Luogo della nascita di Gesù: la Basilica della Natività 
e la Via del Pellegrinaggio, Betlemme
Palestina
  
   
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2012

    

Betlemme è una città della Cisgiordania, capitale del Governatorato di Betlemme dell'Autorità Nazionale Palestinese, ed è famosa soprattutto perché i Vangeli e la tradizione cristiana la indicano quale luogo di nascita di Gesù Cristo; per questo motivo vi sorge la Basilica della Natività. Secondo la Bibbia, a Betlemme nacque anche Davide, secondo re di Israele; essa è quindi menzionata da Luca evangelista come "la città di Davide". 

Nella storia antica, Betlemme è indicata in una tavoletta cuneiforme trovata in Egitto e appartenente all'archivio del faraone Akhenaton: si parla della città di Bit Lahmu, nel territorio di Gerusalemme. E’ molto probabile che il nome originario della città derivi dal termine Lahmo, nome della divinità caldea della natura e della fertilità, termine adottato e cambiato dai popoli cananei con Lahama.

Se si da credito a questa ipotesi la traduzione del nome Beit el-Laham potrebbe essere "Casa di Lahami", cosa possibile vista la particolare caratteristica di questa terra molto feconda e ricca di acque. Inoltre nell'Antico Testamento la città è chiamata con il nome Beth Lechem, “Casa del Pane”, e anche Efrata, nome derivato dalla tribù che viveva in questi luoghi, che letteralmente significa "Fruttifera".

Anche i nomi più moderni rimandano all'idea di un luogo di fertilità e abbondanza. In arabo Beit Lahm significa "Casa della carne", per la grande quantità di greggi di pecore e capre, una delle attività più importanti della zona. Mentre in erbaico Beit-Lehem significa "la casa del pane", tema che introduce all’immagine di Gesù come pane venuto del cielo.

Nell'Antico Testamento la città è ricordata quale capoluogo e insediamento della tribù del re Davide, stabilitasi in queste terre dal 1200 a.C. e quale luogo della sepoltura di Rachele, moglie del patriarca Giacobbe. Tra queste memorie bibliche s’inserisce la storia di secoli di guerre e spartizioni di territori che caratterizzano le vicissitudini di questo territorio.

Nel 586 l'esercito caldeo di Nabucodonosor, dopo aver occupato la Giudea, deportò il popolo ebraico a Babilonia, dove visse cinquant'anni di esilio.

Finito questo periodo il re persiano Ciro II permise agli ebrei di rimpatriare: da questo momento la città di Betlemme tornò ad essere popolata.

La Palestina divenne terra di conquista subendo una serie di successive occupazioni: presa da Alessandro Magno nel 333 a.C. venne sottomessa al regno dei Tolomei tra il 301 e il 198 a.C. e poi al governo dei Seleucidi di Antiochia. Tra 167 e 164 a.C., dopo le persecuzioni dei giudei e lo scoppio dell'insurrezione antisiriana dei Maccabei, ebbe inizio la dinastia degli Asmonei che regnò su tutti i territori, compresa la città di Betlemme, per circa 30 anni, fino all'arrivo delle truppe romane.

Il periodo romano - I territori della Palestina, conquistati definitivamente da Pompeo nel 63 a.C. rientrano, all'epoca delle vicende della vita di Gesù Cristo, sotto il dominio romano. Tutti i territori conquistati dai romani erano divisi in varie tetrarchie. Tra queste, la città di Betlemme era sottomessa al potere del re Erode I il Grande, che nel 30 ca. fece costruire nei pressi della città un palazzo-fortezza chiamato Herodion.

L'evento della Nascita di Gesù segna quest'epoca. Nel 6 d.C. con la deposizione dell'etnarca Archelao, la Giudea venne incorporata nella provincia imperiale della Siria e amministrata dai procuratori residenti a Cesarea Marittima.

Fortunatamente Betlemme fu risparmiata dalla reazione di Tito contro i giudei avversi al potere di Roma, rivolte che portarono alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C.

Betlemme divenne presto luogo di culto per i primi cristiani dove veneravano la grotta in cui era nato il Messia. Dopo la prima rivolta contro Roma soppressa nel sangue si acuirono le tensioni, che divennero sempre più forti, sfociando nella seconda Guerra giudaica, repressa sotto il dominio dell'imperatore Adriano.

Quest'ultimo decise di far costruire a Betlemme un tempio pagano dedicato al dio Adone sopra la Grotta della Natività; il luogo venerato dai primi cristiani fu interrato e distrutto in ogni segno di venerazione, come già era avvenuto sopra il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

La grotta doveva presentarsi allo stato naturale, come descriverà poi Girolamo nelle sue testimonianze. Restò sempre vivo il ricordo del luogo esatto della nascita di Gesù, come ci testimonia Origene nei suoi scritti. A causa delle forti repressioni molti cristiani lasciarono la cittadina in mano ai pagani che continuarono il loro culto.

Il periodo romano-bizantino - Dopo l'editto di Costantino del 313 d.C. venne proclamata la libertà di culto e iniziò un periodo di rinascita per tutti i luoghi santi. Con il concilio di Nicea e grazie alla forte volontà della regina Elena, dopo opportuni scavi, iniziò la fabbrica della basilica della Natività che ridava dignità al Luogo della nascita del Messia. Il cantiere si concluse nel 333 d.C., come ricorda il pellegrino Anonimo da Bordeaux. Betlemme divenne fin da subito un importante centro religioso.

