Istituzioni politiche 
dell'età repubblicana

                                   **  Dittatore
                                   **  Console
                                   **  Pretore
                                   **  Edile
                                   **  Questore
                                   **  Tribuno della plebe
                                   **  Censore
                                   **  Pontefice massimo
                                   **  Princeps Senatus
                                   **  Lictor 
  
Centro storico di Roma, 
le proprietà estraterritoriali della Santa Sede nella città e 
la Basilica di San Paolo fuori le mura 
Città del Vaticano - Italia
   
 
  
PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1980-1990
 

  

 

Dittatore

Il Dittatore (lat. dictator) era una figura caratteristica dell'assetto della costituzione della Repubblica Romana, non aveva alcun collega, e nominava come proprio subalterno il magister equitum (capo della cavalleria). Inoltre, il dittatore non veniva eletto dalle assemblee popolari, come tutti gli altri magistrati, ma veniva dictus, cioè nominato, da uno dei consoli, di concerto con l'altro console e con il senato, seguendo un rituale che prevedeva la nomina di notte, in silenzio, rivolto verso oriente, e in territorio romano. È probabile che il dittatore sia l'antico capo della fanteria, il magister populi, e questo spiegherebbe l'antico divieto, per lui, di montare a cavallo. Alla dittatura si faceva ricorso solamente in casi straordinari, e il dittatore durava in carica fino a quando non avesse svolto i compiti per i quali era stato nominato, e comunque non più di sei mesi; inoltre il dittatore usciva dalla propria carica una volta scaduto l'anno di carica del console che lo aveva nominato.

Il dittatore era dotato di summum imperium, e cumulava in sé il potere dei due consoli; per questa ragione era accompagnato da ventiquattro littori. Inoltre non era soggetto al limite della provocatio ad populum, e per questo i suoi littori giravano anche all'interno della città di Roma con le scuri inserite nei fasci. Tutti gli altri magistrati erano a lui subordinati.

Alla dittatura i Romani facevano ricorso in situazioni di emergenza, come per sedare una rivolta o per affrontare pericoli esterni e governare lo Stato in situazioni di difficoltà.
Altri tipi di dittatori erano nominati occasionalmente per motivi contingenti, come, per esempio:  
- per convocare i comitia per le elezioni
- per piantare il clavus annalis, il chiodo annuale, nella parete del tempio di Giove, utile ai fini del computo degli anni
- per determinare le festività
- per officiare i giochi pubblici
- per tenere determinate processi
- per nominare nuovi senatori ai posti che si erano resi vacanti nel Senato  

I più noti dictatores rei gerundae causa furono Cincinnato e Fabio Massimo (durante la Seconda guerra punica). Dopo di allora questa forma di dittatura cadde in disuso. In seguito alle lotte tra Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla, questi marciò su Roma e si fece eleggere dai comizi, su proposta dell'interrex Valerio. Questa nuova dittatura non corrispondeva a quella tradizionale, perché non aveva alcun limite temporale e non era basata su una dictio. Silla tenne questa carica per anni prima di abdicare volontariamente e ritirarsi dalla vita pubblica.  

Successivamente Giulio Cesare ripristinò la dittatura rei gerendae causa, quindi la modificò con la durata di un anno completo. Fu nominato dictator rei gerendae causa per un anno completo nel 46 a.C. e poi fu successivamente designato per nove volte consecutive a questa carica annuale, diventando di fatto dittatore per dieci anni. L'anno successivo questi precedenti furono scartati ed il Senato votò per nominarlo dictator perpetuus (dittatore perpetuo).

Dopo l'assassinio di Cesare alle Idi di marzo, il suo collega consolare Marco Antonio fece approvare una lex Antonia che abolì la dittatura e la espunse dalla costituzione repubblicana. La carica fu successivamente offerta ad Augusto, che prudentemente rifiutò ed optò invece per la potestà tribunizia e per l'imperium consolare senza detenere nessuna altra carica che quella di pontifex maximus e di princeps senatus, una disposizione politica che lo lasciò con le funzioni di dittatore senza doverne tenere il discutibile titolo.

