Valle d'Aosta
La Regione e le sue provincie

         

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Tra la Francia, la Svizzera e il Piemonte, nella zona nord occidentale dell'Italia, si trova La Val d'Aosta. Un'immensa riserva naturale con le sue alte vette, le sue ampie valli, i borghi arroccati e i suggestivi castelli medievali.

La Valle d'Aosta è situata ai piedi del Monte Bianco, la più alta vetta d’Europa con i suoi 4810 metri. Maestoso confine tra Svizzera Valle d'Aosta e in Piemonte è il Monte Rosa, seconda vetta d’Europa. Il parco nazionale del Gran Paradiso ospita nei suoi meravigliosi boschi le specie più nobili della fauna alpina: marmotte, camosci, aquile reali, stambecchi. Nel parco l'incantata Cogne e le spettacolari cascate d’Ayas, che regalano uno spettacolo di incommensurabile bellezza.

Immerse in questa meravigliosa natura, Cervinia e Courmayeur che custodisce nel suo nucleo antico la torre medievale Malluquin e il campanile romanico della Chiesa parrocchiale.

San Vincent, celebre per il Casino de la Vallée e luogo di ritrovo della mondanità nazionale ed internazionale.

A Fénis si può ammirare il pittoresco e scenografico castello che, con le numerose torri e le mura merlate, si fonde in un assieme armonioso tipico dell'architettura medievale.

Aosta, da cui la regione prende il nome, è di origine romana. Augusta Pretoria associa la ricchezza storico culturale alla bellezza del paesaggio. Imponente, l'arco di Augusto del 25 a.C. edificato per celebrare la vittoria romana sul popolo dei Salassi. Tra le diverse opere dedicate all'imperatore e ancora conservate, l'anfiteatro e il criptoportico.

La cucina valdostana è un insieme di antichi piatti tramandati nei secoli: il gustoso lardo, la celebre fonduta a base di fontina, il formaggio locale per eccellenza, dolci tipici come le tegole e i torcetti. Fiore all'occhiello della Val d'Aosta sono le rinomate grappe e i pregiati vini.

Terra dai maestosi paesaggi, dagli orizzonti sconfinati, dalle valli e dai laghi incantati, la Valle d'Aosta seduce, con la sua dimensione da fiaba, chi decida di percorrere i suoi meravigliosi sentieri.

Patrimonio architettonico

Nel territorio valdostano sono tuttora presenti molti segni della sua storia millenaria: una storia che non può essere ricostruita solo attraverso i monumenti (castelli e chiese), ma anche tramite i resti degli insediamenti antichi, delle case rurali, delle strade, dei terrazzamenti, che costituiscono il monumento corale di questa civiltà alpina.

Tali segni risultano però sempre più compromessi dalle trasformazioni degli ultimi decenni, che hanno prodotto insediamenti e infrastrutture troppo spesso disattenti ai valori storico-culturali dei nuclei antichi e del paesaggio. In molti casi si deve pertanto operare una ricomposizione mentale dei lacerti tuttora esistenti, se si vuole leggere la storia vera del territorio.

È necessario rifarsi al periodo del basso Medioevo per poter leggere le testimonianze materiali dei sistemi insediativi che più hanno connotato la valle sino all'età moderna: le architetture militari e religiose e le infrastrutture.

Prototipi dei castelli sono da considerare le torri di Aosta; delle 20 facenti parte della cinta romana solo quelle del Pailleron e del Lebbroso conservano l'aspetto originario, mentre le altre sono riplasmazioni o costruzioni medievali, nelle quali tra l'XI e il XII secolo si insediarono le antiche famiglie feudali (quella che assumerà il nome di Challant aveva come residenza la torre di Bramafam). Nello stesso periodo venivano sorgendo nel territorio le prime "torri castellate", in posizione strategica su promontori rocciosi che con i loro strapiombi risultavano il principale strumento di difesa, costituite da una cinta murata e da un torrione (il «donjon») di forma preferenzialmente quadrata o poligonale e con accesso praticabile solo con scale porta, rialzato di circa 7 metri dal terreno.