Con l'arrivo di S. Girolamo nel 384 le grotte della Natività divennero polo di una nuova esperienza monastica. Girolamo contribuì alla storia della Chiesa con la trascrizione in latino della bibbia su richiesta di Papa Damasco, opera conosciuta come "La Vulgata"

Un’altra figura di rilievo per lo sviluppo del monachesimo sia maschile che femminile fu la patrizia romana Paola che, insieme alla figlia Eustochio, giunse a Betlemme nel 386 e destinò molto del suo patrimonio all'erezione di due monasteri nelle prossimità dei luoghi della Natività di Gesù. Nel 420 dopo la morte di Girolamo la vita monastica a Betlemme non proseguì; inoltre la città venne conquistata dai Samaritani di Naplus che, dopo le rivolte contro l'imperatore di Bisanzio dal 521-528, saccheggiarono le chiese e i monasteri, attaccando duramente i cristiani (529).

Successivamente i saccheggi che provocarono la distruzione della Basilica della Natività, nel 531 l'imperatore Giustiniano, su richiesta di S. Saba, restaurò il santuario e ricostruì la città ormai in rovina. In questa occasione fu realizzato un mosaico sul timpano maggiore, decorato con l'immagine dei Magi in costumi persiani, iconografia frequentemente riprodotta soprattutto dopo la Pace costantiniana a simboleggiare la regalità del Cristo. 

Questa particolare scena di sapore orientale tornò utile quando, con l'invasione capeggiata da Cosroe II nel 614, la basilica fu preservata dalla distruzione a causa della visione del mosaico, che intimorì le armate persiane. Nel 629 l'imperatore Eraclio riconquistò i territori palestinesi dal dominio persiano.

Il periodo arabo-musulmano - Con l'occupazione arabo-musulmana da parte del Califfo Omar nel 638, anche Betlemme fu sottomessa a questo nuovo potere. Il clima di tolleranza e convivenza tra musulmani e cristiani fu garantito dal gesto simbolico del Califfo che, dopo l'occupazione della città, entrò a pregare nella basilica davanti all'abside sud. Da quel momento la basilica divenne un luogo di preghiera sia per i cristiani che per i musulmani.

In un primo tempo convivenza e tolleranza tra le due religioni furono osservate, ma con il susseguirsi dei diversi califfati la situazione dei cristiani di Betlemme peggiorò notevolmente. Questo fino alle persecuzioni del 1009 da parte del Califfo fatimida el-Hakim, che ordinò la distruzione dei santuari di Terra Santa, preservando miracolosamente la Natività di Betlemme.

Questo avvenne perché il luogo aveva importanza anche per la religione islamica, essendo luogo di nascita di Gesù, che per i musulmani è il profeta Issa, ma anche perché la basilica ospitava una piccola moschea.

Il periodo crociato - Con il movimento crociato per la liberazione dei Luoghi santi cristiani inizia un nuovo periodo nella fase della storia della Terra Santa. A causa delle difficili condizioni vissute nei territori di Betlemme, i cristiani chiesero aiuto a Goffredo di Buglione, di stanza ad Emmaus.

L'arrivo dei crociati inasprì i rapporti tra musulmani e cristiani che speravano nella liberazione della città da parte dei cavalieri. Infatti, una centuria di cavalieri guidata da Tancredi conquistò la città che da quel momento visse un secolo d'oro in cui s’intensificarono i rapporti con l'Europa tramite scambi commerciali e pellegrinaggi.

I crociati diedero anche un nuovo aspetto alla città erigendo un monastero per i canonici Agostiniani, che oggi corrisponde al convento francescano, ai quali fu affidato il servizio liturgico nella Basilica e l'accoglienza dei pellegrini, mentre ai riti orientali venne concessa la possibilità di celebrare la propria liturgia.

Il 24 dicembre 1100 Baldovino I venne incoronato primo re di Gerusalemme: da allora la città dipese direttamente dal Patriarca di Gerusalemme e divenne sede episcopale e centro diocesano.

Tra il 1165-1169 per volere del vescovo Rodolfo si procedette al restauro della basilica, con il contributo economico del re crociato Almarico I e dell'imperatore di Costantinopoli Manuele Porfirogeneto Comneno, come testimonia il pellegrino Focas. Questa collaborazione fu chiaro segno dell'unità tra le chiese d'Oriente e d'Occidente. Alla sconfitta dei crociati nel 1187 ad Hattin, in Galilea, da parte di Saladino, Salah al-Din ibn Ayyub, seguì una nuova occupazione di Betlemme.

La comunità latina residente in città abbandonò Betlemme, ritornandovi solo nel 1192, quando i musulmani consentirono ai latini di riprendere il culto attraverso il pagamento di un alto tributo.

A seguito delle due tregue, una tra l'imperatore Federico II e il Sultano d'Egitto e l’altra tra il re di Navarra e il sultano di Damaso, Betlemme passò nuovamente sotto il Regno Latino di Gerusalemme tra il 1229 e il 1244. Il Regno durò poco più di un decennio perché nel 1244 l'invasione dei Carismini in Palestina destabilizzò nuovamente i territori.

Sicuramente la fama di Betlemme, come di tutti i Luoghi santi, ebbe un incremento anche grazie al viaggio di Francesco d'Assisi, che tra 1219-1220 si recò in oriente con altri 12 frati. Si è supposto che Francesco si fosse recato a Betlemme, perché la tradizione ricorda il famoso attaccamento del santo all'immagine del presepe, ma questo non è confermato da nessuna fonte storica.

