Antica Tebe e necropoli
Egitto

patrimonio dell'umanità dal 1979

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La Valle dei Re

La valle di Biban el-Muluk, la Porta dei Re: in questa celebre gola, dominata da una montagna a punta chiamata "cima tebana", si trova la necropoli dei grandi sovrani egiziani dalla XVIII alla XX dinastia. Nelle viscere della montagna, tra valli deserte e silenziose, per un periodo di quasi 500 anni, ovvero dal 1552 a.C. al 1069 a.C., un'operosa comunità di lavoratori e di artigiani taglia la roccia approntando vaste pareti sulle quali troveranno posto bellissime figure di uomini, dèi e animali, protagonisti del complesso mondo mitologico-religioso che s'immagina permeare tutto l'Aldilà. 

All'inizio della sua storia sta l'improvvisa e imprevedibile decisione di Thutmosi I di separare la sua tomba dal tempio funebre: non solo, ma di dare sepoltura al suo corpo non più in uno sfarzoso monumento bensì in un luogo segreto e inaccessibile. La sua risoluzione interrompeva bruscamente una tradizione che durava da ben 1700 anni. Il suo architetto-capo, che si chiamava Ineni, scavò una tomba a pozzo in un vallone solitario, tagliando nella roccia una ripida scalinata e collocandovi giù il sepolcro, secondo uno schema che sarebbe stato seguito da tutti i faraoni successivi. Fu lo stesso Ineni che volle documentare la segretezza della sua impresa, facendo incidere sulla parete della cappella funeraria la frase "io solo ho sorvegliato la costruzione della tomba rupestre di sua maestà. Nessuno ha visto, nessuno ha udito nulla". Questa ultima frase, effettivamente poco credibile, va intesa nel senso che i pochi operai erano in grado di mantenere il segreto. 

Ma il riposo di Thutmosi I, come quello degli altri sovrani, era destinato a durare poco, perche già in epoca faraonica, nonostante la sorveglianza di squadre di guardiani notte e giorno, ebbero inizio dei sistematici saccheggi per asportare il prezioso corredo funebre: una delle prede più ambite era il cosiddetto "scarabeo del cuore", l'amuleto che, posto sul cuore della mummia, permetteva al defunto di salvarsi il giorno del giudizio, allorché le sue azioni sarebbero state messe sul piatto della bilancia. Per un curioso destino, questi potenti sovrani non ebbero pace neppure da morti. Era successo, infatti, che all'epoca del debole regno dei Ramessidi, i sacerdoti di Amon, un tempo così potenti, avessero perso ogni autorità. Nella loro devozione, per assicurare ai loro defunti sovrani una vita tranquilla nell'aldilà e per evitare la loro profanazione, iniziarono a trasportare le mummie reali da una sepoltura all'altra e questi trasferimenti erano così frequenti che Ramesse III fu sepolto addirittura per tre volte. Finalmente, decisero di preparare in gran segreto un nascondiglio pressoché inaccessibile: avevano fatto scavare sulla montagna di Deir el-Bahari un pozzo profondo circa dodici metri, da cui partiva un lunghissimo corridoio che sfociava in un vasto ambiente. Di notte e in gran segreto, alla luce di poche fiaccole, furtivi essi stessi come dei saccheggiatori, i sacerdoti avevano tolto i faraoni dai loro sarcofagi nella Valle e li avevano riuniti nell'antro della montagna, appendendo al collo di ciascuno uno scudo con il nome per l'identificazione. Erano morti da pochi anni o da molti secoli, avevano regnato per poco tempo o per lunghi decenni, alcuni di loro erano stati i più potenti sovrani della terra: adesso giacevano tutti insieme, senza ordine, l'uno accanto all'altro. Ahmosi, il fondatore della XVIII dinastia accanto al conquistatore Thutmosi III, il grande Ramesse II accanto al padre Sethi I. In tutto, erano quaranta i corpi dei faraoni che sarebbero rimasti nascosti, in questo anonimo sepolcro nel cuore della montagna, per tremila anni.

Fu un giovane tombarolo di nome Ahmed Abd el-Rasul, del villaggio di Qurna, che per puro caso, un giorno del 1875, scoprì questo nascondiglio: per sei anni lui e i suoi fratelli riuscirono a mantenere il segreto, arricchendosi con il commercio degli oggetti  che saccheggiavano dalle mummie reali. Poi il segreto venne meno e, il 5 luglio 1881, dopo un lungo interrogatorio, il giovane arabo condusse l'allora vice direttore del Museo del Cairo, Emil Brugsch, fratello del celebre egittologo Heinrich, all'ingresso del pozzo. È difficile immaginare cosa deve avere provato lo studioso, quando l'incerta luce della fiaccola illuminò le spoglie mortali di quaranta sovrani del mondo antico. Pochi giorni dopo, le mummie vennero imballate e trasportate giù a valle, dove una nave le avrebbe portate al Cairo. E allora accadde un fatto strano e commovente: alla notizia che i faraoni ritrovati lasciavano la loro secolare sepoltura, i contadini della valle con le loro mogli si ammassarono sulle rive del Nilo e, al lento passaggio della nave, resero omaggio ai loro antichi re, gli uomini scaricando in aria i fucili e le donne alzando alti lamenti e cospargendosi il viso e il petto di polvere. 

Oggi alla Valle si accede per una comoda strada carrozzabile che segue, in gran parte, l'antico tracciato che doveva percorrere il corteo funebre.

Le tombe hanno mantenuto intatto il loro antico fascino: gli innumerevoli graffiti sulle pareti ci dicono che fin dall'epoca greco-romana esse furono meta di viaggiatori e pellegrini che lasciavano così il ricordo della loro visita. Uno di questi, l'inglese Dean Stanley che nel 1856 fece un bel resoconto dei suoi viaggi, scrisse che "avere visto le tombe dei re è avere visto l'intera religione dell'Egitto svelata come appariva ai più grandi potenti dell'Egitto nei momenti più salienti della loro vita". 