I "castra" di tipo altoromanico assumevano caratteristiche di complesso con il sorgere, entro un perimetro di mura merlate adattato alla conformazione del terreno, di altri edifici, tra i quali la cappella. Tipico e particolarmente suggestivo per la sua posizione su uno strapiombo, è il castello di Graines nella val d'Ayas, con donjon quadrato e cappella absidata. Altri esempi tuttora ben leggibili, legati anche alla fase di emigrazione delle casate urbane dopo i patti sabaudi del 1191, sono il castello di Cly (Saint-Denis), con torrione quadro e cappella, e le parti più antiche del castello di Introd (il maschio entro il rimaneggiato perimetro tondeggiante) e del castello di St-Germain a Montjovet (il donjon quadrato e la cinta a nord-est), poi ampliato e rifortificato "alla moderna" in età rinascimentale. Un'ulteriore evoluzione delle tecniche militari di difesa si consolida nel XIII secolo, riconoscibile dal donjon cilindrico, dagli archi di scarico nelle murature e dalla migliorata tecnica muraria, con apparecchiature più regolari e maggior impiego di malta. È il caso dello Chàtel-Argent a monte di Villeneuve, nel quale l'abside della cappella emerge dalla cinta murata, e dei castelli di Montmayeur all'innesto della Valgrisenche e di Chàtelard sopra La Salle.

Lo schema dei castelli primitivi perdura sin quasi alla metà del Trecento. Più tardi, sedatesi le lotte tra feudatari e per la sempre maggior influenza dei Savoia, i castelli vengono perdendo la loro esclusiva funzione militare, sono localizzati in siti più accessibili e più prossimi ai borghi, e assumono una configurazione atta a migliorarne l'abitabilità. In molti casi si ristrutturano torri o complessi più antichi, integrando i masti in nuovi corpi di fabbrica, con cura per l'architettura e per le tecniche costruttive. Tra gli esempi più significativi ritroviamo il castello di Aymavilles, con le quattro torri rotonde intorno al donjon centrale, quello di Quart, il Sarriod de La Tour a Saint-Pierre. Il più noto tra questi manieri è certamente quello di Fénis, a pianta pseudopentagonale su impianto trapezio e inglobante il mastio antico, che conservava nel doppio recinto un apparato bellico inusitato, forse dovuto alla posizione indifesa. Il castello verrà ulteriormente arricchito nei primi decenni del XV secolo, ingentilendone l'architettura con le finestre a croce, sistemando il cortile e le sale, impreziositi dalle pitture jaqueriane.

Vertici assoluti dell'architettura militare valdostana sono due castelli monoblocco costruiti ex novo: Ussel, della metà del Trecento, in posizione spettacolare sullo sperone roccioso che domina l'anfiteatro di Chàtillon e Saint-Vìncent, e Verrès, terminato nel 1390, in posizione emergente all'innesto della val d'Ayas. Il primo conserva unicamente le murature esterne dell'imponente massa parallelepipeda e resti dell'assetto interno, sufficienti tuttavia a evidenziare una cura costruttiva fino ad allora impraticata ed elementi architettonici - bifore, coronamento a fascia di archetti ciechi - dovuti a una ricerca estetica atta a celebrare il fasto della casata. Il castello di Verrès si presenta come un enorme cubo concluso da una imponente cornice di caditoie su beccatelli con bande decorate sotto la merlatura e scandito da grandi bifore variamente scolpite e ornate. Una eccezionale unità compositiva, su di una maglia a doppia simmetria con cortile centrale, l'arditezza dello scalone su archi rampanti, la maestosità delle volte, la raffinatezza dei particolari architettonici ne fanno il monumento militare più prestigioso dell'intera valle, conservatosi nelle condizioni tardo-trecentesche, con alcuni elementi difensivi esterni - cinta e antiporta con ponte levatoio, del 1536 - "alla moderna".

