Catanzaro si
affaccia sul golfo
di Squillace, nel mar
Ionio, dove secondo alcuni studiosi si
trovava il porto del regno dei Feaci,
nel quale, come racconta Omero nell'Odissea, Ulisse fu
accolto e raccontò la sua storia.
È conosciuta
come la "Città tra due mari",
in quanto è situata nell'istmo
di Catanzaro, ovvero la striscia di terra più stretta d'Italia, dove
soli 30 km separano il mar
Ionio dal mar
Tirreno. Ciò consente di vedere contemporaneamente, dai quartieri
nord della città in alcune giornate particolarmente limpide, i due mari e le isole
Eolie. È detta inoltre Città
dei tre colli corrispondenti
ai tre colli rappresentati nello stemma civico che sono il colle di San Trifone
(oggi San Rocco), il colle del Vescovato (oggi Piazza Duomo) e il colle del
Castello (oggi San Giovanni).
Il territorio
comunale si estende dal mare fino all'altezza di 668 metri. La casa comunale
sorge a 320 m. Comprende una zona costiera sul mar
Ionio che ospita 8 km di spiaggia e un porto turistico; da
qui il centro abitato risale la valle della Fiumarella (anticamente
detta fiume Zaro), sede di un forte sviluppo urbanistico, fino ai i
tre colli: del Vescovato, di San Trifone (o di San Rocco) e di San
Giovanni (o del Castello) su cui sorge il centro storico della città e che si
ricollegano con la Sila verso
Nord. Per la sua particolare orografia il territorio comunale è bagnato dal
mare, ma soggetto a fenomeni nevosi d'inverno.
I corsi d'acqua
principali sono il torrente Fiumarella (nel
dialetto locale Hjiumareddha, anticamente detto Zaro), nel quale confluisce
il torrente Musofalo, il torrente Corace (anticamente
detto Crotalo), il maggiore in termini di portata d'acqua e che delimita il
confine comunale a sud, ed il torrente Alli,
che delimita il confine comunale a nord. Per loro natura i corsi d'acqua sono a
carattere torrentizio ed hanno una scarsa portata nella maggior parte dell'anno,
mentre si gonfiano dopo le piogge.
Centro
storico

Il
centro storico di Catanzaro è suddiviso in numerosi rioni storici sorti durante
il periodo medievale, il cui tessuto urbanistico è costituito principalmente da
angusti dedali di viuzze. Quartieri di connotazione popolare, caratterizzati in
passato dalla presenza di numerose botteghe e la cui toponomastica spesso è
collegata all'attività artigianale che veniva svolta, a
retaggi storici caratterizzanti oppure a componenti naturali. Fra i più
rilevanti:
-
Grecìa:
primo nucleo abitato della città, vi si insediò la popolazione greca
proveniente dalla costa;
-
Case
Arse: anticamente Paradiso, il suo nome deriva dall'incendio che
vi divampò in seguito alla cacciata dalla città del conte Centelles nel
XV secolo.
-
Filanda e Gelso Bianco: i nomi di questi due rioni derivano dall'importante
retaggio serico della città.
-
Pianicello: fra i rioni più antichi, il nome deriva dall'area pianeggiante
sulla quale è edificato.
-
Piazza mercanti: attuale piazza Grimaldi, è posta in posizione baricentrica
rispetto all'abitato; ciò vi favoriva la confluenza dei mercanti provenienti da
nord e da sud. Vi sorgevano le principali attività commerciali della città.
-
Cocole: il nome deriva dai ciottoli che ne componevano la pavimentazione.
-
Montecorvino: anticamente quartiere dei vasai.
Deve il suo nome ai corvi che colonizzavano la zona.
I
principali monumenti della città sono:
Cavatore:
opera dello scultore Giuseppe Rito, è un'imponente statua bronzea collocata su
una fontana, incastonata nelle mura del Complesso Monumentale del San Giovanni,
alle porte del centro storico. Fu realizzata nella prima metà degli anni
cinquanta e
rappresenta, tramite l'immagine di un uomo nell'atto di scalfire la roccia
sottostante con un piccone,
la laboriosità, la forza e la tenacia dei catanzaresi. È
considerata a pieno titolo uno fra i maggiori simboli della città.
Monumento
ai caduti della grande guerra: sito in piazza
Matteotti, è opera
dello scultore calabrese Michele
Guerrisi. È costituito
da un gruppo scultoreo in bronzo, inaugurato nel 1933 ma
parzialmente danneggiato dai bombardamenti che subì il centro storico della
città nel 1943.
La figura femminile col capo chino che costituiva parte dell'opera è andata
perduta col tempo.
Monumento
all'Assunta: anch'esso opera di Giuseppe Rito, è una statua in bronzo collocata
sul pinnacolo del Duomo,
collocazione che la rende identificabile da ogni zona della città, risultando
dunque il punto più alto del centro storico. Fu commissionata e
realizzata nel secondo dopoguerra.
Fontana
di Santa Caterina: collocata in piazza Cavour, di fronte alla Questura, laddove
sorgeva un tempo la Chiesa di Santa Caterina. È un'opera risalente alla fine
del XIX
secolo, composta da tre
vasche di dimensioni diverse poste su vari livelli su cui spicca la
caratteristica principale, una statua raffigurante con ogni probabilità una ninfa.
