La
Valle
delle
Regine
Chiamata
dagli
antichi
Egizi
"Ta
Set
Neferu",
che
può
essere
tradotto
come
"luogo
dei
figli
del
re",
poiché
in
questa
valle
meridionale
di
Tebe
Ovest
trovarono
posto
in
un
primo
tempo
i
sepolcri
di
principi
e
principesse,
insieme
a
quelli
di
alcuni
alti
dignitari
di
corte,
la
Valle
delle
Regine
ospitò
in
seguito
soprattutto
le
tombe
delle
cosiddette
"spose
reali".
Dominato
da
una
grotta
naturale,
rievocazione
simbolica
del
ventre
della
Vacca
Celeste,
ossia
la
dea
Hathor,
da
cui
sgorga
l'acqua
che
rigenera
i
defunti,
il
sito
comprende
un
centinaio
di
sepolture,
tra
semplici
pozzi,
ipogei
incompiuti
e
autentici
appartamenti
funerari.
L'indagine
archeologica
della
Valle
ebbe
inizio
con
Ernesto
Schiaparelli,
direttore
del
Museo
Egizio
di
Torino,
che
-
tra
il
1903
e
il
1906
-
riuscì
a
scoprire
alcune
delle
più
belle
sepolture
locali,
comprese
quella
di
Nefertari
(moglie
di
Ramesse
II)
e
dei
figli
di
Ramesse
III.
Alla
Missione
Archeologica
Italiana
subentrò
una
squadra
francese,
che
ha
proseguito
nell'opera
di
studio
e
di
ripulitura
e
restauro
di
tutte
le
sepolture
del
sito.
In
questi
ultimi
anni
si
sono
verificati
molti
ritrovamenti
interessanti,
che
hanno
nel
contempo
generato
una
serie
di
interrogativi
ai
quali,
almeno
per
ora,
è
difficile
dare
risposte
certe.
Per
esempio:
chi
sono
e
quando
furono
sepolti
nella
Valle
delle
Regine
i
figli
di
Ramesse
III,
compreso
forse
uno
dei
successori
del
sovrano,
personaggio
destinato
ad
assurgere
al
trono
con
il
nome
di
Ramesse
VIII
e
quindi
a
essere
sepolto
nella
Valle
dei
Re.
Le
pitture
murali
di
alcune
di
queste
tombe,
soprattutto
quella
di
Nefertari,
sono
tra
le
più
raffinate
dell'intera
necropoli
tebana,
sia
per
la
qualità
del
disegno
sia
per
la
brillantezza
dei
colori.
- Tomba
di
Nefertari

Nefertari,
"grande
sposa
del
re"
Ramesse
II,
fu
sepolta
nella
più
ricca
e
affascinante
tomba
della
Valle
delle
Regine,
portata
alla
luce
nel
1904
dall'italiano
Ernesto
Schiaparelli,
allora
direttore
del
Museo
Egizio
di
Torino.
Lo
splendore
di
questa
sepoltura
non
ha
eguali
tra
le
altre
tombe
di
regine
dell'epoca;
perciò
si
ipotizza
un
ruolo
straordinario
per
questa
donna,
sempre
raffigurata
in
primo
piano
con
Ramesse
II,
almeno
fino
al
momento
della
morte,
avvenuta
in
data
e
per
cause
sconosciute.
Altro
dato
eccezionale
è
il
fatto
che
questa
regina
sia
stata
raffigurata
in
proporzioni
grandiose
sulla
facciata
del
Tempio
Piccolo
di
Abu
Simbel,
posto
a
fianco
di
quello
più
grande
del
marito,
che
celebra
l'identificazione
di
Ramesse
II
con
il
dio
sole.
L'importanza
di
Nefertari
è
confermata
anche
da
altri
documenti,
che
la
vedono
protagonista
di
una
politica
attiva
e
detentrice
di
una
posizione
sociale
non
trascurabile,
sul
modello
forse
della
sua
antesignana
più
diretta,
Nefertiti,
moglie
del
riformatore
religioso
Akhenaton.
La tomba, lunga 27 metri e
mezzo,
si
trova
a
circa
otto
metri
sotto
il
livello
del
suolo:
fu
scavata
in
uno
strato
di
roccia
molto
friabile,
per
cui
le
pareti
vennero
ricoperte
da
uno
spesso
strato
di
intonaco
gessoso,
su
cui
la
decorazione
pittorica
assume
l'aspetto
di
un
rilievo.
Al
momento
della
scoperta,
il
sepolcro
appariva
già
violato
fin
da
tempi
antichissimi:
tutto
il
corredo
funerario
era
scomparso
e
la
mummia
di
colei
che
era
stata
una
delle
regine
più
famose
d'Egitto
era
ridotta
a
miseri
resti.