Non più residenza fortificata, ma elegante dimora in rappresentanza del prestigio europeo degli Challant è il castello di Issogne, eretto a fine Quattrocento inglobando in modo irriconoscibile le strutture fortificate preesistenti. Sì tratta di un palazzo concepito secondo ideali - se non forme - ormai rinascimentali, gravitante sull'ampio cortile a loggiati, con ricchi ambienti interni, reso più prezioso dalle pareti affrescate.

Accanto alle architetture militari, nel Medioevo il territorio contava molte case-forti di tipo monoblocco, presidi o sedi di signorotti locali, ora in gran parte distrutte o pesantemente trasformate.

Popolazione

Vista la natura montuosa del territorio, la Valle d'Aosta risulta essere non solo la regione meno popolata d'Italia, ma anche quella con minore densità di popolazione. La distribuzione degli abitanti è assai irregolare: più di un terzo si concentra nella piana di Aosta ("Plaine aostoise") e nei comuni limitrofi. Buona parte della popolazione abita nei maggiori centri della media e bassa valle, mentre le valli minori si sono notevolmente spopolate, eccetto i centri turistici principali.

Data la comunanza linguistica, la Valle d'Aosta è stata storicamente terra di emigrazione verso la Francia, specialmente a Parigi (il comune parigino di Levallois-Perret conta ancora oggi una nutrita comunità di emigrati valdostani) e la Svizzera romanda (soprattutto a Ginevra). Questo flusso, dapprima stagionale, divenne stabile a partire dagli anni Venti, quando a questo fenomeno si affiancò l'immigrazione dal resto d'Italia, legato all'installazione dell'industria siderurgica a Cogne ed Aosta, e all'aumentato sfruttamento delle miniere di ferro a Cogne e di carbone a La Thuile. 

La politica di italianizzazione voluta dal governo fascista spinse in particolare numerosi piemontesi, veneti e calabresi, dal secondo dopoguerra sino agli anni Settanta. I valdostani, sentendosi privati della loro terra, emigrarono in massa verso le destinazioni sopra citate, e questo doppio flusso interconnesso ha lasciato tracce ancora oggi: da notare, ad esempio, che il 4% dell'attuale popolazione è originaria del comune di San Giorgio Morgeto (RC), e che la popolazione autoctona (di origine valdostana) nella regione è stimata intorno al 50%, scendendo a percentuali assai basse a Aosta e nei maggiori centri abitati.

La lotta partigiana e varie iniziative politico-diplomatiche di intellettuali antifascisti, come Federico Chabod, valsero a scongiurare il pericolo di una scissione dall'Italia e favorirono l'attuazione della tanto desiderata autonomia regionale. La Regione Autonoma, istituita con legge costituzionale il 26 febbraio 1948, ha come suoi organi un Consiglio composto da trentacinque consiglieri e una Giunta composta da sette assessori e dal Presidente. La Regione, nei limiti dell'ordinamento giuridico dello Stato, ha potestà legislativa su numerose materie, nonché ampia potestà integrativa su altre; le sue competenze sono essenzialmente preordinate alla realizzazione della autonomia amministrativa nei più importanti settori della vita socio-economica.  

Religione

La maggioranza della popolazione, sia italofona che francofona, è di religione cattolica romana. La messa viene celebrata in lingua italiana o francese (la liturgia in dialetto valdostano non è nota), come effetto del separatismo linguistico. La comunità giudaica più importante è quella di Aosta (falcidiata negli ultimi anni della seconda Guerra Mondiale dai nazisti,) dove è presente una sinagoga e alla quale fanno capo tutte le famiglie giudaiche della regione. Ad Aosta si trova invece il più grande cimitero giudaico della regione.

Con l'immigrazione sono giunte anche persone di fedi orientali e cristiano-ortodosse (una comunità russo-ortodossa storica è presente ad Aosta), ma la parte più rilevante è costituita dagli islamici magherbini che probabilmente superano le 500 unità rendendo la comunità islamica la più numerosa tra le fedi minoritarie. Non sono ancora presenti luoghi di culto stabili per musulmani.