Monumento
a Francesco Stocco: la statua raffigura il generale garibaldino catanzarese Francesco
Stocco. Sebbene la sua
collocazione originaria era in piazza Indipendenza (odierna Matteotti), è
ubicata oggi nella piazza omonima. È composto da un corpo marmoreo poggiato su
un basamento in stile
neoclassico. Opera
di Francesco Scerbo, fu realizzata nel 1898.
Giustizia
e Libertà: ulteriore contributo di Giuseppe Rito a favore della città, è un
gruppo scultoreo in bronzo raffigurante le due dee rappresentazione delle virtù
alle quali è dedicata l'opera. Fu commissionata in seguito alla caduta del regime
fascista in Italia
ed è collocata nell'atrio del palazzo della Corte
d'appello.
Madonna
col Bambino: opera in marmo collocata nel portico del Duomo, risalente al 1591.
Cattedrale di Santa Maria Assunta

Il
duomo sorge nell'omonima piazza, a 343 metri s.l.m., nel sito della prima cattedrale,
eretta nel 1121 in
epoca normanna e
dedicata da Callisto
II a Santa
Maria Assunta e agli Apostoli Pietro e Paolo.
La consacrazione della Cattedrale da parte di Papa
Callisto II avvenne nel 1122.
Nel
1309 venne edificata la cappella di San Vitaliano addossata alla facciata
laterale sinistra, vicino all'ingresso detto "porta dell'olmo" e, nel
1588, di fronte ad essa fu edificata la cappella del Santissimo Sacramento,
conferendo all'edificio una sorta di schema planimetrico a croce
latina. Nell'altare della cappella di San Vitaliano furono deposte in tre
nicchie le reliquie di San
Vitaliano, patrono della città, di San
Fortunato e di Sant'Ireneo,
già patroni della città bizantina. La chiesa venne anche rimaneggiata nel 1511
con
una facciata rinascimentale,
che crollò a causa del terremoto del 1638.
La
cattedrale fu danneggiata dai bombardamenti nell'agosto del 1943,
durante la seconda
guerra mondiale e venne completamente stravolta nel dopoguerra. I
bombardamenti provocarono solo il crollo del transetto sinistro e il
danneggiamento del campanile, ma a ciò seguì un'anacronistica ristrutturazione
ad opera degli architetti Franco Domestico e Vincenzo
Fasolo; i lavori si protrassero fino al 1956. Nel 1959 venne
costruito l'organo a canne dai Fratelli
Ruffatti, con 29 registri su due manuali e pedale, collocato a
pavimento nel transetto di destra.
Papa
Giovanni Paolo II, dopo otto secoli da Callisto II, ha visitato la cattedrale
nel 1984.
Chiesa
del Santissimo Rosario

La
quattrocentesca chiesa del Santissimo Rosario, inizialmente dedicata all'Annunziata,
venne costruita sulle ceneri di un Ospedale per i poveri e, annesso ad essa,
venne innalzato anche un convento gestito dai domenicani.
Al giorno d'oggi, l'edificio del convento è adibito a caserma della Guardia
di Finanza.
Secondo padre
Giovanni Fiore, fu Nicolò
Ruffo a fondare il monastero dell'Annunziata,
dal quale poi derivò l'attuale chiesa, sotto la benedizione di papa
Bonifacio IX.
Il
complesso è stato ristrutturato numerose volte nel corso del tempo, soprattutto
a causa dei danni riportati dai terremoti subìti dalla città di Catanzaro,
come quelli del 1638, 1783 e
quelli nel XIX
secolo. Proprio a causa di questi ultimi, la struttura della chiesa
rimase gravemente ferita, tanto da dover rimanere chiusa per oltre mezzo secolo,
dal 1832 al 1891.
La
chiesa custodisce manufatti serici realizzati
tra il 1500 e
il 1800,
tra cui la Pianeta dei Borgia, paramento sacro ordinato da Papa
Alessandro VI in occasione delle nozze tra Goffredo
Borgia e Donna
Sancia D’Aragona, poi diventati Principi di Squillace.
È
stata consacrata il 21 maggio 1499 da Alessandro
della Marra, arcivescovo di Santa
Severina.
La
struttura della chiesa presenta una facciata in stile neoclassico,
ristrutturata nel XIX
secolo a seguito dei continui
terremoti che colpirono la Calabria in
quegli anni. L'altare
maggiore, di tipo barocco e
realizzato in madreperla e marmi policromi, è realizzato da Giuseppe e Silvestro
Troccoli.
All'interno
dell'edificio, tra le decorazioni in stucco risalenti
al 1770 e una serie di paraste sormontate
da capitelli
corinzi, vi sono numerose opere artistiche molto pregiate, tra cui
una statua della Madonna della Purità, del 1613, commissionata dal gesuita
Stefano
de Maio e realizzata da Francesco
Cassano, il dipinto della Madonna della Vittoria, che va a
commemorare la battaglia
di Lepanto, e quello della Madonna del Rosario, del pittore olandese Dirk
Hendricksz realizzato
nel 1615,
e la scultura del Redentore,
originario di Napoli e
risalente al XV
secolo. È presente nella chiesa il monumento funerario, realizzato
nel 1712, di Gaetano
Rocca.