Comunque, è certo che il frate, entrato dal porto di Acri insieme ai Crociati, si recò in Egitto alla corte del sultano Malek al-Kamil che, colpito dalla sua personalità, gli accordò un salvacondotto per il viaggio in Palestina. Alcuni dei suoi compagni, già arrivati in Palestina negli anni precedenti, si fermarono a servizio della Chiesa in quella terra.

Il periodo mamelucco - Nel 1263 con l'invasione di Gerusalemme da parte dei Mamelucchi d'Egitto, il sultano Baybars cacciò i cristiani da Betlemme e abbatté le mura fortificate della città. In questo periodo i pellegrini poterono raggiungere la città solo dopo il pagamento di un contributi.

In seguito, con la caduta di Acri del 1291 e la fine del Regno latino di Gerusalemme, la Palestina rimase sotto i mamelucchi fino alla conquista dell'Impero Ottomano.

I francescani a Betlemme - I frati minori, giunti già in Terra Santa agli inizi del XIII sec., si stabilirono definitivamente a Betlemme nel 1347. Questi occuparono un convento dei canonici agostiniani, esiliati dai mamelucchi, come testimonia Fra Niccolò da Poggibonsi, che giunse in Terra Santa proprio in quell'anno.

Il sultano donò ai Frati della corda (così ricordati nelle cronache e nei documenti antichi) la proprietà della basilica e della Grotta della Natività.
Gli altri riti cristiani ottennero il permesso di celebrare la loro liturgia. Da quest'epoca in poi furono i francescani a rappresentare i religiosi di rito latino a Betlemme come in altri Luoghi santi.

Nel 1479 si mise mano alla fabbrica per il rifacimento del tetto della Basilica grazie all'operosità dal guardiano Giovanni Tomacelli. Il legname fu offerto da Filippo il Buono di Borgogna e trasportato dall'Europa con navi veneziane, mentre il piombo fu donato dal re Edoardo IV d'Inghilterra, come testimonia fra Francesco Suriano.

Il periodo Turco - Nel 1517 la Palestina fu annessa all'Impero Turco ottomano e il sultano Selim I abbatté i resti delle mura di Betlemme. La città cadde così in una lenta rovina e i cristiani oppressi e perseguitati lasciarono man mano il paese. I diritti di possesso e liturgici sulla basilica vennero divisi tra francescani e ortodossi, causa di continui scontri fomentati dal governo della Sublime Porta, che appoggiava alternativamente una o l’altra confessione, concedendo diversi privilegi.

Nel 1690 i frati francescani riuscirono a riacquistare i loro diritti, ma nel 1757 vi fu un nuovo e definitivo cambio di proprietà.

Tra il 1831 e il 1841 il viceré d'Egitto Muhammed Alì e il figlio Ibrahim Pascià liberarono per un breve tempo la Palestina dal dominio dei Turchi. Con questa occasione i cristiani rivendicarono il diritto sulla città di Betlemme e, dopo anni di sottomissione e persecuzione, cacciarono i musulmani e distrussero il loro quartiere nel 1834. Da allora la maggioranza della popolazione della città resterà sempre cristiana.

Uno degli eventi più ricordati, che caratterizza il periodo di dispute tra le diverse confessioni, è la sparizione della stella, posta dai latini nel luogo esatto della nascita di Gesù. Il fatto fu commesso dai greci ortodossi il 12 ottobre 1847 e provocò l'inasprimento dei contrasti tra le due confessioni. 

A causa di questi attriti il governo turco emanò un firmano, nel 1852, che sanzionava i diritti di proprietà esistenti nei santuari cristiani (Status quo), per cercare di mettere pace dopo secoli di scontri.

La Sublime Porta, per rendere grazie ai paesi europei che contribuirono alla vittoria nella Guerra di Crimea contro la Russia, concesse ai latini maggiori libertà. In questo periodo iniziarono a stabilirsi in Palestina molte congregazioni religiose che si occupavano delle scuole, degli ospedali e degli ospizi. L'arrivo di molti occidentali lasciò un segno visibile tutt'oggi nella città. 

Nel 1859 i francescani acquistarono "Siyar al-Ghanam", il Campo dei Pastori, dove a seguito di scavi archeologici furono rinvenuti resti di costruzioni di epoca bizantina.

Dopo la sconfitta dell'Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, nel 1922 la Palestina fu sottoposta al protettorato della Gran Bretagna su base di accordi internazionali.

XX secolo - Betlemme è stata amministrata dal mandato britannico dal 1920 fino al 1948. Nell'Assemblea generale delle Nazioni unite del 1947 per la partizione della Palestina, Betlemme è stata inclusa nell'enclave internazionale speciale di Gerusalemme per essere amministrato dalle Nazioni Unite.

La Giordania ha annesso la città durante la Guerra arabo-israeliana del 1948. Molti rifugiati della zona furono catturati dalle forze israeliane nel 1947-48; essi erano fuggiti nella zona di Betlemme, soprattutto per stabilirsi in quello che divenne il campo profughi ufficiale di Gazanel Dheisheh. L'afflusso di rifugiati ha significativamente trasformato la maggioranza cristiana di Betlemme in una musulmana.