Lingue

Le lingue autoctone della Valle d'Aosta sono il francese, il francoprovenzale valdostano, l'italiano, inoltre nella bassa valle (soprattutto a Pont-Saint-Martin) è conosciuto il piemontese e a Issime, Gressoney-La-Trinité e Gressoney-Saint-Jean si parla il dialetto walser. Le lingue ufficiali sono l'italiano dal 1861 e il francese, unica lingua ufficiale dal 1561 fino al 1861 e lingua co-ufficiale assieme all'italiano dal 1946.  Il francoprovenzale è in stragrande maggioranza usato e diffuso nei paesi e nelle valli laterali ove gode di una grande vivacità mentre ad Aosta e nei centri più grandi prevale l'italiano anche per via della forte immigrazione da altre regioni italiane avvenuta a partire dal periodo fascista. Il francese è usato prevalentemente nelle attività culturali e nell'ambito politico.

Il francese divenne lingua ufficiale nel 1561. 

È a seguito di questo atto che in Valle d'Aosta si sviluppa il bilinguismo francese-francoprovenzale; essendo la prima lingua quella ufficiale e la seconda quella del popolo, seppur frammentata in una moltitudine di dialetti. Questo fenomeno si riscontra anche nei territori d'oltralpe che insieme alla Valle d'Aosta costituirono il Regno di Borgogna, (Savoia, Svizzera francofona ed altri territori a nord-ovest).

Il bilinguismo francese e francoprovenzale continuò immutato fino al 1861 quando, con l'Unità d'Italia e l'annessione del territorio di Nizza e della Savoia alla Francia, la Valle d'Aosta si ritrovò a essere l'unica regione francofona di un regno interamente italofono.

Durante il periodo fascista fu proibito l'uso del francese ed avviato un processo forzato di italianizzazione, che incoraggiava l'immigrazione in massa di forza lavoro da tutte le regioni italiane e l'emigrazione di parte degli abitanti francofoni autoctoni verso la Francia e la Svizzera.

Dopo la seconda guerra mondiale le cose cambiarono in maniera sensibile. Il 26 febbraio 1948 la Valle d'Aosta, già "Circoscrizione autonoma" dal 7 settembre 1945, fu costituita in Regione Autonoma a Statuto Speciale, ottenendo il riconoscimento del diritto di espressione nella propria lingua con l'ufficializzazione del bilinguismo Italiano-francese e la soppressione dei toponimi in italiano.

Oltre all'adozione ufficiale del bilinguismo, lo Statuto Speciale riconosce, dopo le ultime modifiche, anche i diritti di una minoranza di lingua tedesca, i Walser, i cui antenati giunsero intorno al 1200 nelle zone dei tre comuni di Gressoney-Saint-Jean, Gressoney-La-Trinité e Issime.

Itinerari culturali

L'odierna città conserva l'impianto urbanistico a strade ortogonali all'interno della rettangolare cinta muraria romana, con la Porta Pretoria e le torri in parte medievali. Nel Parco archeologico del Teatro Romano vi si trovano gli imponenti resti dell'Anfiteatro, il Museo archeologico regionale e la Cattedrale, edificata fra l'XI e il XVI secolo, con facciata neoclassica e le Terme pubbliche romane, situate su un'area dietro il Municipio e comprendono vani absidali, calidarium e tepidarium . All'esterno della cinta si trovano l'Arco di Augusto, del 25 a.C. (oltre il torrente Buthier, un ponte romano interrato) e il complesso medievale di Sant'Orso, con la Collegiata dei secoli X-XV, il campanile del 1131 e il bel chiostro del XII secolo, nei pressi del quale è situato il Priorato di Sant'Orso (1506). Il Museo del tesoro comprende parti architettoniche e opere d'arte della Cattedrale, reliquari (reliquario in argento di S. Grato del XV secolo), sculture in pietra e legno, oreficerie, cristalli, smalti, ecc.

