Ricco di
testimonianze religiose è il centro antico sede delle chiese più pregevoli, in
primis del Duomo opera
del XII secolo, realizzato dall'allora arcivescovo Luca Campano, autore
della prima platea del nuovo arcivescovato (sotto i Bizantini solo semplice
vescovato). L'edificio religioso più antico è San Giovanni Battista del X
secolo mentre del XIII secolo è la chiesa,
convento e chiostro di San Francesco d'Assisi;
la chiesa fa parte di un complesso monastico fondato nel 1217 ed è stata
oggetto di modifiche e cambiamenti in epoche successive. Al suo interno si
annoverano opere che attraversano un arco temporale molto vasto; risale
all'inizio del Quattrocento la tela raffigurante San Francesco di Paola nella
sagrestia mentre altri elementi artistici sono collocabili tra il Seicento e il
Settecento. Il convento attiguo alla chiesa è sede del laboratorio di
conservazione per i beni ambientali, artistici e storici della Calabria e ospita
anche nel chiostro una raccolta di opere d'arte, affreschi e sculture.
Le
principali costruzioni religiose sono del XV secolo, fra queste troviamo la chiesa
e complesso monumentale di Sant'Agostino e la chiesa,
convento e chiostro di S. Francesco di Paola che
venne costruito nel 1444 da san Francesco di Paola divenendo la sua dimora
abituale. L'edificio religioso, che sorge in largo Paolina Gervasi Mantovani
n.1, è rappresentato da un bel portale in stile gotico ed è ritenuto il
secondo santuario dedicato al santo per importanza. Secondo la tradizione san
Francesco di Paola viveva nella grotta posta dietro l'edificio, nota a tutti
come "la grotta del santo", in cui si conserva una croce di legno che
lo stesso santo aveva deposto.
Del secolo
successivo sono invece la chiesa
e convento del Santissimo Crocifisso (o della Riforma),
la chiesa della Madonna del Carmine,la chiesa
di San Domenico,la chiesa
e convento delle Cappuccinelle,
il convento
di Santa Maria delle Vergini e
la chiesa bizantina italo greco albanese Santissimo Salvatore. La
chiesa della Madonna del Carmine, situata in piazza Venti Settembre, di fronte
al Palazzo del Municipio, fu di proprietà dei Carmelitani dell'Antica
Osservanza in seguito alla donazione da parte di Bernardino Mollica, come si
ricava da una bolla di papa Pio V del 1567. Dopo il terremoto e la distruzione
del 1635, per volontà dei frati venne ricostruita in grande stile e completata
nel 1696. Risale al 1756 un'altra opera di restyling con la quale si realizzò
l'altare maggiore impreziosito dal dipinto di Santa Maria della Bruna. I
terremoti del 1783 con conseguente abbandono dei frati, e del 1854 misero a dura
prova la struttura che venne ricostruita in maniera definitiva conservando
l'aspetto odierno caratterizzato dallo stile neoclassico. Menzione particolare
merita la chiesa di San Domenico considerata la più pregevole chiesa
dopo il Duomo.
Del XVII secolo è il convento dei Carmelitani Scalzi mentre
altre chiese di rilievo sono la chiesa di San Nicola che racchiude
preziose opere d'arte, il palazzo arcivescovile e il convento
delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo in cui
operò la Beata suor Elena Aiello, nota come a monaca santa.
Un'altra
architettura religiosa di pregio è la Chiesa di Santa Teresa che fu progettata
nel 1927 in stile neogotico dall’ingegnere Bernardino Caputo. I lavori furono
sospesi nel 1932 e ripresero nel 1954 con un nuovo progetto redatto
dall’architetto Mario Ferrari in cui lo stile gotico di derivazione del
Centro-Nord Italia proposto dal progetto del 1927 fu sostituito da un gotico
d’oltralpe a doppia torre, stilizzato e reinterpretato in chiave moderna.
Venne completata nel 1978 con il rivestimento esterno in ceramica.
Il duomo
di Cosenza, anche noto col nome di cattedrale di Santa Maria Assunta, è il
principale luogo di culto cattolico di Cosena, cattedrale dell'arcidiocesi
di Cosenza-Bisignano.
Santuario della Vergine
del Pilerio, si trova nel cuore del centro storico della città, in piazza
Duomo, a 251 metri s.l.m., lungo corso Telesio. Costruita intorno alla seconda
metà dell'XI secolo, dopo il terremoto del 1184, nota per le sue linee gotiche
e dai tratti florensi.
Il 12 ottobre 2011 è
stata riconosciuta come patrimonio testimone di cultura di pace dall'UNESCO grazie
ad un lavoro sinergico tra il Club Unesco di Cosenza, la cattedrale e l'Ufficio
per le comunicazioni dell'arcidiocesi.
L'attuale
cattedrale sorge nello stesso luogo di una chiesa più antica, costruita nell'XI
secolo e quasi completamente rasa al suolo da un terremoto nel 1184.