Le tombe presentano tutte più o meno le stesse caratteristiche, cioè porta tagliata nella parete rocciosa, un corridoio lungo un centinaio di metri in discesa con nicchie e ambienti vari i cui soffitti sono sorretti da pilastri, con la sala del sarcofago verso il fondo.

Le tombe della XVIII dinastia sono generalmente scavate nelle pareti della valle (salvo rare eccezioni come quella di Tutankhamon, KV62) sfruttando spesso (come nel caso della tomba di Thutmosi III) il "letto" di antiche cascate. Spesso, proprio per tale caratteristica, le loro entrate sono state ricoperte da detriti trascinati in basso dalle piogge.

Le tombe della XIX dinastia vennero invece scavate nel vallone, insinuandosi nel sottosuolo; per tale motivo, sono quelle che maggiormente hanno sofferto nel corso dei millenni di infiltrazioni d'acqua piovana.

Le tombe della XX dinastia infine vennero scavate a livello del suolo e sono dunque quelle che meno hanno sofferto per le infiltrazioni d'acqua. 

Le 63 sepolture principali (l'ultima importante scoperta è stata quella di Tutankhamon nel 1922 mentre l'ultima scoperta, cronologicamente, la KV63, è stata scoperta solo nel marzo 2006) sono numerate progressivamente (sigla “KV”= King's Valley, seguita da un numero), ma è bene tener presente che la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei proprietari; nel 1827 infatti l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud.

Da tale data però, ovvero dalla KV23 in poi, il numero corrisponde all'ordine di scoperta; di qui il numero 62 assegnato alla sepoltura del faraone fanciullo. 

In alcuni casi è possibile leggere la sigla "WVxx" (West Valley) per indicare che la tomba in questione si trova nella Valle Occidentale, ma è bene tener presente che la numerazione fa comunque riferimento alla sigla KV; esempio, la WV23, di Ay, è la KV23.

·       KV1 Ramses VII (XX dinastia);
·       KV2 Ramses IV (XX Dinastia);
·       KV3 mai usata come sepoltura (forse per un figlio di Ramses III);
·       KV4 ultima tomba scavata nella valle forse per Ramses XI (XX Dinastia);
·       KV5 figli di Ramesse II (XIX dinastia);
·       KV6 Ramses IX (XX dinastia);
·       KV7 Ramses II (XIX dinastia);
·       KV8 Merenptah (XIX dinastia);
·       KV9 Ramses VI (XX dinastia);
·       KV10 Amenmose (?), poi della Regina Takhat (XX dinastia);
·       KV11 Ramses III (XX Dinastia);
·       KV12 (?)
·       KV13 Cancelliere Bay (XIX dinastia), poi principesse Mentuherkhepeshef e Amenherkhepeshef (XX dinastia);
·       KV14 Sethnakht e Tausert (XIX dinastia);
·       KV15 Seti II (XIX dinastia);
·       KV16 Ramses I (XIX dinastia);
·       KV17 Seti I (XIX dinastia);
·       KV18 incompiuta (Ramses X ?);
·       KV19 originariamente Ramses VIII, poi Mentuherkhepershef, figlio di Ramesse IX;
·       KV20 originariamente Thutmosi I, poi Hatshepsut (XVIII dinastia);
·       KV21 (?) conteneva due mummie femminili;
·       KV22 iniziata sotto Thutmosi IV e finita sotto Amenhotep III (ancora in fase di scavo);
·       KV23 Ay (XVIII dinastia);
·       KV24 vuota;
·       KV25 forse Amenhotep IV/Akhenaton (XVIII Dinastia);
·       KV26 inutilizzata;
·       KV27 inutilizzata;
·       KV28 forse Thutmosi IV;
·       KV29 ancora piena di detriti;
·       KV30 vuota;
·       KV31 ancora piena di detriti;
·       KV32 Tia'a moglie di Amenhotep II (?);
·       KV33 forse Thutmosi III, poi del Visir Rakhmira (inutilizzata);
·       KV34 Thutmosi III (XVIII dinastia);
·       KV35 Amenhotep II (XVIII Dinastia);
·       KV36 Mahierpi (fanciullo dell'harem reale di Thutmose IV) (?);
·       KV37 vuota;
·       KV38 Thutmosi I (XVIII dinastia) (?);
·       KV39 Amenhotep I (XVIII dinastia) (?);
·       KV40 ancora piena di detriti;
·       KV41 Regina Tetisheri moglie di Sequenenra Ta'o (XVII dinastia);
·       KV42 destinata ad Hatshepsut-Meryet-Ra (moglie di Thutmosi III), poi Sennefer Sindaco di Tebe (XVIII dinastia);
·       KV43 Thutmosi IV (XVIII dinastia);
·       KV44 titolare sconosciuto, all'interno i resti di sette corpi differenti;
·       KV45 Userhat (?) supervisore dei campi di Amon (XVIII dinastia);
·       KV46 Yuya e Thuya, genitori della Regina Tye, moglie di Amenhotep III (XVIII dinastia);
·       KV47 Siptah (XIX dinastia);
·       KV48 Amenemipet, Visir e Governatore durante il regno di Amenhotep II (XVIII dinastia);
·       KV49 vuota;
·       KV50 ubicazione non nota: conteneva le mummie di un cane e di una scimmia;
·       KV51 conteneva le mummie di tre scimmie, un babbuino, un ibis, e tre oche;
·       KV52 ubicazione non nota: conteneva la mummia di una scimmia;
·       KV53 ubicazione non nota;
·       KV54 vuota, conteneva oggetti abbandonati dai ladri della KV62 di Tutankhamon;
·       KV55 Amenhotep IV/Akhenaton (?); Smenkhkhara (?); Tye (?); Nefertiti (?) (XVIII dinastia);
·       KV56 un figlio di Seti II (?);
·       KV57 Haremhab (XVIII dinastia);
·       KV58 deposito di corredo funebre (?);
·       KV59 nessuna informazione;
·       KV60 Sit-Ra, nutrice di Hatshepsut (XVIII dinastia); nascondiglio della mummia di Hatshepsut
·       KV61 vuota;
·       KV62 Tutankhamon (XVIII dinastia);
·       KV63 sconosciuti (in fase di svuotamento marzo 2006).

