di Meteora risulta
l'uniformità dei
costituenti di
roccia
sedimentaria
depositati in
milioni di anni
lasciando pochi
segni di
stratificazione
verticale, e
un'erosione
verticale brusca
localizzata.
La
grotta di
Theopetra si trova
a 4 km da Kalambaka.
La sua singolarità
dal punto di vista
archeologico si
deve al fatto che
si presenta come
una culla di due
transizioni
culturali molto
significative: il
declino dei neanderthaliani in
favore del sapiens
sapiens e, più
tardi, il
passaggio dalla
caccia e dalla
raccolta
all'agricoltura
dopo la fine
dell'ultima era
glaciale. La
grotta consiste in
un'immensa camera
rettangolare vasta
500 m² ai piedi
di una collina
calcarea, che
sorge a nord-est
sopra il villaggio
di Theopetra, con
un ingresso largo
17 m e alto 3. Si
trova ai piedi
della catena
montuosa di Chasia,
che origina il
confine naturale
tra le prefetture della
Tessaglia e della Macedonia,
mentre il fiume
Lithaios, un
affluente del Peneo,
scorre davanti
alla caverna.
Grazie al piccolo
fiume Lithaios,
che scorre
letteralmente alle
porte della
grotta, gli
occupanti della
stessa hanno
sempre avuto
facile accesso
all'acqua fresca e
pulita senza la
necessità di
percorrere
quotidianamente
lunghe distanze
per trovarla.
Gli
scavi e le varie
operazioni di
ricerca hanno
permesso di
scoprire diatomee pietrificate,
circostanza che ha
contribuito alla
comprensione del
paleoclima e dei
cambiamenti
climatici in
generale. La datazione
al radiocarbonio evidenzia
la presenza umana
risalente a 50.000
anni fa. La
grotta era aperta
al pubblico, ma è
attualmente chiusa
a tempo
indeterminato per
questioni di
sicurezza.
La
vegetazione cresce
lussureggiante
dalle pareti
rocciose verticali
molte grazie
all'acqua che si
riesce a trovare
nelle fessure e
crepe che
affiorano dagli
immensi blocchi. Nel
corso delle ultime
centinaia di anni,
i resoconti
secondo cui
Meteora era
facilmente
accessibile a
piedi sono mutati
perché ora alcuni
punti sono
diventati
letteralmente
impenetrabili.
Essendo
dei pilastri di
roccia così
massicci e
intrinsecamente
imprevedibili, le
cadute di massi
rappresentano una
minaccia costante
per i pellegrini e
i turisti di
Meteora. Un forte
terremoto di
magnitudo 7 della scala
Richter scosse
le rocce nel 1954,
lasciando i
sottili pilastri
miracolosamente
intatti. Nel
2005, da una delle
conformazioni
precipitò un
masso così grande
da aver ostacolato
per giorni la
strada di accesso
che conduce a
Meteora.
STORIA
ANTICA -
Le grotte nelle
vicinanze di
Meteora furono
abitate con
frequenza
ininterrotta tra
50.000 e 5.000
anni fa. Il più
antico esempio
conosciuto di una
struttura
costruita, un muro
di pietra che
bloccava due terzi
dell'ingresso
della grotta di
Theopetra, fu
realizzato 23.000
anni fa,
probabilmente allo
scopo di allestire
una barriera
contro i venti
freddi (la Terra
stava vivendo un
periodo freddo a
quel tempo), al
fianco di molti
manufatti del Paleolitico e
del Neolitico rinvenuti
all'interno delle
grotte.
Le
Meteore non sono
menzionate nella mitologia
greca classica
né nella letteratura
greca
antica.
EREMITI
-
Secondo la
leggenda, i primi
eremiti scalarono
queste rocce
impervie e
inaccessibili per
isolarsi dal mondo
già prima del X
secolo, in piena epoca
bizantina. Un
altro filone
sostiene che solo
nel XI secolo i
monaci si
lasciarono
attrarre dall'idea
di isolarsi sulla
cima dei grossi
conglomerati della
Tessaglia
nord-occidentale,
considerando il
sito come un
perfetto punto
dove recarsi per
essere più vicini
a Dio. Dapprima
recatisi in grotte
e depressioni
rocciose, nelle
vicinanze delle
stesse fondarono
piccoli luoghi di
raccoglimento, i
cosiddetti
"luoghi di
preghiera",
per pregare
insieme e studiare
i testi
spirituali.
Tuttavia, per
partecipare alle
funzioni e ai
sacramenti della
chiesa
(soprattutto la
comunione) gli
eremiti dovevano
discendere nella
vecchia chiesa
degli Arcangeli, a Stagi,
e,
successivamente,
nella chiesa della
Vergine di nuova
costruzione.