La costruzione
del nuovo edificio iniziò qualche anno più tardi e terminò nel 1222. La
ricostruzione del duomo venne affidata al vescovo Luca Campano, già monaco
florense e segretario del servo di Dio Gioacchino da Fiore,
appassionato di architettura, che nel frattempo era diventato anche arcivescovo
della città bruzia. In quello stesso anno, il giorno 30 gennaio, la chiesa
venne solennemente consacrata dal cardinale vescovo di Frascati Nicola
de' Chiaromonti, in qualità di delegato apostolico. La cerimonia avvenne
alla presenza dell'imperatore Federico II di Svevia[3]che per l'occasione
volle far dono alla città della preziosissima Stauroteca, oggi custodita in
città nel vicino museo diocesano.
Il 1748 segnò
l'inizio di nuovi lavori di trasformazione che portarono la cattedrale ad essere
ricoperta da sovrastrutture baroccheche, oltre a nasconderne le originarie forme, provocarono la scomparsa di
innumerevoli opere d'arte. Nel 1756, invece, venne costruita la nuova sacrestia. A
completare l'opera di trasformazione si intervenne nella prima metà del XIX
secolo con il rifacimento della facciata, all'epoca trasformata in un
ibrido stile neogotico. Molte delle decorazioni e degli arredi barocchi vennero
donati o venduti ad altre chiese; la cattedra venne trasferita nel Duomo
di Salerno. L’altare
maggiore e l’organo a canne vennero donati alla Chiesa di Santa Maria in
Gerusalemme di San Pietro in Guarano.
I lavori di
restauro intrapresi già nel XIX secolo e finalmente portati a termine
nel XX secolo dall'arcivescovo di Cosenza Aniello
Calcara, furono finalizzati a ripristinare, sia all'esterno che all'interno
dell'edificio.
Il duomo
presenta una facciata a salienti divisa in tre parti nello sviluppo
trasversale della parte del basamento. Questa divisione corrisponde a quella
interna, con quattro pilastri a separare tre portali, di cui uno, quello
centrale, più grande. Sui portali si trovano altrettanti rosoni, di cui
due di media grandezza ed un terzo, quello sul portale principale, più grande.
Alla sommità più alta della facciata svetta una croce in ferro. L'ingresso
alla chiesa è preceduto da una larga gradinata che collega il basamento alla
omonima piazza.
A dominare
inconfondibile il panorama del centro storico cosentino, si innalza sulla
cattedrale il neogotico tiburio, realizzato a copertura della cupola che
sovrasta l'altare maggiore e visibile dai colli circostanti in sequenza
prospettica con la tozza torre campanaria. La struttura, realizzata alla fine
dell'XIX sec. dall'architetto Giuseppe Pisanti, è parte integrante degli
interventi di ripristino, all'interno, dell'originario aspetto duecentesco dei
transetti e dell'area absidale.
Papa Giovanni
Paolo II ha visitato la cattedrale di Cosenza e venerato l'icona della Madonna
del Pilerio il 6 ottobre 1984.
La cattedrale
è a croce latina, con aula suddivisa in tre navate di otto campate
ciascuna suddivise da due file di pilastri con capitelli scolpiti.
La copertura a
capriate delle tre navate trova un'unica eccezione nell'ultima campata della
navata sinistra caratterizzata da volta a crociera. L'area presbiteriale, i
transetti e l'abside sono sopraelevati rispetto al livello delle navate.
Lungo la navata
di sinistra, si aprono due cappelle barocche, risalenti al XVII-XVIII
secolo.
La prima è
dedicata alla Madonna del Pilerio, e custodisce la miracolosa icona
bizantina del XII secolo del tipo Galaktotrophousa "allattante" e
raffigurante appunto la Madonna che allatta il Bambino, l'altare marmoreo
settecentesco è opera dello sculture napoletano Giuseppe Sammartino.
La seconda,
invece, è quella della Confraternita di Orazione e Morte ed ospita il
monumento funebre dei membri dell'insurrezione antiborbonica cosentina del 15
marzo 1844. Fu proprio l'eco di tale fatto ad incoraggiare la tragica spedizione
dei Spedizione dei fratelli Bandiera nel luglio sempre del 1844.
I due fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, anch'essi inizialmente tumulati in
questo luogo, furono poi traslati nel 1867, all'interno della chiesa dei
Santi Giovanni e Paolo, a Venezia loro città d'origine. Sulle due
pareti di lato, la cappella ospita un maestoso coro ligneo.
La cappella
dell'Assunta a pianta rettangolare, è in muratura di tufo ed è
costituita da un'aula unica coperta a volta e da un presbiterio molto stretto
separato dalla navata da un arco di trionfo a tutto sesto. E' pavimentata con
piastrelle di cemento ed ha le pareti e la volta stuccati. Sulla parete
d'ingresso è una cantoria in muratura; nella parete di fronte un altare in
marmo con statua raffigurante l'Assunta.
