Luogo della nascita di Gesù: la Basilica della Natività 
e la Via del Pellegrinaggio, Betlemme
Palestina
  
   
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2012

    

Grotta della natività e Pozzo dei Magi

L'ingresso è oggi posto lateralmente al luogo della nascita di Gesù, ma si ipotizza che nel IV sec. fosse collocato davanti, nella zona presbiteriale. Le piccole facciate dei due ingressi laterali risalgono al tempo dei crociati.

Scendendo la scala posta sulla destra dell'iconostasi si entra dentro la Grotta della Natività. Qui lo spazio è molto stretto e angusto e le mura, originariamente irregolari, formano un perimetro quasi rettangolare.

Le pareti naturali della grotta abbellite in epoca costantiniana, furono ricoperte di marmo in epoca bizantina. S’iniziò a venerare l'altare della Natività solo quando in epoca bizantina fu creato questo spazio in ricordo del luogo preciso della nascita di Gesù.

L’attuale struttura è ormai totalmente modificata da quella descritta dal pellegrino Focas e dall'Abate Daniele nel XII sec. 

Due colonne in pietra rossa e l'iscrizione «Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus» sovrastano l'altare, sopra al quale sono rappresentati la Vergine e il Bambino in fasce, la scena del lavacro e quella della venuta dei pastori. Sotto l'altare è posta la stella con l'iscrizione latina: «Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est» in ricordo del luogo preciso della Natività.

A destra dell'altare sta il luogo dove Maria pose Gesù dentro la mangiatoia, detto anche "del Presepio". In questo punto della Grotta il pavimento è più basso e il vano è costituito da colonne simili a quelle bizantine della navata centrale della basilica e da resti di due colonne crociate. Di fronte al Presepio c'è un piccolo altare dedicato ai Magi, dove i latini celebrano la Santa Messa. 

La struttura del presepio non è originale ma è il risultato di ritocchi derivati dalla continua usura del tempo e del passaggio dei pellegrini.

Dopo l'incendio del 1869 le pareti della Grotta furono ricoperte di amianto per prevenire gli incendi, donato dal Presidente della Repubblica Francese, il Maresciallo MacMahon, nel 1874. Al disotto del rivestimento sono ancora visibili i marmi crociati originari; mentre al di sopra si possono vedere dei dipinti su tavola.

Il “pozzo detto dei Magi”, che in epoca antica attirava la curiosità di molti pellegrini, è posto a destra dell'altre della Natività. La tradizione tramandata che nella cisterna si riflesse la luce della stella che indicava ai Magi il luogo esatto della nascita del Messia.

Come raccontano diversi testimoni, la luce della stella rimase impressa nel pozzo: “… e sul lato settentrionale della grotta ci è un pozzo senza fondo, e nell’acqua del pozzo si vede la stella che fu compagna dei Magi” (Epifanio monaco, sec. XI d.C.).

Grotta di San Giuseppe

Seguendo il percorso della Processione Quotidiana, uscendo dalla Grotta della Natività attraverso il cunicolo costruito dai francescani per garantire un passaggio diretto al Luogo santo, si accede alla Grotta di San Giuseppe. Questa, rivisitata in stile moderno dall'architetto Farina, doveva essere l’antro più vicino al Luogo della Natività.

Uscendo dal cunicolo si trova sulla destra l'altrare di S. Giuseppe. Frontalmente sono conservate le fondazioni di un muro costantiniano e un arco pre-costantiniano che attestano come già tra I-II sec. il luogo fosse usato come sepolcreto “ad sanctos”. Infatti, l'abitudine di seppellire i morti vicino ai Luoghi santi era usanza comune, anche in occidente, per esempio a Roma.

Uscendo dalla zona sotterranea per entrare nella Chiesa di Santa Caterina, è possibile attraversare le mura di appoggio delle tre successive ricostruzioni dell'abside, una di epoca costantiniana e due diverse di età bizantina, una delle quali risulta un tentativo progettuale non realizzato.

Grotta degli innocenti

Mantenendo le spalle all'altare di S. Giuseppe si apre, alla destra, la Grotta degli Innocenti, dove sono visibili tre arcosoli sotto i quali erano conservati dai due ai cinque sepolcreti.

Qui viene fatta memoria della Strage degli Innocenti provocata da Erode il Grande poco dopo la nascita di Gesù. Nei primi secoli, la memoria degli Innocenti era ricordata nella grotta vicina, che doveva essere una fossa comune in cui furono rinvenute molte ossa di cadaveri.