La
scalinata esterna venne costruita nel 1871 come conseguenza della sistemazione
stradale di quel periodo,
mentre l'edificio è a croce
latina a navata unica,
con quattro cappelle per lato.
Chiesa
di Sant'Omobono
La
leggenda narra che la chiesa venne costruita sopra un Tempio del Sole, nella
parte occidentale di Catanzaro.
In
origine era legata al rito
greco-ortodosso di Costantinopoli.
A
livello strutturale, a causa dei notevoli danni dei terremoti del 1744, 1783 e
del 1832, ci
furono molte ristrutturazioni. Tali rimaneggiamenti della chiesa sono tutt'oggi
visibili, in quanto il lato sinistro risulta più corto del destro.
Durante
il Regno
di Napoli, l'edificio fu sequestrato e adibito a deposito per le munizioni,
mentre nel Regno
delle Due Sicilie, venne comprato da Luigi Varano per 320 ducati. Nel
1999, per merito dell'arcivescovo di Catanzaro-Squillace,
la chiesa passa sotto la proprietà della Curia,
venendo riconsacrata nel 2002.
Alcuni
scavi archeologici hanno permesso di riportare alla luce numerosi reperti, tra
cui diverse sepolture,
delle monete del XVII
secolo e delle ceramiche.
Fu
la sede della Congrega dei Sarti,
e ad oggi è il luogo di culto più antico del capoluogo
calabrese,
operante dal XVII
secolo.
All'interno
della chiesa vi è custodita una reliquia di sant'Omobono.
A
questa chiesa è legata la leggenda della setta del Curatolo,
organizzazione criminale formata dai peggiori criminali della zona, operante nel XIX
secolo, che con raggiri avvicinavano le vittime che venivano portate presso
la chiesa, dove venivano uccise e seppellite.
La
struttura della chiesa si presenta ad aula unica e
a pianta rettangolare con
sei arcate poste
intorno al perimetro dell'edificio in stile normanno-bizantino.
L'ingresso
è preceduto da una gradonata ed
è sormontato da un arco con
doppio giro di conci,
che a sua volta è sovrastato da una trifora,
oggi murata. Alla destra dell'ingresso vi è una monofora cieca.
Nel
lato destro della chiesa vi sono degli archi composti
da conci e laterizi intervallati
da tre monofore.
Basilica
dell'Immacolata
La
chiesa venne eretta nel 1254 nel
centro storico, venendo inizialmente consacrata al culto della Santissima
Trinità,
mentre in seguito venne dedicata all'Immacolata
Concezione, patrona della città,
divenendo, per questo motivo, uno degli edifici più cari ai catanzaresi.
Venne
elevata al titolo di basilica
minore nel 1954.
Nel 1998 le
viene attribuito il titolo di santuario
mariano diocesano.
La
basilica venne costruita ad una sola navata,
poi nel corso dei secoli, ne vennero aggiunte altre due minori.
Nel 1750 l'edificio
ha subìto la prima importante opera di restauro,
venendo ampliato.
I lavori durarono fino al 1763,
quando il 6 dicembre, l'allora vescovo di Catanzaro, Mons. Antonio
De Cumis, riaprì al pubblico e consacrò la chiesa in una solenne
cerimonia. Sempre il vescovo De Cumis donò alla chiesa, nel 1775,
l’altare maggiore in marmi policromi.
Particolarità
della chiesa è la cupola: di forma ottagonale all'esterno, mentre rimane
cilindrica vista dall'interno.
La facciata è di stile neoclassico,
mentre il campanile è stato ristrutturato nel XX
secolo.
La
sua forma è a croce
latina,
e all'interno sono presenti delle cappelle che in passato godevano del diritto
di jus
patronatus.
Tra
le opere presenti in questo luogo si ricordano le statue settecentesche di san
Rocco, di origine napoletana, sant'Alfonso, san
Giuseppe, Addolorata e
di san
Michele, quest'ultime provenienti dalla non più esistente chiesa di Santa
Caterina.
Chiesa
di San Giovanni Battista
La
Chiesa di San Giovanni Battista si erge sull'omonimo colle del Triavonà,
il più alto di Catanzaro,
ove nel XI
secolo si innalzava il castello e le fortificazioni volute da Roberto
il Guiscardo,
che caddero in rovina verso il XV
secolo per via delle continue ribellioni da parte dei cittadini
catanzaresi al conte Antonio
Centelles.
A
partire dal XVI
secolo, lì dove si ergevano le fortificazioni, vennero fondati nuovi
edifici di culto, tra cui, nel 1532,
la Chiesa di San Giovanni Battista, nel 1663,
i Padri
teresiani,
fondarono il proprio convento nella
parte posteriore della chiesa.
Durante
degli scavi archeologici eseguiti sotto il pavimento della navata, sono stati
rinvenuti numerosi reperti, tra cui delle tombe comuni e nobiliari e un affresco
della Madonna e
il Bambino.
Si è ipotizzato che il dipinto raffiguri la Madonna
di Costantinopoli.
E'
decorata da affreschi, realizzati nel 1910 dal pittore crotonese Sesto Bruno con
scene della vita del Battista (la predicazione di S. Giovanni e il Battesimo di
Cristo) e scene della vita di S. Giovanni Evangelista (l’apocalisse). I
quattro Evangelisti invece sono opera del pittore Catanzarese Attilio Armone
sempre dei primi del '900.