La Giordania ha mantenuto il controllo della città fino alla Guerra dei sei giorni nel 1967, quando fu occupato da Israele, insieme al resto della Cisgiordania. Il 21 dicembre 1995, le truppe israeliane si ritirarono da Betlemme, e tre giorni più tardi la città passò sotto la completa gestione e il controllo militare dell'Autorità Nazionale Palestinese in conformità con l'accordo ad interim sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza nel 1995.

Seconda Intifada - Durante la Seconda Intifada, che iniziò nel 2000-01, le infrastrutture e l'industria turistica di Betlemme furono gravemente danneggiate. Nel 2002 le Forze di Difesa Israeliane (IDF) lanciarono un'importante offensiva, chiamata Operazione Scudo Difensivo.

Durante questa operazione, l'IDF assediò la Basilica della Natività, dove circa 200 Palestinesi, incluso un gruppo di militanti, avevano cercato riparo dall'avanzata dell'IDF nella città. L'assediò durò 39 giorni e 9 militanti e il campanaro della basilica vennero uccisi. L'attacco si concluse con un compromesso, in base al quale 13 militanti ricercati sarebbero stati esiliati in varie nazioni europee e in Mauritania. Il Papa Giovanni Paolo II condannò le azioni dell'esercito israeliano, descrivendole come "intollerabili" e il ministro degli Esteri britannico le classificò come "totalmente inaccettabili".

La data di nascita di Gesù - E’ ormai pensiero comune degli storici e degli studiosi che l’anno di nascita di Gesù Cristo non sia stato correttamente calcolato. Si parla di un errore fatto dal monaco Dionigi il piccolo che, tra V-VI sec., fu incaricato da Roma di proseguire la compilazione della tavola cronologica per il calcolo delle data della Pasqua, preparata al tempo del vescovo Cirillo. Il monaco prese come punto di partenza la data dell’incarnazione del Signore.

Lo sbaglio di Dionigi stette nel fatto che il monaco calcolò la nascita di Gesù dopo la morte di Erode, ovvero 4 o 6 anni dopo la data in cui sarebbe veramente avvenuta, che corrisponderebbe all'anno 748 dopo la fondazione di Roma. Ma Giuseppe Flavio testimonia che la morte di Erode I il Grande avvenne dopo 37 anni del suo regno e, considerando che salì al trono nel 40 a.C., l’anno della sua morte sarebbe da far coincidere con il 4 a.C.

Lo conferma un altro evento astronomico, che il cronista ricorda prima della morte del monarca, e cioè quello di un’eclissi lunare che sarebbe avvenuta tra l’11 e il 12 aprile del 4 a.C. Per cui, se la data di morte di Erode è da assegnare al 4 a.C., Gesù non può essere nato oltre questo anno.

Per quanto riguarda il mese e il giorno della nascita, invece, molti aspetti portano a una loro veridicità. L'analisi parte da due fonti: il Vangelo di Luca e il calendario solare rinvenuto a Qumran. Luca dice che l’Angelo Gabriele annunciò a Zaccaria che Elisabetta era incinta, mentre “esercitava sacerdotalmente nel turno del suo ordine” (Lc 1, 8). E' stato possibile calcolare le 24 classi in cui erano divise le famiglie sacerdotali e risalire all’ottava classe di Abia, alla quale apparteneva il sacerdote Zaccaria. Egli svolse servizio presso il tempio dall’8° al 14° giorno del terzo mese e dal 24° al 30° giorno dell’ottavo mese. Quest’ultima data corrisponde alla fine di settembre, nove mesi prima del 24 giugno, ossia della data di Nascita del Battista.

Così, anche l’annuncio alla Vergine Maria “nel sesto mese” (Lc 1, 28) dal concepimento di Elisabetta, corrisponderebbe al 25 marzo. Di conseguenza si può considerare storica anche la data di nascita di Gesù, il 25 dicembre.

Nonostante questo è pensiero comune che la tradizione della Chiesa abbia stabilito la data della solennità della nascita di Gesù in corrispondenza della festività pagana del Dies natalis solis invicti. Questa  cadeva il 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno. Probabilmente le due festività furono fatte coincidere per sostituire il culto pagano e divulgare velocemente quello cristiano. Ma è anche evidente che una festa così centrale non poté essere stabilita solo per motivi di sincretismo ma che doveva avere alla base delle solide radici storiche. E’ anche vero che il passaggio dalla festività pagana a quella cristiana fu molto facile, perché la tradizione biblica parla del Messia come di un sole e di una luce: “verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge” (Lc 1, 78).

Basilica della Natività

Percorrendo la via della Stella, come fecero i Magi d'Oriente e a loro volta i pellegrini, verso il Luogo santo della Natività di Gesù, in lontananza, prima di arrivare al piazzale dell'attuale basilica, si scorge l'incanto di un Luogo che da secoli richiama milioni di visitatori venuti da tutto il mondo per adorarlo.

Giungendo presso il piazzale lastricato antistante la basilica, si apre la visione del santuario della Natività. A prima vista non è facile comprendere la struttura architettonica del complesso basilicale, che è passato attraverso secoli di storia e di trasformazioni. L’edificio risale al VI sec. ed è opera degli architetti dell’imperatore bizantino Giustiniano, che volle ricostruire la basilica del IV sec. distrutta dopo la rivolta dei Samaritani, come è testimoniato da Eutachio, patriarca di Alessandria nel 876.