Nella
cattedrale di Cosenza si trovano anche due importanti mausolei: quello di Enrico
VII di Hohenstaufen e quello della Regina di Francia Isabella
d'Aragona. Il mausoleo di Enrico VII è composto da un sarcofago situato nella
navata di destra, opera di riutilizzo di epoca ellenistica, che illustra in
bassorilievo il mito della morte del giovane Meleagro.
Il sepolcro di
Isabella d'Aragona, invece, è in stile gotico ed è situato nel transetto di
sinistra. In un trittico a tutto tondo scomparso per secoli sotto la
veste barocca, la regina è rappresentata, come il consorte, genuflessa a lato
della Vergine. Dopo la traslazione nella Basilica parigina di Saint-Denis,
tuttora nel mausoleo pare sia conservato il solo feto. Durante i
restauri del XVIII e XIX secolo, vennero inspiegabilmente
occultate, se non addirittura rimosse, le sepolture di Luigi III d'Angiò,
morto nel 1434, e quella del filosofo e naturalista cosentino Bernardino
Telesio, morto nel 1588.
La profonda
abside ospita il moderno altare maggiore marmoreo in stile
neoromanico ed un pregevole Crocifisso ligneo del XV
secolo, proveniente dalla distrutta cappella Telesio. Al disotto del catino
absidale, entro nicchie ogivali sorrette da colonnine, si trovano
degli affreschi policromi, realizzati nel XIX secolo da Domenico
Morelli e Paolo Veltri raffiguranti l'Assunta e, ai due
lati, i Dodici apostoli.
Nel braccio
destro del transetto, appoggiato alla parete di fondo, si trova l'organo a
canne Mascioni opus 1169, costruito nel 2005.
Lo strumento è
a trasmissione mista, meccanica per i manuali e il pedale, elettrica per i
registri, ed ha una consolle con tre tastiere di 61 note ciascuna ed
una pedaliera dritta di 32. La cassa lignea è caratterizzata
dall'alternarsi di cinque torri con piccoli prospetti ad ali.
All'interno del
duomo, in particolare durante i recenti lavori di ristrutturazione e
riconsacrazione dell'area presbiteriale, sono state ritrovate tracce che non
solo si fanno risalire a un'epoca paleocristiana ma anche all'epoca romana,
dei Bruzi e ad una fase tardo-antica. Molto interessante è anche
l'area archeologica portata alla luce alle spalle della cattedrale (Piazzetta
Toscano) quasi a ridosso dell'abside, fra la stessa e la Piazza Parrasio
antistante la Curia.
A parte il
tanto criticato intervento di restyling urbanistico che "dovrebbe
proteggere e rendere visibili i resti di strutture edilizie risalenti anche ad
epoca pre-romana, l'intervento ha certamente il merito d'aver reso quasi del
tutto visibili le linee dell'abside anche e per intero quelle particolarissime
del cosiddetto "Tragitto", originale corridoio sospeso su arcate che
permetteva e permetterebbe ancora oggi ai Presuli Cosentini di raggiungere la
cattedrale direttamente dalla Curia Arcivescovile sita nel quattrocentesco
Palazzo Cicala. Su tale struttura fa bella mostra di sé lo stemma pastorale di
Mons. Domenico Narni-Mancinelli artefice dell'opera nella prima metà del XIX
secolo.
La Chiesa delle Cappuccinelle o Chiesa di Santa Croce è stata costruita nel
1581 sulle vestigia del monastero e della chiesa cistercense di Santa Maria
della Motta.
Il monastero fu accostato alla chiesa stessa – anche chiamata Chiesa di Santa
Maria di Gerusalemme – l’anno successivo alla sua fondazione e divenne
dimora delle suore dell’ordine delle Cappuccinelle.
Quest’oggi ospita l’ordine delle Guanelliane. Annesso al complesso è da
segnalare anche il Chiostro a pianta quadrangolare, che sembra risalire al XVII
secolo, segnato da modeste arcate sostenute da pilastri, tra queste un tempo si
potevano ammirare intonaci dipinti e affrescati, dei quali, oggi, non vi è
alcuna traccia. In
particolare è da segnalare la facciata, che nonostante si presenti in modo
lineare, è caratterizzata da una meravigliosa porta monumentale del XVI secolo
realizzata da artigiani roglianesi in roccia di tufo sormontata da un rosone a
torciglione.
Il
visitatore all’interno potrà ammirare un’opera molto pregiata del 1558
intitolata l’Immacolata dipinta su tavola da Pietro Negroni e un prezioso
mezzobusto ligneo settecentesco Ecce Homo, considerato prodigioso a seguito
della sua miracolosa riapparizione dopo un’inaspettata scomparsa.
Degne
di nota per il visitatore sono il crocifisso attribuito a Fra’ Stefano di
Piazza Armerina che si trova nella sagrestia e i resti lapidei dell’antica
chiesa di S. Pancrazio distrutta dal violento sisma del 1184 che si trovano
nella cripta.