Grotta di San Girolamo

Nella grotta di passaggio tra la Grotta di San Giuseppe e quella di San Girolamo, troviamo due altari: uno è dedicato alle sante Paola ed Eustochio, madre e figlia seguaci di Girolamo, e l’altro ai santi Girolamo ed Eusebio, teologi e Padri della Chiesa.

Nel muro a destra del primo altare sono collocati tre sepolcri, disposti come era nello stile delle sepolture romane nelle campagne laziali. Questo aspetto potrebbe dare credito all'idea che fossero presenti a Betlemme dei fedeli delle comunità latine, che mantennero l'abitudine di seppellire come nell’uso romano delle catacombe, dove i corpi venivano deposti in nicchie all’interno della parete.

Dall'ultima grotta, intitolata a San Girolamo per la sua assidua frequentazione orante di questo complesso di grotte, è possibile accedere direttamente al Chiostro crociato attraverso delle scale interne.

Costruzioni intorno alla basilica

Il complesso monumentale degli edifici sacri, di cui la basilica della Natività è il cuore, copre un'area di circa 12 mila m2 , e comprende, oltre alla basilica, i conventi latino (Nord), greco (Sud-Est), armeno (Sud-Ovest) e la chiesa cattolica di S. Caterina di Alessandria con il chiostro di S. Girolamo.

La Chiesa di Santa Caterina è accessibile per tre vie: tramite il transetto nord della Basilica della Natività, attraverso le grotte sotterranee, passando per il Chiostro di San Girolamo. La Chiesa, che appartiene al complesso del convento crociato, ha subito notevoli trasformazioni negli anni, ultima tra tutte quella fatta in occasione del giubileo dell’anno 2000.

Il luogo dedicato a Santa Caterina d'Alessandria già dal 1347, inizialmente era solo una piccola cappellina interna al Convento francescano, che corrisponde oggi allo spazio dell'altare dedicato a Santa Caterina. L'antica struttura descritta dalle piante di Bernardino Amico, è ora modificata definitivamente e lo spazio è stato ingrandito nel tempo.

L'attuale edificio sacro è molto spazioso e luminoso, costituito da tre navate con abside sopraelevato in cui è posto il coro dei frati. Nell'abside è rappresentata la scena della Natività su vetrata, fatta in epoca moderna, risalente alle modifiche dell’anno 2000. In fondo alla navata di destra è posto l'altare dedicato a Santa Caterina; ancora dallo stesso lato, in uno spazio che rientra, troviamo l'altare della Vergine con la statua del bambin Gesù, risalente al XVIII sec, usata durante le celebrazioni delle solennità natalizie a Betlemme.

Meritano una nota particolare gli archi crociati ancora conservati all’ingresso della chiesa, ormai inglobati nella struttura, che facevano parte del chiostro detto anche di San Girolamo. In questo spazio è conservato il basso rilievo donato dal Papa in occasione del Giubileo del 2000.

Il Chiostro di San Girolamo, chiamato così per l'accesso diretto alla grotta dedicata al Santo, fu restaurato dall’architetto Antonio Barluzzi nel 1947. Per l’occasione l'architetto aiutò p. Bagatti nei rilevamenti archeologici delle grotte sottostanti. Per restaurare il chiostro fu necessario inserire colonne sostitutive per il sostegno della struttura.

Questo inserimento fu fatto nel rispetto della conservazione della struttura: un chiaro esempio sono i capitelli moderni, semplici e lineari, che si alternano a quelli crociati più ricchi nelle decorazioni.

Entrando dal Chiostro si accede alla cappella di S. Elena, ricavata nella base del campanile crociato, con affreschi del XII sec, poco conservati ma stilisticamente molto interessanti.

Lungo il chiostro, sulla destra, è visibile una porta d’accesso alla basilica usata dai Latini per gli ingressi ufficiali del Papa, perché il diritto di ingresso dalla porta principale è dato solo al Custode di Terra Santa e ai Patriarchi.

Sul lato opposto sta l'ingresso al Convento francescano, ampliato rispetto a quello crociato di cui restano la sala d'ingresso con archi a sesto acuto, le mura perimetrali con l'accesso al lato nord al convento, il deposito e le cisterne, alcune anche di epoche più antiche. 

Attraverso i sotterranei del convento è possibile accedere al luogo che la tradizione attribuisce al Lavacro di Gesù.

Entrando nel Chiostro di San Girolamo e dirigendosi verso la Basilica, è possibile accedere tramite una piccola porta alla Cappella comunemente chiamata di Sant’Elena.