Osservando la facciata è possibile distinguere alcune delle parti che costituiscono il complesso della basilica e gli edifici annessi. L'aspetto di fortezza è la conseguenza dall'esigenza, manifestatasi nei secoli, di rendere sicura la struttura e le abitazioni dei religiosi che custodivano la basilica. Guardando la facciata, le mura sulla destra recintano il monastero armeno e quello greco, mentre a sinistra si trovano le costruzioni moderne del Casa Nova e del Convento francescano di epoca crociata.

Il piazzale - In epoca costantiniana il piazzale attuale era parte dell’atrio della basilica e si presentava come uno spazio aperto e ampio. Questo è stato confermato dagli scavi che hanno riportato alla luce il perimetro della basilica del IV sec. Davanti all'ingresso sono state ritrovate delle cisterne di cui si possono riconoscere, sul lastricato, le bocche di apertura: vi si raccoglieva l'acqua piovana che veniva usata per i riti e per la vita quotidiana dei monasteri.

Attualmente il piazzale è circondato da un muro perimetrale collegato al monastero armeno, che si trova nella sommità del lato a sud-ovest. Il muro che si estendeva al lato ovest del piazzale finiva con un grande portale, che serviva da ingresso e delimitava la zona degli edifici sacri dal termine del villaggio. La presenza della porta ormai distrutta è testimoniata dai resti delle fondamenta e dai disegni di Bernardino d'Amico (XVI sec.) e del Mayr (XVIII sec.).

La facciata - La facciata, la cui composizione si presenta poco chiara a causa delle continue modifiche, appartiene alla struttura di epoca giustinianea. L’attenta osservazione consente di scorgere tre porte d'ingresso, che sono state nel tempo tamponate da muratura. La facciata bizantina si doveva presentare maestosa e imponente con tre portali d’accesso alle rispettive navate.

Diversamente dall’edificio costantiniano, la facciata bizantina, preceduta dal nartece, fu spostata in avanti dello spazio di un intercolumnio. La piccola porta d'ingresso è il risultato delle riduzioni che nel tempo furono apportate: si riconosce facilmente la grande porta centrale, di età bizantina, con architrave orizzontale e con pietre disposte in diagonale.

Con la venuta dei crociati la porta venne ridimensionata nello stile proprio dei cavalieri occidentali, per motivi di difesa del Luogo santo. Ne è testimonianza visibile il resto dell'arco a sesto acuto che si individua nella muratura.

In epoca Ottomana le dimensioni del portale furono ridotte ulteriormente creando l'attuale porta d’ingresso, realizzata per impedire l'accesso a coloro che volevano dissacrare il luogo di culto. Questo, in qualche modo, fa riflettere sulle alterne fasi della cristianità a Betlemme: periodi in cui la libertà di culto garantiva il riconoscimento della fede cristiana e altri in cui le persecuzioni e le intolleranze rendevano difficile la vita dei cristiani locali.

Le altre due porte bizantine, ormai coperte dai muri perimetrali della basilica e dai contrafforti posti in facciata in epoca crociata, permettono di intuire la maestosità e la bellezza della basilica bizantina e lo stupore che alla prima vista doveva suscitare su coloro che giungevano in pellegrinaggio.

Entrando dalla piccola porta si può accedere alla zona definita tecnicamente nartece, realizzato in età bizantina. Il nartece, nella tradizione cristiana antica, era l’area che aveva funzione di ingresso agli spazi sacri, destinata ai catecumeni che in alcuni momenti delle celebrazioni non potevano entrare nella basilica. In epoca costantiniana non esisteva il nartece, ma un atrio che svolgeva una funzione simile, strutturato in maniera più ampia e aperta.

I campanili crociati - I due campanili costruiti in epoca crociata furono menzionati per la prima volta nell'itinerario di G. di Maundeville nel 1322 e vennero costruiti sicuramente in epoca crociata. Posti alle estremità del nartece, corrispondono oggi all'ingresso del convento armeno e alla cappella del convento francescano di Sant'Elena.

Bagatti-Ricostruzione dei campanili crociatiAvevano sia funzione di campanile che di torre di guardia a controllo del territorio. L'epoca di costruzione delle due strutture è confermata dagli spazi rimasti intatti ai piani inferiori, che sono caratterizzati da elementi architettonici crociati, come le arcate a sesto acuto.

Il pellegrino Bernardino di Nali (XV sec.) li descrisse, nelle sue memorie, come delle strutture molto eleganti. E’ impossibile pensare che vi fossero appese delle campane perchè, come ricorda p. Felix Faber (1480-83), i Saraceni non permettevano ai cristiani di avere campane. I campanili che si vedono oggi sono costruzioni successive facenti parte dei monasteri greco-ortodosso e armeno-ortodosso.

Il narcete - L’attuale ingresso è modificato rispetto allo spazio originale ed è molto ridotto. Il pavimento è quello originale del VI sec., ma le pareti, coperte da intonaco, non restituiscono la loro bellezza originaria, perché l’intera basilica doveva essere rivestita di lastre di marmo bianco con venature.

Si suppone, sulla base degli studi di architettura bizantina, che il nartece fosse decorato non solo da marmo, ma anche arricchito con mosaici. Dopo i restauri, che saranno effettuati a breve, e con la rimozione degli intonaci, potrebbero tornare alla luce le decorazioni musive parietali. Lo spazio del nartece giustinianeo è diviso in quattro zone.