Secondo
la maggioranza dei
ricercatori, il
primo eremita fu
un certo Barnaba,
che nel 950-970
costruì il più
antico monastero
dello Spirito
Santo. Seguì
poi l'edificazione
dell'eremo della
Trasfigurazione
(1020) da parte
del monaco cretese
Andronico, e nel
1162 fu costruito
lo skita Stagi
o Dupiani. La
fondazione di
quest'eremo segnò
l'inizio di uno
'stato' monastico
organizzato
(comunità),
ovvero quello di
Meteora, e della
vita monastica
comunitaria.
FORMAZIONE
DEL COMPLESSO
MONASTICO
- Per due o tre
secoli Meteora
visse in
un'atmosfera di
pace e tranquillità,
ma nel XIII secolo
iniziarono le
invasioni di crociati, serbi, albanesi e ottomani,
che cercavano di
catturare la Tessaglia.
Nel 1334 arrivò a
Meteora il monaco Atanasio,
costretto a
sfuggire dal monte
Athos per via
di un'invasione di
alcuni razziatori,
accompagnato dal
suo pastore
spirituale
Gregorio. Si
stabilirono dunque
sul pilastro Stagi
e vi risiedettero
per circa 10 anni. Atanasio,
in futuro
Sant'Atanasio
delle Meteore,
aveva un solo
obiettivo: la
creazione di un
monastero ben
organizzato su
immagine e
somiglianza
dell'Athos. A tal
fine, nel 1334,
radunò 14 monaci
della zona
circostante e scalò Platis
Lithos (roccia
larga), una
sontuosa roccia
alta 613 m s.l.m.,
413 sopra il
livello della città
di Kalambaka,
dando luogo a
un'attività
davvero titanica
per quell'epoca,
ovvero la
costruzione delle
prime strutture
del futuro famoso
monastero di Gran
Meteora o
della
Trasfigurazione. Anastasio
fu il primo a
stabilire le
regole di condotta
che i monaci
dovevano seguire
nella loro
carriera religiosa
a Meteora.
Inoltre, si
ritiene che sia
stato proprio
Atanasio a
riservare a queste
rocce il nome di
"Meteora".
Nel
1371, giunse in Epiro Giovanni
Uroš Paleologo,
che aveva da poco
assunto il trono
dopo la morte del
padre Simeon
Uroš. Dopo aver
incontrato
Atanasio delle
Meteore, Giovanni
decise di
rinunciare alla
sua carica di
imperatore dei
romei e dei serbi
e prese i voti
monastici sotto il
nome di Ioasaf;
nel 1390, dopo la
morte di Atanasio,
assunse il ruolo
di guida del
monastero della
Trasfigurazione. Dal
1490, l'abate di
quest'ultima
località fu posto
a capo dell'intera
comunità
monastica di
Litopolis (città
rocciosa) di
Stagi.
ELENCO
DEI MONASTERI
- Il periodo d'oro
della comunità
monastica risale
al XVI secolo: la
posizione delle
strutture, la
quale offriva una
protezione
naturale dalle
invasioni di
briganti e
rapinatori,
permise lo
sviluppo nel tempo
di una grande
associazione di
chierici dislocata
in vari monasteri.
Essa
crebbe e si
rafforzò anche
grazie alle
numerose offerte e
donazioni
assegnate da
governanti e
arconti.Come
risultato di ciò,
molti uomini di
chiesa già di una
certa fama oppure
assolutamente
sconosciuti fino a
quel momento
fondarono i
seguenti monasteri
(quelli
attualmente attivi
sono evidenziati
in corsivo):
- "Arcangelo"
- "San
Pietro
Apostolo"
(inizio XV
secolo)
- "Onnipotente"
- "Giovanni
di
Bunila"
- "Giovanni
Battista"
(metà del
XVII secolo)
- "Ipsilotera
o dei
Calligrafi"
(metà del
XV secolo)
- "Callistrato"
- "Vergine
di
Mecani"
(seconda metà
del XIV
secolo)
- "Trasfigurazione"
- "Roussanou
o Arsani"
- "Sant'Antonio"
(XIV secolo)
- "Barlaam
o Tutti i
Santi"
- "San
Giorgio di
Mandila"
- "San
Gregorio"
(XIV secolo)
- "San
Demetrio"
- "San
Modesto"
(XII secolo)
- "Santa
Solitudine"
(seconda metà
del XV
secolo)
- "San
Nicola di
Bantova"
(circa 1400)
- "San
Nicola
Anapafsa"
- "Santo
Stefano"
- "Santa
Trinità"
- "Santi
Apostoli"
(inizio XVI
secolo)
- "Santi
Teodori"
- "Presentazione
al
Tempio"
Questi
24 monasteri
esistettero
durante il periodo
di massimo
splendore dello
stato monastico,
ma gradualmente
declinarono nel
totale.
