Il
castello di Gué-Péan è un
castello che sorge presso la
cittadina francese di
Pontlevoy, lungo il corso
della Cher, nel dipartimento
di Loir-et-Cher. Il complesso,
usato come padiglione di
caccia, risale al XIV e al XV
secolo.
Attualmente
il castello è di proprietà
del marchese di Keguelin. Le
sale sono comunque aperte alla
visita.
Il
castello presenta una pianta
quadrata, con portale su uno
dei lati, fiancheggiato da due
basse torri semicilindriche,
sormontate da terrazze e tre
corpi di fabbrica disposti ad
U intorno al vasto cortile
d’onore.
Il
corpo principale, piuttosto
basso, si dispone sul lato
opposto all'ingresso ed è
fiancheggiato da altre torri
cilindriche con tetto conico.
La facciata è aperta da
numerose finestre e diversi
abbaini con sovrastrutture ne
ornano il tetto.
Sul
lato sinistro un secondo corpo
di fabbrica, anch’esso
dotato d’abbaini, si collega
con una torre cilindrica,
all'angolo anteriore della
cinta, la quale presenta
un'espansione nella parte più
elevata, sorretta da mensole,
ed una cupola di copertura a
foggia d’elmo, sormontata da
una piccola lanterna. Queste
caratteristiche la apparentano
alle torri dei castelli di
Serrant e di Valençay.
Anche
l’ala destra, con un ampio
terrazzo, si collega alla
torre angolare anteriore, che
tuttavia ha aspetto diverso da
quella corrispondente sul lato
sinistro: presenta infatti un
semplice aspetto cilindrico e
una copertura conica.
All'interno
si trovano gli appartamenti,
in stile rinascimentale, che
hanno ospitato re (Francesco
I, Enrico II, Enrico III) e
personaggi famosi come Balzac
e La Fayette. Sono di
particolare interesse la la
sala delle Guardie, la
cappella, il salone e la
biblioteca. Le stanze sono
ornate da caminetti, oggetti
d’arte, mobili in stile
Luigi XV e Luigi XVI, arazzi e
quadri (tra cui opere di
Andrea del Sarto, Jacques-Luis
David, Hyacinthe Rigaud, Guido
Reni e Jean-Honoré
Fragonard), mentre la
biblioteca contiene una
preziosa collezione di
documenti storici.
La
sua posizione sul lato
occidentale di Tours, sulle
rive del fiume, aveva dato a
Langeais il ruolo militare,
sia quello d’una piazzaforte
che impediva l’accesso alla
capitale della provincia, sia
quello d’un avamposto contro
gli aggressori venuti
dall’ovest: ne danno
testimonianza le rovine del
bastione di Foulques Nerra,
nel parco del castello
attuale, che risalgono al X
secolo.
Di
questo bastione, a forma di
rettangolo molto allungato,
non restano che i muri del
lato orientale e del lato
settentrionale. Gli altri due
sono stati abbattuti nel 1841.
Questo è uno dei primi
bastioni dell’inizio del
Medioevo costruito in pietra
e, si ritiene, il più antico
tra quelli visibili ai nostri
giorni. Fino ad allora il
legno occupava un posto
preponderante nella
costruzione delle opere
militari.
L’insieme
del castello rispecchia
l’animo del suo costruttore,
il temibile Foulques Nerra,
conte d’Anjou,
soprannominato ai suoi tempi
“Il Falco Nero”. Egli era
il tipico esempio del brigante
feudale: la ferocia, la
perfidia e il cinismo, messi
al servizio di un insaziabile
desiderio di potere,
s’univano in lui ad una pietà
superstiziosa, i cui eccessi
sono rimasti celebri, e ad
eccezionali di strategia e
d’uomo di Stato che
assicurarono cinquant’anni
di successi a questo fondatore
della dinastia angiovina.