In periodo crociato il nartece giustinianeo fu suddiviso e uno di questi luoghi fu adibito a cappella. Questa presenta elementi dell’architettura crociata e affreschi medievali di pregevole qualità, risalenti al XIII sec. secondo lo studioso P. Vincent, oggi in cattivo stato di conservazione. Nell’abside è rappresentato Cristo in trono tra la Vergine e Giovanni evangelista.

Nell’arcata è raffigurato un’interessante medaglione con l’etimasia, tema iconografico bizantino, che rappresenta un trono vuoto pronto per l’arrivo del Cristo durante il Giudizio Universale. Nelle altre pareti sono rappresentate immagini di Santi.

Convento francescano

Il Convento fu costruite sopra i resti delle grotte dei primi monaci che s’insediarono vicino alla Grotta della Natività e del primo convento crociato dei canonici Agostiniani.

La struttura essenziale del convento resta quella crociata, anche se ampliata e modificata. Segni chiari dell'architettura crociata sono rimasti ancora nell'ampio salone di ingresso del Convento, ma anche negli spazi sotterranei. E' possibile ancora accedere all'antico spazio di deposito crociato e attraverso l'area destinata oggi agli ascensori è possibile individuare l'antica cisterna crociata.

La facciata e l'accesso al Convento crociato erano disposti nel lato nord dell'edificio e cioè lungo l'attuale spazio dedicato a parcheggio Conventuale e ingresso al Casa Nova.

Il luogo detto del «Lavacro di Gesù» è accessibile solo dal convento. Il sito, carico d’interesse storico e archeologico, non è stato ancora adeguatamente studiato. E’ certo però che la roccia, in questo luogo, non ha subito trasformazioni, mantenendo le stesse caratteristiche del tempo in cui la Sacra Famiglia sostò a Betlemme.

Questo aspetto di grande suggestione introduce alla grotta circolare, al centro della quale è scavata una vasca rotonda, ricordata dalla tradizione come luogo del primo bagno di Gesù.
La scena del lavacro non manca mai nelle icone orientali e nelle rappresentazioni antiche della Natività. Lo spazio venne riscoperto da un intraprendente sacrestano alla fine del XIX sec.

La sacralità del luogo è tramandata da alcuni antichi come Arculfo (De locis sanctis, 670 d.C., Lib. II, cap. 3), che racconta di essersi lavato il viso per devozione. Il sito deve essere ancora studiato, ma è possibile ipotizzare che venisse usato fin dall'antichità.

La struttura del convento che ospita i francescani è ancora quella di epoca crociata. Diversi spazi del convento realizzati nel medioevo sono ancora visibili, come la Sala crociata, oggi adibita a cappella per i pellegrini, un tempo usata come magazzino.

Accanto a questa sala sono conservate antiche cisterne di grandi dimensioni, che raccoglievano l'acqua della stagione invernale per il fabbisogno annuale.

Il tetto della basilica

A differenza di numerose chiese orientali la copertura del tetto non era a volta ma a travatura coperta, come viene descritto da Ludovico de Rochechouart prima dei restauri nel 1461: “Nel tetto v’è una struttura lignea costruita in antichi tempi. Questa di giorno in giorno va in rovina soprattutto nel coro. I Saraceni non vogliono permettere né di edificare, né di riparare, così è un miracolo del Piccolo che ivi è nato se resta ancora”.

Il tetto della Basilica della Natività subì un notevole rifacimento nel 1479 per volontà dell’allora guardiano Giovanni Tomacelli. Il legname, pagato da Filippo il Buono di Borgogna venne trasportato dalle navi veneziane, mentre il piombo per la copertura fu regalato dal re Edoardo IV d’Inghilterra. Un successivo rifacimento a opera dei Greci venne effettuato nel 1671; in questa occasione fu sostituito il legno di cedro con quello di pino come testimoniato dal padre Nau.

L’enorme impiego di materiali e risorse economiche produsse il felice risultato di un tetto che dura fino ad oggi, anche se fortemente deteriorato, degrado che provoca infiltrazioni d'acqua alle decorazioni musive parietali. In particolare la struttura in piombo, che in estate raggiunge temperature altissime, si modifica con il calore causando gli spostamenti della struttura che provocano le infiltrazioni. Proponiamo ai visitatori una interessante visione aerea della basilica, dal tetto da Chiesa di Santa Caterina che permette di godere della costruzione triabsidale del Santuario, e aiuta a comprendere i cambiamenti del perimetro dell’edificio avvenuti nei diversi secoli.