Il 30 e il 31 gennaio, si svolge la Fiera di Sant'Orso. Il Santo così popolare è, in realtà, una figura avvolta nel mistero; sembra che sia vissuto tra il VI e il IX secolo e le fonti lo danno addirittura per scozzese o irlandese. A raccontarci la sua storia è un capitello della chiesa a lui dedicata: l'anonimo artista del XI secolo, ha scolpito alcuni episodi della vita del Santo commentandoli con espressioni latine. L'artigianato locale è l'indiscusso protagonista della Fiera; tessuti, pizzi, calzature, e oggetti artistici testimoniano la fedeltà alle antiche tradizioni.

In località Saint Martin de Corlean, presso la chiesetta di S. Martino, vi si trova un parco archeologico coperto con tombe megalitiche, allineamenti di stele antropomorfe e arature di consacrazione riferibili al III millennio a.C. (età del Rame); mentre a nord della città, in regione Consolata, vi si trova un'area archeologica comprendente resti di strutture murarie di una villa d'età augustea.

Nei dintorni si può visitare Pila, rinomata località estiva e stazione sciistica; Sarre, con il castello sabaudo e nelle vicinanze il castello di Aymavilles e il ponte-acquedotto romano detto Pondel sul torrente Grand'Eyvia; Saint-Pierre col pittoresco castello medievale e il castello Sarriod de la Tour (sec. XIV); Villeneuve, località di villeggiatura sovrastata dai ruderi  dello Châtel Argent del XIII secolo e una cappella del XI-XII secolo.
Fénis, piccolo centro nella media valle della Dora Baltea è famoso per il castello, perfetta immagine medievale. prototipo di castello valdostano, destinato ad abitazione e fortificato, ha pianta pentagonale con torri agli angoli. Fu eretto dagli Challand tra il XIII e il XV secolo e ampliato successivamente ed è ricco di affreschi (1425) che ornano ballatoi, scale, sale e cappella.

Cogne ha di fronte il grande prato di S. Orso, in vista dei ghiacciai del Gran Paradiso. Nella parte vecchia dell'abitato, il modesto castello che Vittorio Emanuele II abitava, quando si recava per le sue battute di caccia. Il Parco Nazionale del Gran Paradiso comincia appena fuori dal paese, che è anche un luogo di villeggiatura estivo ed invernale molto frequentato. Da visitare è l'antica parrocchia di S. Orso e la Mostra permanente del merletto. Le dentelles (i merletti) di Cogne, con i loro preziosi motivi, raccontano almeno quattro secoli di storia; nel 1665, alcune monache benedettine del monastero di Cluny, si rifugiarono in Valle d'Aosta. Durante il loro soggiorno le monache insegnarono, alle donne della valle, l'arte del pizzo e del tombolo. La seconda domenica di febbraio si svolge la "Marcia Gran Paradiso", gara internazionale di sci da fondo con partecipazione aperta a tutti.

Il paese medievale di Bard è serrato contro il monte e ai suoi piedi vi scorre la Dora Baltea. L'antica fortezza, che rende famosa questa cittadina, bloccò per 13 giorni, nel maggio del 1800, il corpo di spedizione di Napoleone diretto in Pianura Padana e fu per questo che fu demolita per ordine di Napoleone stesso. L'attuale fortezza è il rifacimento voluto da Carlo Alberto. È qui che vi fu rinchiuso, per qualche tempo, Camillo Benso di Cavour per le sue idee liberali.

Il territorio è totalmente montuoso e il turismo occupa una posizione di rilievo grazie ai numerosi centri di soggiorno estivo e invernale.Tra le specialità della cucina tradizionale, che sono a base di formaggio Fontina, troviamo: "Fonduta"; costolette alla valdostana; "polenta concia", "soup valpellineitze"; i "civet"; camosci in salmì; "carbonade". Nella pasticceria troviamo: tegole; "blanc manger". 