L'interno è impreziosito, da diversi dipinti
ascrivibili tra il XVII ed il XVIII secolo la tela della Madonna di
Costantinopoli nel coro; la tela dell’Immacolata del ‘600 e l’Estasi di S.
Teresa e il S. Francesco Saverio del ‘700 nel transetto; la tela della Madonna
del Carmine e della Salus Populi Romani tra i santi Vitaliano e Giovanni
Evangelista del XVIII sec. nella cappella di S. Giorgio il cui culto fu
trasferito nel 1834 dall'antica chiesa regia altomedievale di San Giorgio
distrutta dal terremoto del 1832; i più preziosi sono sicuramente i due quadri
dei Santi Patroni dell'Arciconfraternita dono Di Papa Clemente VIII al
Sodalizio, ovvero i Santi Giovanni Battista ed Evangelista attribuiti alla
Scuola dei Carracci.
Il cinquecentesco Crocefisso ligneo nel coro, le statue
settecentesche di S. Francesco di Paola, caratteristica per avere il volto, le
mani e i piedi realizzati in cera, di S. Filomena in legno con abito in velluto
di seta verde di manifattura catanzarese, l’ottocentesca statua in cartapesta
di S. Giorgio opera dello scultore catanzarese Vincenzo Pignatari, la statua del
SS Cuore di Gesu con ai piedi Santa Margherita Alacoque di scuola napoletana
proveniente dal Duomo, la Statua di S.Antonio proveniente dal Convento di
S.Maria degli Angeli.
La
chiesa è costruita a pianta longitudinale con una sola navata a croce
latina, sormontata da una volta
a botte illuminata da finestre a lunetta raffiguranti la croce
gerosolimitana dei Cavalieri
di Malta, con tre cappelle per lato ed un presbiterio coperto da una
cupola.
La
facciata è scolpita da una serie di capitello
ionici e corinzi,
sovrastati da un timpano alla
sommità.
Il
portone dell'ingresso principale è del XVII
secolo, bordato ai lati con colonne di pietra verde di Gimigliano con
a capo dei capitelli
ionici, mentre al di sopra vi è una nicchia con all'interno la
statua di San
Giovanni Battista,
realizzata a Napoli nel 1632 e
attribuita a Giandomenico Monterosso (Mario Panarello: Artisti della tarda
maniera del Viceregno di Napoli- Rubbettino Editore).
Nel 1877 venne
ribassato il piano stradale e, per facilitare l'accesso alla chiesa, venne
costruita una doppia rampa di scale di forma semicircolare.
Al
giorno d'oggi, adiacente alla chiesa, vi è un palazzo in cui hanno sede
l'Assessorato comunale alla cultura e della Sovrintendenza ai beni artistici e
ambientali.
Chiesa
del Monte dei Morti e della Misericordia
Nel XV
secolo alcuni facoltosi cittadini calabresi fondarono
a Catanzaro il
Monte della Misericordia, organizzazione destinata alla raccolta fondi da
destinare ai defunti,
con sede in uno dei locali della Chiesa
di Santa Maria del Mezzogiorno,
organizzazione che fu rafforzata in seguito grazie ad un lascito di Francesco
Susanna e con l'arrivo a Catanzaro, nel 1560, dei gesuiti.
Nel 1630 venne
acquistato Palazzo
Morano,
dove al suo interno venne creato un oratorio dedicato alle Anime del Purgatorio,
il quale, inizialmente affidato a don Ignazio don Ignazio
Marincola,
dal 1885,
verrà gestito dai Cappuccini.
All'interno del
giardino del palazzo, nel 1715 vennero
iniziati i lavori per la costruzione della chiesa, che verra ultimata e consacrata il
25 maggio 1739 dall'allora vescovo
di Catanzaro Ottavio
Del Pozzo.
Con la bolla del
30 aprile 1892,
emanata dal vescovo
di Catanzaro Bernardo
De Riso, concede ai cappuccini la
completa gestione della chiesa.
Il 4 novembre
1924, alla presenza del vescovo
di Catanzaro, Giovanni
Fiorentini e di rappresentanti del Governo, vennero collocate sulla
facciata, ai due lati del portale, due lapidi recanti i 178 nomi dei caduti
catanzaresi durante
la prima
guerra mondiale.
La chiesa si
presenta con una pianta a croce
greca,
inscritta in un quadrato.
All'interno vi
sono quattro cappelle laterali,
due delle quali formano il transetto.
In origine, tali cappelle erano dedicate all'Immacolata
Concezione, san
Filippo Neri, san
Francesco d’Assisi e sant'Antonio
di Padova.
Nella facciata,
il portale del XVIII
secolo in stile tardo
barocco con arco
a tutto sesto,
è adonato da merletti di pietra, ed è sovrastato da un grande finestrone,
sopra il quale vi è un teschio, ed una nicchia che
ospita una statua della Madonna.
La scalinata fu
inizialmente costruita in pietra nel 1740 dal patrizio Emanuele
De Riso, che fu demolita dall'Amministrazione della città nel 1892 e
ricostruita in ghisa e mattoni.
La cupola,
priva di tamburo,
è eretta nel 1769,
è decorata all'interno da un quadro raffigurante san
Filippo Neri con gli evangelisti,
opera di Giovanni
Spadea del 1796.