Il tesoro di Betlemme

Il tesoro di Betlemme è oggi conservato presso il Museo Archeologico dello Studium Biblicum Franciscanum. Il tesoro è composto da una serie di oggetti in bronzo e argento che appartenevano alla Basilica della Natività in epoca crociata. Questi furono casualmente ritrovati in due diversi momenti, nel 1863 durante i lavori di restauro presso la cucina del convento francescano e nel 1906 durante lo scavo della fondazione del nuovo ospizio per i pellegrini.

Il "tesoro" venne nascosto con molta cura e per cause oggi sconosciute ma che dovevano servire a proteggerlo da eventuali saccheggi. È possibile che questo avvenne dopo il divieto del 1452 di Muhammad II, che proibiva ai cristiani l’uso di campane. Il tesoro è composto da:

  • Un Pastorale smaltato;

  • Tre Candelieri anch’essi smaltati e due in argento con iscrizioni;

  • Un Carillon composto da 13 campane;

  • Canne di Organo di varie dimensioni;

  • Infine una croce armena in metallo rinvenute negli scavi del 1962-64 da p. Bellarmino Bagatti. 

Inoltre, sono conservati sempre all’interno del Museo della Flagellazione, altri oggetti d’arte, ugualmente appartenuti alla basilica della Natività.

Nel 1863 durante i lavori per il restauro della cucina del Convento francescano e gli scavi per la fondazione dell’ospizio del 1906, vennero ritrovate tredici campane assieme a numerose canne di organo. Questo ritrovamento fu di notevole interesse. Storicamente dobbiamo ricordare che le fonti testimoniano che 1187 entrò in vigore il divieto per i cristiani di fare uso di campane. Un simile provvedimento fu ripetuto nel 1452 per disposizione di Muhammad II. E' plausibile pensare che gli il Carillon fu rimossi a seguito di questo decreto e che in seguito fu deciso di sotterrare il tutto nelle vicinanze del convento.

Le dodici campane possono essere distinte in due serie che costituivano differenti concerti. La prima comprende sette campane di dimensioni più grandi, ciascuna delle quali corrispondente a un suono della scala diatonica: do, re, mi, fa, sol, la, si. Nella seconda serie, quattro delle più piccole, recano come decorazione una croce a rilievo con bracci uguali, e dall’altra parte una letterea: C. A. E. D., forse corrispondente alle note do, re, mi, fa. La quinta, ancora di dimensioni ridotte, porta un’iscrizione in lettere gotiche: +VOX DOMINI (+Voce di Dio), motivo ampiamente attestato nel XIII secolo.

Dodici di queste sono simili per la forma stretta e alta e largamente svasata alla basa. La tredicesima, modellata a mano, a differenza delle altre, è una campana bassa (timpani o marmitta), senza battente.

Le anse della campana sono modellate come dei draghi alati e dava il tono di fa.

Gli studi si sono concentrati sul problema dell’utilizzo di questi oggetti. Si è discusso se fossero parte di un orologio o se fosse stata una campana cinese. Ma confrontandolo con altri esemplari, tra cui uno recentemente trovato negli scavi dell’abbazia di san Samuele a Nabi Samwil, si è pensato che si trattasse di un Carillon, che veniva suonato insieme all’organo. Il collegamento era garantito da battagli ai quali erano legate delle corde che potevano essere mosse dal musicista stesso.

In base alla data attestata per la piccola campana al XIII secolo, si suppone che esse siano state prodotte tra XII e XIII sec. e che, come il pastorale e i candelabri, furono portate dall’Europa sotto Innocenzo IV dal vescovo Godefrido de’ Perfetti.

I bacilli di Betlemme che recano all’interno le storie di San Tommaso, furono fatte probabilmente per uso liturgico come acquamanili.

Le storie incise a bulino, sono racchiuse tra le due iscrizioni in lettere gotiche, superiore e inferiore. Esemplari provenienti dalle stessa bottega sono esposti al museo del Louvre e al British. L’epoca di datazione è riferibile al XII sec.

I bacilli di Betlemme che recano all’interno le storie di San Tommaso, furono fatte probabilmente per uso liturgico come acquamanili.

Le storie incise a bulino, sono racchiuse tra le due iscrizioni in lettere gotiche, superiore e inferiore. Esemplari provenienti dalle stessa bottega sono esposti al museo del Louvre e al British. L’epoca di datazione è riferibile al XII sec.

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Fonte:  http://www.betlemme.custodia.org/