Lista dei dittatori romani:
- Tito Larcio - 501 a.C.
- Manio Valerio Voluso - 494 a.C.
- Marco Furio Camillo - cinque volte
- Lucio Quinzio Cincinnato - seconda volta nel 439 a.C.
- Marco Valerio Corvo - 342 a.C.
- Publio Cornelio Rufino - 333 a.C.
- Lucio Papirio Cursore - 324 a.C.
- Quinto Fabio Massimo Rulliano - 315 a.C.
- Marco Valerio Corvo, per la seconda volta in seguito alla Seconda guerra sannita
- Appio Claudio Cieco - 292 a.C.
- Aulo Atilio Calatino, in seguito al disastro della battaglia svoltasi a Drepana, durante la Prima guerra punica - 249 a.C.
- Quinto Fabio Massimo nella seconda guerra punica - 217 a.C.
- P. Sulpicio Galba Massimo - 203 a.C.
- Lucio Cornelio Silla - 81/79 a.C.
- Gaio Giulio Cesare, dittatore perpetuo - 46 a.C. e 45/44 a.C.
 

Il Consolato era la più importante tra le magistrature maggiori della Repubblica Romana. Era rivestita da due Consules, magistrati eponimi, che esercitavano collegialmente il supremo potere civile e militare e venivano eletti ogni anno. Al tempo dell'Impero, la carica sopravvisse, ma divenne di nomina imperiale.

CONSOLATO IN ETA' REPUBBLICANA - Durante la Repubblica l'età minima per l'elezione a Console era di 40 anni per i patrizi e di 42 per i plebei.

Le competenze consolari investivano tutto l'agire pubblico, in pace come in guerra. Nei fatti, tutti i poteri non appannaggio del Senato o di altri magistrati erano in capo ai due consoli.

Ognuno dei due consoli era titolare del potere nella sua interezza e poteva esercitarlo in via del tutto autonoma, salva la facoltà del collega di porre il veto. Per evitare possibili inconvenienti, si escogitarono diversi sistemi, grazie ai quali - in forza di un accordo politico tra i due - certi periodi o in determinati settori di attività un solo console esercitava effettivamente il potere, senza che l'altro ponesse il veto. Il più noto è quello dei turni, in base al quale i due consoli dividevano l'anno in periodi - in genere mensili - in cui si alternavano nel disbrigo degli affari civili (nell'esercizio del comando militare, nel caso in cui entrambi i consoli fossero alla guida dell'esercito, i turni erano giornalieri). Un altro sistema era quello che si basava sulla ripartizione delle competenze tra i consoli eletti, in base al quale ciascuno dei due esercitava in maniera esclusiva alcuni poteri. È comunque importante sottolineare che la divisione di competenze o i turni di esercizio non interessava alcune forme di esercizio del potere (come le proposte di legge).

I consoli erano eponimi, ossia l'anno di servizio era conosciuto con i loro nomi. Ad esempio, l'anno che noi comunemente chiamiamo 59 a.C., per i romani era quello del "consolato di Cesare e Bibulo", poiché i due consoli erano Giulio Cesare e Marco Calpurnio Bibulo (anche se Cesare dominò il consolato in maniera talmente netta che l'anno veniva scherzosamente chiamato "il consolato di Giulio e Cesare").

In latino, "consules" significa "coloro che camminano assieme". Se un console moriva durante il suo mandato (fatto non raro quando i consoli erano in battaglia alla testa dell'esercito), un altro veniva eletto, e veniva detto Consul Suffectus.

L'ufficio di console era ritenuto come risalente alla data tradizionale della fondazione della Repubblica, nel 509 a.C., anche se la storia remota è in parte leggendaria e la successione di consoli non è continua nel V secolo a.C.. I consoli erano incaricati sia dei doveri religiosi che di quelli militari; la lettura degli auspici era un passo essenziale prima di condurre l'esercito in battaglia.

Durante i periodi di guerra, il criterio primario di scelta del console era l'abilità militare e la reputazione, ma in tutti i casi la selezione era connotata politicamente. Inizialmente solo i patrizi potevano divenire consoli. Con le c.d. Leges Liciniae Sextiae (367 a.C.), i plebei ottennero il diritto ad eleggerne uno; il primo console plebeo fu Lucio Sestio, nel 366 a.C..