Il santuario
del Santissimo Crocifisso è un edificio religioso situato a Cosenza,
nella zona sud-ovest della città, a 258 metri s.l.m. Il complesso
convento-chiesa è volgarmente detto “Riforma” perché dal XVIII
secolo fu convento dei Frati Riformati, una delle tante famiglie
francescane. Questi favorirono la devozione al simulacro del Santissimo
Crocifisso che fin da allora si mostrò miracoloso. Tale devozione
fu incrementata dai Frati
Cappuccini, al punto che, cosentini e non, oggi individuano la chiesa ove
si venera con l'appellativo di "santuario del SS.mo Crocifisso" o più
semplicemente "chiesa del Crocifisso", anche se essa è intitolata a Maria
SS. di Costantinopoli.
Dopo
essere stata delle monache benedettine (863-1184),
dei frati
minori (1224-1276), delle suore clarisse (1276-1383),
dei frati osservanti (1415-1436) e dei frati
minori riformati (1628-1866), la chiesa della Riforma diventa
patrimonio dei "Frati del popolo" il 1º gennaio 1915.
I
frati cappuccini iniziano anche la pratica per la retrocessione dell'ex convento
della Riforma, incamerato dal Demanio con
la soppressione. Ma senza nulla di fatto, per l'opposizione di elementi
massonici.
Dal 1928 la
retrocessione diventa praticamente impossibile, perché l'ex convento è stato
trasformato in distretto militare.
Il
3 settembre 1943 i
bombardamenti aerei colpirono massicciamente chiesa ed ex convento della Riforma
che, per effetto delle bombe incendiarie andarono completamente distrutti.
Neppure nelle nuove condizioni createsi si volle retrocedere ai frati cappuccini
l'ex convento, benché ne fossero legittimi proprietari. Tuttavia quando
iniziarono la ricostruzione sia della chiesa che dell'ex convento, per la prima
ottennero risarcimenti per danni di guerra, per il secondo nulla; neanche quando
fu loro consegnato verbalmente.
La
ricostruzione della chiesa fu affidata alla progettazione dell'architetto
cosentino Salvatore
Giuliani.
Il
25 novembre 1953,
già ricostruita nella maggior parte, essa fu ufficialmente aperta al culto con
l'intronizzazione del SS.mo Crocifisso e la solenne consacrazione dell'altare
maggiore da parte dell'arcivescovo Aniello
Calcara.
Il 1959 è
l'anno in cui, dopo aver quasi del tutto ricostruito il convento, senza nulla
avere dallo Stato, per non perderlo i frati lo hanno dovuto acquistare come se
non fosse di loro proprietà.
Poiché
l'attuale convento cappuccino a Cosenza era in piena efficienza e la chiesa
rifinita in ogni particolare, domenica 15 febbraio 1976 alle
ore 18 si fece l'inaugurazione solenne di questa con la partecipazione
dell'arcivescovo Enea
Selis, un numeroso popolo devoto e la presenza di rappresentanze del
clero secolare e regolare, il Prefetto, l'architetto Salvatore Giuliani,
l'architetto Filippelli e lo scultore Eduardo
Filippo. Venne una rappresentanza di tutti i conventi della provincia e
non mancò la partecipazione dei Superiori Generali.
Fino a prima della riforma liturgica il 3 maggio si celebrava la festa del
ritrovamento della Vera
Croce di Cristo da parte di sant'Elena.
Per tale motivo in questo giorno si celebra la grande festa in onore del SS.
Crocifisso.
I
festeggiamenti iniziano il 23 aprile con l'esposizione dei venerati simulacri
del SS. Crocifisso e della Madonna Addolorata e una solenne celebrazione
eucaristica durante la quale il popolo offre l'olio che alimenta la
lampada la cui luce viene riaccesa ogni anno in tale giorno.
Il
solenne novenario di preparazione inizia il giorno 24 con SS. Messe al mattino e
al pomeriggio la recita del rosario,
il canto della Salve Regina all'Addolorata e delle Litanie e la Messa, al
termine della quale si recita la “Coroncina alle Cinque Piaghe” accompagnata
dal canto “O Martire divino”.
Il
primo maggio il SS.mo Crocifisso viene portato in processione nel piazzale
dell'ospedale civile dell'Annunziata, attraversando via A. Monaco. Qui ha luogo
una solenne concelebrazione
eucaristica con la partecipazione di tutto il personale ospedaliero
e degli ammalati.
Il
2 maggio, giorno vigiliare, alla sera si celebrano con solennità i primi vespri dinanzi
al Santissimo
Sacramento e dopo la benedizione si rinnova l'atto di consacrazione
alla Vergine Addolorata.
Nel
giorno della festa l'inizio della giornata è annunziato dal suono dei tamburi.
Alle
ore 10,00, una solenne Concelebrazione presieduta dal Vescovo della Diocesi,
durante la quale il Sindaco di Cosenza offre un omaggio floreale al SS.mo
Crocifisso, quale segno di devozione dell'intera città.