Fino
agli anni '20 del
Novecento, quando
furono costruite
le strade di
accesso ai
monasteri e furono
fatti dei gradini
di pietra per
salire, i monaci e
i visitatori
potevano accedere
agli edifici
religiosi solo
tramite scale di
legno mobili o con
l'ausilio di
persone che li
sollevavano in
apposite reti (nei
primi secoli
dell'esistenza del
complesso, si
impiegava un
complicato sistema
di travi e
contrappesi
sfruttando la
conformazione
delle rocce). La
salita durava più
di mezz'ora; le
reti a volte si
strappavano e il
monaco-innografo
era tenuto ad
avvertire del
pericolo: «La
rete dice al
monaco: Sii
vigile; non solo
ti sto sollevando
dalla terra alla
cima, ma ti sto
portando in cielo.»
Lo
stesso meccanismo
veniva adoperato
per ricevere tutti
i materiali da
costruzione per
l'erezione degli
edifici monastici,
le vettovaglie e
le altre necessità.
Ancora oggi sono
visibili
meccanismi che
ripetono
fedelmente quelli
di epoca
tardo-medievale.
Durante
la seconda
guerra mondiale, i
monasteri furono
saccheggiati dai
nazisti e dagli
italiani e
riportarono danni
durante la guerra
civile. Tuttavia,
già nei primi
anni del
dopoguerra, si
tornò pian piano
alla normalità
della vita
monastica, con
Meteora che stava
diventando una
popolare meta
turistica.
MONASTERI
ATTIVI - Ad
oggi sono attivi
solo sei
monasteri:
-
Maschili -
"Trasfigurazione",
"Barlaam",
"San Nicola
Bantova",
"Santa Trinità";
-
Femminili -
"Roussanou o
monastero di Santa
Barbara",
"Santo
Stefano".
I
monasteri sono
aperti alla visita
di fedeli e
turisti in giorni
e orari
prestabiliti.
Monastero
della
Trasfigurazione (Gran
Meteora)
La
roccia del
monastero della
Trasfigurazione è
la più grande
delle Meteore, con
un'altezza di 613
m sul livello del
mare e 475 m sopra
il letto del fiume
Peneo. Il suo
primo fondatore,
il monaco agiorita
Athanasios, lo
chiamo Metéoros,
cioè «sospeso»,
a causa
dell'impressione
di vertigine che
si prova dalla
sommità.
Sulla
roccia ci sono
quattro chiese,
costruite in
epoche diverse: di
S. Athanasios, dei
SS. Costantino ed
Elena (1789),
della
Trasfigurazione
del Salvatore, la
più grande e
antica tra le
chiese delle
Meteore.
La
cattedrale
principale del
monastero (catholicon),
detta della
Trasfigurazione,
fu costruita nel
1388 sulla scia
dei templi del
monte Athos, a 3
conchiglie e a
doppio esonartece,
oltre che a forma
di croce con
absidi sui lati e
una cupola
dodecaedrica alta
24 metri e lunga
32 metri. È
sostenuta da
quattro colonne,
tutti i lati delle
quali, così come
il soffitto, sono
coperti da
affreschi dedicati
a scene religiose
ed episodi di
martirio dei
santi.
Nella
sezione
settentrionale
della navata si
trova il luogo di
sepoltura dei
fondatori del
monastero, i
monaci Atanasio e
Ioasaf, e accanto
ad essa sono
raffigurati i due
che tengono in
mano il monastero.[Ioasaf,
grazie al suo
passato di
governatore, rese
possibile
l'ampliamento
della Cattedrale
della
Trasfigurazione,
la decorò con
icone e la dotò
dei vasi sacri
necessari. Egli
aiutò anche gli
altri monasteri di
Meteora
proteggendo i loro
diritti grazie
all'emissione di
lettere reali.
Nel
1484 la cattedrale
fu ricostruita e
ridipinta, come
testimonia
l'iscrizione sul
lato meridionale
dell'altare. Una
nuova tappa nella
ricostruzione
della cattedrale
ebbe luogo a metà
del XVI secolo,
quando, dopo la
visita del
patriarca Geremia
I a
Meteora, il
complesso
monastico
raggiunse il suo
apice.
La
chiesa custodisce
un gran numero di
pregevoli icone
dei secoli
XIV-XVI, tra le
quali una
splendida
iconostasi di
legno cesellato e
dorato; il sedile
del padre
superiore,
anch'esso in legno
traforato,
guarnito di
madreperla
(1616-17). Gli
affreschi, molto
accurati,
risalgono al XV
secolo.