Con il passare del tempo, il consolato divenne il normale punto d'arrivo del cursus honorum, la sequenza di incarichi perseguiti dai Romani ambiziosi.

CONSOLATO IN ETA' IMPERIALE - Quando Augusto fondò l'Impero, cambiò la natura dell'incarico, spogliandolo di gran parte, se non di tutti i poteri. Pur rimanendo un grande onore, e un requisito per altri incarichi, molti consoli, durante il suo lungo regno, lasciavano l'incarico prima del termine, per permettere ad altri di reggere il fascio littorio come Suffectus. Quelli che erano in carica il 1 gennaio, conosciuti come consules ordinarii avevano l'onore di associare il proprio nome a quell'anno. Come risultato, circa la metà di coloro che avevano il grado di pretore potevano raggiungere anche quello di console. Talvolta, questi Suffectus si ritiravano anch'essi, e un altro Suffectus veniva nominato. Questa pratica raggiunse il suo estremo sotto Commodo, quando nel 190, venticinque persone furono nominate a console.

Un altro cambiamento durante l'Impero fu che gli Imperatori spesso nominavano loro stessi, dei protetti o dei parenti, senza guardare all'età minima. Ad esempio, ad Onorio venne conferito il titolo di console al momento della nascita.

Reggere il consolato era apparentemente un tale onore che il secessionista Impero delle Gallie, ebbe la sua coppia di consoli durante la sua esistenza (260 - 274). La lista di consoli di questo stato è incompleta, ricostruita dalle iscrizioni e dalle monete.

L’antica magistratura romana sopravvisse fino a tarda epoca, anche se come semplice dignità priva di potere reale. Una delle riforme di Costantino I fu quella di assegnare uno dei consoli alla città di Roma e l'altro alla città di Costantinopoli. Quindi, quando l'Impero Romano venne diviso in due, alla morte di Teodosio I, l'imperatore di ognuna delle due metà acquisì il diritto di nominare uno dei consoli - anche se un imperatore permise al suo collega di nominarli entrambi per vari motivi. Come risultato, dopo la fine formale dell'Impero Romano d'Occidente, molti anni vennero denominati da un singolo console.

Sebbene avesse perduto di fatto ogni potere politico, il console ordinario godeva di un grande prestigio e il consolato era ancora considerato come il massimo onore che l’imperatore potesse concedere a un suddito. I due consoli designati entravano in carica ancora alle calende di gennaio, con una cerimonia solenne che comportava un corteo (processus consularis) e una distribuzione di denaro alla folla (sparsio), proibita dall’imperatore Marciano di Bisanzio ma poi reintrodotta da Giustiniano I nel 537.

Questa carica decadde durante il regno di Giustiniano: prima con il console di Roma Decio Teodoro Paolino nominato nel 534 dalla regina Amalasunta alle soglie della guerra gotica, e quindi con il console di Costantinopoli, Flavio Basilio Juniore, nel 541.

Pretore

Il Pretore, in latino praetor, era un magistrato romano dotato di imperium e iurisdictio. L'attività del Praetor si concretizzava nella concessione dell'actio, cioè lo strumento con cui si permetteva ad un cittadino romano che chiedeva tutela, nel caso in cui non ci fosse una lex che prevedesse la tutela, di agire in giudizio, e portare quindi la situazione dinnanzi al magistrato.

Secondo Cicerone, "Pretore" era anche un titolo che designava i consoli come capi dell'esercito dello stato; ed egli riteneva che il termine contenesse le stesse componenti elementari del verbo praeire (andare avanti a tutti, precedere, guidare). Il periodo e l'incarico di comando dei consoli può essere appropriatamente chiamato Pretorio. Pretore era anche il titolo di un incarico presso i Latini, ed è anche il nome che Livio dà allo stratego degli Achei.

In origine chiamato semplicemente praetor, assunse il nome di "praetor urbanus" quando, con l'aumentare dell'afflusso dei peregrini a Roma, si rese necessaria la creazione del Praetor peregrinus che si occupasse esclusivamente delle controversie tra cives e peregrini o tra peregrini. Al praetor urbanus rimase la giurisdizione sulle controversie tra cives romani.