Nel
pomeriggio alle ore 17,30 viene celebrata la S. Messa. La chiesa, il piazzale
antistante, via Riforma e la piazza sono gremite di popolo devoto.
Alle
18,00 terminata la Celebrazione, le campane iniziano a suonare a festa mentre
rimbombano gli spari dei mortaretti e le note delle bande musicali.
I
portatori prendono la statua della Vergine Addolorata e subito dopo il
miracoloso simulacro del SS.mo Crocifisso.
La
folla esulta nella gioia e nella commozione all'uscita della chiesa.
Inizia
l'attesissima, solenne processione,
a cui prendono parte le varie confraternite cittadine
e Terzi Ordini, tutti con i loro stendardi, e migliaia di fedeli provenienti da
tutta la città e dai comuni limitrofi.
Si
attraversano numerose vie di Cosenza per
giungere tra migliaia di luci colorate, tra l'imponente illuminazione e i
battimani della folla festante, in piazza Riforma dove ha luogo il Panegirico e
la solenne Benedizione
eucaristica. Al termine, si riprende verso il santuario al cui arrivo, il
SS. Crocifisso e la Vergine Addolorata sono salutati da uno spettacolo
pirotecnico.
Nel
quartiere della Riforma si svolge anche la tradizionale fiera, con la presenza
di decine di espositori e un gran numero di visitatori. Ricco anche il programma
delle manifestazioni ricreative e di piazza, che si associa a quello religioso,
con l'esibizione di noti artisti musicali, gare sportive e giochi popolari.
La
devozione al SS.mo Crocifisso è accompagnata da quella alla Madre Addolorata.
Binomio inscindibile nel cuore dei fedeli!
La
venerata immagine della Vergine Addolorata troneggia, infatti, ai piedi del
SS.mo Crocifisso durante il solenne Novenario per la festa del tre maggio e
nella grande processione che gremisce le strade della città di Cosenza in
questo giorno, ma anche il venerdì Santo dopo la celebrazione della Passione
del Signore.
In
suo onore si celebra ogni anno un solenne settenario di preparazione alla sua
festa, che si celebra il 15 settembre. In questo giorno, il programma dei
festeggiamenti si conclude con la processione della Vergine Addolorata per le
strade del quartiere della Riforma e la rinnovazione dell'Atto di Consacrazione.
La chiesa
di San Domenico è un edificio religioso situato a 230 metri s.l.m.,
in piazza Tommaso Campanella, sulla riva sinistra del fiume Busento,
un'area che rappresenta il luogo di congiunzione tra la città antica e la città
moderna che da piazza dei Bruzi si sviluppa lungo corso Mazzini.
La chiesa venne
edificata tra il 1441 e il 1468 per decisione della famiglia
Sanseverino, in particolare Antonio Sanseverino, conte di Altomonte e
Duca di San Marco Argentano che nel 1448 cede ai domenicani (insediati
a Cosenza già dal 1240 circa) il suo palazzo e i territori adiacenti alla
chiesa di San Matteo, nella zona dei Rivocati, allo scopo di edificare la nuova
chiesa. La facciata conserva gli elementi originari della sua costituzione, con
il rosone di facciata costituito da 16 colonnine disposte a raggiera da archetti
contenenti segni simbolici di varia forma e l'arco in tufo che contornano lo stile
gotico del portale ligneo d'ingresso che risale al 1614
commissionato dalla famiglia Cavalcanti ed intagliato con stemmi, motivi
floreali e figure di santi.
La cupola del monastero completa di tamburo ottagonale, attico ad occhioni e
lanterna terminale, venne eretta tra la fine del XVII secolo e l’inizio del
XVIII e grazie al lavoro del maestro stuccatore Pascale Gesumaria di Napoli
venne completata con il lavoro di abbellimento interno nel 1758. La cupola oltre
al meraviglioso aspetto estetico che è possibile ancora oggi ammirare, svolge
una funzione essenziale all’interno della chiesa per la luminosità che
conferisce all’intero edificio; nasce dall’intersezione di due volte
a botte ed essendo finestrata, con l'ingresso della luce conferisce
maggiore valore e dinamismo agli stucchi dell’altare centrale.
La struttura
della Chiesa si presenta con un volume a pianta rettangolare con tetto a capanna
e volte a botte
lunettata raccordata da ampi finestroni che va a costituire la
navata. L'interno è in stile tardo
barocco con una volte
a botte interamente stuccata, la cupola e il pavimento in marmo.