Con Sethi I e il suo splendido sepolcro si può dire inizi quel programma decorativo che prevede, all'interno di uno schema di massima rispettato fino agli ultimi sovrani ramessidi (XX Dinastia), il disporsi di testi e figurazioni in connessione con la struttura architettonica della tomba. Nei lunghi corridoi d'ingresso incontreremo dapprima testi e immagini delle Litanie di Ra o Litanie del Sole. E' questa una sorta d'introduzione per il visitatore, e per lo stesso sovrano defunto, al complesso mondo ultraterreno, popolato di molti dei e demoni. In queste prime formule e raffigurazioni si enumerano le 75 qualità e manifestazioni del dio sole (l'egizio Ra), che il re deve conoscere prima di potersi unire a lui. Ancora nel corridoio, e più oltre nella camera del sarcofago, fa la sua apparizione il celebre Libro di ciò che è nella Duat, conosciuto anche con il nome di Amduat. Nel testo in oggetto, che si può considerare un resoconto del viaggio e degli incontri che il dio sole compie nel mondo sotterraneo nel corso delle dodici ore della notte, si trova anche la chiave per poter comprendere la struttura architettonica della sepoltura. Uno studioso tedesco recentemente ha formulato, alla luce di motivazioni religiose che trovano conforto proprio nel Libro dell'Amduat, una nuova, interessante ipotesi a proposito del pozzo ricavato lungo il percorso della tomba reale.

Come ogni stanza e corridoio del sepolcro, anche il pozzo avrebbe, secondo l'autore dello studio, una precisa funzione religiosa: non sarebbe quindi stato scavato come difesa contro i profanatori di sepolture o per evitare possibili infiltrazioni d'acqua, come finora si è pensato, ma farebbe anch'esso parte dello schema religioso sul quale è basata la pianta della tomba.

Il Libro delle Porte, opera del tutto analoga all'Amduat per significato, descrive il pericoloso viaggio, irto di ostacoli (ovvero le "porte") che il sovrano deve saper affrontare e superare. Con questo testo appaiono decorate le stanze che si trovano al di là del vano in cui è scavato il pozzo, le cui pareti mostrano invece scene che si possono genericamente definire di adorazione e d'offerta alle divinità. Nell'ulteriore tratto di corridoio che mette in comunicazione questi primi ambienti della tomba con la cripta vera e propria, ossia la camera del sarcofago in cui sono presenti altre riproduzioni del Libro delle Porte, si profilano illustrazioni e formule riconducibili al rituale dell'"apertura della bocca". Con questo nome ci sono noti, nel Nuovo Regno, riti e pratiche magiche in virtù dei quali i sacerdoti iniziati alla scienza sacra avevano facoltà di ridare vita al defunto, assicurandogli la sopravvivenza eterna.

ARCHITETTURA DELLE TOMBE - È possibile rilevare concrete differenze tra le tombe delle diverse dinastie anche dal punto di vista strettamente architettonico.

La valle ospita, come detto, fondamentalmente tombe delle dinastie XVIII, XIX e XX. Come fattore comune tuttavia le tombe si sviluppano secondo uno schema logico che prevede la sequenza di quattro "passaggi", indipendentemente dalla struttura planimetrica: ad una "entrata" segue un "santuario in cui riposano gli dei dell'est e dell'ovest", poco oltre la "sala dell'attesa", quindi una prima sala colonnata detta anche "sala del carro" cui segue la "camera funeraria" (o seconda sala colonnata), detta anche "sala dell'oro", che ospita il sarcofago (il nome di sala d'oro deve intendersi nel senso che di tale metallo prezioso era la carne degli dei, cui il re defunto era pienamente assimilato).

Dal punto di vista planimetrico, le tombe della XVIII dinastia si sviluppano secondo un asse "piegato" o "a gomito", riprendendo di fatto la struttura dei passaggi esistenti nelle precedenti sepolture piramidali del Medio Regno, che rappresenterebbe il percorso contorto e pericoloso che il sole deve percorrere, secondo i testi sacri, nel suo viaggio notturno per poter risorgere al mattino, così come il faraone defunto risorgerà nel mondo oltreterreno. Non è escluso tuttavia che le prime tombe di questa dinastia siano state strutturate in tal modo così da adattarsi all'andamento delle rocce in cui erano scavate, seguendo linee naturali più facili da lavorare.

L'entrata è generalmente preceduta da una scala, cui segue un corridoio in discesa che sfocia nel "Santuario in cui gli Dei dell'est e dell'ovest riposano". Si tratta sostanzialmente di due nicchie scavate nelle pareti, verosimilmente con una funzione pratica: dato il peso delle suppellettili e specialmente del sarcofago, in fase di sepoltura qui si procedeva ad una prima sosta di riposo. Altri locali che forse rivestivano la medesima utilità pratica (oltre che rituale) erano la "Sala dell'Attesa" ove, peraltro, si procedeva ad organizzare la volta che il sarcofago avrebbe dovuto compiere per poter iniziare la discesa verso la camera funeraria, e la prima sala colonnata. La tomba si sviluppa, in ogni caso, verso il basso, mediante il ricorso a scale intagliate della roccia.

Il sarcofago è posto con andamento ortogonale rispetto al corridoio di accesso alla camera funeraria. È interessante rilevare che, almeno per le prime tombe di questa dinastia, la camera funeraria ha gli spigoli angolari arrotondati, costituendo così in pianta la figura del cartiglio.