Il
repertorio
iconografico
e
testuale
appare
desunto
per
lo
più
da
una
serie
di
capitoli
tratti
dal
libro
dei
Morti,
autentica
sintesi
della
fin
qui
perenne
ambivalenza
cosmogonica
Ra-Osiride
nella
risolutiva
formula:
"ecco
Ra
che
riposa
in
Osiride,
ecco
Osiride
che
riposa
in
Ra".
In
una
delle
scene
parietali
più
celebri
del
sepolcro,
Nefertari
è
impegnata
in
una
partita
(con
se
stessa
e
con
il
proprio
destino)
di
senet,
un
gioco
simile
alla
nostra
dama,
con
palesi
finalità
di
salvezza
ultraterrena.
La
grande
camera
sepolcrale,
decorata
sul
soffitto
con
motivi
astronomici,
presenta
quattro
pilastri
sui
quali
campeggiano
la
regina
Nefertari
e
grandi
figure
di
divinità,
alcune
abbigliate
con
pelli
di
leopardo:
al
centro
della
sala
in
origine
era
collocato
il
sarcofago
in
granito
rosa
della
regina.
Nonostante
le
numerose
campagne
di
restauro
condotte
fra
il
1934
e
il
1977
per
cercare
di
arrestare
il
degrado
della
tomba,
le
tecniche
usate
non
avevano
portato
a
risultati
apprezzabili,
anzi,
alcuni
trattamenti
avevano
alterato
i
colori
delle
pitture.
Nel
1986,
la
collaborazione
fra
le
Antichità Egizie e il Getty Conservation Institute dette
l'avvio
ad
un
vero
progetto
per
il
recupero
sistematico
della
tomba.
Una
équipe
internazionale
iniziò
a
studiare
le
diverse
problematiche:
il
sale
di
roccia,
costituito
principalmente
da
cloruro
di
sodio,
era
il
maggior
responsabile
dei
danni
sofferti
dalla
tomba.
I
restauri
iniziarono
nel
1988
e,
per
prima
cosa,
si
fissarono
i
frammenti
staccati
dall'intonaco
con
della
carta
giapponese
per
impedire
che
cadessero,
la
polvere
fu
asportata
con
strumenti
da
dentista,
l'intonaco
fu
rinforzato
e
un
apposito
prodotto
venne
iniettato nelle crepe,
mentre
i
punti
di
giunzione
furono
riempiti
con
calce
fresca.
I
colori,
ripuliti
con
dell'ovatta
imbevuta
di
una
particolare
sostanza,
tornarono
alla
loro
originaria
brillantezza
senza
che
vi
fosse
bisogno
di
ulteriori
ritocchi.
I
lavori
si
conclusero
nell'aprile
1992
e
per
i
tre
anni
successivi
la
tomba
rimase
sotto
la
diretta
osservazione
degli
esperti
fino
a
che,
nel
novembre
1995,
è stata riaperta al pubblico.