La parte
interna che è stata ristrutturata nel XVII secolo grazie al lavoro dello
stuccatore Giovanni Calieri autore della rivisitazione della navata,
mantiene lo stile
gotico, mentre il coro ligneo risalente alla prima metà del 1600, fu
realizzato dal maestro Fabrizio Volpe da Paterno con 52 stalli che rispecchiano
il suo stile manierista. Quattro pilastri in tufo con volta a botte e con
zoccolo in evidenza, vanno a formare tre nicchie per ogni lato evidenziando
l'uso della colonna libera. L'altare maggiore ha forte valenza architettonica e
scultorea, ricoperto da una cupola con pennacchi e realizzato in marmo policromo
(1767); nel transetto vi è una Deposizione e un San Vincenzo Ferreri (fine del
XVIII secolo, anonimo). La sagrestia che insiste in un vano pavimentato con
piastrelle in cemento battuto, è nota per la sua volta a crociera intonacata,
una bifora ogivale con due archi stretti in tufo e un coro di legno installato
nel 1635.
La cappella di
destra, "cappella del Rosario" risale al XIII - XIV secolo e solo nel
1630 fu concessa alla Congrega del Rosario. L'Oratorio del Rosario è
pavimentato in marmo, presenta una volta a vela con copertura lignea a lacunari
composto da 35 riquadri, mentre nei primi anni del settecento furono eseguiti
gli stucchi rinascimentali e le dorature, gli stalli di legno laccato e decorato
realizzati da artigiani roglianesi, la cantoria con l’organo settecentesco in
legno decorato, l’abside con la calotta che poggia su un sistema di archi,
anch'essa stuccata e decorata in stile barocco. Tra le opere del pittore sanfileseAntonio
Granata, la più importante è la tela raffigurante la Madonna del
Rosario tra i Santi Domenico e Agnese da Montepulciano conservata
nell'antico coro utilizzato oggi come sacrestia nella chiesa (fine del XVIII
secolo). La cappella della famiglia Martucci conserva l'altare della Madonna
della Febbre, opera del XVI
secolo di Giovanni
da Nola. La Madonna col Bambino, meglio nota come Madonna della Febbre,
fu scolpita nel 1540, su una base raffigurante la Natività e l’Adorazione dei
Magi, con ai lati l’Annunciazione e la Resurrezione. Nelle cappelle prossime
al transetto si trovano altre opere del XV
secolo, tra queste la rappresentazione di santa Liberata e dell'Eterno
Padre.
L'antico
convento con attigui due chiostri alla sinistra della chiesa che segnano il
passaggio architettonico dagli elementi gotici alle prime forme rinascimentali
ospita il BoCs Art Museum e gli uffici del Comune di Cosenza per i settori
cultura e turismo. La Sala Capitolare del complesso ospita convegni e mostre,
incontri letterari con presentazione di libri e concerti di musica da
camera.
Nel 1588 il
complesso ospitò il filosofo Tommaso
Campanella, che dimorò a Cosenza affascinato dal pensiero di Bernardino
Telesio. Il museo ospita le opere d’arte contemporanea realizzate da più
di 300 artisti italiani e internazionali che nel triennio 2015-2017 sono stati
ospitati nelle Residenze Artistiche “BoCs Art” e mira a proiettare la città
negli anni come polo di ricerca culturale dell’arte contemporanea.
L'esposizione
riflette la molteplicità dei linguaggi e delle tecniche con le quali si sono
espressi gli artisti che hanno preso parte al progetto appartenenti a diverse
generazioni e con percorsi di ricerca differenti, dalla pittura alla scultura,
dalla fotografia all’installazione, dalla performance alla
video-installazione.
Dall'anno
accademico 2023-2024 il complesso monumentale ospita il corso di laurea
triennale in Infermieristica dell'Università
della Calabria.
La chiesa
di San Francesco d'Assisi è un edificio religioso del 1217 situato in
piazza Marco Berardi a 273 metri sul livello del mare nel centro storico di Cosenza.
Rappresenta con l'annesso monastero di San
Francesco d'Assisi, il monumento religioso più importante della città
dopo il Duomo e
uno dei più antichi del capoluogo.
A Cosenza, nel
quartiere della Giostra Vecchia in piazza Marco Berardi, a 273 metri sul livello
del mare, si trovano la chiesa e il monastero di San Francesco
d'Assisi. La pianta della chiesa è a croce latina, con tre navate.
Al
centro del presbiterio si erge l'imponente
altare ligneo alto costruito nel 1700. Sopra di esso è un dipinto di Daniele
Russo che rappresenta il Perdono d'Assisi (1618). La
navata sinistra ospita un crocifisso ligneo del XVII secolo, l'altare della
Madonna della Febbre con la statua della Madonna con Bambino, in marmo,
risalente al XVI secolo, derivata da quella in San
Domenico. Nella navata destra si apre la cappella di Santa Caterina,
settecentesca, in cui si riuniva l'omonima confraternita.
La sagrestia ha
un soffitto in legno dipinto, un armadio in legno che rappresenta episodi della
Passione di Cristo e immagini di santi e frati francescani. L'arco in pietra è
caratterizzato dal dipinto di San Francesco di Paola, mentre sulle pareti
sono presenti alcuni affreschi risalenti all'inizio del XV secolo.