Tra
i tesori del
monastero spiccano
il più antico
manoscritto
ellenico
conosciuto,
risalente all'861,
la doppia icona della
Madre di Dio,
realizzata con il
contributo di Maria
Paleologa,
sorella di uno dei
fondatori del
monastero, una
parte di una
Crisobolla firmata
dall'imperatore Andronico
II Paleologo,
un sudario
completamente
ricamato del XIV
secolo e quattro
icone del XVI
secolo (la Natività
di Cristo, la
Crocifissione, la
Passione,
l'Addolorata).
-
Nella
sacrestia del
convento vi sono
molti oggetti
preziosi:
reliquiari
d'argento con le
teste dei due
fondatori
Athanasios e
Ioasaph; reliquie
di altri Santi,
una mitra
incrostata d'oro
del primo
superiore del
convento, una
stola ricamata
d'oro e perle
appartenente a
Paleologo Ioasaph,
una coppa d'oro
appartenente a
Katakuzino, una
meravigliosa croce
di legno
intagliato, ornata
con scene
dell'Antico e
Nuovo Testamento,
insigne opera di
miniatura del
monaco Daniele il
Meteorita, che ha
richiesto 12 anni
di lavoro ed è
visibile solo con
l'aiuto della
lente, vari
oggetti d'argento
e inoltre una
importante
biblioteca, che
comprende più di
500 volumi
antichi.
All'ingresso
al monastero v'è
il fatiscente
eremo di
Sant'Atanasio. Si
tratta di un
piccolo edificio
perso nella
roccia: il
fondatore del
monastero vi
abitava in una
grotta, e dietro
l'ingresso si
scorgevano una
piccola cappella e
una cripta. Il
monastero fu
ripetutamente
saccheggiato dagli
ottomani (ad
esempio, nel 1609
e nel 1616),
sopravvivendo nel
1633 a un grave
incendio. Per
una più sicura
ascesa al
monastero nel 1922
furono realizzati
dei gradini nella
roccia, ma la rete
metallica è
ancora utilizzata
per sollevare
provviste e altri
oggetti necessari
alla vita del
monastero. Ai
danni subiti nella
seconda guerra
mondiale seguì il
restauro degli
edifici del
monastero e, ancor
più tardi,
l'apertura di un
albergo, benché
in seguito il
monastero tornò
pienamente
operativo.
La
sacrestia del
convento possiede
molti oggetti
preziosi:
reliquiari
d'argento con le
teste dei due
fondatori
Athanasios e
loasaph; reliquie
di altri Santi,
una mitra
incrostata d'oro
del primo
superiore del
convento, una
stola ricamata
d'oro e perle
appartenente a
Paleologo loasaph,
una coppa d'oro
appartenente a
Katakuzino, una
meravigliosa croce
di legno
intagliato, ornata
con scene
dell'Antico e
Nuovo Testamento,
insigne opera di
miniatura del
monaco Daniele il
Meteorita, che ha
richiesto 12 anni
di lavoro ed è
visibile solo con
l'aiuto della
lente, vari
oggetti d'argento
e inoltre una
importante
biblioteca, che
comprende più di
500 volumi
antichi.
La
salita al convento
un tempo avveniva
con una serie di
scale di corda e
con una rete.
Nel
1923 furono
scavati nella
roccia scuri
corridoi e rampe
di scale, in modo
che oggi il
visitatore può
accedere al
monastero con
estrema facilità.
Monastero
di Varlaam
La
storia del
monastero di
Varlaam (greco
Μονή
Βαρλαάμ)
o di Tutti i Santi
(Αγίων
Πάντων)
inizia a metà del
XIV secolo, quando
l'archimandrita Varlaam
si arrampicò
sulla roccia alta
370 m ed eresse
diverse celle e
una piccola
chiesa, che dedicò
ai Tre Sacri
Gerarchi. Lì
visse in completa
solitudine fino
alla fine dei suoi
giorni e, dopo la
sua morte, tutti i
locali rimasero
disabitati per
molti anni.
Nel
1518, due
fratelli, i monaci
Nectario e
Teofane,
provenienti da una
nobile famiglia di
Apsaradi della
città di Ioannina,
che aveva vissuto
per sette anni
sulla Colonna del
Precursore nel
Monastero della
Trasfigurazione
(Gran Meteora), si
arrampicarono su
una roccia con il
solo scopo di
restaurare la
Chiesa dei Tre
Santi, che era
diventata un
rudere, costruita
da Varlaam. Tuttavia,
dopo
l'espletamento dei
lavori necessari,
i frati rimasero
sulla roccia e, a
poco a poco, si
unirono a loro
altri monaci, il
cui numero
raggiunse quota 30
entro la metà del
XVI secolo.