Il primo pretore, inteso quale magistrato romano, venne creato nel 367 a.C. A tale onore potevano ambire solo i patrizi, che crearono questo nuovo ruolo come una specie di risarcimento per il fatto di essere stati costretti a condividere il consolato con i plebei. Nessun pretore plebeo venne nominato fino al 337 a.C. Il pretore veniva chiamato "collega consulibus", e veniva eletto con gli stessi auspici nei Comitia Centuriata. I consoli venivano eletti per primi, e dopo toccava ai pretori. Grazie al potere di imperium e al potere di iurisdictio di cui era parimenti dotato, riuscì a svolgere una funzione propulsiva dell'ordinamento giuridico, correggendo e colmando le lacune dello ius civile.

Il pretorato era in origine una specie di consolato, e le funzioni dei pretori erano una parte di quelle dei consoli che, secondo Cicerone, venivano chiamati anche judices a judicando. I pretori a volte comandavano l'esercito dello stato; e mentre i consoli erano assenti con le loro armate, esercitavano le funzioni di questi ultimi all'interno della città.

Era anche un Magistratus Curulis e possedeva l'Imperium, e di conseguenza era uno dei Magistratus Majores: ma doveva rispetto e obbedienza ai consoli. Le insegne del suo ufficio erano sei littori. In un periodo successivo il pretore, a Roma, aveva solo due littori. Il pretorato venne inizialmente dato al console dell'anno precedente, come risulta da Livio. L. Papirio fu pretore dopo essere stato console.

Nell'anno 246 a.C., venne nominato un altro pretore il cui incarico era di amministrare la giustizia, in materia di dispute tra peregrini, o tra peregrini e cittadini Romani.

Si ebbero così due pretori: Il praetor peregrinus avente giurisdizione sulle controversie tra cives e peregrini e tra peregrini e il Praetor Urbanus "qui jus inter cives dicit", e talvolta semplicemente Praetor Urbanus e Praetor Urbis.

I due pretori determinavano per sorteggio quali funzioni dovessero rispettivamente esercitare. Se uno dei due era alla guida dell'esercito, l'altro esercitava le funzioni di entrambi all'interno della città. A volte l'imperium di un pretore veniva prolungato per un secondo anno. Quando i territori dello stato si estesero oltre i confini dell'Italia, vennero creati nuovi pretori. Perciò due pretori vennero creati nel 227 a.C., per l'amministrazione di Sicilia e Sardegna, e altri due vennero aggiunti con la formazione delle due province spagnole nel 197 a.C.. Quando c'erano sei pretori, due restavano in città, e gli altri quattro erano inviati fuori. Il Senato determinava le loro province, che venivano distribuite per sorteggio.

Dopo la perdita delle funzioni giudiziarie nella città, un pretore spesso aveva l'amministrazione di una provincia con il titolo di Propretore, e talvolta con il titolo di Proconsole. Silla portò il numero di pretori a otto, che Giulio Cesare innalzò successivamente a dieci, dodici, quattordici e sedici. Augusto, dopo diversi cambi, fissò il numero a dodici. Sotto Tiberio ce ne furono sedici. Due pretori vennero nominati da Claudio per questioni relative alla Fideicommissa, quando il lavoro in questo dipartimento della legge divenne considerevole, ma Tito ridusse il numero a uno; e Nerva aggiunse un pretore per le decisioni sulle diatribe tra fisco e individui.

Marco Aurelio nominò un pretore per le questioni relative alla tutela. I principali doveri dei pretori erano giudiziari, e sembra che si ritenne necessario di volta in volta, incrementare il loro numero, per assegnarli a particolari dipartimenti dell'amministrazione della giustizia.

Talvolta venivano loro assegnati dei doveri straordinari, come nel caso del Praetor Peregrinus (144 a.C.) che venne nominato da un Senatusconsultum per sorvegliare la riparazione di certi acquedotti e per impedire l'utilizzo improprio dell'acqua.