Tra il 1765 e
il 1769 la
chiesa subì dei lavori di abbellimento, per opera del rettore don Emanuele
Grimaldi. Tra gli interventi effettuati vi è la scritta sulla facciata, ad
oggi ancora visibile, che recita:
«SANCTA MARIA MATER MISERICORDIAE ERGA ANIMAS DEFUNCTORUM».
Nel presbiterio,
l'altare è
dedicato alle Anime del Purgatorio, ed è sormontato da un fastigio contenente
un dipinto sulla SS. Trinità con la Madonna e le Anime Purganti.
Tra le altre
opere d'arte presenti, si ricordano paramenti sacri e tessuti si origine catanzarese, damaschi del XVIII
secolo,
e una pala d'altare raffigurante la Madonna degli Angeli tra san
Bonaventura, san
Francesco d’Assisi e san
Michele,
opera di Giovanni
del Prete del 1642.
Chiesa
di Santa Maria del Carmine
La chiesa di
Santa Maria del Carmine a Catanzaro è
situata nel rione Grècia,
antico quartiere di origine greca a sud-est del centro storico. Il nome
originario era chiesa di Santa Maria di Cataro.
La chiesa fu
edificata nel XVII
secolo e rimaneggiata nel secolo seguente,
presenta una facciata modificata nel XX
secolo e l'interno a navata unica con cappelle laterali. La chiesa era
annessa all'omonimo convento carmelitano ed
all'oratorio del XVII
secolo.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, intorno agli anni cinquanta,
la facciata della chiesa, subì notevoli trasformazioni, insieme alla torre
campanaria, in cui la facciata, al centro della quale era posto un affresco, fu
rivestita da lastre di travertino.
L'interno è
composto da un'unica navata con quattro cappelle laterali, un presbiterio ampio
e profondo, rimaneggiato negli anni '50-'60 da alcuni lavori, che hanno
sostituito il vecchio altare. Le cappelle ospitano altari in muratura, di epoca
tardo barocca e rococò,
dedicati a santi e sante carmelitane ed impreziositi da tele che ancora sono
visibili nella loro sede originaria.
Chiesa
Santa Maria del Mezzogiorno
La chiesa
di Santa Maria del Mezzogiorno, inizialmente dedicata a Santa Maria
de Meridie venne
costruita, secondo gli storici, tra il IX e
il XI
secolo, congiuntamente
al periodo di fondazione della città.
Secondo
la leggenda, prima della sua costruzione, al posto della chiesa ci fosse un
campo coltivato, su cui primeggiava un albero di fico,
ai piedi del quale puntualmente appariva una giovane donna, identificata dai
cittadini nella Madonna,
intenta a sfamare la gente con del pane e
dei fichi.
Un dipinto posto sul campanile della
chiesa, opera del pittore catanzarese Gioacchino
Lamanna del 1991,
racconta questa storia.
Nel 1991,
Monsignor Antonio
Cantisani, Arcivescovo
di Catanzaro, eleva la
chiesa alla dignità di Santuario.
La
chiesa prende il suo nome dal suo orientamento liturgico verso sud-est.
Nel 1945,
subito dopo la Seconda
guerra mondiale, venne
ricostruita la facciata e sopraelevato il campanile,
la pavimentazione interna risale a dei lavori eseguiti nel 1957,
mentre il resto degli interni presentano dei tratti sette-ottocenteschi.
La navata unica
è adornata da tre cappelle per
lato, una delle quali è arricchita dalla fonte
battesimale,
la quale è sormontata da una immagine del Battista.
L'ingresso
della chiesa è presente sul lato sinistro della navata.
All'altezza
dell'altare
maggiore è
presente una tela della Madonna
col Bambino, opera
di Battistello
Caracciolo risalente
al XVII
secolo.
Tra
le altre opere presenti nella chiesa occorre citare la tela della Madre
del Buon Consiglio,
sita nella cappella omonima
e affiancata dall'immagine di San
Nicola, e un altro
dipinto, probabile opera di Francesco
Colelli, che ha come
soggetto la Sacra
Famiglia, affiancata
dalle immagini di San
Giovanni Battista, San
Zaccaria e Sant'Elisabetta.
Chiesa
Santa Maria della Stella
Sia Luise
Gariano nella sua
opera Cronica di Catanzaro, che Giovanni
Fiore in Della
Calabria illustrata,
confermano il completamento della chiesa e monastero di
Santa Maria della Stella al 4 ottobre 1585,
sotto il vescovato di Nicolò
Orazi e il pontificato di Sisto
V. Poco dopo la
costruzione del complesso , il ristretto parrocchiale che lo ospitava prese il
nome del quartiere Stella.
È
stato il quarto monastero femminile
costruito a Catanzaro.
Secondo
una relazione del 1955 realizzata
dal parroco Alberto Mancini, nel XVII
secolo la chiesa
subì, ad opera delle suore del 3º Ordine di san Francesco d’Assisi, dei
lavori di restauro: venne prolungata la chiesa con sei arcate,
sotto ognuna delle quali venne posto un altare,
sormontati tutti da fastigi lignei
con colonne dorate, vennero ingranditi i finestroni e
ingrandito il convento.