Nel
1542, i fratelli
costruirono una
nuova chiesa
spaziosa con due
cupole, costruita
a somiglianza
delle chiese
athonite,
dedicandola a
Tutti i Santi, che
poi divenne il
catholicon del
monastero. Dopo
la morte dei
fratelli (Teofane
nel 1544 e
Nectario nel
1550), il
monastero continuò
a prosperare,
ricevendo dai
fedeli terreni,
vigneti, oliveti e
abitazioni.
Nel
1922 furono
scavati dei
gradini nella
roccia per una più
comoda salita alla
costruzione.
La
Chiesa dei Tre
Santi, una
basilica ad una
navata, quando fu
restaurata
l'ultima volta nel
1627, fu
affrescata dal grande
schema Efrem
il Siro, uno dei
più famosi
abitanti del
monastero e
prolifico artista
di chiese. Negli
anni 1550-1560, la
Chiesa di Tutti i
Santi fu dipinta
dal pittore Franco
Catelano di Tebe,
ma i lavori si
trascinarono fino
al 1566 nella
sezione
principale. Vi
sono altresì
diversi mosaici in
avorio e
madreperla nella
chiesa.
Nell'angolo
sud-orientale del nartece si
trova il simulacro
dei fondatori del
monastero,
Nectario e
Teofane. Nel
refettorio vi è
un museo che
ospita una vasta
collezione di
manoscritti rari,
un sudario
ricamato in oro e
croci in legno
intagliato di
ottima fattura.
Una menzione
speciale meritano
le icone portatili
del periodo
post-bizantino,
così come il
Vangelo
dell'imperatore Costantino
VII Porfirogenito.[17]
La
chiesa dei Tre
lerarchi fu
ricostruita nel
1627 e decorata
dieci anni più
tardi dai monaci
Cirillo e Sergio.
Il tesoro del
monastero contiene
reliquie di Santi,
vesti sacerdotali,
diversi oggetti
sacri, una cintura
di ferro che
apparteneva ai
superiori del
convento, un «epitafio»
(cioè una sacra
sindone usata
nelle cerimonie
del Venerdì
Santo)
splendidamente
ricamato in oro,
diversi vangeli e
manoscritti su
pergamena e altri
oggetti preziosi,
oltre ad una ricca
biblioteca.
Monastero
di Roussanou (o di
Santa Barbara)
Il
monastero di
Roussanou (o
monastero di Santa
Barbara) sorge su
una roccia isolata
e scoscesa tra i
conventi di
Varlaam e della S.
Trinità.
Originariamente si
poteva raggiungere
la sua sommità
soltanto dal
versante Nord, per
mezzo di scale di
corda. Nel 1897 la
roccia e il
versante opposto
furono collegati
con due ponti di
legno mobili;
attualmente si
accede al
monastero con
estrema comodità
attraverso un
ponte fisso
costruito nel
1930, ma le tre
facce vertiginose
della roccia su
cui sorge il
convento danno
ancora un profondo
senso di
apprensione a chi
le guardi dal
basso.
Non
si conoscono con
certezza né
l'epoca della
creazione del
monastero di
Roussanou o di
Arsani né
l'origine del suo
nome. Secondo una
ricostruzione, il
fondatore del
monastero sarebbe
stato un certo
Rusanos,
originario della
terra di Rosana. Secondo
altre fonti non
confermate, il
monastero fu
fondato nel 1288
dagli ieromonaci Nicodemo
e Benedetto. Si
sa per certo che
nel 1545, con il
permesso del
metropolita della
città di Larissa Vissarion
e dell'abate del
monastero di Gran
Meteora, i
fratelli
ieromonaci
Giuseppe e
Massimo, nativi
dell'Epiro,
costruirono un
catholicon in
stile bizantino
sul sito della
distrutta chiesa
della
Trasfigurazione e
restaurarono il
monastero, il
quale operò poi
regolarmente in
veste di cenobio.
Il
monastero fu
saccheggiato più
volte: le reliquie
non depredate e
sfuggite agli
aggressori sono
ora conservate nel
monastero della
Trasfigurazione.
Durante
la persecuzione
turca del 1757 e
la guerra
greco-turca del
1897, gli abitanti
dei villaggi
circostanti si
rifugiarono
all'interno delle
mura del
monastero.
Nel
1897 si
realizzarono due
ponti di legno che
rimpiazzarono le
scale di corda
usate in
precedenza dai
monaci (nel 1930
questi ponti
furono sostituiti
da quelli
moderni).