Il Praetor Urbanus era chiamato Pretore, ed era il primo del suo grado. I suoi doveri lo confinavano a Roma, come è implicito nel suo nome, e poteva lasciare la città solo per dieci giorni alla volta. Era parte dei suoi compiti di sovraintendere ai Ludi Apollinares. I limiti dell'amministrazione di questi due pretori erano espressi dai termini della Urbanae Provinciae.

Le principali funzioni giudiziarie dei pretori nelle questioni civili, consistevano nel dare un judex. Era solo nel caso delle interdizioni, che decidevano in maniera sommaria. I procedimenti davanti al pretore erano tecnicamente detti essere in jure.

I pretori presiedevano anche i processi penali. Il pretore, quando amministrava la giustizia, sedeva su una sella Curulis, in un Tribunale, che era quella parte della Corte, assegnata al pretore e ai suoi assessori e amici, ed è opposto alla Subsellia, la parte occupata dai giudici e dagli altri presenti. Ma il pretore poteva compiere molti atti ministeriali al di fuori della corte o, come si diceva, e plano, o ex aequo loco, termini che si contrapponevano a e tribunali o ex superiore loco: ad esempio, poteva in alcuni casi dare validità all'atto di manomissione quando era al di fuori della corte, sulla via per i bagni o per il teatro.

Una persona che era stata espulsa dal Senato poteva recuperare il suo grado venendo nominato pretore.

I pretori esistettero in vario numero fino a un tardo periodo dell'Impero, anche se la funzione del Pretore era ormai quella di organizzare i pubblici spettacoli, ed aveva perso quasi ogni altra prerogativa.

Edile

Oltre a Roma si trova traccia di un collegio di tre edili a Tusculum e in altre città volsche in seguito latinizzate (Arpino, Fondi, Formia), e di coppie di edili nel governo ottumviro di altre città prevalentemente sabine (Amiterno, Nursia, Plestia); mentre per le prime è accertata l'originalità dell'istituto, per le seconde è possibile un'importazione romana. Essi vennero successivamente esportati anche nelle province romane.

Originariamente gli edili plebei erano due, costituiti in collegio ed eletti annualmente dai plebei riuniti in comitia tributa. Addetti in origine alle funzioni del tempio di Cerere, acquisirono col tempo ulteriori mansioni civili, quali l'applicazione delle sentenze dei tribuni della plebe dei quali costituivano una sorta di segretari.

A partire dal 367 a.C. vennero istituiti altri due edili, detti edili curuli, potevano essere solo patrizi, sono a rigore i soli edili con caratteristiche di magistrati civici, come testimonia l'aggettivo curulis.

In epoca più tarda (44 a.C.) Cesare creò altri due edili plebei, detti edili ceriali, specificamente addetti a sorveglianti dell'annona.

L'edilità decadde progressivamente in epoca imperiale a partire da Augusto, con l'assegnazione dei vari compiti ad altre magistrature anche di nuova istituzione (pretori, prefetti dell'annona, dell'Urbe e dei vigili, magistrati speciali per la cura delle acque e delle opere pubbliche) fino a scomparire completamente con Diocleziano.

Le differenze tra la varie componenti della magistratura edile si affievolirono via via, sia pure mantenendo alcune competenze specifiche.

I loro compiti comprendevano principalmente tre aree di competenza: la gestione delle strade cittadine, dei bagni pubblici; la gestione dei mercati, compresi i prezzi e quindi il vettovagliamento cittadino e la gestione dei giochi pubblici.

Essi avevano inoltre dei compiti meno definiti relativi all'archivio di stato, all'ambito giudiziario e alla capacità di elevare multe.  

Questore

Nell'antica Roma i questori erano magistrati minori dello Stato, destinati alla supervisione e alla gestione del tesoro e delle finanze. Le origini dell'incarico possono essere fatte risalire ai tempi dei re di Roma.

Privi di imperium, erano eletti (dal 447 a.C.) nei Comizi Tributi in numero di due; dal 421 a.C. poterono accedervi anche i plebei e così divennero quattro.

Circa dopo il 420 a.C. esistevano a Roma quattro questori, eletti annualmente; dopo i 267 a.C. il numero fu elevato a 10. 