Allorché,
sotto il regno di Ugo Capeto,
Foulques s’impadronì dei
possedimenti di Eudes I, conte
di Blois e di Tours, egli fece
costruire questa fortezza,
come punto d’appoggio,
all’estremità della collina
a forma di promontorio che le
valli della Loira e della
Roumer racchiudono alla loro
confluenza.
Dopo
la sua morte,
l’inarrestabile ascesa della
casa d’Anjou doveva
proseguire per culminare, nel
1154, nella consacrazione a re
d’Inghilterra di Enrico
d’Anjou, soprannominato
Plantageneto. Dato che questo
bisnipote di Guglielmo il
Conquistatore aveva sposato
Eleonora d’Aquitania,
Langeais diventa uno degli
avamposti dei suoi immensi
possedimenti francesi, che
comprendono i paesi della
Loira,
la Normandia
e l’Aquitania.
La
monarchia capetingia fa allora
una figura meschina di fronte
al proprio vassallo. Nella
guerra che s’avvia, la
monarchia capetingia sarà
salvata dalle lotte intestine
dei Plantageneti, che Filippo
Augusto saprà sfruttare con
abilità. Approfittando
infatti dell’uccisione del
duca di Bretagna, di cui si
era reso responsabile Giovanni
senza Terra, figlio di Enrico
Plantageneto, Filippo Augusto
lo cita davanti alla Corte di
Parigi e, forte delle sue
vittorie, lo spodesta dei
possedimenti francesi.
Da
questo momento Langeais fa
parte del territorio reale,
non senza essere ceduto
numerose volte a titolo di
pegno. È per questo che nel
1218 si vede il castello
passare ad Ugo X di Lusignan
che aveva sposato Isabella,
vedova di Giovanni senza
Terra.
Nel
corso del XIII secolo la
guardia di Langeais fu
affidata successivamente a
Guglielmo des Roches, Ugo di
Lusignan, Alfonso di Francia,
fratello di San Luigi, che,
accusato di complicità col re
di Castiglia, allora in guerra
contro
la Francia
, fu impiccato a Montfaucon
nel 1278.
Durante
la guerra dei Cento Anni,
Langeais cadde più volte
nelle mani degl’Inglesi; nel
1248 essi l’abbandonarono,
dietro riscatto, a condizione
che esso venisse “abbattuto
e raso al suolo, eccettuata la
grossa torre”, vale a dire
il torrione.
Consapevole
della necessità di costruire
una nuova fortezza in questo
stesso luogo, Luigi XI affidò
la direzione dei lavori al suo
consigliere personale Jean
Bourré, che tra l’altro
deteneva la carica di Capitano
di Langeais.
Jean
Briçonnet, Generale delle
Finanze, sindaco di Tours, fu
preposto al pagamento delle
opere e delle costruzioni del
castello di Langeais nel 1465
e nel 1467. Con le sue alte
mura e le sue strette finestre
a crociera, le sue tre torri
rotonde e la sua cintura di
merli e di caditoie, il nuovo
edificio offre all’esterno
l’immagine perfetta della
roccaforte possente e severa.
Una delle caratteristiche di
questa facciata è la
continuità del camminamento
di ronda che circonda tutta la
costruzione, torri comprese,
per
130 metri
di lunghezza, mantenendosi
sempre allo stesso livello. Lo
scopo del sovrano, nella
ricostruzione di questo
castello, era di proteggere ad
ovest le residenze reale di
Tours, Plessis-les-Tours ed
Amboise, centri vitali del
governo. Infatti ad est le
riparava Chaumont e a
mezzogiorno Chinon e Loches.

Il
16 dicembre 1491 il castello
di Langeais fu teatro di un
avvenimento, che doveva
renderlo illustre più
d’ogni altro: il matrimonio
di Carlo VIII con Anna di
Bretagna, grazie al quale
la Bretagna
fu annessa alla Francia.