- A.
Rampa
-
B.
Porta
-
C.
Anticamera
-
D.
Passaggio
che
conduce
all'anticamera
-
E.
Anticamera
-
F.
Annesso
-
G.
Porta
-
- H.
Rampa
interna
-
I.
Porta
-
J.
Camera
funeraria
-
K.
Annesso
occidentale
-
L.
Annesso
orientale
-
M.
Accesso
alla
dimora
di
Osiride
Tomba
di
Amonherkhepshef
Il
giovane
principe
ereditario
Amonherkhepshef,
un
figlio
di
Ramesse
III
morto
presumibilmente
nell'adolescenza,
fu
sepolto
in
una
delle
tombe
più
belle
del
periodo
ramesside.
Di
struttura
semplicissima
-
una
scala
che
porta
ad
una
stanza
quadrata
e
un
corridoio
che
conduce
alla
sala
del
sarcofago
-
la
tomba
è
caratterizzata
da
una
decorazione
dai
colori
vivaci
e
intensi.
Un
insolito
turchese,
infatti,
è
il
colore
predominante
in
tutto
il
sepolcro.
Il
vero
protagonista
delle
scene
parietali
è
però
sempre
il
faraone
Ramesse
III,
intento
a
presentare
il
suo
giovane
erede
alle
diverse
divinità
raffigurate:
Thot, Ptah e i quattro
figli
di
Horo
(Hapi,
Imseti,
Duamutef
e
Qebehsenuf).
Questi
ultimi quattro dei, dopo avere partecipato
con
Anubi
al
rito
della
mummificazione
di
Osiride,
divennero
patroni
dei
vasi
canopi.
Nella
sala
del
sarcofago
si
trovano
testi
e
illustrazioni
provenienti
dai
capitoli
145
e
146
del
Libro
dei
Morti,
silloge
originariamente
prevista
su
papiro,
ma
talvolta
riprodotta
anche
sulle
pareti
dei
sepolcri,
e
non
solo
reali.
Il
sarcofago
del
proprietario
della
tomba,
scolpito
nel
granito
rosa,
fu
rinvenuto
spezzato
da
Schiaparelli,
artefice
del
ritrovamento
nei
primi
anni
del
Novecento,
e
venne
quindi
trasportato
a
Torino
per
essere
esposto
nel
locale
Museo
Egizio.
Nella
piccola
camera
situata
al
termine
del
percorso
interno,
al
di
là
della
sala
del
sarcofago,
si
trova
attualmente,
conservato
in
un'apposita
teca,
lo
scheletro
di
un
feto,
rinvenuto
da
Schiaparelli
all'interno
di
un
cofanetto
ligneo
in
una
diramazione
della
Valle
delle
Regine.

Tomba
della
Regina
Thiti
Thiti
fu
la
moglie
di
uno
dei
numerosi
Ramesse
della
XX
dinastia,
forse
Ramesse
IV.
La
sua
tomba,
abbandonata
e
ridotta
a
stalla
per
gli
asini,
è
nonostante
questo
ben
conservata
e
presenta
una
interessante
decorazione
a
rilievo
su
calcare
dominata
da
un
leggero
colore
rosato.

Tomba
di
Paraherunemef
Paraherunemef
era
un
altro
dei
figli
di
Ramesse
III,
morto
assai
giovane
e
che,
come
i
suoi
fratelli,
trovò sepoltura in questa vallata.
Come
nelle
altre
tombe,
anche
qui
la
decorazione
è
più
o
meno
la
stessa,
cioè
la
presentazione
del
principe
defunto,
da
parte
del
padre,
alle
varie
divinita.
I
colori
predominanti
sono
invece
il
giallo
ocra
e
il
rosa.
Tomba
di
Khaemuaset
Figlio
di
Ramesse
III
e
probabilmente
fratello
minore
di
Amonherkhepshef,
il
principe
Khaemuaset
ebbe
una
tomba
che,
nella
planimetria,
ricorda
quella
dei
re,
anche
se
naturalmente
in
forma
assai
ridotta.
Anche
in
questa
tomba
la
decorazione
è assai vivace, con le scene di offerta e di
tributo
dai
colori
intensi
e
brillanti.
Fra tutte le tombe dei figli
di
Ramesse
III
questa
è
la
più
grande:
una
galleria
divisa
in
due
settori
su
cui
si
apre
un
vestibolo
con
due
annessi
laterali,
la
camera
sepolcrale
e
un
annesso
posteriore.
Il
corridoio,
al
momento
della
scoperta
nel
1903,
era
quasi
del
tutto
occupato
da
numerosi
sarcofagi:
questa
tomba
era
stata
infatti
riutilizzata
in
altre
occasioni.
Pag.
3
Pag.
5
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