Alcuni venivano assegnati a compiere il loro servizio all'interno della capitale, mentre altri entrano distaccati assieme a governatori delle province o generali dell'esercito; altri ancora erano assegnati alla supervisione delle finanze militari.

Dopo le riforme di Silla del 81 a.C., l'età per candidarsi alla questura fu elevata a 28 anni per i patrizi e 30 per i plebei: l'elezione a questore attribuita automaticamente lo status di senatore; contestualmente il numero dei questori fu elevato a 20.  

Tribuno della plebe

La magistratura romana di tribuno della plebe fu la prima magistratura plebea a Roma. Fu creata nel 494 a.C., all'incirca 15 anni dopo la fondazione della Repubblica Romana nel 509 a.C.. I plebei di Roma avevano effettuato una secessione, cioè avevano abbandonato in massa la città, accettando di rientrare solo quando i patrizi ebbero dato il loro consenso alla creazione di una carica pubblica che avesse il carattere di assoluta inviolabilità e sacralità. Questo significava che lo stato si accollava il dovere di difendere i tribuni da qualsiasi tipo di minaccia fisica, ed inoltre garantiva ai tribuni stessi il diritto di difendere un cittadino plebeo messo sotto accusa da un magistrato patrizio. Secondo la tradizione i primi tribuni della plebe si chiamavano Lucio Albinio e Caio Licinio.

Dal 449 a.C. acquisirono un potere ancora più formidabile, lo Ius intercessionis, ovvero il diritto di veto sospensivo contro provvedimenti che danneggiassero i diritti della plebe emessi da un qualsiasi magistrato, compresi altri tribuni della plebe. I tribuni avevano inoltre il potere di comminare la pena capitale a chiunque ostacolasse o interferisse con lo svolgimento delle loro mansioni, sentenza di morte che veniva solitamente eseguita mediante lancio dalla Rupe Tarpea. Questi sacri poteri dei tribuni furono a più riprese sanciti e confermati in occasione di solenni riunioni plenarie di tutto il popolo plebeo.

A partire dal 450 a.C. il numero dei tribuni fu elevato a dieci. Fino al 421 a.C. il tribunato fu l'unica magistratura a cui i plebei potevano accedere, e che, naturalmente, era ad essi riservata. Per contro negli ultimi periodi della repubblica questa carica aveva assunto un'importanza ed un potere talmente grandi che alcuni patrizi ricorsero ad espedienti per riuscire a conseguirla. Ad esempio Clodio si fece adottare da un ramo plebeo della sua famiglia, e fu così in grado di candidarsi, con successo, alla carica. Non mancarono casi in cui l'inviolabilità della carica di tribuno fu usata come pretesto per compiere violenze e soprusi, come nel caso dello stesso Clodio e in quello di Milone

Un altro espediente usato dai patrizi per aggirare il divieto a divenire tribuni fu quello di farsi investire del potere di tribuno anziché essere eletto direttamente, come avvenne nel caso del primo imperatore romano Augusto. Questa prerogativa costituiva una delle due basi costituzionali su cui si fondava l'autorità di Augusto. In questo modo egli era in grado di porre il veto su qualsiasi decreto del Senato, tenendo così questa assemblea sotto il proprio totale controllo. Inoltre poteva esercitare l'intercessione e comminare la pena capitale oltre a godere dell'immunità personale.

Censore

Il censore era, nell'antica Roma, un membro della Censura, la magistratura istituita nel 443 a.C. e operante fino al 350 a.C.. Tale carica poteva essere ricoperta solo dai patrizi, anche se dal 339 a .C. vennero ammessi anche i plebei. A contraddistinguere l'atto della loro elezione era la cosiddetta cerimonia della lustratio, la purificazione della città. I censori erano una delle supreme magistrature della Roma antica assieme ai questori, agli edili, ai tribuni della plebe.

Erano sempre in numero di due ma, pur avendo funzioni importanti, erano privi di imperium; venivano eletti direttamente dai comizi centuriati, appunto ogni cinque anni, e restavano in carica per il periodo necessario per lo svolgimento delle loro funzioni e comunque non oltre i diciotto mesi. Si occupavano principalmente del censimento della popolazione, della cura morum (cioè della sorveglianza sui comportamenti individuali e collettivi) e della lectio senatus. Una volta entrati in carica, i censori emanavano un editto in cui si stabilivano in quali giorni i cittadini dovevano recarsi nel Campo Marzio per dichiarare il proprio reddito.