Nel
1940, il monastero
cadde in rovina e
perse i suoi
occupanti.
Dal
1950, la starica Eusebia
del vicino
villaggio di
Kastraki mantenne
la sola struttura
a tre piani del
monastero; dopo la
morte della donna,
nel 1971, il
monastero fu
chiuso perché
inagibile.
Negli
anni '80, gli
edifici del
monastero furono
restaurati grazie
ai finanziamenti e
alla supervisione
del Servizio
Archeologico
Greco, i quali
hanno permesso la
presenza di un
convento di suore
attualmente
dedicato a Santa
Barbara.
Il
catholicon del
monastero, la
Chiesa della
Trasfigurazione,
con un altare
atipico rivolto a
nord, è una
struttura a doppia
cupola con volta a
crociera e un
nartece. La chiesa
fu affrescata nel
1560 da ignoti
pittori di icone
della scuola
cretese. Non
si ha notizia di
lavori di restauro
nei secoli
successivi, ma
nonostante questo
gli originali si
presentano in
buone condizioni.
Di
eccezionale valore
sono gli affreschi
del vestibolo
dedicati alla Resurrezione e
alla Trasfigurazione:
quest'ultima è
una composizione
poliedrica con
angeli, anime dei
defunti e il fiume
infuocato
dell'inferno. Di
grande pregio
risulta altresì
l'intaglio ligneo
con doratura
dell'iconostasi.
Monastero
della Santissima
Trinità
Senza
dubbio la veduta
più
caratteristica e
più bella delle
Meteore è quella
del monastero
della S. Trinità.
Al visitatore si
presenta un quadro
incomparabile, con
la roccia maestosa
su cui è
arrampicato il
convento in primo
piano e le vette
del Pindo, coperte
di boschi, che si
scagliano sullo
sfondo contro
l'azzurro del
cielo, mentre in
basso si apre la
valle del fiume
Peneo.
Dalla
cima della roccia
la vista è unica:
il visitatore può
giungere con lo
sguardo fino al
limite della
pianura tessalica,
che si perde a Sud
nell'orizzonte
luminoso. A
Sud-Ovest si
sviluppa la catena
dei monti Agrafa,
che giunge fino al
picco del
Koziakas. Ci si
sente veramente
sospesi nel vuoto
se si getta lo
sguardo verso il
basso dove, 400 m
più sotto, si
distinguono i
tetti di Kalabaka.
È uno spettacolo
esaltante, che
ispira timore e
venerazione.
Non
si hanno
informazioni
esatte sulla
fondazione del
monastero;
costruito da
qualche parte tra
il 1458 e il 1476,
non è nemmeno
noto con certezza
se il monaco
Dometius
menzionato nelle
cronache
monastiche sia il
suo fondatore.
Nel
1925, sotto
l'abate Nikandra,
furono scavati
nella roccia 140
gradini che,
seguendo il
sentiero ai piedi
della roccia,
conducono al
monastero. In
salita,
all'ingresso del
monastero, si
trova una piccola
chiesa dedicata a
San Giovanni
Battista, scavata
nella roccia.
A
curare i lavori
nel 1682 fu un
frate di nome
Nicodemo, come
testimonia
l'iscrizione sopra
l'ingresso
dall'interno
dell'edificio,
letta per la prima
volta nel XIX
secolo
dall'archeologo
francese L. Jose.
È verosimile che,
prima che i
gradini venissero
realizzati, vi
fosse un sito atto
a ospitare monaci
eremiti solitari.
Nella
parte
nord-occidentale
del monastero si
rintraccia un
catholicon
dedicato alla
Santissima Trinità.
È una piccola
cattedrale in stile
bizantino
cruciforme,
con due colonne,
una cupola bassa e
una parte
centrale, oltre a
un nartece e una
sagrestia. Fondata
nella seconda metà
del XV secolo,
secondo le
iscrizioni nella
cattedrale, gli
affreschi interni
videro la luce nel
1741 grazie al
sacerdote Anatoli
e a suo fratello
Nicodemo.
La
cappella laterale
è coperta da un
soffitto
emisferico, con
un'iscrizione la
quale informa che
questa andò
costruita nel 1689
e affrescata per
la prima volta nel
1692. A
destra dell'altare
ha sede la
sagrestia, la
maggior parte dei
cui tesori venne
depredata durante
le conquiste
straniere da
razziatori
sconosciuti
insieme alle
campane del
monastero. Al
tempo si riuscì a
salvare 26 icone
antiche,
attualmente
conservate nel
monastero di
Varlaam, e 40
manoscritti poi
trasferiti al
monastero di Santo
Stefano.