Durante
dei lavori di restauro nel 1999,
vennero trovate delle tracce di un affresco lungole pareti perimetrali e cornicioni a ovuli
e dentelli su cui
sormonta una cornice modanata con
decorazioni a svolazzi acantiformi
e nastri.
La
chiesa dispone di diversi affreschi:
il primo, raffigurante gli angeli,
posto all'altezza dell'altare
maggiore, il secondo
raffigurante Santa
Fara, ed un terzo
dedicato alla Stella
Maris, tutte opere
di Guido
Parentela realizzate
nel XX
secolo. Sempre
nel XX
secolo andarono
distrutti altri affreschi per
via di un crollo di una parte della volta.
Chiesa
della Maddalena
La
chiesa della Maddalena venne edificata nel 1560 sotto
il papa
Pio IV e il Vescovo
di Catanzaro Ascanio
Geraldini e
consacrata con il titolo di Santa
Caterina.
Successivamente
la chiesa venne trasformata in un Conservatorio di Convertite, in
quanto il frate
cappuccino Tiberio da
Milano convertì
ventidue donne di malavita e facendole ospitare nella chiesa, da questo fatto
questo luogo prende il nome di Monastero delle Convertite della Maddalena.
Come
testimonia una lapide posta all'entrata, la chiesa venne consacrata il 23
aprile 1690 dal Vescovo Francesco
Gori e Suor Domenica de Aznar era la Badessa del
monastero. Sulla lapide vi è incisa la scritta: «ANNO DO.NI MDCXC DIE VERO XX
APRILIS ECCLESIA HAEC CONSECRATA FUIT AB ILL.mo ET REV.mo D.INO D. FRANCISCO
GORI EPI.P? CATAC? ABBATISSA B. SOR D. DOMENICA DE AZNAR».
Nel 1784 la
chiesa e il convento vennero chiusi con un dispaccio reale e riaperti nel 1796,
quando al suo interno fu spostata la parrocchia di San
Biagio, acquisendo
così il titolo di San Biagio alla Maddalena. la struttura venne di
nuovo chiusa al culto il 29 novembre del 1810,
ma vennero riaperti in seguito al decennio francese. Il 17 febbraio 1861 un
decreto luogotenenziale sopprimeva le case monastiche, così le monache
domenicane che
vivevano nel convento di San
Rocco vennero
espulse e si accasarono presso la chiesa della Maddalena, portando con sé le
campane e gli arredi sacri.
La
chiesa ha subìto diversi restauri nel corso del tempo: nel 1888 il
parroco don Vitaliano dei baroni Perrone fece rifare il tetto; nel 1930 venne
restaurata, con rifacimento del prospetto,
e riaperta al culto dopo essere stata adibita, dal 1914,
ad alloggio per i militari.
La facciata in
stile neoclassica si
presenta con delle coppie di paraste in ordine
corinzio, dalle quali
parte una trabeazione molto
alta che si conclude con un accentuato timpano.
Negli anni
'30, don Giovanni Apa
fece restaurare gli altari,
l'interno della chiesa, la sagrestia e
l'ufficio parrocchiale. Fece realizzare anche alcuni affreschi,
come quelli di Santa
Chiara e Maria
Maddalena sulla volta della navata,
i Cori degli Angeli sulla cupola e
nel presbiterio,
i Dottori
della Chiesa Sant'Agostino, San
Bernardo, Sant'Alfonso, San
Tommaso, raffigurati
nelle vele dei pilastri che sorreggono la cupola.
La
chiesa si presenta a navata unica
con due cappelle per
lato e un ampio presbiterio,
dove, al centro, si trova l'Altare
maggiore del 1768 e
realizzato da Silvestro e Giuseppe Troccoli.
Chiesa
di Sant'Angelo de Siclis
Il
primo documento storico che cita questa chiesa risale all'anno 1267,
in cui il Trinchera pubblica un tabulae nuptiales in greco,
dove menziona questo luogo di culto con il titolo di S. Angeli
Malfitanorum. La
chiesa adottò tale titolo fino al 1540,
come viene documentato dalla Cancelleria Vaticana, anno in cui gli ebrei vennero
allontanati da Catanzaro.
Da questo periodo gli amalfitani della
loro sinagoga di Santo
Stefano, convertendola
in luogo di culto cristiano e aggiungendo, al titolo originario, la
denominazione de Amalphitanis.
Nel XVI
secolo, data la
scacciata degli ebrei e Catanzaro che
attraversa un momento di prosperità economica, le varie colonie di mercanti si
spostarono da una zona all'altra della città: la comunità siciliana,
inizialmente stabilitasi nella parrocchia di San Nicolao Sicilli,
(l'attuale chiesa
di San Nicola di Morano),
si spostò verso quella di Sant'Angelo.
Dal XVII
secolo, la chiesa di
Sant'Angelo viene identificata con il titolo di San Michele Arcangelo de
Siclis, in quanto divenuta il centro religioso di alcuni mercanti siciliani.
Dopo
il terremoto
del 1783 la chiesa
venne soppressa e,
con il Piano Regolatore del 3 gennaio 1799 ordinato
dal Marchese di Fuscaldo,
ne venne affidata la cura spirituale alla parrocchia di San Giorgio. La chiesa
fu riaperta nel XIX
secolo dopo la
ristrutturazione ad opera della famiglia Marincola.