Le funzioni del censore, con il declino e la caduta della Repubblica Romana vennero poi assunte direttamente dagli imperatori, spesso in chiave anti-senatoriale.  

Pontefice massimo

Il pontefice massimo o pontifex maximus era una figura della religione romana. La carica di pontefice massimo, anche se di carattere più che altro rappresentativo, era il massimo grado religioso al quale un romano poteva aspirare.
Era il capo del collegio di sacerdoti, i pontefici, che presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso. Nominava le Vestali, i Flamini e il rex sacrorum (sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo dai re).

Ha avuto per anni il totale controllo del diritto romano. Infatti regolava i fasti e compilava annualmente la "tabula dealbata" e gli "annales". Giulio Cesare fu pontefice massimo, come anche gli imperatori che regnarono dopo di lui, fino al 375, quando Graziano declinò tale onore, anche perché incompatibile con la religione Cristiana.

Pontefici massimi di epoca repubblicana dei quali si ha notizia:  
- Gaio Papirio (509 a.C.)
- Quinto Furio (449 a.C.) 
- Marco Papirio
- Aulo Cornelio (431 a.C.) 
- Spurio Minucio (420 a.C.) 
- Marco Folio (390 a.C.) 
- Publio Cornelio Calussa (332 - 304 a.C.)
- Publio Cornelio Scipione Barbato (304 a.C.) 
- Tiberio Coruncanio (254 a.C.), primo pontefice massimo plebeo 
- Lucio Cecilio Metello (243 - 221 a.C.)
- Lucio Cornelio Lentulo (221 - 213 a.C.) 
- Publio Licinio Crasso Dives (212 - 183 a.C.)
- Gaio Servilio Gemino (183 - 180 a.C.) 
- Marco Emilio Lepido (180 - 153 a.C.)
- Publio Cornelio Scipione Nasica Corculum (150 a.C.)
- Publio Cornelio Scipione Nasica Serapio (133 - 132 a.C.) 
- Publio Licinio Crasso Muciano (132 - 130 a.C.)
- Publio Lucio Scevola (130 - 123 a.C.) 
- Lucio Cecilio Metello Dalmatico (123 - 104 a.C.)
- Gneo Domizio Enobarbo
- Quinto Mucio Scevola (88 - 82 a.C.)
- Quinto Cecilio Metello Pio (82 - 63 a.C.)
- Gaio Giulio Cesare (63 - 44 a.C.)
- Marco Emilio Lepido (44 - 12 a.C.)
- Ottaviano Augusto (12 a.C. - 14)  
 
  
Altri pontefici (non massimi) di epoca repubblicana:
- Marco Orazio Pulvillo, dedicatario del tempio di Giove Capitolino nel 509 a.C.
- Gaio Fabio Dorsuo (390 a.C.)
- Marco Valerio (340 a.C.)
- Publio Decio Mure (300 a.C.)
- Publio Sempronio Sofo (300 a.C.)
- Gaio Marcio Rutilio (300 a.C.)
- Marco Livio Denter (300 a.C.)
- Marco Pomponio Matho (217 a.C.)
- Lucio Emilio Paolo (217 a.C.)
- Tito Otacilio Crasso (217 a.C.)
- Publio Scantinio (fino al 216 a.C.)
- Quinto Elio Peto (fino al 216 a.C.)
- Quinto Fabio Massimo Cunctator (216 a.C.)
- Tito Manlio Torquato (216 a.C.)
- Quinto Fulvio Flacco (216 a.C.)
- Quinto Cecilio Metello (216 a.C.)
- Gaio Papirio Maso (fino al 213 a.C.)
- Marco Cornelio Cethego (213 a.C.)
- Gneo Servilio Cepione (213 a.C.)
- Gaio Livio Salinatore (211 a.C.)
- Servilio Sulpicio Galba (203 a.C.)
- Gaio Sempronio Tuditano (202 a.C.)
- Gaio Sulpicio Galba (202 a.C.) 