In epoca crociata le aree alle due estremità opposte erano il piano inferiore dei campanili, torri che si alzavano su quattro piani.

Questi due spazi, caratterizzati da archi tipicamente crociati, sono ora adibiti uno a portineria del monastero armeno, l'altro a Cappella di Sant'Elena, proprietà dei frati francescani. Un quarto spazio, alla sinistra della porta d’ingresso, è utilizzato dai militari che presidiano e sorvegliano la basilica fin dall'epoca dei turchi.

Nell'ingresso del monastero armeno le pareti sono state ripulite e restituite all’originale stato: sono evidenti i fori nelle pietre della muratura, utili all’ancoraggio dei marmi di rivestimento.

Il portale - Tornando al nartece, è interessante mettere in risalto il portale di legno antico che ha più di 700 anni di storia, voluto dal re Armeno Hetum, figlio di Costantino, nel 1227, come si legge nell'iscrizione scolpita in lingua araba e armena. Questo a testimonianza delle buone relazione tra i Latini e la chiesa Armena.

Il portale di fattura finissima, ma mal conservato a causa dell'usura del tempo e della poca cura, presenta una decorazione floreale tipica dello stile armeno. Ora non è totalmente visibile perché coperto da impalcature, poste dal governo palestinese, a sostegno delle travi del tetto, seriamente compromesse a livello statico. L'intonaco sulle pareti del nartece non aiuta a comprendere la dimensione delle porte laterali, visibili solo dall'interno della basilica dove la muratura è stata scrostata dell’intonaco.

La zona descritta è un passaggio obbligatorio per tutti i pellegrini che vogliono accedere alla basilica dal piazzale e rappresenta una zona comune alle tre Comunità. Per questo motivo risultano molto complessi gli interventi di manutenzione che sarebbero necessari per il consolidamento della struttura.

Interno - Al suo interno la basilica ha conservato tutti gli elementi architettonici del VI sec. L'imperatore bizantino al momento della visione del progetto non approvò le scelte fatte dall’architetto, e lo accusò di aver sperperato i fondi, condannandolo alla decapitazione. Nonostante l’insoddisfazione dell’imperatore, la struttura ha dimostrato di essere ben solida, arrivando intatta fino a oggi.

Il pavimento, in epoca costantiniana era completamente rivestito di mosaico finemente lavorato, com’è stato accertato dagli scavi del governo inglese nel 1932. I mosaici finemente lavorati presentano decorazioni geometriche e floreali. Tra questi si può mettere in evidenza il mosaico conservato a sinistra del presbiterio, dove sollevando la botola in legno, si può osservare il monogramma ΙΧΘΥΣ, dal greco pesce, che gli antichi utilizzavano per indicare il nome di Cristo. Oggi il pavimento è ricoperto da un semplice lastricato in pietra grezza, mentre in epoca bizantina era realizzato con lastre di marmo bianche con venature particolarmente accentuate, di cui ne rimane un esempio nella zona del transetto nord.

Il pavimento costantiniano andava leggermente in salita rispetto all'attuale, che si trova a circa un metro di altezza sopra il livello originario. Lo spazio interno, diviso da colonne in cinque navate, è scuro e poco illuminato. Nel VI sec. la basilica doveva essere totalmente ricoperta di marmo: restano le traccie dai buchi trovati nelle mura ripulite dall'intonaco, e che servivano per fissare i marmi alle pareti.

Il colonnato, che oggi finisce all’altezza della zona absidale, doveva proseguire creando un deambulatorio intorno alla Grotta della Natività. Questo tipo di struttura architettonica è stata usata in diversi Luoghi santi, specialemnte per i Martyria, perché secondo la tradizione il pellegrino, girando ripetutamente intorno al luogo, poteva acquisirne le grazie. Le colonne e i capitelli, di pietra rossa betlemita, sono quelle originali di epoca bizantina, opera di artigiani locali. 

I capitelli, di fattura raffinata, erano dipinti in colore azzurro. Sulle colonne sono rappresentate delle immagini di santi orientali e occidentali, religiosi e laici. Anche gli architravi sono di questa epoca, ma le decorazioni risalgono al periodo crociato e manifestano la somiglianza con quelle coeve del Santo Sepolcro.

Le alte pareti della navata centrale presentano decorazioni musive di grande pregio, databili al XII sec., opera di maestri orientali. I mosaici sono divisi in tre registri e rappresentano, partendo dal basso: la genealogia di Gesù, i concili e i sinodi locali e infine, in alto, una processione di angeli. Una testimonianza greca del IX sec. dice che in precedenza esistevano altre decorazioni musive risalenti al periodo bizantino. Tra queste è ricordata particolarmente la rappresentazione dei Magi che arrivano a Betlemme ad adorare Gesù, che decorava la facciata. E’ singolare la vicenda dei soldati persiani che invasero la città nel 614 d.C. e che, intimoriti dalla visione del mosaico, si dissuasero dal saccheggiare la basilica, che rimase incolume. Leggende diffuse posteriormente raccontano l'episodio con elementi miracolosi, come nel caso del pellegrino Jean Boucher.

I transetti che ancora conservano l'originale pavimentazione in marmo di epoca bizantina, sono oggi decorati da icone e arredi sacri della tradizione Greca-ortodossa (transetto destro) e Armena (transetto sinistro). Anche questa parte della basilica conserva decorazioni musive di scene evangeliche abilmente realizzate.