Nelle tombe della XIX dinastia si assiste ad una rettifica del percorso contorto precedente, ma ancora entrata e camera funeraria sono disallineate (vedi schema) ed ancora il raggiungimento della camera funeraria avviene mediante scale. Si ritiene che la variazione architettonica sia derivata dalla struttura delle tombe realizzate ad Akhetaton, oggi Tell el-Amarna, durante il breve periodo dell'Eresia Amarniana di Akhenaton. Le tombe peraltro - al contrario di quanto avveniva con quelle della precedente XVIII dinastia, le cui entrate erano sigillate con pietrame - presentavano porte in legno per garantire, unitamente al servizio di sicurezza che presidiava la valle da intrusioni estranee, più agevoli ispezioni da parte dei funzionari preposti. Normalmente nella prima sala colonnata si apriva una camera laterale (non riportata nello schema) che doveva servire verosimilmente quale falsa camera sepolcrale, dunque per scoraggiare eventuali ladri.

Anche in queste sepolture il sarcofago è posizionato ortogonalmente rispetto al corridoio di entrata.

Con la XX Dinastia si giunge alla definitiva semplificazione della struttura architettonica: la tomba si apre a livello del suolo anche se il percorso è pur sempre in discesa, ma vengono eliminate le scale ed allargati i corridoi; Camera funeraria ed entrata sono sullo stesso asse e sul medesimo asse viene posizionato anche il sarcofago. A riprova della valenza pratica delle nicchie esistenti nel "Santuario in cui gli Dei dell'est e dell'ovest riposano", nelle tombe della XX Dinastia queste spariscono per lasciar spazio, inoltre, ad un pozzo il cui scopo è raccogliere l'acqua piovana ed evitare l'allagamento della tomba. È evidente l'intento pratico esistente nella realizzazione di queste strutture, così come il risparmio di risorse vuoi per la realizzazione materiale del sito, vuoi per le operazioni di sepoltura in senso stretto.

Tra gli ipogei della Valle dei re, gli inglesi lord Carnarvon e Howard Carter scoprirono nel 1922 un piccolo sepolcro che presto divenne il più celebre dell'Egitto, quello del giovane faraone Tutankhamon, morto a soli 19 anni, il cui corredo strabiliante comprendeva il gruppo di oggetti che oggi costituisce uno dei più preziosi tesori del Museo del Cairo.  

Tomba di Thutmosi III (kv 34)  

Quando Hatshepsut muore, Thutmosi III doveva avere più o meno trentasette anni ed era vissuto nell'ombra per i venticinque anni in cui la poco amata zia e matrigna aveva regnato come faraone unico e assoluto.

Il forzato esilio a cui era stato obbligato per così lungo tempo lo aveva talmente umiliato che, dopo avere allontanato i funzionari più importanti del regno dai loro posti chiave, si era lasciato andare ad una sua personale e tardiva vendetta, facendo cancellare da quasi tutti i monumenti d'Egitto il nome, i cartigli e l'immagine di Hatshepsut. Questa meschinità del sovrano, tuttavia, non ha offuscato l'importanza e la grandezza di Thutmosi III, che al contrario è forse il più grande faraone che l'Egitto abbia avuto. Fu l'archeologo americano James Henry Breasted a dargli il nome di "Napoleone dell'antichità".

Hatshepsut gli aveva lasciato in eredità un regno stabile e pacifico, ma il suo prolungato non intervento aveva fatto sì che ai confini orientali del paese nascessero tutta una serie di piccoli principati e regni in ascesa vogliosi di coalizzarsi contro il prospero e vicino Egitto. Fra tutti, il regno dei Mitanni, nel nord della Mesopotamia, era quello che destava più inquietudine. 

Le diciassette campagne militari che Thutmosi III condusse in Siria furono caratterizzate da un grande senso strategico e da una profonda conoscenza della tattica militare. La lista delle sue conquiste, che fu iscritta sulle pareti del Tempio di Amon a Karnak, elenca ben 350 città che furono conquistate dal suo esercito. 

Verso la fine del suo trentatreesimo anno di regno ebbe luogo l'ottava campagna che doveva portare l'attacco decisivo nei cuore del regno dei Mitanni. Thutmosi III dapprima concentrò le truppe a Gaza, quindi si spostò a Byblos dove fece costruire numerose navi in legno di cedro che furono caricate su pesanti carri a quattro ruote trainati da buoi. Così, dopo avere percorso circa 250 chilometri via terra, l'esercito del faraone poté attraversare il fiume Eufrate. Il combattimento decisivo si svolse ad ovest di Aleppo, presso la città di Karkhemish. 

Quando Thutmosi III morì, verso la metà del mese di marzo, aveva circa settantanni e lasciava un paese solido e ricco, un'amministrazione statale efficiente e un impero vastissimo, i cui confini andavano dal fiume Eufrate alla quarta cateratta del Nilo in Sudan.

La sepoltura di Thutmosi III, sovrano fra i più illustri e potenti nella storia dell'antico Egitto, è situata al fondo della Valle dei Re, all'interno di una gola angusta, a una trentina di metri di profondità. La tomba, una delle prime scavate nel sito, presenta una via d'accesso "a gomito", come usava durante la XVIII Dinastia: un ripido corridoio in discesa conduce, attraverso due piccoli ambienti e un profondo pozzo, a una prima sala sorretta da pilastri dipinti con immagini di divinità. Una scala permette infine l'accesso alla camera sepolcrale vera e propria, la cui conformazione a grande cartiglio ripete il modello predisposto per il primo ipogeo realizzato nella Valle dei Re, quello di Thutmosi I, nel cui caso, però, costituiva l'unico ambiente ed era privo di decorazioni. 

La tomba di Thutmosi III è molto particolare, unica nella Valle dei Re. Il tipo di scrittura è il geroglifico corsivo, i colori usati sono tenui e rosati, la tecnica di decorazione è la pittura, dimenticando del tutto il bassorilievo. Così che, come scrisse Victor Loret, sembra che le rotonde pareti della stanza abbiano l'aspetto di un papiro di enormi dimensioni. Mentre tutta la decorazione della tomba illustra il Libro dell'Amduat, c'è solo una piccola scena tracciata su un pilastro della camera funeraria che è un riferimento biografico del faraone: in essa appare Thutmosi seguito da alcune delle sue mogli e un po' più avanti ancora il sovrano che prende il latte dalla madre Iside il cui seno pende da un ramo dell'albero di sicomoro in cui la dea si identifica.