La
chiesa si presenta ad aula unica,
e, come presentano molte altre chiese catanzaresi dello
stesso periodo, anch'essa ha delle tracce di un ingresso laterale.
Fino
agli anni
'80 quando crollò
il tetto, la copertura interna era disposta in una controsoffittatura in canne e
gesso, mentre oggi dispone di una volta formana con capriate
a vista.
All'interno
della chiesa è custodita una pala
d'altare raffigurante San
Michele arcangelo,
attribuita al pittore Domenico Antonio Colelli.
Chiesa
di San Francesco di Paola
Le
date sull'edificazione della chiesa sono incerte: infatti, secondo lo storico
Vincenzo D’Amato attribuisce la costruzione al 1572,
mentre per Luise Gariano e il frate
cappuccino Giovanni Giovanni
Fiore, attestano la costruzione tra il 1577 e
il 1581.
Quest'ultima ipotesi appare la più probabile, in quanto, secondo gli Acta
Capitulorum Generalium Ordinis Minimorum, questa chiesa venne accettata
dall'Ordine
dei frati minori cappuccini nel
Capitolo di Barcellona nel 1581.
La
chiesa sorge sul colle
San Trifone, conosciuto
oggi come colle
San Rocco,
dopo la costruzione, nel 1565,
della chiesa
di San Rocco.
La
sua consacrazione avvenne nel 1727,
per mano del vescovo
di Oppido Giuseppe
Maria Perrimezzi.
È
sede della parrocchia di Santa
Barbara.
La
facciata risale alla fine del XVIII
secolo, quando fu
ricostruita a seguito dei danni ripo.rtati dal terremoto
del 1783.
In precedenza, la chiesa subì altri resturi, in particolare dopo il sisma
del 1638.
Nel 1715 la
struttura fu rialzata di dodici palmi.
La
facciata presenta due campanili,
tra le quali spicca il timpano decorato
in stile neoclassico,
sorretto da due paraste di ordine
corinzio poggiate
su un grande basamento.
L'interno
ha una pianta a navata unica affiancata
da due cappelle per
ogni lato e quattro paraste sormontate
da capitelli di ordine
composito. Il presbiterio si
presenta molto ampio, sovrastato da una falsa cupola e
una volta
a botte, entrambe di
recente restaurazione.
L’arco
santo è decorato con stucchi in
stile tardo
barocco, al cui interno
sono visibili la torre e la palma, simboli caratteristici di Santa
Barbara, mentre nella
nicchia adiacente all'ingresso minore è presente la statua di Francesco
di Sales.
Il coro è
stato oggetto din restauri tra il 1901 e
il 1903,
finanziati da Tommaso Pudia e Filippo Catanzaro. Tra i lavori effettuati, c'è
la costruzione dell'altare
maggiore in
stile neo
gotico, con al centro
la statua di San
Francesco di Paola.
Tra
le opere d’arte all'interno della chiesa si notano la tela del XVIII
secolo della Madonna
della Lettera, ed
una seconda raffigurante Gesù nell’orto del Getsemani.
Chiesa
di Sant'Anna
La
storia di questa chiesa è strettamente collegata ad un'antica parrocchia intitolata
a Santa Maria de Plateis, che venne distrutta a causa del terremoto
del 1783 che
colpì, tra le altre, anche Catanzaro.
In
un primo momento, il titolo di Santa Maria de Plateis venne
traslato nella vicina chiesa del Gesù e,
dopo il 1832,
nella cappella di Sant'Anna,
ubicata nel palazzo delle famiglie Grimaldi e Bianchi.
Questa
chiesa fu edificata nel 1740 per
volere di Giovanbattista Grimaldi e sua moglie Chiara Sculco che, a lavori
ultimati, apposero il loro stemma nello scudo e nella croce
gerosolimitana, in
parte visibile ancora oggi.
I catanzaresi sono
molto legati al culto di Sant'Anna,
protettrice delle partorienti,
tant'è vero che ancora oggi è in uso deporre ai piedi dell'altare
maggiore della
chiesa, come ex
voto, dei fiocchi
azzurri o rosa.
Nel XIX
secolo, uno dei parroci
della chiesa consacrò l'altare
maggiore a Sant'Anna,
mentre un secondo altare venne
posto sul lato sinistro e dedicato alla Presentazione
di Maria Vergine al Tempio.
All'interno
vi sono ubicate due tele del pittore catanzarese Garibaldi
Gariani, una che
raffigura la Presentazione
di Maria Vergine al Tempio,
mentre l'altra la Madonna
col Bambino.
La
facciata della chiesa è ottocentesca ed
è sovrastata da un piccolo campanile
a vela centrale,
con due campane inserite
in due archi
a sesto acuto.
La facciata è preceduta da una piccola scalinata, divisa dalla strada da un
cancello in ferro battuto di scuola napoletana del XIX
secolo. Il portale architravato è
decorato da una semplice cornice modanata,
sormontato da un finestrone neogotico.
All'interno
della chiesa vi è un busto di Sant'Anna e
la Madonna Bambina, posto al centro del fastigio tardobarocco.
Chiesa
di San
Nicola di Morano
É
una delle chiese più antiche di Catanzaro,
fatto dimostrato da un documento che attesta la vendita, nel XIII
secolo, di due
abitazioni poste nel ristretto parrocchiale di San Nicola Ustunci o de Rustunci.