Princeps Senatus

Il Princeps Senatus era il senatore censorio patrizio più anziano del Senato romano; era il portavoce ufficiale e aveva il diritto di votare per primo, influenzando la votazione degli altri. Non era designato per nascita, né per età o per riconoscimento di servigi politici, ma solo per il riconoscimento di un suo personale, straordinario valore morale.

Con l’istituzione dell’Impero romano nel primo secolo a.C., il sovrano fu naturalmente il primo tra i membri del Senato: Ottaviano Augusto, quando ottenne per la prima volta la censura nel 28 a.C., si proclamò princeps senatus.

Anche se non è ufficiale del cursus honorum, questo incarico porta prestigio enorme al senatore che lo detiene.

Le prerogative dell'ufficio includevano: Dichiarare apertura e chiusura delle sessioni di senato; decidere l'ordine del giorno; decidere dove la sessione dovresse avvenire; ordine imponente ed altre regole della sessione; ricevere, a nome del senato, con le ambascerie dei paesi stranieri; scrivere il nome del senato, delle lettere e delle spedizioni.

In seguito con il titolo di princeps assunse il governo di tutto l’impero, cosicché da allora in poi il termine non indicava solo "il primo del Senato" ma anche "il primo tra i cittadini". Successivamente il titolo di princeps come capo supremo dello Stato cedette a quello di imperator e servì ad indicare i principi ereditarî.  

Littore

I littori erano membri di una speciale classe di servitori civili dell'antica Roma che, sia in Età repubblicana sia in quella imperiale avevano il compito di proteggere i magistrati dotati di imperium. L'origine dei littori risale all'Età regia e veniva forse dagli etruschi.  

All'inizio i littori erano scelti dalla plebe, anche se, per gran parte della Storia di Roma, sembrano essere stati soprattutto liberti. Tuttavia, erano senza dubbio cittadini romani, dato che indossavano la toga dentro Roma. Dovevano essere forti e capaci di lavori fisici, erano esentati dal servizio militare, ricevevano un salario fisso di 600 sesterzi (agli inizi dell'Età imperiale) ed erano organizzati in una corporazione. Erano solitamente scelti dal magistrato che loro dovevano servire, ma è anche possibile che venissero estratti. I littori erano associati ai Comizi curiati e in origine erano probabilmente scelti uno per curia, dato che all'inizio erano in numero di 30 (come le curie): 24 per i due consoli e sei per il pretore.

La funzione principale dei lettori era quella di proteggere il magistrato dotato di imperium, che gli demandava l'esecuzione delle condanne a morte. Il littore portava con sé i fasces, che erano composti da 30 verghe e una scure (quest'ultima era tenuta nei fasci solo fuori del Pomerium, in quanto al suo interno nessuno poteva condannare a morte un cittadino romano, tranne il dittatore). 

Le verghe invece potevano essere usate per percuotere i cittadini. Questo era l'unico modo in cui la schiena di un romano poteva essere violata, dato che era considerata sacra e non era ammessa la fustigazione.

Il grado dell'imperium del magistrato era simbolizzata dal numero dei littori che lo scortavano:
- Dittatore: 24 littori fuori del Pomerio e 12 dentro.
- Console: 12 littori
- Proconsole: 11 littori
- Magister equitum: 6 littori
- Pretore: 6 littori, 2 dentro il Pomerio
- Propretore: 5 littori
- Edile curule: 2 littori

A volte, in occasione di funerali o riunioni politiche, i littori potevano essere assegnati a privati cittadini come segno di rispetto da parte della città.

Uno speciale tipo di littore era il littore curiato, che non portava i fasces e aveva compiti religiosi. Erano circa 30 ed erano al comando del Pontefice Massimo e avevano il compito di scortare gli animali agli altari in occasione dei sacrifici. 

Anche le Vergini Vestali e i flamines erano scortati e protetti da un littore curiale. E due littori curiati scortavano anche le donne della famiglia imperiale. Avevano anche il compito di convocare i Comitia Curiata e di mantenere l'ordine durante le loro procedure di votazione.  

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