Uno scriba del Nuovo Regno, di nome Amenhotep, vide questa rappresentazione e ne fu talmente colpito che lasciò il suo nome inciso sulla parete con la frase "Mille volte bello è il dipinto qui sotto".

All'interno della camera sepolcrale si trova tuttora il sarcofago del re, che venne trovato vuoto e con il coperchio spezzato a terra. La mummia di Thutmosi III, invece, era stata rinvenuta nel nascondiglio delle mummie reali a Deir el-Bahari quasi vent'anni prima dell'apertura della tomba, avvenuta per opera di Victor Loret nel 1898.

Tomba di Amenhotep II (kv 35)

Di origine menfita, Amenhotep II era figlio di Thutmosi III, il "Napoleone dell'antichità": era difficile eguagliare la gloria e la potenza di un così grande padre. Amenhotep II è famoso non per grandi imprese militari ma per le sue doti sportive. La "Qrande Stele della Sfinge di Amenhotep III" ce lo ha tramandato infatti come un sovrano di una vigoria trionfante, imbattibile nel tiro con l'arco, abile domatore di cavalli, velocissimo nella corsa, potente ai remi, capace di manovrare un remo di quasi nove metri ad una velocità molto superiore a quella di un normale equipaggio. Ebbe anche modo di dare prova di buone capacità militari, quando fu costretto a soffocare le rivolte di alcune città asiatiche. Severo fino ai limiti della crudeltà, come leggiamo in una iscrizione di una stele a Karnak, Amenhotep II da solo avrebbe fracassato con la mazza la testa a sette principi durante la rivolta del Retenu: i corpi di sei furono poi appesi alle mura del Tempio di Amon a Karnak e il settimo fu portato fino a Napata per spengere ogni velleità di ribellione della Nubia. Da un'altra stele proveniente da Menfi sappiamo che il faraone tornò da una spedizione sulla costa fenicia con i corpi di dieci nemici uccisi appesi al suo carro e con venti mani mozzate legate alla fronte dei cavalli.

Durante il suo regno, che durò venticingue anni, lo sviluppo artistico conobbe momenti di grande splendore, come ci testimoniano le tombe dei grandi dignitari di corte, il visir Rekhmira, Viceré e governatore di Tebe, e Sennefer, Amministratore dei granai e del bestiame di Amon.

Amenhotep II morì a circa 50 anni: nel grande sarcofago di quarzite fu trovata la sua mummia, intatta, il collo circondato da una ghirlanda di fiori e un mazzo di mimose sul petto.

La tomba di Amenhotep II, figlio e successore di Thutmosi III, venne scoperta da Victor Loret nel 1898. Per struttura e decorazioni ricorda molto da vicino la sepoltura del padre, con analoga successione di due corridoi e di un pozzo fino a una prima sala a pilastri, da cui si accede a una più vasta camera sepolcrale.

Le pareti sono tinteggiate a imitazione del papiro e decorate con testi e illustrazioni del Libro dell'Amduat, mentre sui pilastri compare il faraone accompagnato da diverse divinità. Per la camera sepolcrale di Amenhotep II, che ha un soffitto stellato a sfondo blu, viene abbandonata la forma ovale a cartiglio che ritroviamo nelle tombe dei primi thutmosidi. Al fondo di quest'ultimo ambiente fu rinvenuto il sarcofago del re, in arenaria dipinta di rosso, che conteneva ancora intatta la mummia di Amenhotep II, adorna di una collana di mimose. Si ignorano le ragioni per cui i profanatori del sepolcro risparmiarono le spoglie terrene del sovrano, normalmente arricchite da gioielli e amuleti preziosi avvolti tra le bende. 

Inoltre, nella tomba di Amenhotep II, e più precisamente in un annesso laterale, vennero rinvenuti altri nove sarcofagi reali con le mummie di Thutmosi IV, Amenhotep III, Merenptah, Sethi II, Siptah, Sethnakht, Ramesse IV, Ramesse V e Ramesse VI. 

Fu probabilmente all'epoca di Pinedjem I (1070-1030 circa), all'inizio della XXI Dinastia, che si provvide al loro trasporto in questo luogo, come sarebbe avvenuto poco più tardi per quasi tutte le mummie dei faraoni del Nuovo Regno, allorché si decise di raccoglierle, per proteggerle da ulteriori violazioni, nel nascondiglio di Deir el-Bahari. 

Oggi quasi tutte le salme dei sovrani ritrovate a Tebe Ovest sono conservate nel Museo del Cairo, che tuttavia ne espone solo una piccola parte in una saletta riservata e discreta.

Tomba di Tutankhamon (kv 62)  

La tomba che Howard Carter, nel novembre del 1922, scoprì poco sotto l'ingresso di quella di Ramesse VI rivelò al mondo il nome di un sovrano, Tutankhamon, morto giovanissimo e in circostanze oscure, ma soprattutto fece conoscere un corredo funerario senza eguali nella storia dell'egittologia. All'interno di una sepoltura modesta per proporzioni e per qualità artistica - con la sola camera sepolcrale decorata da pitture parietali, che riproducono tra l'altro il trasporto del catafalco del re da parte di grandi dignitari di corte - si ritrovò una quantità di oggetti preziosi, arredi, statue e altri reperti che, trasportati al Museo del Cairo, occupano oggi una vasta sezione del primo piano. È questa l'unica sepoltura reale ritrovata intatta nella Valle dei Re, giacché alcuni tentativi di furto avvenuti durante la XXI Dinastia e accertati in età moderna dagli studiosi non sortirono quasi nessun danno, tanto che la tomba fu nuovamente sigillata e mai più profanata.