I mosaici pavimentali - Il pavimento della prima basilica costantiniana era totalmente ricoperto da un tappeto musivo. Questo è noto grazie agli scavi che tra 1932-1934 furono eseguiti dal governo inglese. Il pavimento del IV sec. saliva in direzione della zona absidale, con un dislivello che variava tra i 75 cm e i 31 cm. In epoca bizantina, a seguito della variazione delle dimensioni della pianta della basilica, la pavimentazione fu coperta da un rivestimento di lastre di marmo bianco venato. Attraverso le botole aperte nel pavimento è possibile, ancora oggi, godere della visione degli antichi mosaici.

La fattura è veramente minuziosa e raffinata, soprattutto nella navata centrale. E’ stato calcolato l’impiego di 200 tessere ogni 10 cm2 di superficie, quando mediamente, nei comuni mosaici, la densità di tasselli è di 100 ogni 10 cm2. Il dato aiuta a comprendere la preziosità di queste decorazioni, dove la maggiore densità di tasselli permetteva di elaborare immagini raffinate e di riprodurre maggiori sfumature di colore. Il risultato è quello di una decorazione musiva molto dettagliata, rappresentativa dell’importanza del Luogo santo.

Questi mosaici, che ricoprivano la navata centrale e l'abside, raffigurano elementi geometrici e decorativi (svastiche, tondi, cornici con nastri intrecciati). Più rari gli elementi vegetali, come foglie di acanto e viti.
Eccezionale è la rappresentazione di un gallo, nel transetto nord. L’assenza di figure animate è in rispetto della tradizione Medio Orientale che non usava figure animali o umane.

Un elemento molto interessante della decorazione musiva, è conservato nell'angolo sinistro della navata centrale dove, aprendo la botola di legno, si può vedere un monogramma con le lettere ΙΧΘΥΣ. Il segno usato nell'antichità per indicare il nome di Cristo, letteralmente significa “pesce”: questo è l'unico simbolo certo di cristianità del luogo. Un uso simile dell'acronimo veniva fatto in epoca classica all’ingresso delle case patrizie romane, assieme alla rappresentazione dei busti dei proprietari. Per questo è stato ipotizzato che il simbolo segnasse il punto dell'antico ingresso alla zona sacra e alla "casa di Gesù".

Lo studio degli scavi inglesi ha portato all'ipotesi che l’accesso alla zona presbiteriale della basilica costantiniana avvenisse attraverso una scala che partiva precisamente dal punto in cui si trova il mosaico. Secondo padre Bagatti lo scalino usato per accedere alla zona presbiteriale fu sfondato per realizzare un’entrata diretta alla grotta.

Il colonnato della navata centrale - La decorazione delle colonne, rimasta inosservata fino al 1891 quando padre Germer-Durant la studiò, rappresenta uno degli elementi più interessanti della decorazione interna. E' difficile riconoscere una continuità e un’organicità del progetto iconografico.

La tecnica utilizzata è quella dell'encausto, tecnica pittorica che imprime i pigmenti mescolati a cera con l’effetto del calore. Sia le mani degli artisti che il periodo di produzione sono diversi, per cui si pensa che i lavori venissero richiesti da singoli committenti a pittori diversi. E’ sicuro che tutte le immagini risalgano all’epoca crociata, epoca di passaggio di divisione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente. Questo è confermato anche dalla presenza di Santi sia della tradizione occidente che di quella orientale (si veda la photogallery).

I riquadri, tutti posti sulle colonne della navata centrale e della prima fila di colonne a sud, sono contornati da una striscia di colore rosso o biancastro, mentre le figure dei Santi spiccano su sfondo turchino. Ogni santo ha il proprio nome scritto in un cartiglio in alto o posto tra le mani. La funzione di queste immagini venne descritta dal pellegrino Arculfo che testimoniò l’usanza di celebrare delle messe in prossimità delle colonne nel giorno del Santo. Per gli ecclesiastici del tempo, le colonne dipinte servivano a richiamare metaforicamente la presenza di quei particolari Santi nel luogo.

E’ pensiero diffuso, oggi come allora, che i Santi rappresentino coloro che sorreggono il peso della Chiesa: le immagini dei Santi sulle colonne trasmettono con forza e semplicità questo concetto a tutti i fedeli che visitano la basilica. Possiamo definire queste pitture “affreschi” con finalità votive, perché è molto probabile che servissero come attestazione di un pellegrinaggio portato a termine. Inoltre i committenti avevano chiaro che le pitture avrebbero contribuito all’abbellimento della chiesa.

I mosaici parietali - La navata centrale si presenta particolarmente scura a causa della mancata manutenzione che negli anni ha compromesso lo stato del Santuario. Resta comunque affascinante l'effetto dei mosaici con i fondi dorati e le argentee incrostazioni di madreperla che un tempo ricoprivano tutte le pareti della basilica. Le decorazioni parietali, sicuramente di epoca crociata, disposte su fasce diverse, sono in parte ricoperte da intonaco.

L’ultima relazione dei sopralluoghi relativi il restauro della basilica ha evidenziato che le tessere dei mosaici sono state posate inclinate verso il basso, per far risaltare la bellezza del mosaico osservato da diversi metri più in basso. In questo modo il pellegrino che entra nella basilica riceve un forte impatto visivo, anche se sfavorevolmente condizionato dal cattivo stato di conservazione dei mosaici.