Tra i vini abbiamo: Chambave Moscato, Nus Pinot grigio, Nus Pinot grigio passito, Torrette, Enfer d'Arvier, Arnad-Montjovet e Dannas.

Patrono

Grazie a uomini come lui, l’Europa ha rialzato la testa mille anni fa, dopo aver preso schiaffi per secoli un po’ da tutti: Arabi, Normanni, Slavi, Ungari... Alcuni lo dicono nativo di Mentone. Da documenti vicini al suo tempo risulta di famiglia valdostana: e ad Aosta egli diventa arcidiacono della cattedrale, noto anche come predicatore. Di lui è più ricordata tuttavia l’opera di rianimatore della vitalità europea in uno dei suoi punti più colpiti: il passo di Monte Giove (detto poi in suo onore Gran San Bernardo).

E’ l’importantissimo valico che consente il viaggio lineare da Londra alla Puglia, per merci, persone, idee. Dice una preghiera in suo onore: "Il miracolo di Monte Giove, o Bernardo, mostrò la tua santità. Qui tu hai distrutto un inferno e costruito un paradiso".

Alla fine del IX secolo, forze arabe partite dalla loro base di La Garde Freinet (Costa Azzurra) hanno occupato con altri valichi quello di Monte Giove e i villaggi dei due versanti. Qui si sono poi dedicati a rapimenti, sequestri, uccisioni, incendi di monasteri, chiese, paesetti. Ci sono poi signorotti locali, cristiani, che li assoldano volentieri per le loro contese; e non manca chi si spinge fino a imitarli nelle estorsioni. Questo è l’“inferno”. E finisce dopo che nel 973 Guglielmo di Provenza distrugge la base araba di La GardeFreinet, provocando il ritiro delle bande dai monti. Per l’alto valico (a 2.473 metri) riprendono i passaggi, con gravi disagi per ciò che è stato distrutto o bruciato.

E qui arriva Bernardo. Che non porta subito il “paradiso”. Anzi: il suo lavoro inizia nella prima metà dell’XI secolo con molte difficoltà e pochi mezzi. Ma con un’idea innovatrice: tagliare a metà la consueta tappa St.Rhémy (Val d’Aosta) BourgSt. Pierre (Vallese) e stabilire una tappa intermedia proprio sul valico. Intorno all’idea, per opera sua e dei continuatori, si sviluppa l’organizzazione. Invece di un semplice rifugio, i viaggiatori, i cavalli, le merci, troveranno accoglienza organizzata, servizio efficiente, sotto la direzione di una comunità monastica impiantata da lui, e cresciuta dopo di lui, con lo sviluppo di edifici e servizi dalle due parti del valico. A Bernardo si attribuisce anche la fondazione dell’ospizio sull’Alpe Graia (Piccolo San Bernardo), ma la cosa non è certa.

E poi c’è l’altro Bernardo: il predicatore, non solo nella Vallée; anche nella zona di Pavia, ad esempio. E nel Novarese: in sintonia con la riforma della Chiesa, Bernardo si batte contro l’ignoranza e i cattivi costumi del clero, l’abbandono dei fedeli, il commercio delle cose spirituali. E’ la parte meno nota della sua vita, ma è anche quella che impegna tutte le sue forze. Anzi: Bernardo muore appunto facendo questo lavoro, mentre si trova a Novara, la cui cattedrale custodirà poi le sue spoglie. 

Cultura e tradizioni

Oggi il grande traffico transalpino attraverso l'itinerario valdostano è favorito dall'apertura dei trafori del Monte Bianco e del Gran San Bernardo, ma anche nel passato, ai tempi dei traffici pedonali, la Valle d'Aosta rappresentò sempre una via naturale di comunicazione con I versanti transalpini non solo attraverso il Colle del Gran San Bernardo (m 2473) e quello del Piccolo San Bernardo (m 2188), ma anche attraverso molti altri valichi ora quasi dimenticati: il Colle della Seigne, il Col Ferret, la Fenètre de Durand, Bettaforca, il Col du Mont, la Fenètre de Champorcher, il Col d'Olen, ecc.