L'attributo delle
Donne, gli è stato concesso dal fatto che san
Nicola è
protettore, tra gli altri, delle donne in età da marito, attributo datogli in
seguito ad un fatto curioso: un vicino di casa del Santo cadde in miseria e, non
potendo provvedere alla dotte per le nozze delle sue tre figlie, decise di farle
prostituire, ma san
Nicola, venuto a sapere
del fatto, passò per tre notti dalla loro casa, gettando di volta in volta
dell'oro in una delle finestre, risolvendo la situazione.
Secondo Luise
Gariano, a fondare la
chiesa sarebbe stato un contadino di Catanzaro originario
di Morano
Calabro (da cui il
nome della chiesa).
Alla
fine del XVII
secolo quello di
San Nicola è uno dei ventuno ristretti parrocchiali in cui era divisa Catanzaro prima
del terremoto
del 1783, in cui la
chiesa riscontrò pochi danni.
La
chiesa ebbe dei primi lavori di ristrutturazione nel 1904 pre
riparare i danni dovuti ai terremoti del 1783 e
del 1832.
Seguirono altri lavori di abbellimento rispettivamente nel 1933 e 1950.
Questi tre interventi donano all'edificio l'attuale sovrastruttura neoclassica interna
ed esterna.
Sempre
in occasione di lavori di restauro, venne alla luce un portale svevo laterale
con arco
a sesto acuto in conci di
pietra, visibile dall'interno dell'edificio. Sulla facciata principale vennero
individuate invece delle tracce linguistiche risalenti all'epoca della
fondazione della chiesa.
L'interno
si presenta ad aula unica
terminante con una profonda abside illuminata
da una monofora a sesto
acuto con tracce,
nel suo intradosso,
di pitture risalenti all'epoca della fondazione. La calotta dell'abside, invece,
è decorata con affreschi a trompe-l'œil.
L'aula
è sormontata da una volta
a padiglione, al centro
della quale vi è l'immagine di san Nicola con suoi attributi iconografici.
All'interno
della chiesa sono presenti opere d'arte come le statue di san Nicola, dell'Addolorata, san
Giuseppe e
del Sacro
Cuore di Gesù, e
un crocifisso del XVII
secolo.
Chiesa
di San Rocco
Secondo alcuni storici dell'epoca, la chiesa di Tutti i Santi fu
ristrutturata o ricostruita dopo la costruzione, nel 1565 con
il finanziamento di Guglielmina De Cumis, del convento di monache
domenicane intitolato
a santa
Caterina da Siena con
l’annessa chiesa dedicata a san
Rocco.
La
fondazione della chiesa è legata ad una leggenda che vuole san
Rocco apparire ad
un moribondo di peste,
Pignero Cimino, al quale consegna un unguento in
grado di guarire l'epidemia che in quegli anni si abbatteva su Catanzaro.
In cambio del miracolo, il santo volle che si costruisca un luogo di culto
sul colle
San Trifone, nello
stesso luogo in cui, anni prima, i catanzaresi promisero di erigere un tempio a
lui dedicato. Da allora, il colle
San Trifone è
conosciuto come colle
San Rocco.
Insieme
alla chiesa fu scolpita una statua di marmo, divenuta nel tempo un oggetto di
devozione popolare.
Alcuni
lavori di restauro che hanno interessato la chiesa e l'intero quartiere tra
gli anni
'50 e '60 hanno
completamente stravolto il prospetto esterno
dell'edificio, cancellando le sue forme originali. Tali forme sono state
przialmente recuperate nel portale d'ingresso, nell'edicola al
di sopra di esso, contenente un affresco di San
Rocco e il cane, e
nell'edicola di
lato, raffigurante santa
Lucia.
L'interno
della chiesa è composto da un'unica navata,
tre cappelle per
lato e quattro paraste decorate
con capitelli in
stile corinzio,
realizzati in stucco,
in versione rococò.
Ogni parasta sorregge
una trabeazione in
rilievo, che seguono tutto il perimetro della navata.
Gli
archi delle cappelle sono
costruiti in chiave e
decorati con stucchi tardo
barocchi di
fine XVIII
secolo attribuiti
a Pietro Joele di Fiumefreddo.
Il
soffitto a
botte è decorato
da affreschi e decorazioni a trompe-l'œil del 1967.
Nel Coro della
chiesa è posizionato l'altare
maggiore in
marmo policromo del 1898,
sormontato da un fastigio del XVIII
secolo, nella cui
struttura architravata è
presente una nicchia centrale
chiusa tra due lesene composite
con al centro un timpano,
decorato da due vasi con fiori in stucco e
un dipinto del Sacro Cuore di Gesù. Nella nicchia è posta la
statua di san
Rocco, attribuita
a Giovanni
Domenico D'Auria.
Le
due cappelle laterali al coro sono dedicate a santa
Lucia e al Cuore
Immacolato di Maria.
Tra
le opere d'arte presenti all'interno si ricordano il dipinto di Maria
Addolorata e
della Madonna
del Carmine, create tra
il XVII e
il XVIII
secolo e il Volto
Santo di Nostro Signore Gesù Cristo, del pittore Guido Parentela,
realizzato nel 1936.

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