Nel
1979 fu trafugata
l'antica
iconostasi lignea
della cattedrale
insieme alle
icone; al suo
posto si installò
una nuova
iconostasi dorata
con le icone di
Cristo (1662) e
della Madre di Dio
(1718). Uno
dei principali
tesori del
monastero è il
Vangelo in cornice
d'argento,
pubblicato nel
1539 a Venezia.
Anche
qui l'ascesa al
monastero avveniva
anticamente per
mezzo di scale di
corda. Nel 1888 fu
scavato un
passaggio nella
roccia, completato
nel 1925 da una
serie di 140
gradini. Cosi
l'ascesa al
convento può
avvenire senza
difficoltà.
Lontano
dalle tentazioni
del mondo, sopra
queste rocce
scoscese che più
tardi servirono
come celle di
isolamento per i
monaci che avevano
peccato, gli
eremiti che
avevano rinunciato
al mondo pregavano
Dio notte e giorno
per ottenere la
pace eterna dopo
la morte. Soli
loro compagni il
vuoto vertiginoso
e le aquile che
volteggiavano
intorno a loro.
Monastero
di Santo Stefano
Nella
parte più
meridionale delle
Meteore si innalza
la roccia del
convento di Santo
Stefano. Essa è
collegata al
versante opposto
del colle da un
ponte lungo 8 m,
che una volta era
mobile.
Qui
la roccia non è
particolarmente
scoscesa e quindi
potè essere
abitata
probabilmente già
prima del 1200.
Sull'arco in
pietra sopra
l'ingresso, nel
1927, fu scoperta
una lastra
precedentemente
murata con la
scritta
"6770.
Geremia", il
che significa che
un eremita di nome
Geremia viveva
sulla roccia già
nell'anno 6770
dalla fondazione
del mondo, cioè
nel 1192 d.C.
Presumibilmente,
questo eremita e
altri monaci
ultimarono in loco
diverse celle, una
cisterna per la
raccolta
dell'acqua piovana
e una piccola
cappella dedicata
a Santo Stefano.
La
fondazione del
monastero stesso
risale alla fine
del XIV secolo,
quando lo fece
costruire Antonio
Cantacuzeno
(nipote di Simeon
Uroš) e
Filoteo da
Siatena, le cui
sembianze sono
immortalate in una
piccola chiesa nei
dintorni del
monastero in
esame.
Nel
1545 il patriarca Geremia
I di
Costantinopoli proclamò
il monastero
stauropegale (cioè
sottoposto
direttamente
all'autorità del
patriarca e non di
un vescovo),
rimuovendolo dalla
giurisdizione
della diocesi di
Stagi. Per molti
anni le case
regnanti della Romania sostennero
con ingente
donazioni il
monastero. Durante
la dominazione
ottomana, esso
svolse attività
educative; i fondi
monastici furono
utilizzati per
costruire una
scuola nella
vicina città di
Kalambaka.
La
piccola chiesa è
buia, con il tetto
ed il nartece in
legno. Possiede
degli splendidi
affreschi, di cui
però numerose
figure sono state
rovinate dalle
lance dei vandali
invasori.
Nel
1798 vide la luce
la chiesa di San
Caralampo, il
catholicon del
monastero. Il
grosso della
chiesa non
presenta dipinti;
l'iconostasi è
realizzata con la
tecnica
dell'intaglio del
legno ed è
decorata con una
croce dorata.
Alla
fine del XIX
secolo nella
struttura vivevano
31 monaci, ma nel
1960 essa era
quasi vuota e, nel
1961, fu
convertita in un
convento
femminile, ancora
oggi attivo.
Il
refettorio
monastico,
costruito nel
1857, è
utilizzato per
l'esposizione
delle reliquie
monastiche, le più
pregiate delle
quali sono: un
disco con calice
(1631); molte
icone portatili
dei secoli
XVII-XVIII; un
manoscritto della
Divina Liturgia
del 1404, redatto
da uno dei
fondatori del
monastero.
L'interno di
quella centrale,
la più grande, è
decorato con
affreschi (Il
Pantocrator con i
quattro
Evangelisti).
L'iconostasi e il
ciborio che
ricopre l'altare
sono in legno
splendidamcute
traforato.
Il
monastero è
considerato
fondazione Reale e
Patriarcale da
quando vi
soggiornò
brevemente nel
1333 l'imperatore
bizantino
Andronikos III
Paleologo. Il
risultato fu che
il convento da
allora fu fatto
segno di doni
generosi, sia di
soldi che di
terreni, divenendo
cosi il più ricco
delle Meteore.