La chiesa
di San Francesco di Paola è un edificio
religioso che si trova sul tratto finale di corso Plebiscito.
L'edificio religioso, che sorge a 245 metri sul livello del mare, in largo
Paolina Gervasi Mantovani n.1, venne costruito nel 1444 da san Francesco di
Paola divenendo la sua dimora abituale. Secondo la tradizione san Francesco di
Paola viveva nella grotta posta dietro l'edificio, nota a tutti come "la
grotta del santo", in cui si conserva una croce di legno che lo stesso
santo aveva deposto. È ritenuto il secondo santuario dedicato al santo per
importanza
L'interno,
introdotto da un bel portale in stile gotico, è a navata unica e ospita la
tomba di Ottavio Cesare Gaeta (m. 1593). Sulla parete destra, ci sono due
dipinti del XVIII secolo: una Sacra Famiglia e una Madonna con
san Francesco e sant'Agostino. Su un altare è una statua lignea di san
Francesco di Paola; mentre sul lato sinistro della navata, su un altro altare,
si trova una statua lignea di san Michele Arcangelo.
La Madonna
con Bambino in gloria e santi Paolo e Luca (1551) fu dipinta da Pietro
Negroni.
Nell'abside, un
trittico del XVI secolo realizzato da Cristoforo
Faffeo rappresenta la Madonna col Bambino in gloria con i santi
Caterina e Sebastiano.
Sul retro
dell'altare è un coro ligneo costruito nel 1679 da Domenico Costanzo da Rogliano.
Sul muro della sagrestia vi sono resti di affreschi risalenti al 1550–1600.
Sulla volta sono presenti alcuni pastelli che rappresentano scene della vita del
santo di Paola.
Il convento
di Santa Maria delle Vergini è un edificio religioso situato in via
Gaetano Argento, a 288 metri s.l.m.
La parte
esterna dell'ingresso principale è realizzata in tufo decorato, mentre la parte
interna è scolpita in legno. Il convento contiene un dipinto dell'Annunciazione
del XVI secolo.
Di fronte, si
trova la Madonna del Pilerio del XIII secolo attribuita a Giovanni da Taranto,
mentre sulle pareti vi sono altri quattro dipinti anonimi del XVI secolo: la
Visitazione, la Circoncisione, l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei
Magi.
Nell'abside si
trova la pala d'altare Transito della Vergine (1570). La cimasa ospita un
dipinto raffigurante l'Incoronazione della Vergine, mentre alla base delle due
colonne sono dipinti, attribuiti a Michele Curia, il "Maestro di
Montecalvario", di due santi non identificati. Il coro in legno risale al
XVII secolo.
La chiesa di San
Nicola è situata tra il centro storico e la parte nuova
di Cosenza, in piazza Francescantonio Nolè, a 234 metri s.l.m. Tra le
varie chiese moderne della città, essa è interessante per le opere d'arte che
contiene, seppur in numero limitato, ma piuttosto originali.
Nel
settembre del 1603 l'arcivescovo Giovanni Battista
Costanzo fondò la parrocchia di San Nicola per il rione dei Rivocati.
La relativa chiesetta di San Nicola sorse, in mezzo ad orti e a campi, tra i
conventi di San Domenico, del Carmine e della Riforma.
La
parrocchia di San Nicola fu una delle prime istituite in città, tant'è che
fino al 1939, si estendeva fino al
torrente Emoli di Rende e alla riva del Crati.
Nel 1783 subì
il crollo della volta a causa di un terremoto, nel 1943 subì vari
danni dalle bombe della seconda guerra mondiale, dopo una serie di
rifacimenti, la secentesca chiesa venne demolita nel 1961, in seguito al
riordino urbanistico dell'area (per allargare via Sertorio Quattromani).
A
pochi metri dall'area della vecchia chiesa demolita, sulla piazza alle spalle
del Municipio, fu costruita la nuova chiesa di San Nicola da Bari, la cui prima
pietra fu posta il 28 ottobre 1956 alla presenza dell'arcivescovo Calcara e del
sindaco Schettini.
Fu
progettata in stile moderno dall'architetto romano Vittorio Ballio
Morpurgo.
Tra
le opere d'arte figurano:
Pannello
bronzeo che raffigura 20 scene salienti della vita di Cristo, dall'Annunciazione
alla Crocefissione, con 65 personaggi di Tommaso Gismondi.
Busto
di San Nicola in legno dorato - scuola napoletana del ‘600.
Due
altorilievi in cemento amianto - prof. Pietro Guida di Lecce:
Madonna
di Lourdes con Bernadette.
Sacro
Cuore che si annunzia a Santa Margherita.
Raccolta
di dipinti della vecchia congrega cosentina di San Nicola.
Otto
tele ad olio con scene della vita di San Nicola - Domenico
Oranges (1756-58).
Mosaico
raffigurante San Francesco d'Assisi in estasi e preghiera
- Eliano Fantuzzi. (Inaugurato nel 1979).