Quest’unione doveva
sconvolgere la politica
europea: la duchessa Anna era
già sposata per procura a
Massimiliano d’Austria,
Imperatore del Sacro Impero, e
Carlo VIII era fidanzato alla
figlia di quest’ultimo,
Margherita d’Austria, che in
vista di questo futuro
matrimonio era stata allevata
alla corte di Francia. Fu la
reggente Anna di Beaujeu che,
desiderosa di riunire
la Bretagna
al regno di Francia ed
intravedendo il pericolo di
lasciarla cadere nelle mani
dell’Imperatore (anche se
questi, come duca di Bretagna,
era vassallo del re), aveva
progettato questo matrimonio.
“Essendo Carlo dell’avviso
– dice Brantome – che non
era bene avere un sì potente
signore al proprio reame,
tolse la detta Anna a
Massimiliano, suo promesso
sposo, e la sposò”. La
situazione era precipitata:
Carlo VIII non si era
presentato alla duchessa di
Rennes, assediata dalle truppe
francesi, che qualche giorno
prima. Per sfuggire al partito
opposto, la principessa arrivò
segretamente al castello di
Langeais, dove l’attendeva
il re. Questo matrimonio
somigliava ad un rapimento.
Le
più importanti clausole del
contratto di nozze furono la
riunione della Bretagna alla
Francia e, per rendere più
sicura la cosa, l’obbligo da
parte della regina, se il re
fosse morto prima di lei e
senza eredi, di sposare il suo
successore. In effetti avvenne
proprio così: un secondo
matrimonio l’unirà a Luigi
XII. I cronisti dell’epoca
ci hanno lasciato racconti
fantastici del fasto con il
quale si svolsero queste
nozze.
Da
questo momento Langeais non
appare più nella grande
storia. È necessario
ricordare, per l’aneddoto,
che Carlo IX alloggia al
castello il 19 novembre 1565,
Luigi XIII nei primi giorni
dell’ottobre 1627, nel
viaggio che lo porta
all’assedio di
La Rochelle.
Nel
1631 il castello, che fino a
questo momento era stato
ceduto a diversi personaggi
solo a titolo di pegno –
colui che lo prendeva ne aveva
il suo godimento, mentre la
proprietà restava al re –
fu dato a Luisa di Lorena,
figlia del dica di Guisa, che
lo cedé quasi subito dopo al
maresciallo marchese
d’Effiat, barone di
Cinq-Mars e padre del favorito
Luigi XIII, che fu decapitato
nel 1642. Nel 1765, i
discendenti del marchese
d’Effiat lo cedettero al
barone di Champchevrier, ma
l’ottenne invece il duca di
Luynes, esercitando “la
prelazione feudale”.
Uscito
intatto dalla tormenta della
Rivoluzione, nel 1797 il
castello fu acquistato da un
borghese di Tours,
Charles-François Moisant, che
lo alsciò all’abbandono.
Si
costruirono delle case
addossandole al muro stesso
del castello, dove la più
bella sala del pianterreno fu
trasformata in scuderia per i
gendarmi.
Ricomprato
nel 1839 da un avvocato
parigino, Christophe Baron,
l’edificio subì importanti
restauri, alcuni dei quali
furono alquanto fantasiosi,
come l’estensione delle
caditoie a tutta la facciata
del cortile interno, oppure le
merlature di cui furono ornati
i colmi del tetto.
Jacques
Siegfried, che lo aveva
acquistato nel 1886, vi fece
grandi lavori di
ristrutturazione, la più
importante delle quali è la
sistemazione dell’interno
del castello, alla quale egli
dedicò vent’anni della sua
vita.
L’unità
di stile, che il castello deve
alla rapidità della sua
costruzione, era sopravvissuta
ai secoli. Dato che le persone
che vi avevano abitato sino al
1641 avevano il godimento, ma
non la proprietà, non ebbero
interesse ad impegnarsi in
spese d’ammodernamento di un
bene che rimaneva sempre di
proprietà del sovrano. Nei
periodi successivi, le
dimensioni e la robustezza
della costruzione hanno
probabilmente scoraggiato le
velleità di cambiamenti. Ma
non è stata la sola cosa per
quanto concerne la decorazione
interna e Jacques Siegfried,
che aveva il culto del passato
e la passione per questo
castello, volle restituire
all’interno del monumento
l’aspetto che esso avrebbe
potuto aver all’epoca della
sua costruzione.