Il
suo tesoro
comprende ancora
parecchi oggetti
preziosi: reliquie
di numerosi Santi,
conservate in
eleganti
reliquiari
d'argento, un
codice con
miniature,
soprammaniche
ricamate in oro di
Gabriele, vescovo
di Demetriade, una
cintura ornata
d'oro del 1778, e
altri oggetti
preziosi di
inestimabile
valore.
Il
monastero ha
conservato la sua
natura di luogo
d'istruzione nel
campo della
rinascita della
musica bizantina,
sopperendo ad
attività di
formazione nel
campo
dell'iconografia.
Monastero
di San Nicola
Ad
Ovest dei conventi
della
Trasfigurazione e
di Varlaam, su una
gigantesca roccia
battuta dai venti,
è arrampicato il
monastero di San
Nicola Anapafsa.
È
il primo sperone
roccioso che si
incontra salendo
alla città santa
dei monasteri e
questo primo
contatto lascia
un'impressione
indelebile.
Del
monastero di San
Nicola Anapavsas,
chiamato anche del
Gioioso, non è
noto il momento
della fondazione:
si ipotizza che i
primi monaci
giunsero in situ
nel XIV secolo. La
fondazione del
monastero è
attribuita al
monaco Nicanore,
detto Anapavsas (Αναπαυσάς),
una testimonianza
questa
sopravvissuta nel
nome del
monastero. La
prima menzione
scritta di tale
centro religioso
risale al 1392.
La
piccola area su
cui sorge
l'edificio
costrinse i monaci
a collocare luoghi
di preghiera,
celle e stanze di
vario genere su più
livelli, dando
l'impressione di
un labirinto.
All'ingresso del
monastero, nella
gola della roccia,
sorge una piccola
chiesa dedicata a
San Simeone. Al
primo livello si
trova una piccola
chiesa realizzata
in onore di
Sant'Antonio:
l'altare, di soli
4 m², può
ospitare un solo
sacerdote.
Al
secondo livello si
trova la
Cattedrale di San
Nicola, il
catholicon del
monastero. Di
forma rettangolare
e senza finestre,
sopra si scorge
una bassa cupola,
mentre il nartece
della cattedrale
è così ampio che
sembra che fosse
originariamente
costruito come
cortile di un
monastero.
L'altare volge il
suo sguardo a nord
e le pareti della
cattedrale sono
decorate con
affreschi ultimati
da Teofane
Strelitzas, un
rinomato pittore
di icone della
scuola cretese.
La
Cattedrale di San
Nicola andò
costruita intorno
al 1527 a spese
del metropolita
di Larissa Dionisio
e dello ieromonaco
ed esarca di
Stagia Nicanore,
come testimonia
l'iscrizione sopra
l'ingresso alla
cattedrale.
Al
terzo livello si
trovano le celle,
un antico
refettorio
utilizzato come
sala di
ricevimento per
gli ospiti di
onore, una piccola
chiesa di San
Giovanni Battista
e una cripta con i
teschi dei monaci.
All'inizio del
Novecento, il
monastero di San
Nicola si svuotò,
i suoi edifici
caddero
gradualmente in
disuso e i
preziosi
manoscritti in
esso conservati
passarono al
monastero della
Santissima Trinità;
negli anni '60, il
monastero fu
restaurato dal
Ministero
dell'Archeologia
della Grecia ed è
divenuto da allora
di nuovo
funzionante.
Villaggio
di Kastraki
Kastraki
è l'unico
villaggio
costruito
coraggiosamente in
mezzo alle rocce
delle Meteore. Lo
spettacolo dei
poderosi colossi
di pietra che
sovrastano i tetti
delle case fa
nascere nello
spettatore un
senso di angoscia
e di dubbio, quasi
a domandarsi se
queste immani
rocce proteggono o
minacciano le
abitazioni. Quando
la scarsa
vegetazione viene
rischiarata dai
primi raggi del
sole, l'aspetto
selvaggio delle
enormi rocce
sembra farsi meno
cupo. È l'ora in
cui riecheggia
nella vallata il
suono della
campana che chiama
i monaci al
mattutino, mentre
il villaggio si
risveglia e gli
abitanti si
preparano al
lavoro dei campi:
atmosfera piena di
rispettosa
devozione e di
misteriosa poesia.
Città
di Kalabaka
Sotto
le imponenti rocce
delle Meteore, al
limite della
pianura tessalica,
si stende la città
di Kalabaka. La
vecchia chiesa
episcopale di
Kalabaka, dedicata
alla Dormizione
della Vergine, è
stata costruita
nell'XI secolo.
L'edificio si
trova tuttora in
ottime condizioni,
benché la pianta
originale sia
stata modificata
da riparazioni e
cambiamenti fatti
a più riprese. È
da notare la
singolare
posizione
dell'ambone di
pietra, che sorge
al centro della
chiesa.
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