La testimonianza più diretta e precisa della decorazione è quella del padre Quaresmi che nelle Elucidatio Terrae Sanctae (1626) descrisse con minuzia di particolare tutti i mosaici parietali.

Al primo livello, sul lato destro, sono rappresentati San Giuseppe e gli antenati di Cristo secondo il Vangelo di San Matteo, le cui iscrizioni sono in latino. Simmetricamente, secondo la testimonianza del Quaresmi, nel lato sinistro doveva essere rappresentata la genealogia secondo il Vangelo di Luca. Nella seconda teoria, intervallati da fasci di foglie d’acanto, sono rappresentati i sette Concili ecumenici, i quattro Concili Provinciali e i due Sinodi Locali.

Ogni concilio è rappresentato da un edificio sacro e spiegato con l'aiuto di un cartiglio in cui si esplicita la decisione presa in quella occasione. Nel livello più alto delle teorie troviamo la raffigurazione di Angeli in processione, diretti verso la Grotta della Natività, con fattezze femminili e vestiti di tuniche bianche. Ai piedi di uno di questi Angeli è stata rinvenuta la firma del mosaicista “Basil” di probabile origine siriana.

Nella crociera della basilica, oggi si possono ancora osservare scene desunte dai Vangeli canoni: l'incredulità di Tommaso, che sembra quella meglio conservata, l'Ascensione e la Trasfigurazione a nord; l'entrata di Gesù a Gerualemme a sud.
Nel catino dell’abside principale, secondo la testimonianza del Quaresmi, doveva essere rappresentata la figura della Vergine con il Bambino e nell'arco absidale l'Annunciazione di Maria, tra i profeti Abramo e Davide.

Sulle mura sottostanti si succedevano scene della vita della Madonna, tratte dagli scritti apocrifi.

In contro facciata, sopra il portale d’ingresso, era rappresentato l'Albero di Iesse con Gesù e i profeti. Il mosaico è ora coperto dall’intonaco bianco. Il pellegrino Focas nel 1168, dice di aver visto nella chiesa l'immagine del suo imperatore bizantino, Costantino Porfirogenito: questo precisa che anche dopo lo scisma del 1154, quando la basilica era sotto il controllo dei Crociati, esistevano strette relazioni tra le Chiese d'Oriente e d'Occidente.

Un’iscrizione, fatta nell’abside principale, menziona insieme i nomi di Manuele Comneno e Manrico di Gerusalemme, perciò i mosaici devono essere stati realizzati prima del 1169, nelle ultime decadi della presenza crociata in Palestina che termina nel 1187. I committenti sono sia il re crociato di Gerusalemme che l’imperatore bizantino: un esempio di collaborazione che è praticamente unico nella storia e che esalta l’importanza che aveva al tempo il Santuario.

Gli ultimi studi effettuati dopo i rilievi per i restauri, hanno sollevato una nuova questione relativa all’origine delle maestranze impiegate nei mosaici. L’ipotesi punta l’attenzione sulla possibilità che siano stati degli artisti locali a lavorare al progetto decorativo, come avveniva normalmente, per motivi di praticità. Le firme dei mosaicisti, Efram e Basil, nomi di sicura origine siriana, sono un buon indicatore per l’attribuzione delle maestranze. E’ anche possibile ipotizzare che siano intervenuti dei maestri o dei progettisti greci, ma è anche chiaro che chi ha elaborato queste decorazioni conosceva bene i grandi monumenti della Terra Santa, realizzati da artisti provenienti da occidente.

Per esempio, nella fascia decorativa della navata che separa i Concili dalle grandi figure degli angeli in alto, dove sono le finestre, c’è una stretta fascia decorativa in cui compare una maschera animale tipica dell’arte romanica europea. Quindi, nei mosaici di Betlemme si riscontra questo rapporto stretto tra arte bizantina e arte occidentale, armonizzate insieme.

Le ultime ricerche affermano che, dal punto di vista musivo, nella basilica è contenuta la più grande esperienza artistica di epoca crociata, che si produsse nell’incontro tra arte bizantina e crociata. I mosaici presentano così il “volto” Ecumenico, che la basilica della Natività di Gesù è ancora oggi per coloro che la visitano: il punto di unione tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente.

Presbiterio - L'iconostasi greca posta sul presbiterio risale al 1764. Questa area sovrastante la Grotta, nella primitiva basilica bizantina era di forma ottagonale, come è stato rilevato dagli scavi del 1932-1934.

Secondo le indagini e le ricostruzioni, nel IV sec. dalle scalinate che seguivano il perimetro ottagonale delle mura perimetrali si poteva accedere al presbiterio. In questa zona della basilica all'interno del perimetro dell'ottagono, sotto l'attuale pavimento, sono state rinvenute decorazioni a mosaico simili a quelle della navata centrale, ma molto più ricco con raffigurazioni animali e vegetali e con elementi geometrici.

La zona sacra descritta è quella che subì più trasformazioni in epoca giustinianea. Tutta l’area absidale fu ampliata in tre direzioni con l’aggiunta di tre ampie absidi in forma di croce.

Il baldacchino fu sostenuto da un vero e proprio presbiterio di forma lunare collocato al centro dell’area, in modo da far circolare liberamente i pellegrini intorno al Luogo santo. In questa occasione venne trasformato l’ingresso alla grotta e furono create due entrate.

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Fonte:  http://www.betlemme.custodia.org/