Sul ritrovamento - e sulle successive vicende che riguardano il finanziatore degli scavi, l'inglese Lord Carnarvon, e alcuni altri membri della missione archeologica - fiorirono leggende circa una "maledizione" legata a questo faraone e al suo sepolcro violato. In realtà, i misteri sono altri e ben più interessanti da risolvere! Primi fra tutti sono i quesiti circa l'origine e il ruolo esatto di Tutankhamon, forse figlio dello stesso riformatore religioso Akhenaton (ricordiamo che il proprietario della tomba al momento della nascita aveva assunto il nome di Tutankhaton, "immagine vivente di Aton", cioè del dio unico, il disco solare Aton, impostogli dal "faraone eretico"). 

La sepoltura di Tutankhamon è fonte inesauribile di studi e di pubblicazioni, anche perché i reperti recuperati da quelle anguste camerette sono diverse migliaia e occorsero parecchi anni solo per svuotare il sepolcro di tutti i suoi tesori.

La tomba di Tutankhamon ha uno schema architettonico molto semplice: un corridoio di nove metri che conduce all'Anticamera su cui si affacciano a destra la Camera Funeraria e la Camera del Tesoro. Dall'Anticamera si accede all'Annesso, destinato ad accogliere le offerte e l'arredo funebre: quest'ultimo è considerato uno dei più grandi tesori dell'antichità che ci sia pervenuto intatto e oggi è conservato al Museo Egizio del Cairo. 

La camera sepolcrale conteneva il sarcofago, un unico, enorme blocco di quarzite racchiuso in quattro cappelle di legno dorate che entravano l'una dentro l'altra, come delle scatole cinesi. Al suo interno si trovava un primo sarcofago di legno ricoperto da una lamina d'oro e intarsiato con vetro e pietre semi preziose, con il faraone rappresentato come Osiride: al suo interno, sotto bende di lino e ghirlande di fiori c'era un secondo sarcofago antropoidale, anche questo in legno coperto da una lamina d'oro con incrostazioni di vetro colorato e pietre semi preziose. Quando fu sollevato anche il coperchio di questa seconda bara nessuno si aspettava di trovare un terzo sarcofago costituito da un blocco di oro massiccio pesante 110,4 kg: il solo valore materiale era inestimabile! Il re portava, oltre al copricapo con il cobra e l'avvoltoio, anche una barba posticcia e una pesante collana a grani d'oro e maiolica, mentre nelle mani teneva il flagello e lo scettro. Dentro quest'ultima bara si trovava, intatta, la mummia di Tutankhamon, completamente ricoperta di gioielli e d'oro. Una splendente maschera d'oro ricopriva il sovrano fino alle spalle: di grande eleganza, il pesante nemes a strisce blu e oro, con i simboli reali sulla fronte, intarsiati di lapislazzulì, turchesi e corniole.

Nel sarcofago in quarzite, ancora in situ, è tuttora conservata la salma mummificata del giovane re, che purtroppo ha subito vari danneggiamenti in seguito a non troppo accorte autopsie eseguite dagli specialisti. Altri due sarcofagi antropomorfi - uno in legno laminato d'oro, l'altro in oro massiccio - insieme alla maschera, aurea anch'essa, appoggiata direttamente sulla mummia, sono invece esposti in una sala apposita del Museo del Cairo, a eternare ai visitatori il ricordo della grandezza di un passato irripetibile.

Tomba di Horemheb (kv 57)  

Horemheb, alto funzionario e generale ad Amarna ai tempi di Akhenaton, conservò gli stessi titoli prestigiosi anche sotto i regni dei successori Tutankhamon e Ay, prima di ascendere al trono e governare l'Egitto per un trentennio. Non essendo di discendenza reale, come il suo predecessore Ay, Horemheb, anziano uomo di fiducia di Tutankhamon, ripudiò la prima moglie e sposò Mutnodjmet, sorella di Nefertiti. 

Come documenta il bel gruppo statuario conservato nel Museo Egizio di Torino, che ritrae i due personaggi abbracciati come marito e moglie secondo la consuetudine dei privati, la legittimità al trono gli era assicurata dalla sposa; gli artisti che scolpirono questo monumento evidentemente risentivano ancora dei dettami "realistici" imposti dalla cultura dell'età di Akhenaton. 

Prima di diventare faraone, Horemheb si era già fatto approntare una tomba a Saqqara. Solo di recente questo sepolcro è stato "riscoperto" e ne è stata identificata l'esatta ubicazione; la spoliazione che, nel secolo scorso, aveva fatto seguito al primo ValleRe Horemheb2.jpg (119558 byte) ritrovamento della vasta sepoltura a più ambienti decorati aveva infatti causato la dispersione di molti splendidi bassorilievi, avviati verso le collezioni di Bologna, Leida e Vienna, finendo per cancellarne la memoria sul terreno. 

Fu l'archeologo inglese Edward Ayrton che trovò il nome del generale, scritto in ieratico, su una tavoletta relativa alle ispezioni alle tombe reali della Valle. Una volta scoperta, la tomba di Horemheb apparve come il trait-d'union fra le tombe precedenti e più semplici della XVIII dinastia e quelle più importanti che sarebbero venute in seguito.

Il corridoio, infatti, non curva più con decisione ad angolo retto, ma dopo un lieve scarto iniziale procede praticamente in linea retta fino alla camera del sarcofago. Al momento della scoperta, i bassorilievi dipinti che illustravano le  consuete scene del repertorio funebre, balzarono agli occhi degli archeologi in tutta la loro brillante policromia, perfetti, freschi e luminosi come se fossero stati appena terminati.

Le decorazioni parietali, parzialmente incompiute, rivelano, oltre alla brillante policromia delle scene, i diversi stadi di lavorazione artistica (dal disegno preparatorio all'opera dello scultore). Il repertorio iconografico e testuale si arricchisce di un nuovo capitolo di letteratura funeraria reale, con l'apparizione del Libro delle Porte, che descrive i diversi ostacoli o "porte" che scandiscono le dodici ore della notte, a completamento del Libro dell'Amduat.