Per
portare a buon fine
quest’impresa, egli
s’assicurò l’opera di un
giovane architetto di talento
(Lucien Roy) e degli
archeologi più famosi
(Palustre, Foulc, Spitzer,
Peyre, Bonafé). Nella
preoccupazione di una
scrupolosa esattezza storica,
si ricercarono soprattutto gli
elementi dello stile gotico
fiorito. I mobili e i
rivestimenti in legno sono sia
originali, sia copiati da
mobili autentici. Le
pavimentazioni, di una grande
diversità a seconda delle
sale, sono state disegnate
seguendo esemplari del secolo
XV, oppure riprese da quadri
d’epoca. Esse sono
l’elemento più notevole di
questa ristrutturazione, dato
che il mobilio, a parte
qualche eccezione, è
interamente dell’epoca.
Armadi, cassapanche, credenze
appartengono al XV secolo e al
Rinascimento.
Ma
in quest’arredamento, il
primo posto deve essere
lasciato alla meravigliosa
collezione di tappezzerie dei
secoli XIV e XV – più di
una trentina – che Jacques
Siegfried ha raccolto dal 1888
al 1900.
Le
più antiche, e tra queste
numerose Millefiori ed una
Splendida Crocifissione, sono
fiamminghe, le altre
provengono generalmente da
Aubusson. La maggior parte
risalgono al XVI secolo, ma
sono ancora di stile gotico,
come le scene di caccia, la
storia di Nabucodonosor, i
curiosissimi “Miracoli
operati per virtù del Santo
Sacramento”. Queste opere
d’arte, alle quali bisogna
aggiungere delle sculture ed
alcune pitture, assumono
ancora maggior valore in
quanto esse s’inseriscono
perfettamente nell’arredo
delle sale. Decorazione e
mobilio danno al castello un
carattere accogliente e vivo
che colpisce il visitatore e
che contrasta con l’aspetto
esterno d’austera fortezza.
Nel
1904 l’Istituto di Francia
si vide proporre da Jacques
Siegfried la donazione del
castello e delle sue
collezioni. Il timore di
vedere quest’elemento del
patrimonio nazionale comprato
da qualche amatore
d’oltreoceano e trasportato
pietra su pietra in America
fece decidere l’Istituto ad
accettare il grave carico che
il mantenimento d’un
monumento di simili dimensioni
non avrebbe mancato di
trascinare con sé.
In
effetti, lo sviluppo sempre
crescente del turismo, la
posizione di Langeais sul
percorso dei castelli della
Loira, dovevano assicurare
alla Fondazione Siegfried i
mezzi per far fronte non solo
al mantenimento del monumento,
ma anche ai lavori di
sistemazione necessari
periodicamente. L’Istituto
di Francia ne assicura la
gestione in modo totalmente
autonomo, col concorso – per
alcuni lavori di restauro –
della Cassa Nazionale dei
Monumenti Storici.
Nel
1924, poi nel 1938, la figlia
del donatore Agnès Siegfried,
aveva completato l’opera del
padre con la donazione del
grande parco che al di là
delle rovine del torrione di
Foulques Nerra, domina ad
ovest la valle della Loira e
nord-ovest la strada che
conduce verso l’altopiano.
La protezione del monumento è
così largamente assicurata da
questo lato. Ad est e a nord,
il castello strettamente
racchiuso dalla vecchia città
gode di un ambiente adatto.
Fedele
allo spirito del donatore,
l’Istituto di Francia
s’impegna a perseverare e a
proseguire la sua opera, in ciò
fedele anch’esso alla
propria tradizione.

Pag.
13
Pag.
15
|