Si tratta di profonde selle di transfluenza scavate dai ghiacciai dell'era quaternaria, dette dai montanari fenètre nei dialetti franco-provenzali, furka in quelli walser, che per secoli permisero i traffici commerciali e gli scambi culturali fra i territori a cavallo del monte Bianco, delle Alpi Pennine e del monte Rosa. Attraverso le "finestre", nel corso della storia, è passato il flusso delle relazioni che hanno contribuito a formare l'identità etnica e culturale della Valle d'Aosta.

L'uso del francese invece del latino negli atti amministrativi della Valle d'Aosta risale al 1561, quando il duca sabaudo, Emanuele Filiberto, lo impose accanto al patois franco-provenzale che veniva comunemente usato nella comunicazione orale. Tale prescrizione non faceva che sancire una situazione ormai stabilita di fatto. I pochi documenti superstiti attestano, infatti, che nella cultura ecclesiastica e laica il francese era già presente da secoli. I testi religiosi che circolavano nella valle erano per lo più in francese e in francese erano ì testi letterari più conosciuti, come i fabliaux, Li livres dou tresor di Brunetto Latini, i romanzi del ciclo di re Artù. Da fonti francesi derivano pure i proverbi che accompagnano gli affreschi nel castello di Fénis. In lingua francese e ricalcata su modelli d'oltralpe è pure la Chronique de la Maison Challant scritta da Pierre Dubois intorno alla metà del '400, prima di una lunga serie di prose storiche che nei secoli offrirono il meglio della letteratura valdostana. Si tratta di un filone di opere erudite di carattere storiografico che conobbe una particolare fioritura nel '600 e culminò nella Histonque de la Vallee d'Aoste di Jean-Baptiste Tillier (1678-1744). Da lui si sviluppò in seguito, fino all'Ottocento e al Novecento, una fiera polemica autonomistica pervasa di uno spirito regionalistico tenacemente abbarbicato alle sue tradizioni e alla sua Storia. Tale polemica fu particolarmente vivace nello scontro con la politica accentratrice della dinastia sabauda durante l'assolutismo, con il governo rivoluzionario francese, con Napoleone, con il regno d'Italia dopo l'unificazione, ma trovò i più alti accenti nei confronti della forzata italianizzazione tentata dal regime fascista. In questa fase sono da segnalare per la loro combattività le figure di Joseph Trèves, Joconde Stévenin e Emile Chanoux, che morì ucciso dai nazisti nel 1944.

Oggi la Valle d'Aosta, pur assistendo al rapido mutare delle sue caratteristiche etniche e sociali, non ha rinunciato al proprio spinto particolaristico che, anche se attenuato, non si è spento e resiste nella tenace difesa delle proprie tradizioni culturali. La Valle d'Aosta fa parte dell'area linguistica franco­provenzale, a cui appartengono anche alcune valli piemontesi, la Savoia, il Lionese, il basso Vallese e il Ginevrino. La compagine culturale valdostana è, pertanto, uniformemente franco-provenzale e le sue tradizioni popolari presentano strette analogie con quelle esistenti nel resto dell'area, fatta eccezione per alcune comunità walser dell'alta valle del Lys, strettamente legate all'area culturale e linguistica svizzero-tedesca. Proverbi, indovinelli, filastrocche e canti popolari sono per lo più comuni a tutta l'area provenzale, con qualche contaminazione di derivazione piemontese. Riferimenti diretti a elementi locali si rinvengono, invece, in alcuni detti tradizionali connessi alle condizioni atmosfenche o in certe leggende legate a edifici, personaggi, luoghi, in cui compaiono folletti, fate, streghe e spesso il demonio in veste di vittima burlata. Valga per tutte la beffa legata alla costruzione del ponte di Pont-Saint-Martin, che sarebbe stato edificato dal diavolo in una sola notte, in cambio dell'anima del primo che l'avesse attraversato. L'astuto san Martino, che aveva fatto il patto con Satana, a opera ultimata si presentò in compagnia di un cane, al quale fece passare il ponte gettando un pezzo di pane.