Tomba di Ramesse I (kv 16)  

Il fondatore della XIX dinastia era un militare di carriera, generale e visir di Horemheb. Il suo fu un regno molto breve, appena due anni, ma in questo periodo - come ci attestano i bassorilievi nella sala ipostila di Karnak - si spinse in territorio ittita fino al paese di Kadesh. Associò subito al trono il figlio Sethi I ed elesse Tanis capitale dell'impero. 

La sua tomba, scoperta da Belzoni, ha la struttura ridotta all'essenziale perché evidentemente l'anziano faraone morì all'improvviso mentre ancora gli operai vi stavano lavorando.  

Tomba di Sethi I (kv 17)  

Questa di Sethi I è fra le più imponenti tombe della Valle dei Re. Anche il faraone che vi fu sepolto fu uno dei più importanti della sua dinastia, la XIX. Figlio di Ramesse I, fu capo degli arcieri e visir quando il padre era ancora in vita. Sethi I riprende la politica di espansione in Oriente, spingendosi in Siria fino all'altezza di Tiro, respinge l'avanzata di Muwatalli, capo degli Ittiti e riconquista la Fenicia.

La tomba fu scoperta il 18 ottobre 1817 da Belzoni: ciò spiega perché per lungo tempo è stata chiamata "tomba di Belzoni". E' lunga 105 metri: una rapida scala di 27 gradoni scende subito ad un livello molto basso. Qui un corridoio porta a una seconda scala che conduce ad un secondo corridoio, fino ad arrivare ad una sala dove Belzoni trovò un pozzo, scavato evidentemente per fuorviare le ricerche.

Belzoni notò, sull'altra parete, una fessura di 65 centimetri. Una volta superato avventurosamente il pozzo, l'archeologo allargò l'apertura e scoprì che dava accesso alle stanze che gli antichi costruttori avevano voluto tenere nascoste. Tuttavia, nessuna di queste conteneva il sarcofago: Belzoni non era arrivato, infatti, che a metà percorso. Nuovi corridoi, nuove scale e altre camere, infine, portarono alla sala del sarcofago, che però era privo della mummia. 

Questa sarà trovata, settanta anni più tardi, a Deir el-Bahari, mentre il bellissimo sarcofago fu portato a Londra, vanto della lussuosa abitazione che fu proprietà dell'architetto e collezionista d'arte Sir John Soane, poi adibita a museo. Ciò che e curioso e inconsueto è il fatto che questa tomba doveva ancora spingersi più profondamente nel cuore della terra. Infatti, da sotto il sarcofago, partiva una misteriosa galleria che Belzoni iniziò a scavare per circa novanta metri, dovendosi però fermare per la mancanza d'aria e per l'estrema friabilità della roccia. 

Altri trenta metri furono scavati negli anni Cinquanta di questo secolo. Questa galleria, cosi, è rimasta un mistero: a cosa servisse e dove conducesse non si sa, ma dice una antica leggenda della Valle che il tunnel attraversa tutta la montagna per sbucare poi all'aperto vicino al tempio di Hatshepsut a Deir El-Bahari.

Belzoni riteneva che questa fosse la più bella tomba mai scoperta in Egitto: la sua decorazione, infatti, ricopre pareti, colonne e soffitti, con dipinti e bassorilievi densi di significato e di simbolismo.

Tomba di Ramesse III (kv 11)  

La tomba di Ramesse III era nota già ai viaggiatori greci come Strabone e fu esplorata per la prima volta in età moderna dallo scozzese James Bruce nel 1768. Incuneandosi nella roccia per ben 125 metri, figura tra i più maestosi esempi di sepoltura reale, con ambienti ricchi di decorazioni anche inconsuete e di testi funerari, dalle Litanie di Ra al Libro dell'Amduat e al Libro delle Porte. Il percorso segue la consuetudine delle tombe ramessidi della XX Dinastia, ma evidenzia una leggera deviazione dell'asse principale (con sviluppo a innesto parallelo dei restanti corridoi e ambienti fino alla camera del sarcofago), dovuta alla necessità di evitare il congiungimento con la vicina tomba del re Amenemes. 

Ramesse III è il secondo sovrano della XX dinastia ed è anche l'ultimo grande faraone del Nuovo Regno: dopo di lui si aprirà un confuso periodo di lotte intestine e di disordini, e l'Egitto precipiterà sempre più nel caos. Ramesse III operò una importante riforma amministrativa e sociale. Nell'ottavo anno di regno, in una grossa battaglia sul Delta, inflisse una pesante sconfitta alla coalizione fra i "popoli del mare" e le tribù libiche: la battaglia è ricordata in un rilievo sul tempio di Medinet Habu, dove si vedono alcuni prigionieri Peleseth. Costoro si insedieranno in seguito in Palestina e si chiameranno Filistei. Da un papiro conservato al Museo Egizio di Torino e conosciuto come Papiro giudiziario sappiamo che nel 29° anno di regno Ramesse III rimase vittima di una congiura di palazzo: i colpevoli furono poi catturati e processarti, come ci documentano, appunto, gli atti nel papiro. 

Il sarcofago del faraone, uno splendido blocco di granito rosa, fu portato via dall'archeologo padovano Giovanni Battista Belzoni e in seguito fu venduto al e di Francia che lo espose al Louvre.

La fama del sepolcro è anche dovuta alla presenza di raffigurazioni piuttosto eccezionali, quali la preparazione degli alimenti, la presentazione di offerte, armi e gioielli e il ritratto di due arpisti inneggianti al re di fronte agli dèi Onuris, Shu e Atum. Il sarcofago in granito rosa di Ramesse III, che si trovava nella camera sepolcrale a otto pilastri, è ora esposto al Louvre, mentre il coperchio è al Fitzwilliam Museum di Cambridge.