Mosaico
raffigurante Madonna col Bambino fiancheggiati da San Giuseppe e San Nicola in
veste pontificale e da una serie di angeli recanti i simboli di San Nicola
- Franco d'Urso, su disegno di Gisberto Ceracchini.
Mosaici
su pannelli, realizzati dall'artista siciliano Franco d'Urso, su bozzetto
di Eliano Fantuzzi: Cristo
risorto che consegna a Pietro le chiavi. (Inaugurato nel 1972) e la
Deposizione di Gesù dalla croce. (Scoperto nel 1971).
La chiesa
del Santissimo Salvatore, nota come “chiesa Greca” ma conosciuta dai suoi
fedeli come kisha Arbëreshe, sorge nel centro storico
di Cosenza, accanto alla chiesa conventuale di San Francesco di Paola,
a 245 metri sul livello del mare, in largo Paolina Gervasi Mantovani n.3, non
distante dal punto di confluenza dei fiumi Busento e Crati.
La chiesa appartiene
all'Eparchia di Lungro, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, e
officia la liturgia per gli italo-albanesi residenti
in città secondo il rito bizantino.
La
chiesa è stata fondata nel 1565 dall'arcivescovo Tommaso Telesio,
fratello del filosofo Bernardino. Apparteneva all’attiguo convento
di San Francesco di Paola, con il quale era in origine comunicante.
L'anno
dopo, nel 1566, fu assegnata in affitto, per 15 ducati l’anno,
all'Arciconfraternita dei Sarti, avente come patrono Sant’Omobono di
Cremona.
Fu
una delle chiese più importanti della città, tanto da avere la precedenza su
tutte le altre durante le processioni.
A
partire dal 4 maggio 1978, su interessamento di mons. Giovanni Stamati,
Eparca di Lungro, e con il consenso dell'Arcivescovo di Cosenza
mons. Enea Selis, la chiesa è sede della parrocchia di rito
bizantino-greco per gli italo-albanesi residenti in Cosenza e dintorni,
provenienti dalle cittadine e paesi arbëreshë della provincia.
Dopo
i lavori di restauro e consolidamento, realizzati con il contributo dell'otto
per mille alla Chiesa Cattolica, è stata riaperta al culto sabato 17
dicembre 2016.
Le celebrazioni
liturgiche, le cerimonie nuziali, il battesimo e
le festività religiose della parrocchia del Santissimo Salvatore
seguono il calendario bizantino e la tradizione delle comunità albanesi
dell'eparchia di Lungro.
Le
lingue liturgiche utilizzate sono l'albanese (la lingua madre
della comunità parrocchiale) o il greco antico (tradizione delle
Chiese orientali). Abitualmente i sacerdoti, i seminaristi e i fedeli parlano
l'albanese locale, che è il principale elemento - insieme al rito - che li
identifica in una specifica appartenenza etnica.
Nei
matrimoni celebrati la sposa e le damigelle indossano ancora il costume
tradizionale albanese.
Le
linee della chiesa mostrano una prevalenza di forme tardorinascimentali
unitamente a reminiscenze medievali, caratteristiche delle maestranze roglianesi
alle quali si devono le decorazioni.
La
facciata presenta un maestoso portale in pietra
del 1707 con architrave iscritto datato 1571, dove è
visibile l’aquila imperiale austriaca e la scritta «Filippo d’Austria A.D.
1653» (1653) e sovrastato da una bifora.
Nell’interno,
a navata unica rettangolare, con presbiterio a pianta
quadrata, vi è un soffitto ligneo a lacunari intagliati e dipinto a
vari colori.
Il
presbiterio è separato dall'edificio da un'iconostasi in pietra opera di
Pietro Fragale (1982), su cui sono poste due grandi icone: Cristo
Pantocratore e la Panaghia, realizzate dall'iconografo greco Demetrio
Soukaràs. Sull’iconostasi si trovano anche le icone dell’Annunciazione, la
Natività, l’Ultima Cena, la Morte e la Resurrezione di Gesù.
Dietro
l’iconostasi è posta l'icona dell’Ascensione realizzata dall’iconografo
albanese Josif Droboniku. Alle pareti laterali, le due grandi icone raffiguranti
la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo e il Battesimo nel fiume Giordano,
sono opera dell'italo-albanese di Lungro Attilio Vaccaro.
Sulle
pareti laterali si trova un affresco con figure di Apostoli, eseguite,
probabilmente, intorno al 1660, nel cui centro è collocata una tela
raffigurante il trionfo del Redentore, databile al 1660 circa. Accanto
all’altare maggiore, nel transetto, dentro una nicchia, è posta una
statua lignea dorata di Sant'Omobono, opera di scuola
napoletana di fine Seicento.
La
chiesa conserva vari affreschi che raffigurano gli apostoli,
il Santissimo Salvatore e la Vergine Madre. Vi si trova, inoltre, una
tela raffigurante l’Immacolata Concezione fra angeli, opera
di Raffaele Aloisio del 1847.