Fra i giochi più caratteristici della Valle d'Aosta sono da segnalare lo tzan e il fiollet che per certi aspetti possono ricordare l'americano baseball.

Largo interesse riscuotono ancora le "battaglie delle rèine", una tradizione che, del resto, esiste anche nella Savoia e nel Vallese. Alla fine dell'alpeggio, quando le mucche ridiscendono a valle, si organizzano ad Aosta e a Chatillon degli scontri fra le bestie più combattive di ogni mandria. La vincitrice del torneo viene nominata regina (rèine) e, in compagnia delle altre mucche vivacemente inghirlandate, viene fatta sfilare per le strade al suono della banda. Qualcosa di analogo avviene a Perloz, un piccolo centro sulla destra del torrente Lys, dove, anziché mucche, a scontrarsi in furibondi e incruenti combattimenti a colpi di corna sono capre. Si tratta della Bataille de tchévre che si svolge ogni anno ad autunno durante l'estate di san Martino. Alla campionessa, in segno di riconoscimento, viene assegnato un collare di legno intagliato. È questo uno dei tipici oggetti di un artigianato che ancora vive nella valle. Si tratta di un'arte rustica che si esercita nella creazi­ne di scrigni, contenitori per ogni uso, tabacchiere, giocattoli, culle e soprattutto "grolle", le caratteristiche coppe da vino in legno di melo.  

Feste

Foire de Saint Ours - Ad Aosta, il 30 e il 31 gennaio di ogni anno, si tiene una fiera in cui tutti gli artigiani della regione, falegnami, fabbri, ricamatrici e scalpellini della pietra ollare, espongono i loro raffinati lavori. Vengono quindi esibiti mobili in noce maestosamente decorarti, attrezzi per lavorare i formaggi, utensili per la cucina, splendidi bassorilievi, i tradizionali "sabot" (zoccoli), e preziosi pizzi di Cogne. La fiera si costituisce intorno ai visitatori, a cui è offerto di bere in allegria dalla "grolla", il particolare contenitore di legno in cui si miscelano vino rosso caldo e spezie, e a tutti si augura "salu e que bien vo fasse", salute e che vi faccia del bene!

Festa della Madonna delle nevi - Il 5 agosto, a Camporcher, splendida valle nei pressi di Aosta, sulle sponde del lago Miserin, tutti montanari della zona si incontrano a 2600 m. Lo scopo è onorare la Madonna delle nevi, pregandola di vegliare sullo stato della montagna nella prossima stagione invernale. Oggi, questo evento è seguito anche da una folla di curiosi e villeggianti, ma mantiene un sapore antico, ricordando che, nonostante il progresso tecnologico, l'uomo si trova ancora in posizione precaria di fronte alla potenza della natura.

Fête des bergers - La domenica successiva a Ferragosto, a La Thuile, si svolge una importante festa tradizionale. Presso il Colle del Piccolo San Bernardo, luogo in cui anticamente si riunivano i pastori della valle, sia francesi che italiani, si tiene una singolare gara atletica, in cui viene eletta la "regina del colle". La particolarità dell'evento sta nel fatto che le partecipanti non sono ragazze, come si potrebbe pensare, ma mucche, o meglio le "reines".
Lo scontro tra le partecipanti è accanito e si svolge attraverso gare di lotta, strutturate in un vero e proprio campionato, che vede scontrarsi più di cento esemplari. La mucca che superi tutte le sue avversarie e che riesca a sconfiggere l'ultima avversaria, nel temibile testa a testa, vince. Gli scontri sono così agguerriti e stancanti che il concorso, iniziato ad agosto, si conclude la terza domenica di aprile, con l'incoronazione a Croix Noire della regina del colle.  

Fonte

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