Tomba di Ramesse IV (kv 2)  

E' la prima tomba che si scorge avvicinandosi al centro della Valle. E' di piccole dimensioni (66 metri lunghezza) e racchiude il sarcofago di Ramesse IV, sovrano della XX dinastia e figlio di Ramesse III. La pianta della tomba è tracciata su un papiro conservato al Museo di Torino; a partire dal V secolo fu utilizzata come chiesa da una piccola comunità cristiana della Valle. 

Nella splendida decorazione della tomba, i testi sono predominanti, con scene tratte dal Libro dei Morti, dal Libro delle Porte e dal Libro delle Caverne.

Tomba di Ramesse IX (kv 6)  

Purtroppo assai rovinata, appartiene a uno degli ultimi Ramessidi della XX dinastia, e il cui governo fu contraddistinto da una lunga serie di disordini interni e di carestie. Al momento della scoperta, nella tomba fu ritrovato anche un enorme paio di pattini, provenienti dalla slitta su cui fu trasportata la bara del faraone, e diverse centinaia di cocci su cui gli operai che lavoravano al sepolcro del re avevano annotato il numero degli attrezzi, le ore di lavoro, l'elenco delle provviste e così via.

La tomba è costituita da una lunga scalinata che conduce ad un corridoio che porta a due sale, di cui una con quattro pilastri, e un secondo corridoio più piccolo che conclude nella sala del sarcofago.

Il repertorio iconografico presente sulle pareti di questo sepolcro non si discosta dai modelli ramessidi, mostrando in particolare molte affinità stilistiche e di contenuto con la tomba di Ramesse VI, ma le decorazioni, nonostante il degrado, appaiono ancora molto interessanti. Nei primi due corridoi si trovano testi tratti dalle Litanie di Ra e un capitolo del Libro dei Morti; si prosegue poi con estratti dal Libro delle Caverne e dal Libro dell'Amduat e con illustrazioni di divinità infernali. 

Infine, i soffitti con motivi astronomici e la duplice figurazione di Nut sulla volta della camera sepolcrale, insieme ad alcuni passi del Libro del Giorno e del Libro della Notte, riassumono la rigenerazione del sole attraverso la dea del cielo.

Tomba di Ramesse VI (kv 9)  

Chiamata anticamente "tomba di Meninone" e anche "tomba della metempsicosi" dagli studiosi della spedizione archeologica del 1798, fu scoperta dall'inglese James Burton. Al pari delle altre grandi tombe dei Ramessidi, anche questa aveva l'accesso molto più in alto rispetto al fondovalle - circa 400 metri - esattamente il contrario delle tombe profondamente scavate dei sovrani della XVIII dinastia. La parte anteriore è più antica e fu iniziata sotto Ramesse V. 

Una volta ingrandita, la pianta mostra oggi un andamento lineare, con un corridoio che conduce ad una anticamera, una sala a pilastri, un secondo corridoio e una seconda anticamera che precede la sala del sarcofago. 

Quest'ultima ha un soffitto "astronomico", cioè interamente decorato con scene astronomiche e della creazione del sole. Vi giganteggia la dea del cielo Nut, ripetuta due volte, che avvolge la sfera occidentale. La tomba, in cui furono ritrovati numerosi resti dell'attrezzatura degli operai, fu visitata fin dai tempi più antichi, come attestano i molti graffiti greci e copti incisi sulle pareti.

Tomba di Merneptah (kv 8)  

Merneptah, quarto faraone della XIX dinastia, era il tredicesimo figlio di Ramesse II e Isinofre e arrivò al potere in età già avanzata.

La pianta della tomba è semplice, un lungo corridoio a sezioni che scende fino alla sala ipostila a tre navate che conserva il coperchio del sarcofago. Sopra il coperchio, che è in granito rosso ed ha la forma di un cartiglio, è scolpita la figura del sovrano, con il copricapo nemes e le braccia incrociate sul petto che reggono lo scettro e il flagello.

Al momento della scoperta la mummia del faraone non fu trovata all'interno del sarcofago e ciò fece pensare che fosse proprio lui il faraone annegato nel Mar Rosso mentre inseguiva gli ebrei: in realtà la mummia di Merneptah fu ritrovata nel 1898 nella tomba di Amenhotep II.

Temi della pittura egizia

Nella necropoli di Sheikh Abd al-Quma, che custodisce tombe di alti funzionari tebani della XVIII dinastia, è custodita la tomba di Rekhmire, "covematore della città e vizir" sotto Tutmosi III e Amenofi II, una delle meglio conservate tra le grandi tombe civili dell'epoca.

Nel suo vestibolo sono raffigurate, oltre a scene agricole, le cerimonie di presentazione dei tributi da parte di popoli stranieri. Questa rappresentazione, vivacemente realista, è di grande interesse storico e artistico, con i cinque gruppi di uomini ben delineati dai caratteri somatici e dai doni che recano: i somali, dalle corte vesti, offrono ebano, avorio, piume di struzzo, leopardi e scimmie; i cretesi, con elaborate acconciature, portano coppe, vasi e oggetti di oreficeria; i neri, con i fianchi cinti da pelli di pantera, offrono ebano, avorio, pelli, uova di struzzo, piume, minerali preziosi, anelli d'oro e animali, come un giaguaro, scimmie e una giraffa.

Nelle necropoli reali l'attività pittorica assume un rilievo assoluto per la possibilità di visualizzare rituali di resurrezione, scene di vita reale e immagini divine; tra i cicli meglio conservati si ricorda quello della regina Nefertari, moglie di Ramsete II, la decorazione della tomba della regina Tiyi nella quale il falco reale apre le sua ali a protezione del sarcofago, e quella di Tutmosi IV in cui le singole divinità dell'olimpo egizio aprono la bocca all'anima del faraone per avviarlo alla vita eterna. Gli schemi iconografici e le consuetudini rappresentative proprio per il valore sacrale si mantengono inalterate nel tempo, se si esclude la parentesi naturalistica, di per se rimasta isolata del regno di Amenofi IV.  

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